Spesso si dice che chi crede non ha dubbi.Una specie di ingenuo boccalone che, per paura, tradizione culturale,comodità accetta un credo senza mai metterlo in dubbio.Il dubbio invece ha un grande valore nella fede perché costringe sempre a metterla in discussione e così magari riuscire ad approfondirla.Il dubitare è quindi una cosa positiva.Chi non dubita della propria fede è un fanatico.Ce ne sono tanti di così, ma sbagliano.Il fanatismo però non è un problema solo dei credenti in una fede religiosa, è un problema generale degli esseri umani.Guardati quanti fanatici del "mercato! che ci sono adesso, in questi ultimi anni.Tutto ruota attorno al mercato e chi lo mette "in dubbio" viene considerato come arretrato,non al passo con i tempi,o un nostalgico di un mondo che non c'è più.Persoanlmente ho cambiato idea sula fede,ma in generale sul mondo,svariate volte nella mia vita.All'inizio pensavo fosse dovuto alla mia scarsa acculturazione,dovuta all'abbandono scolastico.Adesso,dopo anni,vedo invece che è stato anche una forma di "salvezza" dall'essere inglobato del tutto nel sistema.Dubitare di tutto,dubitare anche del dubbio infine.Un amico mi ha detto che è una forma di ascesi spirituale.
Mah, non saprei dirti sinceramente fino a che punto il dubbio abbia valore nella fede. Di fatto il dubitare indica che noi non ci fidiamo del tutto di Dio e questo agli occhi di Dio come traspare dalla Bibbia sembra essere un male, perché Dio vuole l'umiltà e la sottomissione alla sua parola. In realtà nei Vangeli Gesù afferma che " Se non diventerete come dei bambini non entrerete nel regno dei Cieli", e addirittura che Dio ha deliberatamente nascosto "queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le ha rivelate ai piccoli". Da qui traspare come per Dio l'atteggiamento critico del sapiente e dell'intelligente, che si chiede criticamente se ciò che gli sia stato detto sia vero, sia una forma di superbia da condannare. Ora qual è la caratteristica fondamentale e principe del bambino elogiato da Gesù? Non è certo il dubbio e l'indole scettica, ma è semmai la fiducia! Il bambino infatti è in grado di fidarsi incondizionatamente delle persone che lo amano e in questo modo è in grado di apprendere (ad esempio per imitazione) senza chiedersi ad esempio se tali persone vogliono il suo bene oppure desiderano solo ingannarlo. Quindi sembra essere questo l'atteggiamento che Dio vuole da noi, un atteggiamento di fiduciosa sottomissione e non di dubbio.
Socrate ha scritto
CitazioneQuindi sembra essere questo l'atteggiamento che Dio vuole da noi, un atteggiamento di fiduciosa sottomissione e non di dubbio.
Ciao Socrate, hai scritto "
quindi sembra...", la frase esprime il dubbio, non la certezza.
Dio vuole questo, Dio vuole quest'altro... E se invece Dio non vuole nulla perché non esiste ?
Penso che i visionari profeti dell'Antico Testamento, i cosiddetti "Padri della Chiesa" nel Nuovo Testamento, ed altri immaginifici abbiano fatto del male ai credenti. Ma c'è chi ha bisogno di credere alle favole, allora va bene così..., anche perché la mia verità equivale al 50%, l'altra metà è del credente.
Citazione di: doxa il 07 Novembre 2020, 15:44:47 PM
Socrate ha scritto CitazioneQuindi sembra essere questo l'atteggiamento che Dio vuole da noi, un atteggiamento di fiduciosa sottomissione e non di dubbio.
Ciao Socrate, hai scritto "quindi sembra...", la frase esprime il dubbio, non la certezza.
Dio vuole questo, Dio vuole quest'altro... E se invece Dio non vuole nulla perché non esiste ?
Penso che i visionari profeti dell'Antico Testamento, i cosiddetti "Padri della Chiesa" nel Nuovo Testamento, ed altri immaginifici abbiano fatto del male ai credenti. Ma c'è chi ha bisogno di credere alle favole, allora va bene così..., anche perché la mia verità equivale al 50%, l'altra metà è del credente.
Ciao doxa, è interessante che nella tua rappresentazione dubbiosa tu usi la parola
male che è una parola dal forte contenuto spirituale. Se c'è qualcuno che vuole credere a certe "favole", e da queste si sente appagato, sulla base di quale principio materialista tu ritieni che questo sia
male ?
Il male ha origine assolutamente material/e/ista. Dolore, sofferenza, morte. Il male spirituale è arrivato dopo. Insieme al bene, materiale e spirituale.
Salve. Basta crederci, ed è vero (per chi ci crede - avete mai trovato qualcuno che non credesse vero ciò in cui crede ?). Basta dubitarne e non sarà vero (per chi non ci crede - avete mai incontrato qualcuno che trovi vero ciò in cui dubita?).
E' sufficiente questa semplice regola comportamental-esistenziale per vivere serenamente (salvo particolari accanimenti del destino, al quale siamo liberi di credere o meno).
Basta applicarla a ciò che ci circonda in modo da sviluppare fede in ciò che ci soddisfa ed invece dubbiosità nei confronti di ciò che non ci piace.
Poi proseguiamo pure nella nuova originale discussione circa l'esistenza o l'inesistenza di Dio, il Bene, il Male, i buoni sentimenti infantili............in fondo alla quale raggiungeremo certamente la Verità. Saluti.
L'inesistenza di Dio non può essere provata, nonostante molti atei ritengano che si tratti di un'evidenza. Ciò che è evidente è semmai che il presupposto Dio non si possa ordinariamente vedere, ma in realtà nemmeno i virus e i batteri sono visibili ad occhio nudo, eppure esistono. In realtà la natura mostra più indizi dell'esistenza di Dio che della sua non-esistenza. Infatti ogni essere vivente, dal più semplice al più complesso, è PROGRAMMATO per essere quello che è, con tutti gli organi che sono preposti ad avere una propria funzione e un patrimonio genetico che contiene le informazioni affinché la vita si sviluppi. Ora, se vi è un programma alla base della vita (DNA), non è forse logicamente deducibile che vi sia anche un'intelligenza universale programmatrice? E' la stessa cosa che per un computer, la macchina obbedisce ad un software che deriva dall'intelligenza umana, il computer non si è fatto da solo, non si è dato da solo le informazioni, e la stessa cosa accade con la natura: infatti un essere vivente si sviluppa a partire da una cellula fecondata che di per sé non è intelligente (non ha neuroni), ma essa poi si differenzia e dà origine a tutti gli organi in base ad un disegno ben determinato ed agisce secondo un programma intelligente. Da dove quindi deriva questo finalismo nella natura? A mio avviso esso deriva da un'intelligenza superiore che informa e permea l'intera natura.
Citazione di: Ipazia il 07 Novembre 2020, 20:33:03 PM
Il male ha origine assolutamente material/e/ista. Dolore, sofferenza, morte. Il male spirituale è arrivato dopo. Insieme al bene, materiale e spirituale.
Il problema è che devi spiegare perché quelle "favole" facciano male a persone che desiderano ascoltarle e crederci.
Il concetto di male materiale ha natura puramente individuale, sono io che decido cosa mi fa soffrire. Nel momento in cui lo si pone in chiave interindividuale, come fa doxa che vuole applicare la sua idea di male ad altri, allora le cose si complicano.
Citazione di: Socrate78 il 07 Novembre 2020, 21:19:31 PM
L'inesistenza di Dio non può essere provata, nonostante molti atei ritengano che si tratti di un'evidenza. Ciò che è evidente è semmai che il presupposto Dio non si possa ordinariamente vedere, ma in realtà nemmeno i virus e i batteri sono visibili ad occhio nudo, eppure esistono. In realtà la natura mostra più indizi dell'esistenza di Dio che della sua non-esistenza. Infatti ogni essere vivente, dal più semplice al più complesso, è PROGRAMMATO per essere quello che è, con tutti gli organi che sono preposti ad avere una propria funzione e un patrimonio genetico che contiene le informazioni affinché la vita si sviluppi. Ora, se vi è un programma alla base della vita (DNA), non è forse logicamente deducibile che vi sia anche un'intelligenza universale programmatrice? E' la stessa cosa che per un computer, la macchina obbedisce ad un software che deriva dall'intelligenza umana, il computer non si è fatto da solo, non si è dato da solo le informazioni, e la stessa cosa accade con la natura: infatti un essere vivente si sviluppa a partire da una cellula fecondata che di per sé non è intelligente (non ha neuroni), ma essa poi si differenzia e dà origine a tutti gli organi in base ad un disegno ben determinato ed agisce secondo un programma intelligente. Da dove quindi deriva questo finalismo nella natura? A mio avviso esso deriva da un'intelligenza superiore che informa e permea l'intera natura.
Ciao Socrate, purtroppo sono tesi datate. L'esistenza di un ordine, come l'ordine delle cose viventi, non è la prova dell'esistenza di Dio se quest'ordine viene spiegato come prodotto delle leggi naturali, ed effettivamente le leggi naturali riescono a spiegare la quasi totalità della vita, anche se hanno limiti significativi quando si tratta di spiegare l'animale-uomo.
Ciao Anthonyi,
Dal mio punto di vista ateo è "male" illudere i creduloni sull'esistenza dell'ultramondano con premi e castighi, vita paradisiaca ecc.. Io sono convinto che nel post mortem c'è il nulla. Ma come ho detto la mia verità è valida al 50%.
Invece i credenti fanatici si reputano possessori al 100% della "verità", insegnata loro dalla religione e dall'ecclesia. Si sentono protetti da Dio e dallo stuolo di santi, sono certi della "felicità che li attende nell'aldilà.
Nel "cortile dei gentili" non può esserci il dialogo tra credenti e non credenti. Mi dispiace per il cardinale Ravasi, fautore di quello spazio per l'incontro, che nell'antichità era nell'antico tempio ebraico. Ognuno rimane con la propria certezza.
Tu sai che durante la Messa si recita il "gloria", ebbene leggiti le parole, io le considero assurde, ma se al credente lo tranquillizzano, Così sia.
"Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre. Amen".
Socrate, stamane ti offro virtualmente un caffè, mentre lo bevi leggiti, se ti va, il capitolo 12 del Deuteronomio, poi fammi sapere se quel volere è del tuo Dio o dei rabbini che elaborarono quel testo. Ovviamente essi vollero far credere di aver scritto sotto dettatura divina.
Questo è il link
https://www.wordproject.org/bibles/it/05/12.htmTutta la religione ebraico-cristiana è un volere umano spacciato per volere divino.
Argomento del topic: Qual'è il ruolo del dubbio nella fede?
Argomenti per altri topic: Dio esiste? L'argomento teleologico è valido? Perchè nel Deuteronomio si dice che il creatore dell'universo apprezza la carne arrosto?
@Doxa: Comunque, i passi del Deuteronomio da te citati non dimostrano affatto che essi non siano ispirati da Dio e che siano soltanto un volere umano. Significano semplicemente che Dio non voleva che il popolo ebraico da lui scelto (per insindacabile grazia divina) peccasse di idolatria e si allontanasse quindi dalla verità di Dio, di conseguenza era necessario, una volta preso possesso della Terra Promessa, che venisse distrutta qualsiasi possibilità di contaminazione con altre fedi false, da qui gli ordini di distruggere le immagini degli idoli, gli altari degli dei stranieri, ecc. Altrimenti ci sarebbe stato il contatto con altre popolazioni idolatriche e quindi l'influenza culturale e religiosa, che avrebbe allontanato da una corretta concezione del divino. Non bisogna stupirsi se nell'AT Dio abbia deciso di far morire un sacco di gente, perché dal punto di vista biblico nessuno era davvero innocente, tutti erano idolatri, educati nell'idolatria, oltre a commettere un'altra infinità di peccati che la Bibbia descrive come abomini, cioè la magia e lo spiritismo, l'omosessualità, il rapporto contro natura con animali, e del resto la Bibbia afferma che il salario del peccato originale, condiviso da tutti gli uomini dopo Adamo, era appunto la MORTE ( In Genesi si dice ad Adamo "Lavorerai con il sudore della tua fronte finché tornerai nella polvere da cui sei stato tratto") quindi non c'è da stupirsi se Dio abbia decretato la morte di tanti uomini nati e cresciuti nel peccato e nell'ignoranza della verità di Dio.
@Antony: In realtà ci sono stati atei anche famosi, come Antony Flew (che scrisse il testo "Teologia e falsificazione"), che si sono convertiti alla fede in Dio proprio riflettendo sul fatto che la natura è ordinata in base a leggi matematicamente precise e che la vita è come programmata da informazioni che poi come in un codice la fanno sviluppare ordinatamente. Antony Flew infatti si è detto: "Se ci sono delle leggi così precise e delle informazioni, allora dovrà esserci anche una causa prima intelligente". Da questo punto di vista dire che il mondo si è fatto da solo, per caso, sarebbe come dire che le lettere di un libro si dispongano da sole nella pagina a formare un significato, senza che ci sia una mente intelligente che produce il testo. La scienza spiega il COME avvengono i fenomeni, ma non può spiegare il perché profondo delle leggi naturali. Le leggi naturali infatti non sono senza uno scopo, ma servono a far funzionare la vita ed inoltre a volte accadono fenomeni inspiegabili (come i presunti miracoli) che suggeriscono come queste leggi siano anch'esse sottoposte ad una volontà superiore, che può in determinati casi sospenderle.
Citazione di: Socrate78 il 08 Novembre 2020, 09:45:03 AM
@Antony: In realtà ci sono stati atei anche famosi, come Antony Flew (che scrisse il testo "Teologia e falsificazione"), che si sono convertiti alla fede in Dio proprio riflettendo sul fatto che la natura è ordinata in base a leggi matematicamente precise e che la vita è come programmata da informazioni che poi come in un codice la fanno sviluppare ordinatamente. Antony Flew infatti si è detto: "Se ci sono delle leggi così precise e delle informazioni, allora dovrà esserci anche una causa prima intelligente". Da questo punto di vista dire che il mondo si è fatto da solo, per caso, sarebbe come dire che le lettere di un libro si dispongano da sole nella pagina a formare un significato, senza che ci sia una mente intelligente che produce il testo. La scienza spiega il COME avvengono i fenomeni, ma non può spiegare il perché profondo delle leggi naturali. Le leggi naturali infatti non sono senza uno scopo, ma servono a far funzionare la vita ed inoltre a volte accadono fenomeni inspiegabili (come i presunti miracoli) che suggeriscono come queste leggi siano anch'esse sottoposte ad una volontà superiore, che può in determinati casi sospenderle.
Il discorso che fai, Socrate, attiene alla categoria del senso delle leggi naturali. Questo può sicuramente indurre la fede, ma non è un'argomentazione scientifica.
Il mio riferimento, invece, alla problematicità di una adeguata spiegazione naturale dell'essere umano, e della costruzione della società umana, fa riferimento ad argomentazioni di fronte alle quali la scienza si trova.
Citazione di: doxa il 08 Novembre 2020, 00:04:36 AM
Ciao Anthonyi,
Dal mio punto di vista ateo è "male" illudere i creduloni sull'esistenza dell'ultramondano con premi e castighi, vita paradisiaca ecc.. Io sono convinto che nel post mortem c'è il nulla. Ma come ho detto la mia verità è valida al 50%.
Invece i credenti fanatici si reputano possessori al 100% della "verità", insegnata loro dalla religione e dall'ecclesia. Si sentono protetti da Dio e dallo stuolo di santi, sono certi della "felicità che li attende nell'aldilà.
Il tuo punto di vista, doxa, è però un punto di vista esterno. C'è il "profeta ingannatore", ci sono i creduloni, e ci sei tu che da questo rapporto tra loro non sei neanche sfiorato, per cui perché dici che è male se la cosa per te dovrebbe essere indifferente ?
Nel dire che è un male tu imponi su di loro una tua morale e non rispetti la loro libertà.
Se un credente si sente portatore al 100 % della verità, e non cerca di imporla a te, lui si che rispetta la tua libertà.
Citazione di: Socrate78 il 08 Novembre 2020, 09:45:03 AM
@Doxa: Comunque, i passi del Deuteronomio da te citati non dimostrano affatto che essi non siano ispirati da Dio e che siano soltanto un volere umano. Significano semplicemente che Dio non voleva che il popolo ebraico da lui scelto (per insindacabile grazia divina) peccasse di idolatria e si allontanasse quindi dalla verità di Dio, di conseguenza era necessario, una volta preso possesso della Terra Promessa, che venisse distrutta qualsiasi possibilità di contaminazione con altre fedi false, da qui gli ordini di distruggere le immagini degli idoli, gli altari degli dei stranieri, ecc. Altrimenti ci sarebbe stato il contatto con altre popolazioni idolatriche e quindi l'influenza culturale e religiosa, che avrebbe allontanato da una corretta concezione del divino. Non bisogna stupirsi se nell'AT Dio abbia deciso di far morire un sacco di gente, perché dal punto di vista biblico nessuno era davvero innocente, tutti erano idolatri, educati nell'idolatria, oltre a commettere un'altra infinità di peccati che la Bibbia descrive come abomini, cioè la magia e lo spiritismo, l'omosessualità, il rapporto contro natura con animali, e del resto la Bibbia afferma che il salario del peccato originale, condiviso da tutti gli uomini dopo Adamo, era appunto la MORTE ( In Genesi si dice ad Adamo "Lavorerai con il sudore della tua fronte finché tornerai nella polvere da cui sei stato tratto") quindi non c'è da stupirsi se Dio abbia decretato la morte di tanti uomini nati e cresciuti nel peccato e nell'ignoranza della verità di Dio.
Insomma diluvi, stermini e cataclismi a gogò su idolatri e sodomiti, tanto se li meritano...
Menomale che 'sto tizio con la mania del cataclisma educativo e dell'epurazione etnica poi nella seconda parte della fiction è diventato un po' più buono, e ha inviato se stesso per salvarci da se stesso.
Salve niko. Osservazioni giuste le tue. La cosa un pò buffa è che la Divinità prima fece punire ed eliminare chi non conosceva bene cosa fosse il peccato e chi fosse il vero Dio, dopodichè cominciò a spiegare ai sopravvissuti in cosa consisteva il peccato, chi fosse Dio e cosa volesse dai suoi fedeli. Saluti.
Ricordo che questa sezione è dedicata alla spiritualità. Credo che non abbia senso criticare "qui", le ragioni e la storia di una religione, tra l'altro con discorsi banali. Se si vuole affrontare il tema del "dubbio nella fede," lo si affronti con argomenti spirituali. Diverso sarebbe il discorso in altre sezioni del forum.
Specularmente, Immaginate se in sezione scienze, si aprisse un topic intitolato: " la scienza, atto di superbia dell'uomo peccatore, che non conosce la sua miseria e vuole costruire una nuova torre di Babele, contro Dio". Quanto tempo servirebbe per cancellarlo?
Dico tutto ciò da forumista e non da moderatore.
Salve. A me sembra che il presente topic si trovi erroneamente-arbitrariamente collocato all'interno della sezione "spiritualità".
Dubbio e fede fanno - di per sè- parte dei concetti puramente filosofici e/o degli atteggiamenti psicologici.Il dubbio ha contenuti di per sè sempre e solo razionali, la fede sempre e solo spiritualistici.
Tra gli interventi espressi sino a questo momento, ho letto di Religione (argomento culturale socio-ideologico non necessariamente implicante fede e spiritualità - la Religione altro non è che l'insieme organizzato di certe convinzioni non relative alla materialità), di Bibbia e di Deuteronomio (testi storici poco o nulla spiritualistici).
Ben altre quindi - secondo me - dovrebbero esssere le sezioni interessate dalla titolazione (tra l'altro surreale, e quindi allineata alla estrosità del proponente : "Il valore del contrario della fede all'interno della fede" !). Saluti.
Direi che il valore del dubbio, nella fede, attiene soprattutto alla valutazione della razionalità del processo di costruzione della fede stessa. Colui che dubita è colui che ragiona, che si fa domande, magari di tipo generale e filosofico, oppure di tipo più personale, in ogni caso non è un manichino ideologico passivo come qualcuno sostiene.
D'altronde, insieme al dubbio, c'è anche un altro elemento di valutazione razionale, il costo, cioè il sacrificio che l'accettare una certa religione ti chiede, per cui magari hai elementi interiori ragionevoli per credere, ma non lo fai perché tra i tuoi amici vedi disistima nei confronti dei comportamenti di fede, oppure perché quei comportamenti comporterebbero la rinuncia a qualcosa.
Citazione di: Dante il Pedante il 26 Ottobre 2020, 09:03:01 AM
Spesso si dice che chi crede non ha dubbi.Una specie di ingenuo boccalone che, per paura, tradizione culturale,comodità accetta un credo senza mai metterlo in dubbio.Il dubbio invece ha un grande valore nella fede perché costringe sempre a metterla in discussione e così magari riuscire ad approfondirla.Il dubitare è quindi una cosa positiva.Chi non dubita della propria fede è un fanatico.Ce ne sono tanti di così, ma sbagliano.Il fanatismo però non è un problema solo dei credenti in una fede religiosa, è un problema generale degli esseri umani.Guardati quanti fanatici del "mercato! che ci sono adesso, in questi ultimi anni.Tutto ruota attorno al mercato e chi lo mette "in dubbio" viene considerato come arretrato,non al passo con i tempi,o un nostalgico di un mondo che non c'è più.Persoanlmente ho cambiato idea sula fede,ma in generale sul mondo,svariate volte nella mia vita.All'inizio pensavo fosse dovuto alla mia scarsa acculturazione,dovuta all'abbandono scolastico.Adesso,dopo anni,vedo invece che è stato anche una forma di "salvezza" dall'essere inglobato del tutto nel sistema.Dubitare di tutto,dubitare anche del dubbio infine.Un amico mi ha detto che è una forma di ascesi spirituale.
Salve Dante. Scusa una domanda : sono io che ho interpretato male, pensando che tu voglia sostenere la validità del dubbio quale sistema di verifica delle diverse verità o presunte tali (cioè le credenze radicate, i miti, i luoghi comuni etc.)...........oppure per "fede" tu intendevi proprio quello che hanno "capito" coloro sono intervenuti parlando di Dio e di religione ?. Fammi eventualmente sapere. Grazie e salutoni.
Un contributo:http://papabenedettoxvitesti.blogspot.com/2009/07/il-teologo-ratzinger-il-credente-come.htmlE una raccomandazione a tutti: siete pregati di circoscrivere il contraddittorio sull'esistenza o meno di Dio a Topic all'uopo dedicati. Sono certo tutti concordiamo sulla noia mortale, sulla stucchevole e immensa rottura di scatole che ogni serio ricercatore subisce a sentire ripetere la stessa manfrina ogni tre per due.
Grazie.
Chi ha fede pensa, mentre chi non ha fede... non pensa.
Il pensiero è infatti sorretto dalla fede nel Vero.
Necessita della fede, perché il pensiero non è una costruzione composta da elementi stabili, quasi stessimo costruendo un muro di mattoni.
È invece un fluire, un dialogo continuo tra me e me, dove non c'è mai alcun punto davvero fermo.
Di modo che il dubbio è insito in ogni concetto si possa pensare.
La fede è infatti slancio per superare il dubbio, mai certezza.
Ed è solo tramite questo slancio che è possibile l'autentico pensiero.
In effetti, piuttosto che cogito, sarebbe meglio affermare: Dubito ergo sum.
Quale è il livello di fede per colmare il dubbio?
Quanto bisogna credere per smorzare l'ignoranza?
A mio parere le relazioni fra dubbio e fede hanno livelli diversi sia di dubbio che di fede e traggono da origini diverse: psicologiche emotive esistenziali da una parte( e sono soggettive) e ragione razionale concettuale ( e sono universali).
Questo è il motivo per cui ognuno vive la fede in maniera soggettiva, per quanto sia condivisa con l'universalità del genere umano così tanto che una fede è la base di una cultura di un popolo ( se si estende il concetto di fede non solo allo spirituale, ma anche all'ideale, alla scienze , alla politica, ecc).
Il dubbio presuppone un'ignoranza, un non sapere che può essere colmato dalla conoscenza affinché segua una scelta, un atto di volontà.
Il dubbio è innato nell'uomo razionale, ma è strumento non fine.
La disperazione avviene quando si ha ancora qualcosa da perdere; quando non si ha più nulla da perdere, quel nulla potrebbe rappresentare una pura fede: resta solo Dio e il naufragio umano.
Non so se sia corretto, ma penso che l'abbandono dal proprio atto di volontà finale, il capire che per quanto si possa nessun livello di conoscenza può arrivare ad una pura fede, bisogna "staccarsi" da tutto e lasciarsi andare nell'amore: penso che solo la mistica possa superare disperazioni ,dubbi.
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2020, 00:55:42 AM
Quale è il livello di fede per colmare il dubbio?
Fervente. Il problema è che, almeno nel mio caso, la fede non è stabile.
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2020, 00:55:42 AM
Il dubbio presuppone un'ignoranza, un non sapere che può essere colmato dalla conoscenza affinché segua una scelta, un atto di volontà.
Sì, il dubbio nasce e si fortifica nell'umiltà. Quando è sano. E dunque foriero di sapere. Nel peggiore dei casi di sapere di non sapere ;)
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2020, 00:55:42 AM
Il dubbio è innato nell'uomo razionale, ma è strumento non fine.
La disperazione avviene quando si ha ancora qualcosa da perdere; quando non si ha più nulla da perdere, quel nulla potrebbe rappresentare una pura fede: resta solo Dio e il naufragio umano.
Assolutamente vero.
Diciamo che, dal mio punto di vista molto umano e molto fragile, spero che non sia necessario arrivare a tanto. Spero che ci siano altre strade, meno dolorose, meno faticose, insomma più facili.
Penso che una fede è instabile perché ci sono delle crepe, dei dubbi in qualcosa che non ci ha convinto. La relazione fra fede-dubbio-conoscenza ( non intendo solo conoscenza concettuale razionale, ma come vissuto, esperienza personale, come interpretazione delle Sacre Scritture,ecc)
è una dinamica continua nel proprio intimo. Ci aiuta e ci fa sentire migliori quando nella nostra vita personale, stiamo meglio con noi stessi e con gli altri, riusciamo ad avere meno disagio in eventi della vita, li sappiamo affrontare meglio, siamo più sereni rispetto a prima. Non significa necessariamente trovare sempre una soluzione ai problemi della vita, ma saperli vivere con serenità,
Saper dare importanza alla sofferenza, aiutare se stessi e gli altri.
Non confonderei questo stato con l'atteggiamento più sicuro (che spesso nasconde arroganza), l'umiltà spirituale è un cerchio per cui la relazioni fra il proprio intimo e le relazioni con le intimità di parenti ,amici, conoscenti o "altrui" è più spontanea, spesso sono gli altri che ci percepiscono in migliori.
Questa dinamica è una crescita che a volte, o spesso, ha bisogno di crisi. E qui la fede aiuta:
quando arriviamo non solo a dubitare il mondo, ma anche noi stessi, quando ci sentiamo perduti.
Ci sono eventi, purtroppo, nella vita che sono dirompenti , che mettono in crisi fino a far crollare nostri programmi, progetti, nostre costruzioni ,nostre certezze. Ci rimane solo la fede in quel pezzo di legno a cui si attacca il naufrago in mare per poter vivere.
Non credo nel dubbio scettico cartesiano , che fu una scelta originale con intenti ben diversi, anche ingenui. Ma questa è una storia filosofica da argomentare in altro forum.
Una conoscenza, una fede non ha fondamenta se ha crepe nei dubbi e per questo ritengo che vi siano diverse forme di fedi . C'è una fede utilitaristica, come dire che Dio deve farmi un piacere, un favore, affinché vi creda; c'è una fede psicologica, che è consolatoria, è un problema nella sfera affettiva colmata da una figura divina: c'è una fede di timore, di paura, perché Dio sa tutto di tutti ed è ovunque. In questi casi Dio è distante da noi, è "altro" rispetto a noi , queste sono fedi immature , perché Dio sostituisce nostre mancanze interiori.
La fede colma la mancanza quando Dio è accettazione e abbandono, e bisogna avere coraggio per poterlo compiere,perché ci esponiamo aprendo il cuore. E il mondo spesso ci ha ferito quando ci siamo esposti. Le esperienze della vita spesso ci fanno chiudere in cassaforte i nostri sentimenti.
La fede è non desistere è ancora credere nonostante tutto.
Una fede senza amore, per me non è fede, è altro. E l'amore è abbandonarsi tanto da poterci trasformare. Perché l'amore ci salva: dai problemi psicologici, da quelli materiali, in famiglia, sul lavoro, in noi stessi, per il mondo.
Il dubbio è creativo quando ci porta ad uno stato di crescita, ma a volte è distruttivo ci rinchiude in noi stessi e diventiamo davvero scettici anche emotivamente, non crediamo più in noi stessi, negli altri, nel mondo, una morte interiore una sterilità dell'amore che si atrofizza.
@ Paul11
Si, credo tu abbia descritto esaustivamente e in modo chiaro ed efficace cosa è la fede ed il suo rapporto col dubbio. Ti ringrazio perché alla fine si dà per scontata la definizione di fede (e cosa essa è per noi) spesso, senza vera e approfondita consapevolezza.
Bisogna anche dire che arrivare alla fede, almeno dal mio punto di vista, è un cammino lungo. Per qualcuno forse può essere immediato, anzi sicuramente è così, ma per me non è stato così. E, credo, che sia un cammino che stia continuando. Mi pare infatti di essere ancora parecchio distante dalla meta.
E quindi il punto credo che sia come fare sì che il dubbio sia un elemento di aiuto per giungere alla fede. C'è anche caso che sia questa la motivazione dell'autore del thread e di quanti lo stanno seguendo. Secondo me il primo aspetto che merita essere sottolineato è che se c'è il dubbio non c'è..........non so come dire perché poi qualcuno ne trae elemento di polemica........il suo contrario.....diciamo l'anti fede? 8) O forse è meglio dire la fede nella non esistenza di Dio? So bene che questo argomento è stato oggetto di grandi e interminabili discussioni, sul Forum e anche nella vita normale. La diatriba tra quanti sostengono che credere in Dio è un atto di fede mentre non crederci una semplice rilevazione dell'evidenza è questione irrisolta e, forse, irrisolvibile. La mia irrilevante opinione mi annovera tra quanti ritengono che non ci sono evidenze sulla non esistenza di Dio. E mi conforta molto sapere che una persona della levatura culturale e spirituale come Ratzinger sia dello stesso parere.
Ma al di là di questa discussione che rischia di diventare stucchevole, la cosa veramente importante è che il dubbio lascia aperta la porta ad ulteriori ricerche ed approfondimenti. Sia all'inizio che durante la ricerca spirituale.
Ecco, a mio avviso, la valenza del dubbio. L'utilità del dubbio.
Soprattutto nella spiritualità il dubbio come esercizio metodico è uno strumento pericoloso. Nelle crepe entrano le tentazioni.
E la regola di questo mondo materico è che non vince il giusto o il saggio, vince la forza bruta, la prepotenza.
Chi pensa l'opposto ha una fede debole o proprio non l'ha: è lui il vero ingenuo e illuso .
Fra mondo materico e mondo spirituale, le tentazioni del primo sono più feconde della fede spirituale, perché sono immanenti, immediate.
La vita è un'esperienza, una prova, dove valgono davvero solo poche cose che non sono affatto materiali. L'amore, la fede, le virtù morali sono fondamentali.
Se si vuole cambiare il mondo è necessario sporcarsi le mani di sangue quanto o forse di più del prepotente , ma nuove ingiustizie sorgeranno e daccapo i soliti problemi della natura materica umana risorgeranno come un'araba fenice, da cultura a cultura, da civiltà in civltà. Per questo la globalizzazione è invasiva con la sua caratteristica di famelicità materica e vincente.
L'uomo è contraddittorio come ambiguità fra anima e corpo fisico e deve continuare a scegliere o scendere a compromessi . Quindi il dubbio c'è sempre perché questo dominio è di fatto materico, persino l'amore è più fisico che spirituale, ridotto come un conto bancario, un dare e avere.
Il disincanto per me è esattamente il contrario di un materiale. Non vale la pena credere che gli umani costruiranno un società equa, giusta, perfetta, perché la natura umana tende alla fisicità ad avere, ad appropriarsi e questo attuale è il suo tempo foriero di illusi e ingenui allocchi con pusher
materiali che promettono ricchi premi e cotillon. Per me la vita non è questa. La fede apre lo spirito alla qualità e non alla quantità e la materia è culturalmente vissuta come calcolo matematico delle quantità. Questa è la cultura del "come" scientifico, non del "perché" e neppure del "che cosa".
Salve paul11. Citandoti . "Per me la vita non è questa. La fede apre lo spirito alla qualità e non alla quantità e la materia è culturalmente vissuta come calcolo matematico delle quantità. Questa è la cultura del "come" scientifico, non del "perché" e neppure del "che cosa".
Bellissimo "manifesto" circa la tua visione del mondo. Hai voluto usare la mente quale aratro che tracciasse il solco divisorio tra scienze fisicistiche e filosofia spiritualistica, e ci sei magistralmente riuscito.
Io sto dall'altra parte, trovando vano chiedersi il "perchè" (l'origine prima di ciò che è sempre esistito) ed irraggiungibile il "che cosa" (il senso dell'esistere). Amichevoli saluti.
citaz. Viator
Salve paul11. Citandoti . "Per me la vita non è questa. La fede apre lo spirito alla qualità e non alla quantità e la materia è culturalmente vissuta come calcolo matematico delle quantità. Questa è la cultura del "come" scientifico, non del "perché" e neppure del "che cosa[/size]".[/size]
Bellissimo "manifesto" circa la tua visione del mondo. Hai voluto usare la mente quale aratro che tracciasse il solco divisorio tra scienze fisicistiche e filosofia spiritualistica, e ci sei magistralmente riuscito.Io sto dall'altra parte, trovando vano chiedersi il "perchè" (l'origine prima di ciò che è sempre esistito) ed irraggiungibile il "che cosa" (il senso dell'esistere). Amichevoli saluti.
Penso di aver raggiunto un certo livello e mi è servita tutta la conoscenza relazionata all'esperienza, quasi mezzo secolo di dubbi e incertezze e naufragi........ ed essendo umile, non è finita.
Spero che la sorte ti arrida (e lo dico sinceramente) ,fin quando sparirai nel nulla ( "perchè" è quello che credi non sapendo il "che cosa")
Altrettanto Amichevoli saluti .
Salve paul11. Ti ringrazio dell'augurio. Poi non saprei, ma dal mio punto di vista il nulla è il non-esistente e non ho alcuna paura di sparirvi.
Alla mia umiltà basta inchinarmi al volere del primo principio della termodinamica, il quale - sempre secondo me - contiene tutta la saggezza di ogni tempo e dell'intero "creato" (non prendere alla lettera il significato di quest'ultimo termine, ti prego) : "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma". Ancora saluti.
"Chi crede non è ancora figlio di Dio"
Questa è la mistica di Mister Eckhart.
Che è spiritualità, ma anche, e soprattutto, filosofia.
Per me questo significa che la fede è solo uno strumento, che alla fine deve essere abbandonato.
E lo si abbandona nel momento in cui si realizza che ciò in cui si ha fede è il Nulla.
Difatti Eckhart pure invoca: "Prego Dio che mi liberi da Dio".
Senza un Dio, non è più questione di fede, bensì di essere!
Finché è necessaria la fede, lì è il dubbio.
Ma quando il figlio unigenito torna ad essere Uno, non vi è più alcun dubbio e quindi alcuna fede.
La via per tornare, come ben dice Paul11, è l'Amore.
Citazione di: Freedom il 10 Novembre 2020, 15:11:27 PM
So bene che questo argomento è stato oggetto di grandi e interminabili discussioni, sul Forum e anche nella vita normale. La diatriba tra quanti sostengono che credere in Dio è un atto di fede mentre non crederci una semplice rilevazione dell'evidenza è questione irrisolta e, forse, irrisolvibile. La mia irrilevante opinione mi annovera tra quanti ritengono che non ci sono evidenze sulla non esistenza di Dio. E mi conforta molto sapere che una persona della levatura culturale e spirituale come Ratzinger sia dello stesso parere.
No, mi spiace, è molto ben risolvibile seguendo semplici principi logici, e mi spiace che anche il papa che sembra essero così propenso a capire le ragioni degli scettici faccia questa falsa equivalenza da apologisti della prima ora, il che mi lascia purtroppo intendere che tutto il preambolo del suo intervento, molto lettarario, pacato e profondo.. sia in realtà un massaggio delicato alla parte che intende penetrare con la solita siringa monouso. Io credo che se la fede vuole essere un concetto che risalta, non lo si debba annacquare accostandolo a termini impropri, onde evitare che si trasformi in un concetto "passepartout" per qualsivoglia credenza o posizione. Liberi ovviamente di parlare di "fede nell'oroscopo" o "fede nella Juventus" o "fede nella borsa" o "fede nel darwinismo".. salvo poi non meravigliarsi se l'oggetto a cui la fede dovrebbe essere rivolta, Dio, viene trattato alla stregua di uno di questi ed in maniera perfettamente intercambiabile.
Citazione di: InVerno il 11 Novembre 2020, 08:17:50 AM
No, mi spiace, è molto ben risolvibile seguendo semplici principi logici,
E' indubbiamente un'affermazione interessante e importante che merita un thread dedicato. Magari da fare ex novo se non si vuole riesumare antiche discussioni. Però, forse, da non approfondire in questo Topic per non andare OT.
La fede religiosa, se concepita al di fuori del contestuale imprinting culturale, nasce in un certo senso anche dal dubbio: dal dubbio che la realtà materiale (con annesse astrazioni) sia l'unica esistente, dal dubbio che l'uomo sia solo corpo, dal dubbio che con la morte cessi la totale esistenza di una persona, dal dubbio che la giustizia umana sia l'unica tutela, dal dubbio che sia tutto comprensibile con scienza ed esperimenti, etc. tutta una serie di dubbi basati su una negazione implicita (la materia non è tutto, l'uomo non si esaurisce con la morte, la verità non è solo scientifica, etc.) dell'evidenza esperibile (per questo la fede è più "intuito" che razionalità). Potremmo dire che è un dubbio alimentato dall'atavico desiderio/volontà/pulsione di ulteriorità, di trascendenza, di "plusvalore semantico", dal rifiuto del «è semplicemente tutto qui».
La fede subentra in seguito come (dis)soluzione di tali dubbi alla "luce" dell'affermazione della verità della negazione dell'evidenza («sì, c'è anche un post-mortem», «sì, c'è altro oltre al corpo», «sì, ci sono verità non scientifiche», etc.), affermazione suggerita coralmente da gran parte delle religioni, che poi si differenziano man mano che si analizza il contenuto specifico delle rispettive affermazioni e dogmi.
Tuttavia il dubbio può sopravvivere alla sua (dis)soluzione proposta dalla fede, cambiando di senso e direzione, proprio perché ha radici anche nella completezza dell'evidenza esperibile: ad esempio, se prima si dubitava che la persona si spegnesse totalmente nella morte, poi si può dubitare che davvero ci sia dell'altro, poiché tale fede fornisce la desiderata ulteriorità ma non inappuntabili argomentazioni in merito.
Salve. A chiunque la vita presenta troppi misteri, spesso dolori, sempre dubbi.
Tali dilemmi risultano ovviamente inaffrontabili singolarmente, perciò una gran parte dell'umanità sente il bisogno di una risposta unificante, complessiva, totalizzante. Quella fornita dalla fede, la quale non risolve nulla ma è in grado di giustificare (render ragione, motivare) tutto.
Sull'altro versante esistenziale avremo quindi coloro che non si accontentano di credere, ma che vorrebbero sapere. Perciò si affideranno alla scienza la quale è in grado di risolvere qualcosa senza poter giustificare ciò che non è in grado di risolvere. Saluti.
Citazione di: viator il 12 Novembre 2020, 12:49:14 PM
Salve. A chiunque la vita presenta troppi misteri, spesso dolori, sempre dubbi.
Tali dilemmi risultano ovviamente inaffrontabili singolarmente, perciò una gran parte dell'umanità sente il bisogno di una risposta unificante, complessiva, totalizzante. Quella fornita dalla fede, la quale non risolve nulla ma è in grado di giustificare (render ragione, motivare) tutto.
E' certamente vero quello che affermi ma, a mio avviso, incompleto. Nel senso che c'è, dentro l'uomo, un innato bisogno di devozione. E credo sia importante riflettere su questa necessità universale. Il Curato d'Ars, acutamente, sosteneva che se gli uomini non si fossero rivolti alle religioni avrebbe "adorato" le capre. Ed in una certa misura, nella storia umana, l'abbiamo visto accadere. E quindi, ripeto, mi pare opportuno, forse decisivo, tentare di comprendere da dove derivi questo impulso. Avendo già filtrato alcuni elementi intuitivi tipo: la paura, il bisogno di consolazione, etc. Cose vere, per carità ma, almeno secondo il mio parere, non esaustive.
Citazione di: viator il 12 Novembre 2020, 12:49:14 PM
Sull'altro versante esistenziale avremo quindi coloro che non si accontentano di credere, ma che vorrebbero sapere. Perciò si affideranno alla scienza la quale è in grado di risolvere qualcosa senza poter giustificare ciò che non è in grado di risolvere. Saluti.
In realtà tra quelli che desiderano sapere (non chiedere a me se rimane una pia illusione :D) ci sono movimenti spirituali importanti: la massoneria ed il vasto e variegato universo che la compone per esempio. In fondo in fondo la Kabala ebraica nelle sue derivazioni esoteriche e particolari (qualcuno sostiene deviate); etc.
Dal mio punto di vista, e ti parlo da ricercatore spirituale che si è ingobbito sui libri e consumato la suola delle scarpe, non è una strada saggia. Lo sembra ed in qualche modo tendo a comprenderla perché nasce (quando è pura e non inquinata da fantasie e/o brame di potere) da un impulso interiore forte, chiaro e irrinunciabile. Pur tuttavia, se una conoscenza esiste (la verità per esempio), se una divinità esiste, allora ne consegue che chi ha progettato la vita su questo pianeta non ha interesse (e forse non è nel nostro interesse) conseguire la conoscenza in questa vita. Altrimenti, credo eh, vuoi mai che in più di cinquemila anni di storia umana nessuno abbia mai raggiunto la meta?
A me pare di tutta evidenza che l'insegnamento che viene impartito sulla Terra riguarda, perdonami l'empirismo, il "saper stare al mondo" da un punto di vista etico e morale nel rispetto di sé stessi e degli altri. Forse banale, lo riconosco, ma, a ben guardare, assolutamente necessario. Non è infatti il vivere insieme agli altri la maggiore debolezza di tutta la famiglia umana?
Salve freedom. Citandoti : "Nel senso che c'è, dentro l'uomo, un innato bisogno di devozione. E credo sia importante riflettere su questa necessità universale".
C'è secondo me un innato bisogno di amore. Cioè del poter trovare ciò che ci includa (includere=comprendere=capire=far parte di-, =essere devoti verso ciò di cui si fa parte, quindi il lato altruistico dell'amore)................oppure del poter trovare ciò che si possa includere in noi (includere= venir compresi=venir capiti=far parte di noi-, =essere devoti verso sè stessi, quindi il lato egoistico dell'amore).
Che l'amore (che tu chiami devozione) sia, come tutte le manifestazioni dell'esistente, consistente in una dualità apparentemente contradditoria ed in realtà compensatoria............. è secondo me lapalissiano al di là di ogni ridicolaggine romanticistica.
L'amore è prima di tutto il "voler per sè ciò che si ama", poi solo subordinatamente potrà diventare "volere per l'altro ciò che gli si può dare".
Infatti il fondamento della vita e di qualsiasi specie di sentimento si regge sul naturale egoismo degli individui i quali, prima di poter eventualmente "amare" e "spiritualeggiare", devono egoisticamente essere in grado di badare alla propria sopravvivenza la quale, se insistita con successo, ci permetterà di dedicarci ad ogni genere di facoltativa elevatezza metafisica o spiritualistica.
"Solo chi è in grado di badare a sè stesso sarà poi in grado di fare eventualmente il bene degli altri". Saluti.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2020, 11:03:16 AM
...Tuttavia il dubbio può sopravvivere alla sua (dis)soluzione proposta dalla fede, cambiando di senso e direzione, proprio perché ha radici anche nella completezza dell'evidenza esperibile: ad esempio, se prima si dubitava che la persona si spegnesse totalmente nella morte, poi si può dubitare che davvero ci sia dell'altro, poiché tale fede fornisce la desiderata ulteriorità ma non inappuntabili argomentazioni in merito.
Innescando così una specie di double bind su cui i teologi saltano la corda da tempi immemorabili, perfezionando sempre più la loro arte persuasiva. Quanto al credente, questo doppio legame dubitativo non è certo un bel vivere e richiede abbondanti dosi di fede per essere superato. Di qui la convinzione che ci vuole la fede, ovvero la
grazia, nella sua forma più sacrale, esclusiva e miracolosa.
La vita non è una prova e la gioia non è una ricompensa, amore è non imparare niente dalla sofferenza, non essere andati e non voler andare a un certo tipo di scuola, essere primi al mondo e guardarlo con gli occhi dei primi, il contrario esatto di prendere la vita come una prova...
La più grande evidenza empirica contro un certo tipo ingenuo di "fede" è che la gioia al mondo non è mancante in assoluto, c'è, ma non è distribuita in modo sensato, è buttata in giro a casaccio, vi sono malvagi felici, stolti felici, la fortuna, il caso, l'assurdo, innocenti che soffrono, quelli comunemente considerati buoni e meritevoli sofferenti, e tutto questo è evidente, è "solare" in un certo senso: la realtà della gioia e del piacere non è un meccanismo di ricompensa per questo o quel comportamento "virtuoso", ma un richiamo universale alla vita per cui tutti hanno una possibilità, i buoni come i cattivi, gli spirituali come i materialisti; essere giudicati dall'inconoscibile è come non essere giudicati: se Dio è il creatore, dato che avrebbe potuto anche non crearci, a posteriori non può aspettarsi più niente da noi: gioia è non essere stati recisi alla fonte, avere dei desideri e sapere di averli, che li si realizzi o no.
Non si crea qualcuno per metterlo alla prova, la prova è la decisione del creatore in merito alla creazione, e, se ammettiamo di essere stati creati, giocoforza tale prova l'abbiamo alle nostre spalle. Laddove la decisione in merito a una creazione è negativa, vi è il pensiero che resta pensiero, il puro spirito, se è positiva il pensiero si concretizza, non è più solo pensiero, si aggiunge al pensiero l'altro dal pensiero, la materia, il caso, l'assurdo eccetera. Se vale per noi quando dobbiamo disegnare un pupazzetto, altrettanto dovrebbe valere per Dio.
Ci sono malvagi felici, forse, ma questi malvagi non per questo sono graditi da Dio e a mio avviso pagheranno nell'altra vita i loro misfatti. Inoltre l'ultima parte della vita effettivamente non è certo felice, poiché spesso ci si ammala prima di morire e quindi si sperimenta il dolore, a volte anche la solitudine, e quindi per un uomo che ha basato tutta la sua vita sui beni materiali di fronte alla morte come si dovrà sentire? Felice o infelice? Sicuramente si sentirà vuoto e infelice, perché vedrà che tutto quello che ha costituito senso per la sua esistenza è vanità, visto che lo dovrà presto lasciare.
Citazione di: Freedom il 12 Novembre 2020, 14:13:05 PM
...c'è, dentro l'uomo, un innato bisogno di devozione. E credo sia importante riflettere su questa necessità universale. Il Curato d'Ars, acutamente, sosteneva che se gli uomini non si fossero rivolti alle religioni avrebbe "adorato" le capre. Ed in una certa misura, nella storia umana, l'abbiamo visto accadere. E quindi, ripeto, mi pare opportuno, forse decisivo, tentare di comprendere da dove derivi questo impulso. Avendo già filtrato alcuni elementi intuitivi tipo: la paura, il bisogno di consolazione, etc. Cose vere, per carità ma, almeno secondo il mio parere, non esaustive.
Esaustiva è la constatazione che la "devozione" è diffusa in tutto il mondo animale sociale e il soggetto di tale devozione è il/la capobranco. Devozione che ha il carattere della sottomissione gregaria ad esso nell'accoppiamento, priorità di accesso al cibo, spulciamenti e rituali vari, direzione di marcia,...
Persino i cristiani hanno tra le loro metafore fondative quella gregaria del pastore e del gregge.
Venendo agli umani, le forme di devozione prolificano e si sublimano com'è nella natura della specie. Essa assume un carattere coatto in tutte le società classiste ed è riservata al dominus/signore con una omonimia che interessa tanto il padrone che la divinità. Che "servire sia un gran decoro" lo dice la canzone e pure lo racconta lo splendido film "Quel che resta del giorno" con due attori da sballo che la dicono lunga sulla devozione anche nello star system laddove il divo regna sovrano. La devozione ha investito la politica nel corso dei secoli transitando pure nelle società egualitarie tra leader maximi, piccoli padri e grandi timonieri, laddove c'è sempre qualche compagno più compagno degli altri a cui la devozione è dovuta. Il quale prima o poi, a differenza dei numi, muore e si può fare l'autocritica stigmatizzando il "
culto della personalità" per riprendere al primo vate che riappare. Tutte cose da psicologia di massa, senza scomodare l'aldilà.
Citazione...Non è infatti il vivere insieme agli altri la maggiore debolezza di tutta la famiglia umana
Ma è pure la sua forza. La chiave del suo successo evolutivo. Quando il capobranco ha talento tutti ne beneficiano e la devozione è pure dovuta. Non capita spesso e solitamente, a differenza del mondo animale, si tratta di debosciati sostenuti dal potere ereditario della violenza militare o economica, ma quando accade la storia umana subisce un'accellerazione, perchè la caratteristica del capobranco di talento è di riconoscere e servirsi al meglio del talento dei suoi gregari.
Se esiste un libero arbitrio, significa che si può fare e pensare del bene o del male.
Non siamo nel mondo a recitare a memoria una parte predisposta dal creatore, gli eventi della vita spingono a delle scelte con la volontà e in coscienza.
Colui che crede di essere felice, sottraendo e sfruttando con astuzia e prepotenza ai propri fratelli e sorelle i loro beni materiali sfruttandoli e la loro felicità generando sofferenza, pagherà il contrappasso.
Questa è la vera giustizia.
Chi ha fede ,speranza e carità e crede che la sua felicità passi attraverso la felicità dei propri simili , genera virtù che è la capacità di non diventare schiavi di desideri e piaceri , ma di saperli gestire con parsimonia e temperanza e di saper condividere la felicità.
Siamo nel mondo e come giardinieri dovremmo averne cura ,così come per i nostri fratelli e sorelle.
Ma ognuno è libero anche di non credere, di non avere fede, ognuno è libero di generare amore o dolore: questa è la regola della terra.
La Buona Novella fu seminata per il mondo, e ognuno è libero di accettare o rifiutare, ma non può dire che non la sappia.
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2020, 10:19:37 AM
Esaustiva è la constatazione che la "devozione" è diffusa in tutto il mondo animale sociale e il soggetto di tale devozione è il/la capobranco. Devozione che ha il carattere della sottomissione gregaria ad esso nell'accoppiamento, priorità di accesso al cibo, spulciamenti e rituali vari, direzione di marcia,...
Persino i cristiani hanno tra le loro metafore fondative quella gregaria del pastore e del gregge.
Condivisibile ma sei rimasta all'aspetto meramente pragmatico e umano. E' forse colpa mia poichè, citando le capre, ho aiutato a indirizzare il pensiero in quel senso. Diverso sarebbe stato (e lo faccio adesso) se avessi parlato di Sole, Luna e/o riti propiziatori per stimolare piogge e prosperità in senso lato ma comunque di derivazione meteorologica.Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2020, 10:19:37 AM
Ma è pure la sua forza. La chiave del suo successo evolutivo. Quando il capobranco ha talento tutti ne beneficiano e la devozione è pure dovuta. Non capita spesso e solitamente, a differenza del mondo animale, si tratta di debosciati sostenuti dal potere ereditario della violenza militare o economica, ma quando accade la storia umana subisce un'accellerazione, perchè la caratteristica del capobranco di talento è di riconoscere e servirsi al meglio del talento dei suoi gregari.
Assolutamente d'accordo. Infatti essendo la dinamica relazionale con gli altri esseri umani la nostra maggiore debolezza è dunque, contestualmente, il nostro maggiore campo di lavoro. La nostra mission! Affidataci da Dio per chi ci crede e dal fato per chi non crede in Dio.
Citazione di: paul11 il 14 Novembre 2020, 10:31:22 AM
Se esiste un libero arbitrio, significa che si può fare e pensare del bene o del male.
Non siamo nel mondo a recitare a memoria una parte predisposta dal creatore, gli eventi della vita spingono a delle scelte con la volontà e in coscienza.
Questa sembrerebbe una considerazione davvero indiscutibile...
E invece è un'implicita contraddizione!
Anche se difficile da rilevare, per la sua estrema semplicità.
Per rendersene conto occorre chiedersi se, in assenza di un libero arbitrio individuale, abbia ancora senso quel "
siamo nel mondo".
Chi è nel mondo?
Se il libero arbitrio non esiste chi davvero c'è nel mondo?
Citazione di: bobmax il 14 Novembre 2020, 22:54:48 PM
Citazione di: paul11 il 14 Novembre 2020, 10:31:22 AM
Se esiste un libero arbitrio, significa che si può fare e pensare del bene o del male.
Non siamo nel mondo a recitare a memoria una parte predisposta dal creatore, gli eventi della vita spingono a delle scelte con la volontà e in coscienza.
Questa sembrerebbe una considerazione davvero indiscutibile...
E invece è un'implicita contraddizione!
Anche se difficile da rilevare, per la sua estrema semplicità.
Per rendersene conto occorre chiedersi se, in assenza di un libero arbitrio individuale, abbia ancora senso quel "siamo nel mondo".
Chi è nel mondo?
Se il libero arbitrio non esiste chi davvero c'è nel mondo?
Se chiedi ad un gatto od a un cane se sono consapevoli di esistere, cosa rispondono? Fanno le fusa? Scodinzolano? Vogliono coccole? La pappa? Nonostante il loro "sentire", la loro sensibilità.
La relazione libero arbitrio-coscienza-volontà, implica un'interpretazione.
Semmai è contraddittorio pensare che non esista un libero arbitrio.........e interpretare.
Come fa a pensare senza un libero arbitrio? Come fa a decidere che il mondo "gira in una maniera" piuttosto che un'altra? Il fatto di pensare è crearsi uno costrutto, una costruzione mentale che significa anche negare quella libertà , è già la contraddizione logica in termini, perché si è liberi di pensarsi come un "cervello in una vasca", di trovarsi in una matrix, di pensarsi in una prigione, ma il fatto di pensarsi nel mondo come vuole è un libertà intrinseca di pensiero.
Persino Cartesio quando introduce il "genio maligno" che ci illude, non può farci negare il "cogito ergo sum"
Siamo nel mondo perché c'è qualche cosa di fisico chiamato mondo e cogitiamo, parliamo e scriviamo di un io che sono io quando postiamo, ci interelazioniamo , e se rispondiamo vuol dire che ci riconosciamo come entità. Siamo nel mondo.
Il tuo post è quindi implicitamente una libertà, una libertà interpretativa di pensarsi anche nel paradosso.
Paul11, ti prego di stare sul punto. So che non è facile, ma non lo è solo perché estremamente semplice.
L'io individuale non vuole morire e fa di tutto per evitarlo.
Se il libero arbitrio non esiste, noi non ripetiamo a memoria... per la semplice ragione che come io individuali non esistiamo.
E questa considerazione è implicita in tutto quello che hai scritto. Solo che non la vedi.
Ciò che ti sto offrendo è l'autentica liberazione. Ma non sono "io" che te la sta offrendo. Perché io sono te, e tu sei me.
E non temere che la morte dell'io implichi chissà quale rivoluzione. Tutto continua come prima.
Bisogni, pensieri, passioni, accidenti... tutto come prima. Solo l'io incomincerà un po' a sbiadire. Seppur lentamente, e per brevi istanti.
Ma con la morte dell'io... Dio.
Questa è la mistica.
Ma è persino Aristotele!
Quando distingue tra pensiero passivo e pensiero attivo. Solo il pensiero attivo è libero. Ed è... Uno.
Citazione di: bobmax il 14 Novembre 2020, 22:54:48 PM
Se il libero arbitrio non esiste chi davvero c'è nel mondo?
Come fai a postulare l'assenza di libero arbitrio?
Citazione di: Freedom il 15 Novembre 2020, 12:52:31 PM
Citazione di: bobmax il 14 Novembre 2020, 22:54:48 PM
Se il libero arbitrio non esiste chi davvero c'è nel mondo?
Come fai a postulare l'assenza di libero arbitrio?
Salve freedom. Ma - a quanto leggo ed interpreto - Bobmax non sta affatto postulando. Sta solo ipotizzando.
Postulare significa produrre un'affermazione fingendola vera per poi procedere nel cercare di verificarla o falsificarla (o di farla verificare o falsificare dagli interlocutori).
D'altra parte, avesse anche POSTULATO, il postulare è esercizio puramente dialettico che non richiede alcuna giustificazione logica o d'altro genere !. Starà agli interlocutori accettare o respingere quanto sia stato postulato. Saluti.
Citazione di: bobmax il 15 Novembre 2020, 05:26:57 AM
Paul11, ti prego di stare sul punto. So che non è facile, ma non lo è solo perché estremamente semplice.
L'io individuale non vuole morire e fa di tutto per evitarlo.
Se il libero arbitrio non esiste, noi non ripetiamo a memoria... per la semplice ragione che come io individuali non esistiamo.
E questa considerazione è implicita in tutto quello che hai scritto. Solo che non la vedi.
Ciò che ti sto offrendo è l'autentica liberazione. Ma non sono "io" che te la sta offrendo. Perché io sono te, e tu sei me.
E non temere che la morte dell'io implichi chissà quale rivoluzione. Tutto continua come prima.
Bisogni, pensieri, passioni, accidenti... tutto come prima. Solo l'io incomincerà un po' a sbiadire. Seppur lentamente, e per brevi istanti.
Ma con la morte dell'io... Dio.
Questa è la mistica.
Ma è persino Aristotele!
Quando distingue tra pensiero passivo e pensiero attivo. Solo il pensiero attivo è libero. Ed è... Uno.
Penso di capire.
C'è qualcosa di Schopenhauer in questo che poi Nietzsche capovolge ed ha a che fare con la volontà.
Chiariamo allora: la libertà è una condizione, è la possibilità di avere un'azione, e oserei dire è la necessità del pensiero (perché il pensare non smette mai di parlarci) e della coscienza.
Se scelgo un via mistica, il fatto che scelgo è un atto che parte da me, è quindi un atto di volontà a sua volta possibile dalla libertà.
Se scelgo una "tecnica meditativa e contemplativa" prima c'è una volontà innata come poc'anzi scritto, poi per mia volontà voglio che la volontà cessi per lasciare libera la coscienza di "sentire", mi abbandono affievolendo tutte le percezioni, il sentire volontario, costruendo un "vuoto".
La prima volontà, come il pensiero, sono istintivi, come lo è la facoltà di possedere un'intelligenza .Quando decido di voler spegnere o comunque smorzare la volontà è un atto consapevole, è appunto una volontà sulla volontà.
C' è quindi una volontà iniziale, innata, originaria e poi si forma una volontà consapevole.
Questo è importante per capire da dove sorgono le virtù, che non hanno origine dai desideri-piaceri.
La volontà è quindi centrale per scelte. Si possono assecondare ostinatezze istintuali o decidere con un atto di volontà relazionato alla coscienza e all'intelligenza cosa e come gestire gli "istinti" naturali.
Posso quindi decidere che il mio io non sia rivolto tanto all'esperienza esteriore, ma all'esperienza interiore, intima. "Spengo" l'io mondano e lascio fluttuare nella coscienza quell'io che è abbandonato appunto nella coscienza, per vivere stati d'animo.
Il dubbio, e lo considero anche per non uscire dal topic, se sia una via totalizzante, mistica, quasi anacoretica, oppure un esercizio spirituale, ma anche mentale in quanto tale, per poter poi gestire meglio, quando si rientra nell'io mondano ,si rientra nel mondo delle problematicità affettive e materiali. Quindi sarebbe un cercare uno stato d'animo di quiete per poter gestire meglio il "rumore" del mondo.
Un altro dubbio ,seppur collegato al precedente, è una spiritualità individuale o sociale?
Il tutto mi pare riconducibile ad un'autocoscienza e al suo disagio nel sapersi non eterna. Lo spettro parmenideo incombe e rende paradossale, e quindi dubitabile, l'essere.
L'io esiste perche esiste un'autocoscienza che ne è portatrice. Consapevoli - l'io e l'autocoscienza che lo evoca - della propria limitatezza spaziotemporale. A che prò complicare questa semplicissima evidenza del reale di cui non resta che prendere atto ?
Citazione di: Freedom il 15 Novembre 2020, 12:52:31 PM
Citazione di: bobmax il 14 Novembre 2020, 22:54:48 PM
Se il libero arbitrio non esiste chi davvero c'è nel mondo?
Come fai a postulare l'assenza di libero arbitrio?
Ritengo che questa tua domanda possa avere due diversi possibili propositi:
1)Nel caso di assenza del libero arbitrio sarebbe ancora possibile postularne l'assenza?
2) Quali motivazioni ti portano a postulare l'assenza del libero arbitrio?
Se
l'intento della domanda era il primo, risponderei che senz'altro è possibile postularne l'assenza. In quanto il libero arbitrio non è una condizione necessaria per alcunché.
Consiste infatti esclusivamente nel convincimento che il soggetto dotato di libero arbitrio sia un'origine incondizionata di eventi.
Ma non vi è alcun evento, quindi anche un pensiero, una ipotesi, che sia esclusiva di un libero arbitrio.
Perché si tratterebbe di un miracolo.
E i miracoli, ossia eventi di cui non si conosce né si conoscerà mai una causa esterna, occorre escluderli. Se non vogliamo cadere nella superstizione.
(Sì, il dubbio non è mai eliminabile del tutto, ma appunto anche qui è una questione di fede, una fede necessaria però. Perché l'alternativa sarebbe il credere nell'irrompere della Trascendenza nell'immanenza: cioè il Caos!)
Il secondo proposito è a mio avviso di gran lunga più interessante.
Non so stabilire una chiara motivazione, ma direi che senz'altro riguarda il male.
Il male sospinge alla ricerca.
E cercando, non tarda a presentarsi l'incompatibilità tra natura e libertà.
Questa incompatibilità è stata per me a lungo fonte di perplessità.
Un dubbio che mi si parava ogni volta davanti. Perché era una contraddizione insolubile tra il mondo e ciò che davo per scontato: la libertà del volere.
Io ero il mio stesso volere! Che altro mai?
Intanto il male continuava però a spingere.
E la direzione in cui costringe è la ricerca della Verità.
Una ricerca che toglie man mano ogni falsità con cui mi sono cullato.
Fino a sperimentare con mano che nessuno è mai davvero colpevole!
Perché posso ormai almeno intravedere che anche nell'atto più orrendo, nella persona più abietta, non vi è mai alcuna "vera" colpa.
Esiste il male, ma nessuno ne è davvero colpevole.
Nessuno, tranne me stesso.
Questa ricerca conduce all'inferno.
Si potrebbe allora sospettare che questo postulare l'assenza del libero arbitrio sia una scelta opportunistica, una possibile via di fuga dall'inferno.
Il dubbio rimane...
Tuttavia lo stesso inferno non nasce affinché il Bene sia?
Margherita Porete, con il suo "Lo specchio delle anime semplici" descrive come l'anima si ritrovi nuda davanti a Dio. Colpevole, senza possibilità di redenzione.
In quel testo ho trovato la mia storia di vita.
Citazione di: paul11 il 15 Novembre 2020, 14:12:07 PM
Chiariamo allora: la libertà è una condizione, è la possibilità di avere un'azione, e oserei dire è la necessità del pensiero (perché il pensare non smette mai di parlarci) e della coscienza.
Se scelgo un via mistica, il fatto che scelgo è un atto che parte da me, è quindi un atto di volontà a sua volta possibile dalla libertà.
Se scelgo una "tecnica meditativa e contemplativa" prima c'è una volontà innata come poc'anzi scritto, poi per mia volontà voglio che la volontà cessi per lasciare libera la coscienza di "sentire", mi abbandono affievolendo tutte le percezioni, il sentire volontario, costruendo un "vuoto".
La prima volontà, come il pensiero, sono istintivi, come lo è la facoltà di possedere un'intelligenza .Quando decido di voler spegnere o comunque smorzare la volontà è un atto consapevole, è appunto una volontà sulla volontà.
C' è quindi una volontà iniziale, innata, originaria e poi si forma una volontà consapevole.
Questo è importante per capire da dove sorgono le virtù, che non hanno origine dai desideri-piaceri.
La volontà è quindi centrale per scelte. Si possono assecondare ostinatezze istintuali o decidere con un atto di volontà relazionato alla coscienza e all'intelligenza cosa e come gestire gli "istinti" naturali.
Un conto è la volontà, un altro la libertà del volere.
Indubbiamente noi vogliamo.
E sovente siamo pure consapevoli del nostro volere.
Ma non vi è alcuna prova che noi si sia davvero liberi nel nostro volere.
Anzi, parrebbe proprio di no...
Perché questa libertà implicherebbe che una nostra decisione avrebbe potuto essere diversa da quella che fu.
E questa scelta diversa avrebbe potuto avvenire a parità di condizioni iniziali!
Un assurdo logico.
Che può essere accettato come possibile solo facendo appello ad un fenomeno trascendente.
Ma questo appello alla Trascendenza, che può sembrare tanto nobilitante per il nostro "io", è invece soffocante.
La libertà, l'autentica libertà, non è nel libero arbitrio, ma nella sua assenza.
E questo perché sono libero solo quando
decido ciò che
voglio perché lo
devo in quanto questo
sono.
La libertà è nell'
Essere.
Dove altro mai potrebbe?
Quindi, diciamo pure che sono libero sempre.
Ma non perché potrei volere diversamente da ciò che voglio.
Sono libero perché voglio ciò che devo in quanto questo sono.Perciò... anche quando voglio il male.
E qui arriviamo al figlio unigenito.
Che è figliol prodigo.
Citazione
Il dubbio, e lo considero anche per non uscire dal topic, se sia una via totalizzante, mistica, quasi anacoretica, oppure un esercizio spirituale, ma anche mentale in quanto tale, per poter poi gestire meglio, quando si rientra nell'io mondano ,si rientra nel mondo delle problematicità affettive e materiali. Quindi sarebbe un cercare uno stato d'animo di quiete per poter gestire meglio il "rumore" del mondo.
Un altro dubbio ,seppur collegato al precedente, è una spiritualità individuale o sociale?
Dalla mia esperienza, il "rumore" del mondo è indispensabile.
Occorre pure potersi isolare almeno un poco, ma poi bisogna tornare nel mondo.
Solo il mondo può darci lo stimolo per una ricerca interiore.
Secondo me, anche se può risultare assurdo, vi è solo una spiritualità, la tua.
Così come la mia.
Nel senso, che vi è solo il figlio, che è unigenito.
Tutto ciò che è altro, rispetto al figlio, è Dio.
Citazione di: bobmax il 15 Novembre 2020, 17:42:50 PM
Il secondo proposito è a mio avviso di gran lunga più interessante.
Non so stabilire una chiara motivazione, ma direi che senz'altro riguarda il male.
Il male sospinge alla ricerca.
E cercando, non tarda a presentarsi l'incompatibilità tra natura e libertà.
Questa incompatibilità è stata per me a lungo fonte di perplessità.
Un dubbio che mi si parava ogni volta davanti. Perché era una contraddizione insolubile tra il mondo e ciò che davo per scontato: la libertà del volere.
Io ero il mio stesso volere! Che altro mai?
Intanto il male continuava però a spingere.
E la direzione in cui costringe è la ricerca della Verità.
Una ricerca che toglie man mano ogni falsità con cui mi sono cullato.
Fino a sperimentare con mano che nessuno è mai davvero colpevole!
Perché posso ormai almeno intravedere che anche nell'atto più orrendo, nella persona più abietta, non vi è mai alcuna "vera" colpa.
Esiste il male, ma nessuno ne è davvero colpevole.
Nessuno, tranne me stesso.
Questa ricerca conduce all'inferno.
Si potrebbe allora sospettare che questo postulare l'assenza del libero arbitrio sia una scelta opportunistica, una possibile via di fuga dall'inferno.
Il dubbio rimane...
Tuttavia lo stesso inferno non nasce affinché il Bene sia?
Posto che la discussione tra libero e servo arbitrio va avanti da un bel pezzo e dubito che si possa arrivare ad una conclusione incontrovertibile :-\ posto questo dicevo, credo che tu abbia ragione a individuare nel male un motore. Si cerca il bene perchè si sta male. Probabilmente sei da molto tempo un ricercatore e, oramai, ti pare scontato che chiunque sta male stia cercando la verità. Magari fosse così! O meglio, probabilmente è così, ma la via diretta di ricerca della verità è, tutto sommato, rara. La maggior parte delle persone cerca anestesia dal male. Ma poi, alla fine, ritengo tu abbia ragione, cerca la verità. Magari in più di una vita. Per chi crede alla reincarnazione.
Comunque, non ti nascondo che anch'io sono tentato di credere alla mancanza di libero arbitrio. Proprio qui, su questo Forum, un utente veramente preparato e intuitivo così si espresse: nelle condizioni date se rifacessimo "n" volte una scelta essa sarebbe SEMPRE la medesima. Non è dimostrabile ma dà da riflettere.
Salve paul11. Non afferro il senso del tuo quesito : "Un altro dubbio ,seppur collegato al precedente, è una spiritualità individuale o sociale?".
Quale mai potrebbe essere il significato (il significante) di una spiritualità "sociale" ? Dal momento che i valori spirituali attengono all'intimo e - voglio credere - personalissimo modo di sentire interiormente (qui correggimi se sto sbagliando).........cosa c'entra la condivisione sociale, collettiva, organizzabile, assembleare, comunitaria di un qualcosa (i propri modi di sentire) la cui soggettiva fiducia e percezione non può certo venir resa più valida, più "vera" dall'accumularsi dei "consensi" collettivi circa di essa.
Ovvio quindi - sempre secondo me - che la sfera della spiritualità, così come sorge e si rivela in ciascuno di noi, non può che maturare poi nella personale riflessione, la cui validità ed i cui sbocchi non credo proprio siano moltiplicabili in funzione del moltiplicarsi della loro comunicabilità e diffusione sociale.
A meno che - all'interno della società - ci sia chi ha invece interesse (più che sentimento) alla condivisione e diffusione generalizzata di valori i quali - pur richiamandosi alla spiritualità - risultino sfruttabili per fini diversi. Saluti.
Certo che ho il libero arbitrio, non ho altra scelta! (cit)
Riguardo il dubbio e la fede sono rimasto molto colpito dalla storia di Teresa di Calcutta, questa negli ultimi anni della sua vita scriveva di continuo d'aver perso la fede e di non sentire più Dio, terrorizzata di riconoscersi atea, e ne scriveva anche in Vaticano, chiedendo se non fosse il caso che gli togliessero le luci di dosso vista la sua condizione spirituale. E dal Vaticano gli rispondevano pieni di entusiasmo di no, che anzi, questa sua perdita della fede era la sua croce che rendeva ancora più valevole ciò che faceva, tant'è che quando la santificarono pubblicarono queste lettere. Una parte di me, sa che il Vaticano non voleva perdere i grassi investimenti che questa suora albanese attirava e che permetterle di ritirarsi avrebbe significato molto per le sacre casse, ma c'è anche una parte di me che è leggermente turbata da questa prospettiva di una chiesa pronta ad accettare a braccia aperte anche gli scettici e i dubitanti, per non parlare degli atei (quelli con il portafoglio vuoto intendo), l'idea che non esista un "extra ecclesiam" è molto sinistra .
Non fare affidamento troppo su Madre Teresa, ella aveva una spiritualtà distorta per cui considerava la sofferenza degli ammalati che assisteva come voluta da Dio e positiva a prescindere, tant'è che negava sovente gli antidolorifici ai malati perché in questo modo potevano offrire il loro dolore a Dio, Forse è per questo che non sentiva Dio, perchè in realtà ne era parecchio lontano nonostante le buone opere apparenti.
Citazione di: Socrate78 il 16 Novembre 2020, 20:20:21 PM
Non fare affidamento troppo su Madre Teresa, ella aveva una spiritualtà distorta per cui considerava la sofferenza degli ammalati che assisteva come voluta da Dio e positiva a prescindere, tant'è che negava sovente gli antidolorifici ai malati perché in questo modo potevano offrire il loro dolore a Dio, Forse è per questo che non sentiva Dio, perchè in realtà ne era parecchio lontano nonostante le buone opere apparenti.
Salve Socrate78. La tua osservazione getta certamente - se rispecchiante le autentiche motivazioni della Santa - una luce per molti stranissima ma per me null'affatto sorprendende circa i meccamismi psicologici che possono muovere le fedi individuali.
Una figura di devota la quale ama tal punto il suo Dio da arrivare a credere di compiacerlo offrendogli non solo la propria vita e sofferenza, ma addirittura anche quelle delle vittime sacrificali facenti parte del popolo che essa accudiva. Quindi gloria ed amore per Dio, dolore e sofferenza per tutti gli altri, a cominciare dal suo stesso Figlio..................questa è la radice morale integrale ed integralista del cristianesimo. Saluti.
x Ipazia
Dipende cosa si intende per coscienza che ha più definizioni. Spiritualmente è assimilabile all'anima?
La posizione di non credente potrebbe porre la coscienza come consapevolezza di caducità; il contrario è ciò che dovrebbe pensare il credente. La caducità diventa il corpo fisico.
x Bobmax
come è possibile postulare l'assenza di libero arbitrio se non si ha già la libertà di poterlo pensare come assenza? E' un'aporia.
Il creare, il costruire, il pensare, il costituire una cultura da dove mai sarebbero sorte ,senza libertà?
Semplicemente c'è stato un atto di volontà da parte di chi ha costituito, creato ,generato l'universo.
Quando i testi sacri dicono, che siamo simili a "dio"( e non indico solo i testi cristiani), la simbologia lo ha posto come raffigurazione come corpo fisico, ma in realtà è la capacità di avere una libertà di creazione a nostra volta.
Non so i miracoli, ma il concetto di "mistero" è fra i fondamenti spirituali. Non possiamo conoscere il "punto di vista di Dio". Ed è il mistero che spesso può costruire dubbi, perché è interpretabile.
Gesù che s'incarna non è forse trascendenza che entra nell'immanenza, entrando nella storia umana?
Il male se è, è ontologico voluto dalla volontà creatrice.
La natura non è bene o male segue un suo ordine biologico , che è più complesso di una traiettoria di un meteorite o di materia inorganica.
Un dubbio è quindi che se c'è il male il perché c'è il male e lo può fare solo un essere senziente, dotato di libertà, coscienza, volontà.
Sul fatto che nessuno è colpevole, nonostante si accetti il male come presenza, è un'aporia.
Non esisterebbe la giustizia, né divina e neppure umana.
Non esiste proprio un colpevole senza possibilità di redenzione, né per l'uomo, né per Dio.
La volontà priva di libertà è assimilabile al meccanicismo od organicismo .
Semmai non ci sono prove che un meteorite studi la sua traiettoria impressa dalla gravità o di un animale che compia testi di zoologia perchè segue impulsi e stimoli .Noi invece studiamo meteoriti e il sistema vivente. Quindi la conoscenza informa la coscienza in un certo qual modo.
Infatti la libertà implica scelte consapevoli in un ventaglio di possibilità,
Una condizione è quanto denaro hai nel portafoglio e cosa pensi siano i tuoi bisogni e quali beni possono estinguerli. E questi bisogni e beni non è detto che appartengano al dominio fisico e materiale in senso stretto: un libro, un film, un quadro artistico,ecc.
L'interpretazione nella relazione fra libertà (vera) ed Essere è possibile da un essere senziente che ascende e trascende il dominio fisico.
Mi pare che la parte finale del discorso contraddica quella iniziale.
Siamo sicuri che vie diverse di spiritualità individuali portano allo stesso fine?
Anche le sette sataniche?
x Freedom
nelle condizioni date se rifacessimo "n" volte una scelta essa sarebbe SEMPRE la medesima. Non è dimostrabile ma dà da riflettere.
Non bisogna essere dei geni per sapere che siamo condizionatili. Una persona sceglie in base a sue credenze, costrutti, esperienze.
x Viator
Le religioni sono spiritualità sociali , altre sono spiritualità individuali. Possono intrecciarsi fra loro.
Una Messa è sociale, anche se ciò che intimamente prova una persona è sua; ma il rito, la cerimonia, la preghiera è collettiva.
Le religioni entrano nel sociale come comunità , come definizione di famiglia, come ruoli sociali, ecc.
Tutto è speculabile per fini diversi dalla spiritualità, anche Dio è strumentalizzabile da parte dell'uomo.
Inverno
Certo che ho il libero arbitrio, non ho altra scelta
questa è una verità. Ma anche l'esistenza non ha altra scelta,siamo gettati nel mondo non per nostra scelta (almeno sembra...)
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2020, 21:00:24 PM
x Ipazia
Dipende cosa si intende per coscienza che ha più definizioni. Spiritualmente è assimilabile all'anima?
La posizione di non credente potrebbe porre la coscienza come consapevolezza di caducità; il contrario è ciò che dovrebbe pensare il credente. La caducità diventa il corpo fisico.
La coscienza è assimilabile alla psiche dal cui interrogarsi si genera lo spirituale umano, l'anima, più o meno fantasticante, ma sempre di matrice umana qualunque cosa essa creda.
Caro Paul11, l'io non vuole morire e s'inventa di tutto pur di non svanire.
Lascia che il dubbio faccia il suo lavoro.
Abbi fede.
E la fede non ha niente a che fare con testi sacri, con Gesù, con qualsiasi cosa.
Questi possono solo essere degli stimoli, delle occasioni. Ma ciò che conta è la tua fede nella Verità.
E la Verità non è qualcosa a cui tu possa aggrapparti.
La Verità ha bisogno di te. Perché tu sei la Verità!
Che c'entra l'essere senzienti, la cultura, con la libertà individuale?
È l'Essere che è libero.
È l'Uno!
Ed è per questo che tu, in quanto "io", vuoi ciò che devi volere.
Citazione di: viator il 16 Novembre 2020, 20:53:35 PM
Citazione di: Socrate78 il 16 Novembre 2020, 20:20:21 PM
Non fare affidamento troppo su Madre Teresa, ella aveva una spiritualtà distorta per cui considerava la sofferenza degli ammalati che assisteva come voluta da Dio e positiva a prescindere, tant'è che negava sovente gli antidolorifici ai malati perché in questo modo potevano offrire il loro dolore a Dio, Forse è per questo che non sentiva Dio, perchè in realtà ne era parecchio lontano nonostante le buone opere apparenti.
Salve Socrate78. La tua osservazione getta certamente - se rispecchiante le autentiche motivazioni della Santa - una luce per molti stranissima ma per me null'affatto sorprendende circa i meccamismi psicologici che possono muovere le fedi individuali.
Una figura di devota la quale ama tal punto il suo Dio da arrivare a credere di compiacerlo offrendogli non solo la propria vita e sofferenza, ma addirittura anche quelle delle vittime sacrificali facenti parte del popolo che essa accudiva. Quindi gloria ed amore per Dio, dolore e sofferenza per tutti gli altri, a cominciare dal suo stesso Figlio..................questa è la radice morale integrale ed integralista del cristianesimo. Saluti.
Una volta la Santa in questione ha anche dichiarato che tra Galileo e l'inquisizione avrebbe scelto l'inquisizione (evidentemente pure i Santi, laddove non vedano possibile il bene, ragionano su quale sia il male minore); mi sa che secondo lei in un mondo cristianamente perfetto gli antidolorifici non avrebbero dovuto proprio essere inventati...
Salve paul11. Citandoti : "Semplicemente c'è stato un atto di volontà da parte di chi ha costituito, creato ,generato l'universo".
Chissà se condividi il fatto che l'Universo, il Mondo Fisico, abbia costituito una realtà anche prima della "creazione" o "comparsa" dell'uomo. Cioè se credi che prima (in successione temporale) fu il Mondo poi fu l'Uomo.
Io lo credo, quindi trovo curioso il fatto che una figura umana o personale (CHI ha costruito, creato......) venga da te posta all'origine di ciò che (il Mondo) ha preceduto la comparsa dell'Uomo.
Ora, siamo in ambito fideistico, quindi dobbiamo sorvolare su logica e coerenza, ma io non cesso di scrollare il capo ogni volta (praticamente sempre !) che mi imbatto nell'uso di pronomi personali (Chi,.......Lui....., Egli......) riferiti a Dio. Ma non è mai venuto in mente a nessuno che Dio possa essere un Ente o Entità impersonali, privo di sospette parentele di chi ha bisogno di "Lui, cioè Esso" ?. Saluti.
x Ipazia
Se per matrice umana si intende fisica corporea......quasi tutti i filosofi iniziano da un "io penso quindi sono", dove il pensiero è caratteristica dell'uomo.
La psiche originariamente o anche psuche era l'anima. Se poi la cultura moderna cambia le definizioni mantenendo i termini ........hanno ridotto la psiche a un contenitore non ontologico bensì fenomenologico per ridurre un uomo (fenomeno da baraccone) ai comportamenti come un animale, e come animale lo hanno ridotto a "cosa" , un topo da laboratorio da ammaestrare, plagiare, manipolare.
Come se la psiche originaria fosse riducibile a pulsione come uno stimolo metabolico.
Così hanno tentato di cancellare la spiritualità .La stessa cosa è stata fatta con il termine coscienza, mantenendo il nome e cambiando definizione.
x Bobmax
Quando scrivi così, mi sembra ermetica new age.Questa è la sensazione. Magari mi sbaglio.
x Viator
Mi sembra di aver scritto che Dio non è rappresentabile figurativamente come un umano. Francamente non l'ho mai pensato. Le caratteristiche divine nell'uomo, in termini di similitudine, stanno nello spirito, nell'anima, nelle qualità intellettuali, per cui spesso in filosofia utilizzo il termine "qualcuno" e/o "qualcosa" Direi che su questo mi trovi d'accordo.
Penso che il Mondo Fisico non si sia creato da solo, è tutto da dimostrare un'autopoiesi e la ritengo quasi impossibile e questo rafforza quel Dio, quel qualcosa quel qualcuno che ha creato l'universo .
Perchè l'universo da qualcosa è stato creato. L'energia ,la materia, le regole fisiche ,ecc, non possono essere nate dal niente.
Paul11, accennasti alla mistica, come una possibile via.
Ma devo aver inteso male. Un domani chissà...
"Penso che il Mondo Fisico non si sia creato da solo, è tutto da dimostrare un'autopoiesi e la ritengo quasi impossibile e questo rafforza quel Dio, quel qualcosa quel qualcuno che ha creato l'universo .[/size] Perchè l'universo da qualcosa è stato creato. L'energia ,la materia, le regole fisiche ,ecc, non possono essere nate dal niente."
----------------------------------------------------------
L'alternativa alla creazione divina non è l'autopoiesi, ma la semplice ipotesi che il mondo sia ingenerato e imperituro, lo sfondo di tutto ciò che esiste da sempre e per sempre, lo scopo delle leggi di natura non è creare il mondo dl nulla, ma mantenerlo com'è, e l'operatività delle leggi di natura esclude un inizio o una fine. Noi non siamo in grado di immaginare il tempo infinito e lo spazio infinito, ma la nozione minima e semplice di spazio e di tempo include la loro infinità sebbene questa infinità non sia immaginabile.
Il tempo non è creato, ma ha in se le condizioni per autocrearsi, ovvero, poiché solo il possibile avviene, e avviene secondo necessità, l'infinità del tempo è riempita da un numero finito di attimi, poiché l'origine del tempo non esiste, e proprio non esiste in senso forte ed assoluto, nemmeno retrocedendo nel passato all'infinito, nessun attimo ha dietro di sé una durata, nemmeno infinita, che lo ricollega all'inesistente origine del tempo, tutti gli attimi hanno dietro di sè una durata, di ampiezza finita e variabile, che li ricollega ad altri attimi, potenzialmente a tutti gli altri attimi, a secondo delle differenti lunghezze delle durate possibili, compreso a se stessi, ogni attimo può essere origine e fine del tempo, perché da lì si può raggiungere ogni altro attimo, ma il percorso per tornare a se stesso esibisce una differenza qualitativa e di senso rispetto a tutti gli altri percorsi.
La scienza moderna si rende abbastanza ridicola con le teorie dell'autopoiesi, e almeno su questo all'uomo della strada la scienza sembra sempre meno soddisfacente della religione come tipo di spiegazione, la creazione dal nulla non può mai essere secondo natura, quindi prima del big bang dovrebbe esserci non il nulla ma lo sfondo eterno dell'universo, e non basta dire che spazio e tempo stessi si originano dal big bang e non ha senso chiedersi cosa ci sia prima, perché a tempo fermo e a spazio inesteso, non c'è nessun momento preferenziale in cui l'esplosione/espasione possa avvenire e quindi a rigor di logica non dovrebbe avvenire, il punto minimo dello spazio e del tempo se è una singolarità non ha le caratteristiche minime per ospitare eventi, nemmeno l'evento del suo divenire altro, quindi penso che anche l'universo che conosciamo si origina secondo necessità da uno sfondo eterno, e non potremo che scoprire anche scientificamente e cosmologicamente questo, prima o poi...
Ridicolo é fingere ipotesi indimostrabili mosse soltanto da una psiche illusionalmente desiderante l'eternità.
Già Socrate aveva messo in guardia dall'illusionalità del finto sapere e questo lo condusse a morte, perché l'illusionismo ha pure una sua autoconservativa ferocia.
Il suo allievo Platone, memore della lezione di quell'esito, consigliò di lasciare i superstiziosi nella loro autoconservativa ignoranza per evitare guai peggiori.
Decenza etica ed epistemica é sapere di sapere quello che si sa e, socraticamente, sapere di non sapere quello che non si sa. In ció sta l'autentica (cono)scienza.
E' sempre curioso assistere agli episodi di dissonanza cognitiva che capitano spesso a filosofi, teologi e mistici che si identificano come "cristiani" e poi discettano di un Dio di cui le sacre scritture non contengono traccia, una forma di etere impersonale (ma causale) e di nebuloso sistema ontologico, di cui non si capisce da dove la nozione di esso abbia origine, se non da altri che ne hanno discettatto in simile maniera. Che si vergognino di un Dio che chiede come bottino di guerra vergini e buoi e che "non trova" Adamo mentre si nasconde tra i cespugli dell'Eden? Troppo personale, troppo poco ieratico, troppo imperfetto.. ma allora che senso ha dirsi cristiani? Dio diventa una forma di contenitore dell'ignoranza, a cui tutto ciò che ignoto è addebitabile nelle forme più nebulose possibili, che si risolve sempre per petitio principii. Certo se l'universo è un creato da qualche parte v'è un creatore e se l'universo è un uovo da qualche parte v'è una gallina che depone uova universali.
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2020, 01:33:09 AM
x Ipazia
Se per matrice umana si intende fisica corporea......quasi tutti i filosofi iniziano da un "io penso quindi sono", dove il pensiero è caratteristica dell'uomo.
La psiche originariamente o anche psuche era l'anima. Se poi la cultura moderna cambia le definizioni mantenendo i termini ........hanno ridotto la psiche a un contenitore non ontologico bensì fenomenologico per ridurre un uomo (fenomeno da baraccone) ai comportamenti come un animale, e come animale lo hanno ridotto a "cosa" , un topo da laboratorio da ammaestrare, plagiare, manipolare.
Come se la psiche originaria fosse riducibile a pulsione come uno stimolo metabolico.
Così hanno tentato di cancellare la spiritualità .La stessa cosa è stata fatta con il termine coscienza, mantenendo il nome e cambiando definizione.
La psiche umana ha una tenuta ontologica a prova di qualsiasi ontologizzazione meramente fenomenologica. La matrice fisica è importante perché determina la "capacità di intendere e volere", ma quell'intendere e volere, come insegna il buon Kant, viene trasceso nella vita in atto.
Il modello teologico creazionista induce alla fallacia, fenomenologica a sua insaputa, di intendere il figlio come una replica del padre, mentre l'esperienza insegna che non è
totalmente così e che ogni psiche elabora un suo modo originale di intendere e volere. Di vivere.
Rilancio quindi l'accusa di plagio omologante nel campo dell'archè-tipizzazione teistica della psiche autocosciente umana. Coscienza che, liberatasi alfine dall'ingombrante presenza di numi, angeli e demoni extraterrestri, può impiegare tutte le sue energie mentali per liberarsi pure dalle loro versioni originali terrestri.
Non c'è niente che si sappia per davvero. Ci si inoltra nel mondo, cercando di comprendere, senza mai poter affermare di sapere!
E questa è la scienza.
Poi vi è chi discetta sul sapere, sulla scienza, inconsapevole che la scienza è fondata sul non sapere.
Inconsapevole persino della profondità del sapere di non sapere!
È questa pretesa irrazionale ad essere non solo triste, pure ridicola.
Così ridicola da permetterti di sbeffeggiarla via internet. C'è un detto a tal proposito... ;D
Lapalissiano che la scienza sia fondata sull'ignoranza, come la cura sulla malattia, l'amore sulla solitudine individuale, ma la scienza non è ignoranza, la cura non è malattia, l'amore non è solitudine.
.
Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2020, 07:33:31 AM
Ridicolo é fingere ipotesi indimostrabili mosse soltanto da una psiche illusionalmente desiderante l'eternità.
Già Socrate aveva messo in guardia dall'illusionalità del finto sapere e questo lo condusse a morte, perché l'illusionismo ha pure una sua autoconservativa ferocia.
Il suo allievo Platone, memore della lezione di quell'esito, consigliò di lasciare i superstiziosi nella loro autoconservativa ignoranza per evitare guai peggiori.
Decenza etica ed epistemica é sapere di sapere quello che si sa e, socraticamente, sapere di non sapere quello che non si sa. In ció sta l'autentica (cono)scienza.
Se ti riferivi a quello che ho scritto io, e mi sa di sì...
L'autoillusione con quello che ho scritto non c'entra nulla,
se pensi che ci sia un'origine del mondo/cosmo, divina o secondo natura che essa sia non importa, insomma autopoiesi naturale o poiesi divina in questo sono uguali,
allora pensi che ci sia (esista) un qualcosa di incausato, (perché dietro il punto d'origine del mondo, il punto in cui tutto inizia, non c'è nulla, né in senso causale né in senso temporale) e inoltre,
se pensi che ci sia una fine del mondo, (ovvero un punto oltre il quale non succede più nulla) divina o secondo secondo natura che sia,
allora pensi che ci sia (esista) un qualcosa di puramente effettuale, perché lo stato del mondo "terminato", annientato dall'avvento della sua fine, è uno stato del mondo puramente effettuale, in cui l'ultima causa produce l'effetto e la catena stessa tra causa e effetto si interrompe.
Io seguo la mia ragione, che mi dice che
non esiste l'incausato e non esiste l'effettuale puro, e quindi, di conseguenza, non esiste nessun benedetto punto dello spazio e del tempo in cui il mondo possa iniziare o terminare, è il logos stesso che mi porta a escludere stati del mondo incausati, che quindi starebbero lì dove starebbero senza motivo e galleggerebbero nell'inspiegabile e nell'assurdo, o stati del mondo "incausanti", nel senso di puramente effettuali e non in grado di produrre più nulla di ulteriore, tolto quindi l'incausato e l'effettuale puro, rimane solo l'eternità immanente dello spazio, del tempo e della natura, il grande mondo ingenerato e imperituro dove la ragione mi porta a credere di vivere, ti può non piacere, ma di illusivo ed illusivo non c'è niente, è il frutto di un ragionamento. Questo mondo non inizia, perché anche il punto da cui inizia deve avere una causa, e non finisce realmente, perché anche il deserto omogeneo in cui potrebbe finire deve pur produrre degli effetti, e insieme a me in questo mondo ci abitano tutti quelli che possono condividere con me questo ragionamento, mentre quelli che credono nelle autopoiesi naturali o nelle poiesi divine mi sembrano abitare in un mondo a parte, ma qualcosa mi dice che finché scienza e religione si contenderanno, anche solo nella mente dell'uomo semplice, la spiegazione dell'origine del mondo, la religione avrà sempre una marcia in più...
x Bobmax
D'accordo sulla mistica. E qui sì che sorgono dubbi.Ci sono modi diversi per pensare alla via mistica. Non penso che l'annullamento del proprio io, inteso come identità personale nel mondo, sia una via......potrei sbagliarmi. Si vive una mistica, non penso che smettere di vivere nel mondo per il nulla sia una via. Perchè mai saremmo al mondo? Quindi non lo penso, ma ribadisco è un mio punto di vista che potrebbe essere sbagliato. La via dell'anacoreta o dell'eremo solitario, se in comunità è già diverso, non mi convince. Che senso ha la vita se si vive per un nulla, un aldilà?
E' la relazione fra senso della mistica e senso della vita che a mio parere non regge.
Penso che la via mistica siano momenti per stare meglio, vivere meglio la vita mondana come si era già detto.
x NiKo
Ma vedi che sei costretto logicamente a porre un universo eterno come sfondo......
i tuoi argomenti non sono totalmente errati, sei un gradino sopra l'ignoranza materica, perché ti fai domande ontologiche e non solo fenomenologiche.
Se l'universo ha regole e ordini vuol dire che pensa e che ha scopi, Da dove mai sorgerebbe l'intelligenza? A queste domande ovviamente i miscredenti non discutono, non avendo nessuna argomentazione razionale logica. Almeno tu ti poni la domanda e cerchi risposte.
x Ipazia
E' questo "bisogno di eternità" che ha poco senso nel credere. Non è quello il problema ,perchè sarebbe di tutti, non solo dei credenti.
x Inverno
Ce l'hai proprio contro i credenti, tanto da mancare di buon senso, ed è inutile argomentare: hai rancori antichi? Illumina con la tua Verità
x Ipazia
La psiche umana così fenomenologizzata è così tanto scienza dalla stessa scienza da essere una pseudo scienza ingenua. Persino Woody Allen la piglia per i fondelli.
E quale sarebbe mai quella matrice fisica del "comprendere e del volere", il cervello?
Fai una risonanza magnetica e vedi quanti pensieri ci sono........
Quale modello teologico creazionista? La battaglia politica fra creazionisti ed evoluzionisti poco mi importa. Si può essere scienziati e credenti.
Se ognuno intendesse un proprio volere e credere come fai ad essere comunista?
Salve paul11. Citandoti assi brevemente : "Se l'universo ha regole e ordini vuol dire che pensa e che ha scopi...................................".
Lasciamo perdere regole,ordini e pensieri (termini e concetti di evidentissimo ed esclusivissimo significato umano e non certo universalistico)..........per quanto riguarda gli scopi, inviterei te e chiunque a citarmi un qualsiasi SCOPO (non importa se fantasioso o fasullo o che altro) che possa essere definito EXTRAUMANO o SOVRUMANO. Saluti.
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2020, 16:33:55 PM
x Inverno
Ce l'hai proprio contro i credenti, tanto da mancare di buon senso, ed è inutile argomentare: hai rancori antichi? Illumina con la tua Verità
Io ho "rancori" sempre presenti, particolarmente verso i ragionamenti incoerenti e logicamente fallaci, è un caso che i credenti ne siano portatori assidui.
Tu dici "se l'universo ha regole e ordini, vuol dire che pensa e ha scopi". Questo è un colossale non sequitur sufficiente ad attirare il mio "rancore", ma in realtà io sono molto sereno, sono anni che leggo gli stessi ragionamenti fallati parafrasati in maniera diversa, mai visto qualcuno tirarci fuori un ragno dal buco e la mia serenità è ormai imperturbabile..
Paul11, l'autentica mistica è una sola e non necessita di alcun eremo.
Mi sa che non hai idea di cosa si tratti.
Sì, questo termine è stato abusato, finendo per assumere connotati anche deteriori.
Occorre perciò andare all'origine.
Perché la mistica è la stessa filosofia originaria.
Ma per avvicinarvisi bisogna tener ferma la fede nella Verità e applicare il pensiero logico.
Molti sono convinti di aver buone capacità di analisi, ma pochi ne sono veramente in grado.
Perché per apprezzare la logica, per davvero, occorre essere disposti a soffrire.
Questo è ciò che richiede l'accesso al pensiero logico: soffrire per esso.
Soffrire quando viene bistrattato, svillaneggiato da chi è capace di dire tutto e il contrario di tutto. Magari dichiarandosi logico esperto!
Invece di seguire la logica, che pretende fedeltà al proprio stesso dire, si sprecano moltitudini di parole. Un rumore indistinto di vocaboli, che vorrebbero far credere di dire chissà cosa... mentre sono soltanto flatus vocis.
Citaz Paul
Se l'universo ha regole e ordini vuol dire che pensa e che ha scopi, Da dove mai sorgerebbe l'intelligenza?
Rispondo sia a Viator che Inverno.
Avete saltato la parte finale del discorso, è una domanda dopo una ipotesi.
Quello che intendevo scrivere a Niko è che se ipotizza un universo eterno come sfondo, da dove si origina l'intelligenza? Bisogna forse attribuire all'ipotesi di Niko una intelligenza? Perché da qualche parte , energia, materia, c'è un origine di intelligenza, che si manifesta nell'uomo.
Adatto che personalmente non credo a questa ipotesi, essendo un credente, diventa semmai un problema di chi è miscredente=ateo, dimostrare questa ipotesi. E' nelle particelle subatomiche?
E' nelle molecole degli amminoacidi che compongono le proteine? E' nelle basi nucleiche del DNA?
Non so se sono riuscito a spiegarmi.
La matericità non spiega affatto ciò che Cartesio a suo tempo definì res cogitans dividendola nettamente dalla res extensa. Che cosa è la coscienza? Che cosa è la mente? Che cosa è l'intelligenza? E non le definizione banali da vocabolario, ma ontologicamente se esistono quale è la loro genesi, perché esistono, in quanto se esistono hanno uno scopo.
Per quanto riguarda regole e ordini dell'universo.
Strano dover spiegare le basi dell'intelligere sia scientifico che filosofico .
Abbiamo una mente analogica, che riesce a tradurre in segni, simboli i fenomeni che si manifestano nel mondo ,costruendo un linguaggio . Se l'universo, il mondo fosse caos, prive di regole e ordine, non avremmo la possibilità di relazionarci con esso. Una legge fisica, lo ribadisco, è la strutturazione in simboli e segni letterali e/o cifre matematiche della descrizione di un fenomeno . Se non ci fosse regolarità, ripetitività , un ordine universale e naturale, sarebbe impraticabile "fissare" in una legge quei fenomeni.
Mi sono spiegato?
Salve paul11. Ricitandoti : "Se l'universo ha regole e ordini vuol dire che pensa e che ha scopi, Da dove mai sorgerebbe l'intelligenza?".
L'universo fisico, cioè considerato indipendentemente dalla esistenza o meno di Dio, non ha regole ed ordini, e neppure scopi.
Le sue regole ed ordini sono aspetti di esso che - prima della comparsa dell'uomo - non esistevano in quanto i concetti di regola e di ordine sono esclusivamente umani (o divini, per chi vi crede) e rispecchiano appunto la intelligenza, intesa come "la capacità di stabilire connessioni utili tra gli enti" (questo, in via essenziale è il significato dell'intelligenza umana).
Regole ed ordini - prodotti dalle modalità di funzionamento della mente e della cultura umane - sono appunto ciò che gli umani costruiscono per consentire un percorso - utile a qualcosa e voluto da qualcuno - tra la molteplicità delle cause e degli effetti dai quali viviamo circondati.
Infatti la nostra cultura prevede che - mentre l'universo fisico è il regno del caos entropico - la nostra mentre sia ciò che cerca di fare ordine dal caos, non certo di riconoscere un "ordine regolato" esistente fuori di essa (a parte sempre la concezione fideistica).
Quindi nell'universo esistono gli effetti ma non gli scopi, i quali sono connaturati ad una volontà gestita da una intelligenza (umane o divine e mai "cosmiche") e risultano sempre ovviamente relativi e provvisori (dietro qualsiasi "scopo ultimo" non potrebbe che comparire la cessazione degli scopi, cioè la morte ed il nulla).
Perciò l'intelligenza sorgerebbe dalla continua moltiplicazione e raffinazione dei rapporti tra gli enti (le cose, i concetti, le nozioni, l'esistente) generata dal progressivo complicarsi di uno di tali enti, cioè del nostro sistema nervoso.
Naturalmente i credenti sono liberi di considerare che l'intelligenza sia e sia stata ciò che - gestita da un Dio - ha prodotto l'universo con il suo caos, il suo ordine, le sue regole ed ordini, la stupidità umana, la intelligenza umana. Saluti.
Citazione di: viator
Perciò l'intelligenza sorgerebbe dalla continua moltiplicazione e raffinazione dei rapporti tra gli enti (le cose, i concetti, le nozioni, l'esistente) generata dal progressivo complicarsi di uno di tali enti, cioè del nostro sistema nervoso.
Ma come potrebbe esserci intelligenza se non vi fosse un ordine, quand'anco ovviamente siamo noi a dire la parola "ordine".
Ma non puoi dire "ordine" se non relazionandoti ad un oggetto esterno.
Ossia non puoi dire, e il dire è ciò che contraddistingue il tuo stesso discorso, che il sistema nervose è una complicazione, senza che vi sia un sistema nervoso ordinato (perchè sostituisci complicato con ordinato? interessante non trovi?) In realtà tu parli come se fossi una cosa estensa, ma il cogito, non riguarda per nulla la res extensa.
Mi fanno sempre ridere questi giri di parole Paul, scusa se sono intervenuto.
Il dubbio nella fede.
Il dubbio nella fede, è fondamentale, non può nemmeno esserci fede, senza il dubbio, perchè se no sarebbe una certezza e non una fede.
Ma al di là dell'analisi grammaticale, parlo personalmente, è proprio il dubbio che mi ha fatto capire che non può esservi religione, senza filosofia.
E' la filosofia che indaga la qualità del dubbio. La sua profondità segnala una fede infinitamente superiore, alla semplice comunità dei fedeli.
E' proprio il valore di comunità a essere qui richiamato, secondo me ovvio.
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2020, 11:02:14 AM
Adatto che personalmente non credo a questa ipotesi, essendo un credente, diventa semmai un problema di chi è miscredente=ateo, dimostrare questa ipotesi.
E' semplicemente l'analogia dell'orologiaio riproposta in salse diverse a seconda di cosa tu ritieni essere troppo complesso per esistere senza necessità di un progettista. Che siano le costanti universali, l'intelligenza umana, la struttura dei cristalli, il cervello dei polpi, la biochimica dei licheni, se ritieni che qualcosa sia troppo complesso o non abbia spiegazioni conosciute, non è un buon motivo per assumere che esso sia stato progettato, rimane a te il problema di dimostrare la tua ipotesi, e di dubitarne.
Salve Green Demetr. Citandoti : "In realtà tu parli come se fossi una cosa estensa, ma il cogito, non riguarda per nulla la res extensa".
Infatti. il cogito (l'attività consistente nel pensare) può tranquillamente restare - per l'appunto - la classica "res cogitans". (la distinzione extensa-cogitans, pregevolissima per i tempi in cui venne generata, forse - secondo me - è andata sfumandosi sempre di più, a fronte della presa d'atto di alcune (ai tempi del tutto insospettate) nozioni e persino evidenze biologiche circa certe strutture neurologiche).
E' il substrato indispensabile al cogito (cioè il cervello) a risultare "rex estensa".
Infatti la scatola cranica contiene la unica e vera trascendenza possibile, consistente nella funzione che provvede a trasformare il materiale (tessuti, cellule, neuroni, potenziali bioelettrici) in immateriale (pensiero, emozione, sentimento, spiritualità).
Finchè si continuerà a parlare di materia e di spirito non si andrà mai a concludere qualcosa. Molto meglio comprendere che le dualità sorgono sempre ed unicamente dal confronto tra ciò che è materiale e ciò che non lo è e che non si chiama spirito, anima o prana, ma semplicemente energia. Saluti.
x Viator
Secondo te l'intelligenza non è analogica al mondo, non è capace di entrarvi in relazione e fantastica in quanto l'universo è caos e la mente cerca un ordine che in realtà non esiste?
Quindi tutto ciò che è conoscenza è falso: che sia scienza, cultura, filosofia, teologia, nessuno escluso, in quanto l'intelligenza è una facoltà di tutti ,fedeli o non fedeli e credenti o non credenti.
Ti rendi conto che è impossibile che sia così la tua argomentazione?
Sarebbe tutto un "miracolo" la cultura e la creazione umana, perché in realtà nessuna legge sarebbe possibile, persino quella della termodinamica in cui credi.
Miracolosamente o falsamente siamo andati sulla Luna, ecc.
L'altra contraddizione è perché l'universo, di cui noi siamo parte, sarebbe nettamente diverso da noi, in quanto l'intelligenza sarebbe illusione.
Infine il metodo: questo è scetticismo "forte", uno scettico di questo tipo non crederebbe nemmeno alla storia o alle notizie, come i "terrapiattisti" o gli attuali "anticoronavirus".
Ma non credere è ancora credere. Credere di non credere credendo.
x Green
Il dubbio non è un concetto, la fede sì.
Per esempio il metodo del dubbio è sia di S. Agostino(Agostino d'iponima) che di Cartesio ,
Un metodo non è un concetto, un costrutto, una credenza. Mi viene un dubbio ad un incrocio di una strada perché non sono sicuro quale prendere; mi affiderò all'intuito, all'esperienza, a ragionamenti simili già fatti in simili eventi, cercherò di orientarmi, ecc.
E' ovvio che se nessuno ha la verità sul palmo della mano, la conoscenza è un viatico.
Una fede, come un costrutto mentale che ha contribuito a fondare libri, scritture, studi, esperienze proprie, può più o meno essere forte o viceversa debole. Vacilla se ha fondamenta deboli, ha "buchi" da colmare se la spiritualità intesa nella sua interezza necessita di affinamenti .
Quindi non sono affatto convinto che il dubbio sia necessario nella fede ed è difficile descriverlo a parole, è qualcosa di personale, intimamente. Bisognerebbe fare esempi concreti .
Ci può invece essere una spiritualità ,una religione senza filosofia. Quest'ultima può cementare la fede, ed è quello che è accaduto a me, o può creare falle.
E'chiaro che il dubbio in S, Agostino aveva lo scopo di trovare Dio . Personalmente più che di dubbio direi incertezza, di vacillamento , ondeggiamento dipende ripeto sulla qualità dell'argomento viene posto questo "dubbio".
x Inverno
Ho l'abitudine se c'è un problema di scomporlo e poi ricomporre i risultati e verificare se c' è una coerenza: che sia un orologio, un cervello di un polipo ,la struttura di un coronavirus, l'universo intero.
Non mi piace lasciare buchi , seguo quindi una strada di analisi, sintesi enumerazione.
E Dio entra benissimo sul piano logico razionale, sul piano spirituale, ecc. ma non è un "dio" antropomorfo, come già avevo scritto.
Il nocciolo del problema è la dimostrazione, come ho recentemente scritto altrove e come avevo già scritto più volte. Adatto che ho studiato anche la filosofia analitica, la strutturazione formale dei predicati e delle proposizioni, scomodando un artefice come Wittgenstein, se si ritiene che la proposizioni debba necessariamente essere attinente e quindi descrive cose empiriche, fisiche, visive, sperimentabili , è chiaro che non si possono dimostrare direttamente concetti metafisici . Ma è altrettanto vero che questa limitazione non è affatto reale, non è degna delle nostre facoltà intellettive, anche un animale senza facoltà descrive con pochi suoni l'ambiente e comunica con i suoi simili. Se dobbiamo ridurci a questo e pensare che andare oltre all'aspetto sensoriale è fantasticare....non avremmo scoperto e inventato nulla: saremmo ancora dei pitecantropi con il pietrone.
Utilizzare la ragione razionalmente significa costruire deduttivamente dei percorsi logici coerenti, affinchè davvero non si fantastichi e non è necessario che vi siano dati empirici, materici.
Trovo personalmente incredibile che il livello tecnologico del nostro tempo sia paradossalmente anti-mentale,
Quando Cartesio scrisse invece che a tradirci sono i sensi e non la ragione. Infatti la sua corrente filosofica fu denominata razionalismo.
Citazione di: niko il 18 Novembre 2020, 10:44:01 AM
Io seguo la mia ragione, che mi dice che non esiste l'incausato e non esiste l'effettuale puro, e quindi, di conseguenza, non esiste nessun benedetto punto dello spazio e del tempo in cui il mondo possa iniziare o terminare, è il logos stesso che mi porta a escludere stati del mondo incausati, che quindi starebbero lì dove starebbero senza motivo e galleggerebbero nell'inspiegabile e nell'assurdo, o stati del mondo "incausanti", nel senso di puramente effettuali e non in grado di produrre più nulla di ulteriore, tolto quindi l'incausato e l'effettuale puro, rimane solo l'eternità immanente dello spazio, del tempo e della natura, il grande mondo ingenerato e imperituro dove la ragione mi porta a credere di vivere, ti può non piacere, ma di illusivo ed illusivo non c'è niente, è il frutto di un ragionamento. Questo mondo non inizia, perché anche il punto da cui inizia deve avere una causa, e non finisce realmente, perché anche il deserto omogeneo in cui potrebbe finire deve pur produrre degli effetti, e insieme a me in questo mondo ci abitano tutti quelli che possono condividere con me questo ragionamento, mentre quelli che credono nelle autopoiesi naturali o nelle poiesi divine mi sembrano abitare in un mondo a parte, ma qualcosa mi dice che finché scienza e religione si contenderanno, anche solo nella mente dell'uomo semplice, la spiegazione dell'origine del mondo, la religione avrà sempre una marcia in più...
Mi spiace per il logos, ma temo che nemmeno lui fosse presente al momento del bigbang (qualunque cosa esso sia stato) e ancor meno era presente la ratio deterministica di niko, orfana di causalità. In tal caso decenza vuole che si sospenda il giudizio piuttosto che inventarsi un feticcio dagli infiniti nomi.
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2020, 16:33:55 PM
x Ipazia
E' questo "bisogno di eternità" che ha poco senso nel credere. Non è quello il problema ,perchè sarebbe di tutti, non solo dei credenti.
Tutti desideriamo l'immortalità, ma inventarsene una di farlocca è risposta sbajata.
Citazionex Ipazia
La psiche umana così fenomenologizzata è così tanto scienza dalla stessa scienza da essere una pseudo scienza ingenua. Persino Woody Allen la piglia per i fondelli.
E quale sarebbe mai quella matrice fisica del "comprendere e del volere", il cervello?
Fai una risonanza magnetica e vedi quanti pensieri ci sono........
Vediamo di quotare correttamente. Ho usato l'espressione giuridica "intendere e volere" che sta alla base della responsabilità individuale di una personalità non alterata da psicopatologie o sostanze allucinogene.
Riguardo al "supporto fisico", fai una risonanza magnetica ad un cadavere, o ad un equivalente chimico di elementi di un organismo umano, e vedi quanti "pensieri" ci sono. No living body, no party.
CitazioneQuale modello teologico creazionista? La battaglia politica fra creazionisti ed evoluzionisti poco mi importa. Si può essere scienziati e credenti.
Certamente. Ma nessun scienziato, per quanto credente egli sia, può porre l'argomento Dio a dimostrazione di una teoria scientifica. Nemmeno nelle teocrazie più becere di matrice islamista.
CitazioneSe ognuno intendesse un proprio volere e credere come fai ad essere comunista?
vedi sopra riguardo al quotare. Intendere il mondo che ti circonda e rispondere delle proprie azioni vale anche nel (ex) satanico mondo dei bolscevichi.
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2020, 20:57:40 PM
Utilizzare la ragione razionalmente significa costruire deduttivamente dei percorsi logici coerenti, affinchè davvero non si fantastichi e non è necessario che vi siano dati empirici, materici.
Nessuno ha chiesto la prova di niente, ma esattamente percorsi logici coerenti sufficienti a formulare ipotesi, e da ciò deriva che: la complessità di qualcosa
non è un indizio di progettualità. E c'è chi è andato a fondo delle teorie "progettuali", mi viene in mente per esempio la "complessità specificata" di Dembski, il fatto che questi modelli finiscano sempre a non servire a niente, non predire niente, ma ad avere come unico scopo e risultato provare la premessa (Dio esiste) è il semplice risultato della loro natura tautologica. Sono d'accordo che siamo qui a tentare di interpretare la realtà tramite grugniti travestiti da canti di usignolo, ma questo si applica non solo alle scienze, ma anche alle tradizioni sacre e alla filosofia settecentesca.
Il canto spirituale dell'usignolo orologiaio maschera il grugnito animista decisamente povero di spirito.
Contro il volgare animismo i teologi hanno stampato moneta di tutti i generi, ma messi nell'angolo non resta loro che tornare a quel primitivo baratto ideologico.
E' normale, essendo esseri imperfetti, che grugnamo molto, ma non è quello il vero problema.Il vero problema è che quasi tutti non riescono a percepire il ritmo armonico che spesso si leva tra qualche grugnitore... ;) Il dubbio è il motore della ricerca spirituale, le certezze sono la morte di essa. Ma è sempre opportuno fermarsi ad un certo punto. Come in tutte le cose penso che bisogna evitare tutti gli estremi e gli estremismi dove di solito TUTTI cadiamo.
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2020, 20:57:40 PM
Utilizzare la ragione razionalmente significa costruire deduttivamente dei percorsi logici coerenti, affinchè davvero non si fantastichi e non è necessario che vi siano dati empirici, materici.
Una postilla di logica: un «percorso logico
coerente», ovvero un ragionamento
valido, non evita di per se "fantasticherie" avulse dalla realtà, poiché la
validità formale non è da confondere con la
verità contenutistica (delle proposizioni coinvolte). Quello che evita "fantasticherie" (e che è il principale problema da affrontare quando si vuole passare dal piano deduttivo-formale al "mondo della vita"), è proprio l'appello alla "empiria", intesa come verifica oggettiva del contenuto dei predicati in questione.
Detto altrimenti: non è la correttezza formale del sillogismo (o della deduzione in genere) ad evitare la falsità, ma è la verifica del valore dei predicati, ovvero non è la sintassi del ragionamento a salvaguardarci dal non-vero, ma il controllo della (verità della) semantica.
Come esempio richiamo, ancora una volta, la dimostrazione dell'esistenza di Dio proposta da Godel (
link): formalmente ineccepibile, tuttavia, se analizzata contenutisticamente, i suoi presupposti rivelano che la correttezza deduttiva non è garanzia di verità. Godel stesso ne parlò come di un esercizio formale, ben sapendo che, coerentemente ai suoi teoremi di indecidibilità, le definizioni proposte a fondamento della dimostrazione non sono dimostrabili all'interno del sistema stesso (questo non vuole essere un giudizio sulla visione filosofica della verità secondo Godel). Inoltre, proprio non partendo da evidenze empiriche, nulla vieta di sostituire
fantasiosamente i termini delle definizioni (ad esempio «Dio»), senza inficiare minimamente la
validità formale del ragionamento, che si dimostra così, appunto, un mero esercizio di deduzione sganciato dal "mondo della vita" e senza attendibili ambizioni veritative.
Secondo me lo spazio più problematico del dubbio (nella fede e non solo), non è tanto quello formale-deduttivo (l'essere logicamente coerenti), ma quello della semantica del contenuto, del rapporto fra il ragionamento e la realtà (come ben dimostrano alcuni aspetti mistici e fideistici delle religioni). Per le questioni di teologia o filosofia teoretica (e suppongo forse anche di fisica teorica), l'
adaequatio non è la soluzione, è semmai il problema (o meglio, l'aporia).
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2020, 23:01:42 PM
Citazione di: niko il 18 Novembre 2020, 10:44:01 AM
Io seguo la mia ragione, che mi dice che non esiste l'incausato e non esiste l'effettuale puro, e quindi, di conseguenza, non esiste nessun benedetto punto dello spazio e del tempo in cui il mondo possa iniziare o terminare, è il logos stesso che mi porta a escludere stati del mondo incausati, che quindi starebbero lì dove starebbero senza motivo e galleggerebbero nell'inspiegabile e nell'assurdo, o stati del mondo "incausanti", nel senso di puramente effettuali e non in grado di produrre più nulla di ulteriore, tolto quindi l'incausato e l'effettuale puro, rimane solo l'eternità immanente dello spazio, del tempo e della natura, il grande mondo ingenerato e imperituro dove la ragione mi porta a credere di vivere, ti può non piacere, ma di illusivo ed illusivo non c'è niente, è il frutto di un ragionamento. Questo mondo non inizia, perché anche il punto da cui inizia deve avere una causa, e non finisce realmente, perché anche il deserto omogeneo in cui potrebbe finire deve pur produrre degli effetti, e insieme a me in questo mondo ci abitano tutti quelli che possono condividere con me questo ragionamento, mentre quelli che credono nelle autopoiesi naturali o nelle poiesi divine mi sembrano abitare in un mondo a parte, ma qualcosa mi dice che finché scienza e religione si contenderanno, anche solo nella mente dell'uomo semplice, la spiegazione dell'origine del mondo, la religione avrà sempre una marcia in più...
Mi spiace per il logos, ma temo che nemmeno lui fosse presente al momento del bigbang (qualunque cosa esso sia stato) e ancor meno era presente la ratio deterministica di niko, orfana di causalità. In tal caso decenza vuole che si sospenda il giudizio piuttosto che inventarsi un feticcio dagli infiniti nomi.
Per Ipazia, ma in realtà un po' anche per paul11, che mi chiede di rendere conto dell'intelligenza dato un universo eterno.
Ma tu, Iapazia, avevi scritto:
"Ridicolo é fingere ipotesi indimostrabili mosse soltanto da una psiche illusionalmente desiderante l'eternità."Ora, ti assicuro che l'autopoiesi del cosmo che credi di difendere con la tua sospensione del giudizio, soddisferebbe ugualmente il mio desiderio di eternità, per come la comprendo (su questo ti preoccupi per niente), magari nessuna delle due ipotesi soddisfa il tuo, di desiderio di eternità, visto che c'è sempre la possibilità di inventarsi eternità terze, e quarte, e ennesime, rispetto all'autopoiesi e all'eternalismo, eternità magari antropologiche, relativiste assolute, biologico-pagnottiste eccetera, ma il punto fondamentale qui è, perché credi di conoscere le ragioni del mio argomentare?Non sospendi il giudizio su quelle?Comunque secondo me un'eternità implicante l'incausato all'inizio, e l'effettuale puro alla fine del tempo è estremamente soddisfacente, in senso psicologico, è l'apoteosi della libertà e di questi tempi tutti vogliamo essere liberi, ma direi "farlocca", per usare un termine che usi anche tu, preferisco credere in cose meno soddisfacenti, ma più interessanti. La mia razio-deterministica certe cose "nol consente", ecco, si può essere orfani dell'uno e della mono-casualità e sopravvivere uguale nella jungla della vita, ma diventare orfani pure della multicausalità e dunque dell'indeterminazione in cui si risolve ogni umana pretesa di libertà, ecco, mi chiedi troppo.-----------------------------------------------------Poi cotinuavi con:
"Già Socrate aveva messo in guardia dall'illusionalità del finto sapere e questo lo condusse a morte, perché l'illusionismo ha pure una sua autoconservativa ferocia.Il suo allievo Platone, memore della lezione di quell'esito, consigliò di lasciare i superstiziosi nella loro autoconservativa ignoranza per evitare guai peggiori.Decenza etica ed epistemica é sapere di sapere quello che si sa e, socraticamente, sapere di non sapere quello che non si sa. In ció sta l'autentica (cono)scienza."
ecco, ce li hai messi quasi tutti, ti sei scordata Democrito a cui è attribuita la frase: "non sappiamo se sappiamo, o se non sappiamo", ecco, il punto non è che dobbiamo essere scettici e sospendere il giudizio, che è stato uno sviluppo pure quello fin troppo "naturale" dell'accademia platonica, il punto è che il sapere non può autoriferirsi, "so di non sapere" è già tracotanza e sfida agli dei, perché così qualcosa sai, sai di non sapere, con questo per me è già abbondantemente superata la misura di una morale delfica, il punto è che non sappiamo se sappiamo o se non sappiamo, l'immagine che ci facciamo del mondo ha un rapporto di similitudine-analogia, e non di identità, con il mondo reale. Tale immagine è microfisica, non microcosmica, noi non attingiamo la totalità nemmeno con la coscienza, non siamo microcosmo di nulla, siamo una parte del mondo (corpo) con una coscienza, cioè un orizzonte di visibilità esteriore o interiore, che esprime parte più grande o più piccola della stessa totalità da cui la parte di riferimento è tratta, da cui il corpo è tratto: proprio perché non iniziamo dal nulla e non finiamo col nulla, non sappiamo, nemmeno di non sapere; quello che sappiamo "è vero" nella stessa misura in cui "la parte è il tutto", la parte non è il tutto, ma il tutto non può esistere se si tolgono tutte le parti senza dare il tempo e l'occasione di un armonioso ricambio, la casa non è il mattone, ma avere un'idea almeno vaga e parziale di come si costruisce in generale la casa è necessario a togliere uno o finanche tutti i singoli mattoni attuali affinché non crolli tutto, quindi quello che sappiamo è necessario ad altro, è premessa di un superamento della condizione attuale e di un superamento del superamento stesso, o quantomeno della sua possibilità, non è "vero". Non è il mondo che con l'avvento della vita "diventa autocosciente", perché se così fosse dovrebbe diventarlo integralmente, non ci sarebbe il dubbio, non ci sarebbero le cose di cui parliamo qui. Il mondo non esiste, e questo permette ad alcune sue parti di sapere di altre parti, in modo diverso e irreciproco da come sanno le altre di loro. E' forse questa irreciprocità il nulla, che permette il grande gioco per cui una serie di giocatori che non vogliono, nessuno di essi intenzionalmente, conservare il mondo, finiscono per conservarlo come conseguenza non voluta o nel migliore dei casi non prevista delle loro mosse.
L'increato è una premessa necessaria dell'esistenza, si soffre, si è felici, si ha istinto, si ha intelligenza, e si crea, si crea qualche isola di ordine nel caos perché si è operato secondo necessità e quindi si è proiettata qualche immagine gradita o terrificante del passato nel futuro, l'increato è innocenza e la più semplice delle teodicee, perché anche se si soffre potrebbe non esserci chi soffre e la divinità potrebbe stare semplicemente facendo dei sogni e delle simulazioni per cui soffriamo come soffre il personaggio di un libro o di un film, nell'increato la divinità conosce il male come negativo di sé stessa e questo processo cognitivo produce conseguenza che a noi, divinità non-più-una perché ha considerato la sua negazione, appaiono il mondo, l'increato non è insomma per tutti, almeno non per me, una mera contraddizione dell'esistenza, per cui se niente è creato, niente può esistere.
Spero che ora si capisca meglio perché l'autopoiesi per me è staccarsi da uno sfondo, il rapporto con l'extra liminare, con quello che rimane inattingibile dato il punto attuale e i suoi dintorni, è di non conoscenza, di ignoranza, non di inesitenza, perché quello è il vero nulla "da cui abbiamo origine", il rapporto tra due che non sanno l'uno dell'altro è nulla, è irrelazione cosciente tra questi irrelati per quanto possa esistere un determinismo causale dall'uno all'altro che rimane misterioso, il rapporto tra un inesistente e un esistente dello stesso tipo, il rapporto tra essere e nulla platonicamente inteso, è l'idea platonica ed è pregno di sapere e determinismo del sapere sul destino e sulla materia, quindi Ipazia, se pensi di venire dal nulla, sei tu che pensi di sapere del nulla, perché quel nulla è il negativo di ciò che sai, rispetto al mondo che abiti ti metti in una posizione di microcosmo e non di parte.
@niko
Citazione di: ProtagoraIntorno agli dèi non ho alcuna possibilità di sapere né che sono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l'oscurità dell'argomento sia la brevità della vita umana.
Lo si era già capito 2500 anni fa. Ipazia sospende il giudizio tanto sul creato che sull'increato, sul causato che sull'incausato e pure sul bigbang, che comunque rimane la cosmogonia con più pezze giustificative d'appoggio. Soprattutto non accetto una causalità d'accatto che ci tratta come infanti a cui una risposta bisogna comunque darla anche farlocca.
L'umanità si è evoluta anche quando non sapeva nulla di quark e buchi neri. Man mano che scopriva i buchi neri della fisica, tappava i buchi neri della superstizione e così sarà anche in futuro. Col tempo ci siamo abituati a pretendere che ogni postulato venga dimostrato prima di diventare (cono)scienza.
Ti consiglio di meditare sul post di Phil che precede il tuo, perchè focalizza al meglio l'aporia di identificare la coerenza logica con la verità ontologica. Vale per i numi e pure per le teorie scientifiche, come osserva Phil.
Sapere di non sapere non fa dispetto ad alcun nume, semmai al suo fantasma antropologico, orfano di causalità. Sapere di non sapere è lo stimolo più potente al sapere, il cui unico rischio è incorrere nell'evirazione di verità preconfezionate ed eterne.
x Inverno
Solo per dire che per costruire una banale casetta e passare alla complessità di una progettazione di un caseggiato, di una chiesa con archi e contrafforti , valgono le stesse e identiche leggi statiche e dinamiche delle forze, ovviamente adattate alle diverse problematiche. In una filosofia passata di moda si dicevano "essenze".
x Phil
Mi trovi d'accordo fino ad un certo punto , la logica per me è non riducibile a un simbolo fine a se stesso , matematico ,geometrico o logico , quel segno chiama in causa un significante, quindi la logica ha senso come semantica e regole sintattiche. Il "mondo della vita" non è affatto solo empiria, è una mente per niente empirica e una coscienza per niente empirica che decidono falsità verità giudizio. Il giudizio empirico è solo una delle possibilità .
Rimane il problema di cosa si intenda "fantastico", se ritieni che sia impossibile dedurre e rimanere nell'induttivismo empirico.
Per sola via logica formale empirica funziona un automa non un umano.
Per quanto riguarda la seconda parte del tuo discorso sono anche qui in parte d'accordo .
Il ragionamento semantico depura la fede dalle superstizioni e psicologismi . Si tratta di capire cosa è autentico o inautentico dal punto di vista spirituale.
Più propriamente una religione è strutturata in Sacre Scritture e una Rivelazione: il dubbio può sorgere quando la Parola Sacra si ritenga incoerente nel mondo della vita. Ma è anche lo "stato
dell' anima" del fedele, del credente che è interpretante che decide .
A me pare che il concetto introdotto nei passati post e cioè "da dove nasce l'intelligenza?" meriti ulteriori e più approfondite riflessioni. E' veramente una domanda importante. Le risposte che ho letto, sinceramente, non mi appaiono convincenti.
A questo concetto mi pare oggettivamente legata un'altra domanda decisiva: le costanti di natura (vabbè non chiamiamole leggi), in un mondo in cui l'unica costante è il cambiamento, mi sembrano.......almeno sorprendenti. Non sorge un dubbio sulla loro origine?
Il "miracolo" della vita e, in generale, tutti gli organismi complessi (ma anche elementari!) e tutto il "costrutto" dell'universo e la loro formazione è il terzo elemento di riflessione.
Non mi spingo a formulare una quarta domanda: "chi ha creato la materia che sottende la creazione dell'Universo?" perchè non ci porterebbe da nessuna parte. Infatti, se uno volesse rispondere Dio, la successiva e immediata questione sarebbe: chi ha creato Dio?
Oltre a questi quesiti, a mio avviso risolutivi se soddisfatti, vorrei infine introdurre una considerazione sul valore del dubbio nella fede. O, se permettete, nella convinzione o anche, perchè no, nella certezza.
Sono tuttavia tentato di aprire un thread ad hoc. Anzi lo faccio. Spero solo di non togliere energie a questa così interessante discussione. Quindi ci penso su un attimo ;D ;)
Salve freedom. Citandoti. "....................le costanti di natura (vabbè non chiamiamole leggi), in un mondo in cui l'unica costante è il cambiamento, mi sembrano.......almeno sorprendenti. Non sorge un dubbio sulla loro origine?".
A me, sinceramente, non sorge alcun dubbio in quanto la coesistenza della costanza e della mutevolezza è proprio ciò che genera il divenire, cioè l'esistenza dinamica delle cose.
La costanza implica la permanenza di ciò che - venendo dal passato - deve proiettarsi nel futuro producendo il nuovo, cioè la mutevolezza. (la funzione della biogenetica dice qualcosa?).
Perciò la costanza incarna i principi, i quali devono venir conservati immutabilmente per poter funzionare, quindi provvedere alla conservazione del vecchio indispensabile.
La mutevolezza incarna le variabilissime modalità attraverso le quali i principi possono venir "interpretati" per produrre il nuovo, cioè la auspicabile dinamicità dell'essere.
La costanza sono i mattoni. La mutevolezza l'edificio. Saluti.
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
Il "mondo della vita" non è affatto solo empiria, è una mente per niente empirica e una coscienza per niente empirica che decidono falsità verità giudizio. Il giudizio empirico è solo una delle possibilità .
Rimane il problema di cosa si intenda "fantastico", se ritieni che sia impossibile dedurre e rimanere nell'induttivismo empirico.
Per sola via logica formale empirica funziona un automa non un umano.
La mente e la coscienza (sorvolando sulla questione se siano solo empiriche o meno e sulla differenza uomo/automa) decidono solitamente della
verità di un giudizio basandosi sull'empiria, così come decidono della
validità di una conclusione basandosi sulla logica. Se consideriamo l'appello all'empiria in quanto «verifica oggettiva del contenuto dei predicati»(autocit.), quale altro criterio può essere utilizzato per assegnare valore di verità ad una proposizione? Essendo nella sezione «spiritualità», la risposta più ovvia è: la fede; altrove si risponderebbe con «l'opinione» (come quando affermo la "verità" della proposizione «la Gioconda non mi piace» o «è giusto votare "no" a quel referendum»). Tuttavia, come tutelare la fede da quelle che hai chiamato «fantasticherie», se non facendo appello ad un contenuto minimo di empiria? L'esempio che ho citato di Godel dimostra che la pura validità logica non mette al riparo da fantasticherie, così come P. Gosse, con la sua teoria dell'"
omphalos", dimostra che se si è motivati a difendere una tesi, senza l'onere di attenersi sufficientemente all'empiria, si può sempre trovare un (fantasioso) slittamento semantico o interpretativo
ad hoc, proponendo tesi infalsificabili (e "circolari").
Chiaramente, questo non significa che «sia impossibile dedurre»(?)(cit.), è semmai forse impossibile evitare di fare deduzioni; nondimeno per assegnare dei valori di verità non serve la deduzione, in quanto operazione
formale, ma una evidenza/opinione/motivazione/etc. per "compilare" il valore di verità della proposizione. Ed è proprio questo lo spazio in cui accade il dubbio nella fede: come detto, per me essa nasce nel momento in cui si dubita dell'evidenza empirica e si inizia a credere che ci sia dell'altro, cominciando a postulare, quindi a dedurre, ad "affermare il conseguente", etc.
Concordo sul fatto che
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
una religione è strutturata in Sacre Scritture e una Rivelazione: il dubbio può sorgere quando la Parola Sacra si ritenga incoerente nel mondo della vita.
e tale incoerenza con il mondo della vita (pertinente alla suddetta "empiria" che circonda il soggetto) apre ad un'interpretazione dei testi sacri (a scelta fra i numerosi disponibili) che, retta dalla sua infalsificabilità (come dimostra l'esempio del citato P. Gosse), trova nella fede (non nella logica, tantomeno nell'empiria) l'unico placebo al dubbio, fra "c'è dell'Altro" ed "è tutto qui".
Il dubbio è un pilastro della fede.In assenza del dubbio la fede scompare e appare la supertizione o il fanatismo, che non sono fede,ma una sua degenerazione.Le fede è come lo zucchero,il cervello ne ha assolutamente bisogno,ma se ne prendi troppo ti viene il diabete mellito di tipo2.Il dubbio è quella cosa che permette alla fede di non trascendere e diventare malata.Il dubbio dell'uomo di fede è ben descritto nel Vangelo.Giovanni Battista , imprigionato da Erode,riesce a mandare due suoi discepoli da Yeoshwa con l'incarico di chiedergli se è veramente lui l'unto del Signore.Giovanni Battista è lo stesso uomo che,sulle rive del Giordano ha da poco tempo battezzato il nazareno,indicandolo alla gente come l'inviato.Giovanni sapeva che Yeoshwa aveva sempre obbedito ai comandamenti di Yahweh e non aveva bisogno di pentirsi, e che non aveva alcuna necessità di essere battezzato.Eppure, dopo poco tempo...eccolo dubitare.Giovanni è veramente un uomo di fede. Il dubbio alimenta la sua fede.E' così per ognuno,per ogni giorno in cui si alternano speranza e delusione,fiducia e dubbio.Questo permette alla fede di crescere,di maturare.Come alla pianta serve il sole, ma anche la pioggia per crescere,svilupparsi e dare frutto,così alla fede serve ,oltre alla fiducia,anche il dubbio per maturare,per diventare adulta. E mai il dubbio,come supporto e puntello alla fede stessa ,viene meno.Yeoshwa stesso lo sperimenta sulla croce...
x Phil
Dai alla fede un sinonimo d'ignoranza e continui a fingere che noi essendo umani non siamo la tavola di verità di Wittgenstein. Nessuna la usa per fare un'investimento o per fare una ricerca sul coranovarius. Va bene nei linguaggi informatici, negli automi appunto. Chi sceglie girando per il mondo con un libro di logica in tasca o le tavole della verità di Wittgenstein?
La stessa filosofia analitica, dopo Frege- Russell-Wittgenstein , ha poi dovuto immettere formulazioni modali, inserire "possibilità" e "necessità" per sviluppare un linguaggio che era amorfo , privo di vita perchè lontano dalla vita. Noi non comunichiamo affatto seguendo regole formali , lo aveva già capito Husserl (di cui accenno in filosofia ad una risposta a Green) nella sua fenomenologia, quando inserisce la coscienza intenzionale e quando critica la logica formale in
"Ricerche logiche" volendo passare dalla logica formale alla logica trascendentale.
Ed è qui che si separa la filosofia continentale da quella analitica storicamente.
Husserl aveva capito che noi conosciamo e comprendiamo relazionandoci con un fenomeno con tutte le nostre qualità: intuito, ragione, intenzione, coscienza, tanto che la separazione fra soggetto e oggetto sfuma, nel senso che non è così divisa.
La logica formale proposizionale funziona perché la dimostrazione è giustificata da un dato empirico .
La fantasticheria, così come hai scritto nel post precedente, esiste perché ha un segno, un simbolo, un significato, un senso , solo che essendo fuori dalla matericità non è dimostrabile, ma nel domino empirico, non nel dominio umano. Questo è il punto essenziale. Come mai un problema psichico "che non esiste" condiziona il dominio empirico della vita . O ancora meglio, se c'è una "fissazione psichica", una compulsione, una paura, un'ansia, nei fatti non esiste, ma intanto condiziona l'esistenza di chi l'ha. Non esiste quel confine netto fra matericità empirica e trascendenza,
Allora prima direi che non si può eludere il "mentale" rispetto ad un dato empirico e comincerei a dire che un procedimento dialettico, argomentativo ,ragionato, con logica anche formale, può aiutare a costruire il passaggio da un induttivismo empirico ad un deduttivismo metafisico.
Se dico che la legge della termodinamica è una delle più importanti leggi che governano il sistema materico ed energetico , tutti penso che assentano. Ma se chiedo da dove mai è uscita questa legge fisica e non esauritasi nel "come" del fenomeno , ma il "perché" l'uomo è riuscito con le sue qualità a costruire questa legge: ......tutti o tacciono o "svicolano" con argomentazioni generaliste e superficiali, compresi gli scienziati che la studiano e la applicano.
Il procedimento umano non si ferma al "come", all'osservazione, analisi, sintesi dei dati sperimentali , c'è qualcosa di propedeutico che spinge l'uomo a creare scienza, tecnica.
Lo stesso procedimento se non è dentro il dominio empirico, materico, diventa....fantasticheria.
Il problema della scienza in generale, lo ribadisco per l'ennesima volta, è limitare la sua conoscenza al dato effettuale dentro una dimostrazione giustificando la sua validità come fattualità, come calcolo e misura . E tutto il resto? Noi umani siamo fisicamente composti da miliardi e miliardi di molecole, eppure pensiamo , sono allora le molecole che pensano?
Ci arriverà la scienza? Ma io intanto vivo un lasso di tempo infinitesimo rispetto ai tempi universali e ala tempo della ricerca scientifica: ho necessità di risposte per dare senso alla mia esistenza.
Quindi va bene la scienza, van bene anche tutti gli strumenti conoscitivi, logica, matematica, geometria, ma manca qualcosa che è qualità e non è misurabile dal calcolo.
L'incoerenza che potrebbe per un fedele esserci fra Sacra Scrittura e la sua vita, non riguarda la matericità empirica riguarda i significati dell'esistenza. La relazione fra esistere e fede può aprire ai dubbi, ma i dubbi aprono anche a "tentazioni" a cercare nell'empirico i significati dell'esistenza, a comportarsi diversamente rispetto alle virtù.
Il ruolo religioso è la relazione fra Rivelazione- significato dell'esistenza- morale ed etica comunitaria e individuale. Per questo le religioni sono anche tutt'ora premesse importanti regolative delle comunità, prima ancora delle codificazioni legislative. E' la conformazione regolata comportamentale rispetto ad una Rivelazione. E questa è la dimostrazione di come un pensiero ,che non è empirico e materico, possa cambiare il mondo materico ed empirico.
Il mentale non si può eludere, ma si può educare. Funziona così fin dai primi vagiti in tutte le lingue e culture. Cambia solo la direzione dell'educazione, fatte salve alcune costanti antropologiche molto empiriche, difficilmente tergiversabili o bypassabili.
@paul11Sorvolando su osservazioni che (ti) ho già sottoposto in precedenza (se non sbaglio) ovvero che Wittgenstein è anche quello
dopo il Tractatus (v. Ricerche, "giochi linguistici", etc.), che dopo Husserl (forse l'ultimo dei metafisici davvero attenti alle scienze) l'intenzionalità si è dimostrata sempre meno trascendentale (v. neuroscienze, etc.), osservando inoltre come sia piuttosto audace affermare che «un problema psichico» o «una compulsione, una paura, un'ansia» (cit.) non esistano(?), poiché
di fatto si manifestano
empiricamente al punto da essere, pur con tutte le inaggirabili difficoltà del caso, talvolta persino studiabili e quantificabili (azione dei neurotrasmettitori, pulsazioni, osservazione clinica, etc.), resterei focalizzato sul tema del ruolo del dubbio nella fede.
I due passaggi portanti mi sembrano questi:
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 19:53:21 PMse chiedo da dove mai è uscita questa legge fisica e non esauritasi nel "come" del fenomeno , ma il "perché" l'uomo è riuscito con le sue qualità a costruire questa legge: ......tutti o tacciono o "svicolano" con argomentazioni generaliste e superficiali, compresi gli scienziati che la studiano e la applicano.
[...]
ho necessità di risposte per dare senso alla mia esistenza.
Cos'è che lega lo "svicolare" degli scienziati di fronte alla domanda sull'origine delle leggi fisiche e la tua «necessità di riposte» per il (tuo) domandare un senso per l'esistenza? Qual è il tabù che loro dissimulano e che spinge ad individuare le risposte di senso esistenziale nella fede? Il nesso essenziale, almeno dal mio punto di vista, l'hai ben individuato: l'ignoranza, il non sapere, la mancanza (in tutti i sensi); questo (alcuni di) loro si rifiutano di ammettere e questo dà un senso al salto nella fede.
Inevitabilmente, tanto il non-rispondere/"svicolare", quanto il rispondere teologico-dogmatico (assiomatico, se preferisci), non possono scongiurare la legittimità del dubbio, che resta dunque testimonianza della debolezza (empirica, intersoggettiva, epistemologica, etc.) delle risposte che dovrebbero addomesticarlo, ovvero il «non lo sappiamo ancora, ma lo scopriremo in terra» degli scienziati ed il «lo sappiamo già, ma lo troveremo "in cielo"» dei credenti.
E la logica? Avalla tale ignoranza e tale dubbio nel momento in cui la sua deduttiva formalità non è garante di verità (che il domandare invoca) e soprattutto nel momento in cui riconosce l'infalsificabilità delle risposte della fede (che non significa, a scanso di equivoci, mettere in concorrenza le tavole di verità della logica con le tavole della legge divina, perché sono tavole su cui "banchettano" domande ben differenti).
Gli ultimi post mi sembrano OT...
Lei ha raccontato una volta la storia di un Rabbi ebreo tramandataci da Martin Buber: secondo questo racconto, il Rabbi riceve un giorno la visita di un illuminista. Costui e un uomo dotto, che vuole dimostrare al Rabbi che non c'è una verità di fede, che la fede e in realtà qualcosa di retrivo, un relitto del passato. Quando il dotto varca la soglia della stanza del religioso, lo vede andare su e giù per la stanza, con un libro in mano e assorto in meditazione. Il Rabbi non fa caso all'illuminista. Solo dopo un po' si ferma, lo guarda fugacemente e dice soltanto: «Forse però è vero».
Tratto dagli scritti di J.Ratzinger con Peter Seewald
Un aspetto del dubbio, molto interessante, è anche la sua capacità costruttiva. Se possiamo dubitare di una verità trasmessaci da una certa fede, possiamo altresì dubitare della nostra convinzione dell'illusorietà di quella fede. "Forse è falso" diventa così "Forse però è vero".Se posso dubitare della verità di una Rivelazione o di un insegnamento, posso così anche dubitare del mio scetticismo.Questo permette di avere uno spazio più ampio ,sia per la fede che per l'eventuale incredulità. Perché disporre di uno spazio ampio è preferibile all'essere arroccati in uno spazio ristretto, ossia da un lato dai limiti dati dalla ristrettezza di una fede cieca, e dall'altro da quella di un'incredulità scettica? Perché permette in primo luogo di porre la misura del proprio non sapere,così che la fede,attraversata dal dubbio, sia sempre un cantiere in costruzione e mai diventare invece l'illusione di una roccaforte da cui guardare il mondo dall'alto. L'idea che la fede sia qualcosa che si possiede, per cui , ad un certo momento, si possa dire: " io la possiedo, altri no" è del tutto insensata. Non è questa la sua natura. E' piuttosto qualcosa di vivo che chiama in causa l'intera persona, e quindi non solo l'intelletto col ragionamento o la logica, ma anche la volontà e i sentimenti. Ossia l'intera dimensione esistenziale. Nel suo cantiere interiore, nella sua quotidianità stessa la fede può radicarsi nell'uomo sempre più in profondità. Si arriva al punto in cui vita e fede si identificano sempre più strettamente,ma nonostante ciò non è semplicemente qualcosa che si possiede, proprio perché la persona ha sempre la possibilità di cedere a quest'altra tendenza che vive dentro di sé. La dimensione del dubbio allora diventa determinante. E può esserlo sia in senso positivo, come sprone, che negativo, come resa...
La fede dunque rimane un cammino di vita e, come in ogni cammino, soprattutto quelli ardui e provanti, il dubbio se proseguire, fermarsi o tornare indietro è sempre presente
x Phil
Quando Frege bacchetta Husserl perché utilizza la psicologia nella logica è perché una problematica non risolta dalla logica formale sta nel fatto che non può dirimere se delle proposizioni possano dimostrare empiricamente secondo l schematismo di vero/falso.
La fattualità scientifica rispetto a problemi psichici non lo risolve per vie logiche, ma per procedimenti empatici (transfert) fra medico e paziente. Un problema psichico di per sé non è un "fatto empirico" quantificabile e misurabile. Per questo la psicanalisi freudiana è di fatto morta scientificamente e storicamente. La neurologia studia la "fisica" del cervello con indagini strumentali e lì al massimo vedi attività dei vari settori del cervello di carattere elettrico e/o circolatorio sanguigno . Non si sa nulla di più o poco.
Ma è un fatto il cogito ergo sum cartesiano? L'io penso kantiano è un fatto? Tutti noi pensiamo?
E' un fatto empirico o metafisica o spiritualità
Le opinioni riguardano i costrutti umani dentro la cultura.
E' un fatto che il sole sorge sempre ad est? E' un fatto che vi siano due equinozi e due solstizi ogni anno terrestre?
Una Rivelazione è un fatto, una metafisica spirituale
Personalmente trovo strano se seguo la storia evolutiva umana che prima sia nata la metafisica e poi l'empiria materica. E' come dire che gli animali essendo al più basso livello o nessuno di intelligenza sono gli esseri più spirituali e metafisici.
Un dubbio implica un atto d'ignoranza e una scelta sospesa. La filosofia, come ho già scritto può applicare il dubbio come metodo (gli scettici, S. Agostino, Cartesio) non come concetto .
Perchè è uno stato sospeso che cerca affrancamento conoscitivo.
Personalmente direi che sono ignorante , piuttosto che dubbioso. La consapevolezza di una ignoranza pone una ricerca, il dubbio non sempre ,si scelgono sentieri corti spesso: dipende dalle singole persone.
L'attuale metodo scientifico o cambia di nuovo metodo e sarebbe una rivoluzione culturale epocale, o rimarrà con i suoi limiti intrinseci. In circa più di un secolo ha già vissuto due crisi rispetto alle concezioni galileiane e newtoniane. Una è proprio nel periodo di Husserl , l'altra quando è apparsa la meccanica quantistica. Quindi la scienza o allarga i suoi orizzonti metodici , o rimarrà nei laboratori rintanati senza nulla poterci svelare quello che molti scientisti sperano.
Dal punto di vista del credente in una religione/spiritualità ,sono più che convinto che un normodotato non "beve", ma quando studia ,legge, interpreta e fa direttamente parallelismi con la sua esperienza di vita. Se la sua esperienza trova che una parabola, un aneddoto, una allegoria, una metafora, un racconto, e gli dà qualcosa, intuisce, capisce che quelle parole sono sagge, sapienti ,lo ispirano. Se trova quindi che una spiritualità ,una religione, "gli rivelano" qualcosa di intimo ,lo accetta in via generale. E' nelle particolarità che potrebbero esserci difficoltà di comprendere o addirittura strafalcioni, errori di traduzione. C'è una ermeneutica ed una esegesi dei testi , e quando diventa mistica addirittura c' è un maestro che insegna come interpretare il testo e "viverlo" quel testo. Bisognerebbe fare esempi concreti di dubbi per veder dove sta un problema.
Bisogna anche saper collocare storicamente i messaggi spirituali.
Il dubbio è uno stadio mentale successivo all'ignoranza. L'ignorante non si pone dubbi; accetta la realtà come gli viene propinata dai suoi sensi e dalla sua educazione. Perchè si dubiti deve essere in atto un processo mentale di ricerca e il dubbio si instaura tra varie opzioni asseverative possibili in cui, ex ratio, dovrebbe essere la dimostrazione ed il suo equivalente epistemico, la falsificazione, a dirimere (provvisoriamente), il dubbio.
La fede, sempre ex ratio, dovrebbe instaurarsi laddove la ricerca abbia sciolto ragionevolmente il dubbio. La (cono)scienza, con il suo strumentario induttivo e deduttivo, è il migliore strumento teorico di cui disponiamo per questa operazione di fede. L'induzione mi conferma l'alternanza del giorno e della notte per il passato, la deduzione pone la mia fede sul fatto che anche domani sorgerà il sole, che si alterneranno le stagioni, che l'amato si comporterà nello stesso modo amorevole di oggi, e così via.
Una fede che non si regga su operazioni mentali di questo genere è cieca. Anche i numi necessitano di verifiche analoghe e l'apologetica miracolistica dovrebbe appunto supportare la fede. Peccato che gli unici miracoli che si vedono da qualche tempo siano quelli della tecnoscienza, che miracoli non sono.
Questo venir meno della miracolistica mina alla base la fede religiosa - non solo da oggi; si rileggano i dubbi dei filosofi classici sui numi - che cerca sostegno nella teologia con argomenti tipo l'inadeguatezza della ragione umana, l'hybris accecata dagli dei che ti vogliono perdere, ... Su cui si innesta fin da subito (II sec. d.C.) l'argomento più raffinato: "credo quia absurdum est" di Tertulliano che reggerà l'architrave fideistico religioso, sopravvivendo a tutte le bufere positiviste ed esistenzialiste dei secoli a venire, fino ai giorni nostri. In congiunzione con la sua versione catechistica dei "misteri della fede".
Con tale argomento si azzera il valore - e i rischi connessi - del dubbio nella fede. Ma si approfondisce il solco antropo-logico tra ragione razionale e ragione di fede.
Volendo dar credito alla Bibbia, ne conseguirebbe un invito, reiterato più e più volte, di non seguire la via intellettuale in maniera approfondita per cercare Dio. O, come nel caso di questo Thread, cercare il valore del dubbio nella fede.
E' vero che l'interpretazione del Vecchio e del Nuovo Testamento rappresenta un problema, per certi versi un enigma, di non immediata risoluzione. Pur tuttavia sul metodo di non cercare con la mente ma col cuore c'è una certa unanimità di opinioni. Anche se, talvolta, contraddette da certa Teologia. Forse dalla Teologia tout court. Che, per inciso, non mi ha mai appassionato.
Inoltre, a rafforzare questa indicazione, c'è il fatto che nessuno, nella storia dell'umanità, ha mai conseguito un risultato apprezzabile o quantomeno condivisibile! nell'applicazione dell'intelletto come leva verso la conoscenza di Dio. Quale poi sia la strada del cuore è un altro problema, anch'esso non proprio di elementare risoluzione. Almeno per quello che comprendo io.
Non a caso è la fede la strada suggerita come via maestra per giungere da qualche parte. Quindi un sentimento. Forse non classificabile tra quelli....come dire....ordinari. Forse un sentimento "speciale". Il dubbio dunque, nella prospettiva di analizzare la sua valenza nella fede, dovrebbe servire da orientamento. Da campanello di allarme che dovrebbe suonare quando ci si sta allontanando da questo percorso.
Questo da un punto di vista di "investigazione" di Dio. In senso generale, come giustamente afferma Ratzinger e ripreso da Sariputra, anche nelle fedi laiche - convinzioni se piace di più - il dubbio riveste un grande valore. L'essere cioè aperti a convinzioni differenti da quelle che si ritengono corrette.
Ma questo implica rara intelligenza ed umiltà. E anche forza. Perchè fa più comodo appoggiarsi a certezze date per incontrovertibili e immutabili. Si vive "meglio".
Le fedi (nessun timore ad usare il termine) immanenti si reggono sulla dimostrazione e falsificazione e fanno del dubbio il loro metodo. Negli ambiti in cui non vi siano prove e controprove sufficienti, per carenza di dati o opinabilità della materia, si ricorre alla scommessa e si sta a vedere l'effetto che fa. A Colombo andò bene, a Lenin un po' meno. Ma il bello della diretta (immanente) è che si può sempre, rattoppata la nave, ripredere il mare.
Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2020, 14:31:38 PM
Le fedi (nessun timore ad usare il termine) immanenti si reggono sulla dimostrazione e falsificazione e fanno del dubbio il loro metodo. Negli ambiti in cui non vi siano prove e controprove sufficienti, per carenza di dati o opinabilità della materia, si ricorre alla scommessa e si sta a vedere l'effetto che fa. A Colombo andò bene, a Lenin un po' meno. Ma il bello della diretta (immanente) è che si può sempre, rattoppata la nave, ripredere il mare.
Il problema si presenta, a mio avviso, quando ci si convince che una cosa è certa senza che tuttavia lo sia davvero. Per esempio ci si convince che là c'è il nord perché l'ago magnetico della bussola lo indica ma, per motivi che ignoriamo (bussola difettosa, presenza di campi magnetici di cui non conoscevamo la presenza, etc.) non è così. Penso a coloro che negavano l'esistenza dei raggi x e/o ultravioletti, etc. Oppure penso agli illusionisti, ai truffatori, ai manipolatori della realtà in generale.
Mi vengono in mente anche tutte le opere d'ingegno, degli inventori in generale: sul metodo siamo certamente d'accordo ma su quella scintilla che illumina la mente dell'inventore? Non c'è forse un dubbio alla sua origine? Il dubbio che forse.......
E non è forse la stessa cosa con la nascita della fede in Dio?
Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
Mentre per il credente è solo assenza di percezione.
E' forse questo un muro, forse il Muro che divide i credenti dagli atei?
Citazione di: Freedom il 22 Novembre 2020, 18:15:56 PM
Il problema si presenta, a mio avviso, quando ci si convince che una cosa è certa senza che tuttavia lo sia davvero. Per esempio ci si convince che là c'è il nord perché l'ago magnetico della bussola lo indica ma, per motivi che ignoriamo (bussola difettosa, presenza di campi magnetici di cui non conoscevamo la presenza, etc.) non è così. Penso a coloro che negavano l'esistenza dei raggi x e/o ultravioletti, etc. Oppure penso agli illusionisti, ai truffatori, ai manipolatori della realtà in generale.
Esiste il dubbio
semplice e il dubbio
metodologico. Il secondo prenderà in considerazione l'ipotesi della bussola difettosa, della tempesta magnetica, ... e di tutti i dubbi possibili per una intelligenza scientificamente formata. In genere, il dubbio metodologico arriva alla soluzione del busillus e la nave, in un modo o nell'altro (le stelle ? 8) ), ti porta a destinazione.
Il dubbio semplice è più immediato e si basa sull'esperienza empirica alla portata di tutti: mi hanno parlato tanto fin da piccola di creature sovrannaturali benigne e maligne ma non ne ho mai incontrata alcuna per cui dubito della loro esistenza anche se tanti ci credono.
CitazioneMi vengono in mente anche tutte le opere d'ingegno, degli inventori in generale: sul metodo siamo certamente d'accordo ma su quella scintilla che illumina la mente dell'inventore? Non c'è forse un dubbio alla sua origine? Il dubbio che forse...
Che strano che una intuizione come quella della relatività sia venuta ad un fisico e non ad un pasticcere o a qualche padre della Chiesa ispirato dallo Spirito Santo !
CitazioneE non è forse la stessa cosa con la nascita della fede in Dio?
La nascita della fede in Dio è una intuizione
semplice che si basa su analogie naturalistiche (tutti i viventi vengono generati) e su scaramantiche ricerche di favori (grazia) e salvezza (eterna). Non ci vedo nulla di trascendente in tale intuizione e neppure di particolarmente trascendentale.
CitazioneMentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
Rimando al dubbio semplice del primo quote. Capace di resistere alle più raffinate armi di persuasione di massa dei teologi grazie ad una
evidenza metodologica (tipo
questa) sempre più ermeneuticamente accurata.
CitazioneMentre per il credente è solo assenza di percezione
Se fede piange, percezione non ride. Specie di questi tempi in cui la percezione ha assunto la disinvoltura di un vaso di Pandora sbracato.
CitazioneE' forse questo un muro, forse il Muro che divide i credenti dagli atei?
Sulla percezione non farei grande affidamento neppure come Muro. Ci sono cose assai più consistenti e materiche a tenere in piedi i Muri. E a costruirne di nuovi. Come quello invalicabile - molto religioso - d'Israele ( altro che Berlino !)
Ciao Freedom. A me non sembra che gli atei considerino la non esistenza di Dio una evidenza ma una convinzione razionale.
Dio e la sua "corte di santi e beati" non si occupano delle vicende umane, invece molti credenti sono rimasti ai tempi delle deità dell'Olimpo, che venivano invocati e propiziati con doni, sacrifici animali ed offerte.
E' ateo chi non crede nell'esistenza di divinità, invece molti cristiani ed altri sono convinti al 100% dell'esistenza di Dio col suo corollario.
Purtroppo la loro granitica certezza, la loro verità al 100% (secondo quanto insegna la Chiesa) la vogliono diffondere erga omnes con spavalderia. Gli atei non fanno proselitismo.
Quando i cristiani si decideranno ad avere dubbi e far scendere al 50% la loro convinzione si potrà riaprire il "cortile dei gentili" per il dialogo con i non credenti.
La loro certezza deriva dalla lettura dei testi cosiddetti "sacri", che credono ispirati da Dio, secondo quanto insegnato loro dalla Chiesa cattolica e da altre Chiese. Per l'ateo quei testi furono invece scritti e riscritti da dotti rabbini, non per ispirazione divina, né sotto dettatura di Dio.
Salve freedom. Citandoti : "Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
Mentre per il credente è solo assenza di percezione".
Scusa ma come farebbero degli atei a considerare una evidenza la "non esistenza" di qualcuno o di qualcosa ? Le non esistenze" altro non sono che l'opposto (la negazione) delle evidenze !!
La percezione poi consiste nel "sentire attraverso i sensi". Il "sentire (o non sentire, come avviene per gli atei) interiormente attraverso la psiche/anima/spirito" si chiama sentimento. Perdona la pedanteria. Saluti.
Citazione di: Freedom il 22 Novembre 2020, 18:15:56 PM
Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
L'ateismo è in larga parte, storicamente e logicamente, un applicazione per esteso del principio copernicano: non c'è nulla di speciale nella posizione della terra. Esteso nel principio di mediocrità generale: non c'è nulla di speciale nell'intelligenza umana, non c'è nulla di specialmente ispirato nella Bibbia, non c'è nulla di speciale dopo la morte, etc. Una volta cessato il bisogno di "risposte speciali", o "sovrannaturali", non è questione di trovare evidenze della non esistenza, ma è questione di non avere necessità dell'ipotesi innanzitutto, a-la Laplace, e di richiedere straordinarie evidenze per straordinarie affermazioni. Non è un caso che i credenti che vogliono seguire con la logica la loro posizione "anticopernicana" stiano sempre a gozzovigliare là dove ancora risposte "speciali" non sono del tutto escluse, dal BigBang all'intellingenza umana, perchè è lì che la fiamma ancora arde.
Riguardo la fede e il dubbio. Guardavo l'altro giorno un estratto di un film(accio?) che ritraeva un pubblicatario dire (non verbatim) "
L'amore? Quello che non ti fa dormire la notte, ti toglie il respiro, e ti incatena ? Non è un caso che non l'hai provato, l'abbiamo inventato noi per vendere calze da donna" E mi chiedo, chi ha inventato la fede e per vendere cosa? Sempre descritta come un sentimento caldo, quasi umido, che ti avvolge e ti protegge e toglie il respiro, la fede in senso cristiano è descritta in Ebrei11 chiaramente: credere ciecamente senza necessità di alcuna evidenza. Oggi questo comportamento è chiamato "fanaticismo", c'è stato una traslazione lessicale, ma della "vecchia fede" c'è ancora ampia traccia non solo nella Bibbia, ma anche in tutta la letteratura satellite, dove il dubbio viene additato come opera del diavolo, tentazione impura verso l'empietà, indisciplinatezza irrispettosa del decalogo mosaico etcetc.. I mussulmani, che aspettano ancora una "riforma" vivono ancora la fede alla "vecchia maniera" e dal mio punto di vista, per quanto sia una forma di tossicità sociale,provo una forma di ammirazione per la loro coerenza.
Citazione di: InVerno il 23 Novembre 2020, 07:52:56 AM
Citazione di: Freedom il 22 Novembre 2020, 18:15:56 PM
Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
L'ateismo è in larga parte, storicamente e logicamente, un applicazione per esteso del principio copernicano: non c'è nulla di speciale nella posizione della terra. Esteso nel principio di mediocrità generale: non c'è nulla di speciale nell'intelligenza umana, non c'è nulla di specialmente ispirato nella Bibbia, non c'è nulla di speciale dopo la morte, etc. Una volta cessato il bisogno di "risposte speciali", o "sovrannaturali", non è questione di trovare evidenze della non esistenza, ma è questione di non avere necessità dell'ipotesi innanzitutto, a-la Laplace, e di richiedere straordinarie evidenze per straordinarie affermazioni. Non è un caso che i credenti che vogliono seguire con la logica la loro posizione "anticopernicana" stiano sempre a gozzovigliare là dove ancora risposte "speciali" non sono del tutto escluse, dal BigBang all'intellingenza umana, perchè è lì che la fiamma ancora arde.
Riguardo la fede e il dubbio. Guardavo l'altro giorno un estratto di un film(accio?) che ritraeva un pubblicatario dire (non verbatim) "L'amore? Quello che non ti fa dormire la notte, ti toglie il respiro, e ti incatena ? Non è un caso che non l'hai provato, l'abbiamo inventato noi per vendere calze da donna" E mi chiedo, chi ha inventato la fede e per vendere cosa? Sempre descritta come un sentimento caldo, quasi umido, che ti avvolge e ti protegge e toglie il respiro, la fede in senso cristiano è descritta in Ebrei11 chiaramente: credere ciecamente senza necessità di alcuna evidenza. Oggi questo comportamento è chiamato "fanaticismo", c'è stato una traslazione lessicale, ma della "vecchia fede" c'è ancora ampia traccia non solo nella Bibbia, ma anche in tutta la letteratura satellite, dove il dubbio viene additato come opera del diavolo, tentazione impura verso l'empietà, indisciplinatezza irrispettosa del decalogo mosaico etcetc.. I mussulmani, che aspettano ancora una "riforma" vivono ancora la fede alla "vecchia maniera" e dal mio punto di vista, per quanto sia una forma di tossicità sociale,provo una forma di ammirazione per la loro coerenza.
Secondo me è proprio perché non c'è nulla di speciale nella posizione della terra che si può escludere un intervento divino nella creazione dell'intelligenza, insomma la posizione copernicana è stata precisata meglio e portata fin quasi alle sue estreme conseguenze in astronomia contemporanea con il principio cosmologico, l'universo a grandissima scala è isotropo e omogeneo, non ha struttura frattale, la struttura frattale localmente c'è, e permette la vita, ma digrada a lunghissime distanze.E' come dire che se sono a Roma non vedo intorno a me Milano, ma se due persone una a Roma e una a Milano alzano gli occhi in pieno giorno e guardano un cielo azzurro perfettamente sereno senza punti di riferimento vedono tutte e due di fatto la stessa cosa, la loro esperienza
percettiva, al netto dei pensieri e delle sensazioni, è identica per identità degli indiscernibili: ugualmente gli astronomi terrestri e degli eventuali astronomi in un pianeta lontano, magari in un'altra galassia, puntando i telescopi e i mezzi di rilevazione a breve distanza vedrebbero cose completamente diverse gli uni e gli altri, ma puntandoli alla massima distanza possibile, almeno per come essa è possibile con le attuali tecnologie terrestri, vedrebbero tutti e due la stessa cosa, lo stesso universo, come si può guardare in due città diverse lo stesso cielo: questo perché non solo le leggi della fisica non variano significativamente da un luogo all'altro, ma anche la densità di materia (di particelle dotate di massa) è altrettanto identica in tutto l'universo a lunghissime distanze, quindi leggi fisiche identiche, agiscono su materia identicamente distribuita, e questo non può che risolvere la struttura frattale in una omogenea a lunghissima distanza.
Perciò la vita e la vita intelligente, non solo non possono nascere da eccezioni locali nel funzionamento proprio delle leggi naturali (veri e propri miracoli nel senso teologico del termine), ma nemmeno da circostanze in linea di principio irripetibili che si diano nel caso, nelle condizioni iniziali, nella materia, o in qualsiasi "soggetto passivo" su cui si supponga che le leggi naturali "agiscano" (circostanze così rare da avere del miracoloso).
La vita non solo non è "creata", nel senso della creazione dal nulla, ma non è nemmeno "immessa", nel senso dell'immissione di qualcosa di straordinario nel vuoto: un soggetto vivente rispetto all'universo, solo in un certo, limitato, senso,
occupa un punto materiale della sua struttura, in un altro senso è "genericamente presente" poiché la struttura materiale che lo ospita su grandissime distanze non è significativa, e intendo non è significativa come
eccezione, ad una regola
ordinatrice dell'universo e che prevede genericamente la sua presenza e in generale la presenza almeno possibile e probabile di osservatori; non tutti i punti di vista sono posizionalmente condizionati, quindi ogni vita riflette
anche la capacità complessiva dell'universo di essere a tratti ospitante la vita come oggettività del suo vissuto, al di là della sua più ovvia componente individuale e soggettiva. In parole più semplici, la vita è prevista e contemplata dalle leggi naturali, è quello che succede quando si verificano certe circostanze, non c'è niente di speciale nella "posizione" del vivente, ma l'universo è complessivamente ordinato in posizioni viventi e posizioni non viventi che sono tali solo le une rispetto alle altre.
Insomma penso che la vita sia immanente nell'universo nel senso che le cause, tutte le cause, che possano in generale rendere ragione degli eventi che osserviamo, per quanto rare siano,
non si esauriscono e non si nullificano per il solo fatto di aver prodotto i loro effetti, rimangono latenti e continuano non viste nel tempo e nello spazio intrinsecamente come cause, pronte a ri-manifestarsi al ricorrere delle circostanze innescanti, quindi l'unicità di un ente qualsiasi che noi riscontriamo come effetto di cause note o ignote, uomo compreso e intelligenza compresa, è solo una questione statistica, è il caso che può ben rendere unico un ente, ma non esiste un'unicità intrinseca per cui un ente possa stagliarsi come altro dalla natura, come trascendenza: l'unicità non è mai costitutiva della natura dell'ente, ma emerge eventualmente nel rapporto tra ente e circostanze, questo va contro la percezione egoica di ogni vita intelligente che si sente unica, e si sente unica non solo statisticamente ma proprio costitutivamente, ma io penso che il nostro senso di unicità non sia la verità ultima, è il caso che determina quanti corpi corrispondono ad una certa "anima" o a un certo stato di coscienza, possono essere più di uno, e quindi non c'è "secondo natura" un numero predefinito di essi.
Cavoli Niko , so che non si fa perché questo e' un Forum con la maiuscola , ma prima che mi bannino l'intervento ( giustamente) dico grazie per l'analisi. Tutte convinzioni in me latenti ed inespresse per mancanza di cultura sufficiente , ma presenti. Ora a fuoco
Salve. Vorrei tornare all'assunto di freedom per puntualizzare :
Citazione di: viator il 22 Novembre 2020, 21:08:14 PMSalve freedom. Citandoti : "Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.
Mentre per il credente è solo assenza di percezione".
Ad onor del vero trovo sbagliatissimo considerare una evidenza una convinzione ateistica circa la non-esistenza di Dio. Il non sapere od il non credere in qualcosa non pùò risultare frutto di evidenza, ma solo DELLA MANCANZA DI UNA EVIDENZA del suo contrario.
Infatti la "rilevazione di ciò che è" fatta consistere - come avviene qui - nella "mancanza di ciò che per altri esiste", è espressione palesemente assurda.
L'esistenza di Dio quindi risulta argomento controvertibilissimo come qualsiasi altro affermante la esistenza o la inesistenza di qualcosa. Saluti.
Citazione di: Freedom il 21 Novembre 2020, 12:39:58 PM
A me pare che il concetto introdotto nei passati post e cioè "da dove nasce l'intelligenza?" meriti ulteriori e più approfondite riflessioni. E' veramente una domanda importante. Le risposte che ho letto, sinceramente, non mi appaiono convincenti.
A questo concetto mi pare oggettivamente legata un'altra domanda decisiva: le costanti di natura (vabbè non chiamiamole leggi), in un mondo in cui l'unica costante è il cambiamento, mi sembrano.......almeno sorprendenti. Non sorge un dubbio sulla loro origine?
Il "miracolo" della vita e, in generale, tutti gli organismi complessi (ma anche elementari!) e tutto il "costrutto" dell'universo e la loro formazione è il terzo elemento di riflessione.
Non mi spingo a formulare una quarta domanda: "chi ha creato la materia che sottende la creazione dell'Universo?" perchè non ci porterebbe da nessuna parte. Infatti, se uno volesse rispondere Dio, la successiva e immediata questione sarebbe: chi ha creato Dio?
Oltre a questi quesiti, a mio avviso risolutivi se soddisfatti, vorrei infine introdurre una considerazione sul valore del dubbio nella fede. O, se permettete, nella convinzione o anche, perchè no, nella certezza.
Sono tuttavia tentato di aprire un thread ad hoc. Anzi lo faccio. Spero solo di non togliere energie a questa così interessante discussione. Quindi ci penso su un attimo ;D ;)
Sono convinto che occorra cambiare la prospettiva con cui si guarda.
In questa vita cosa conta davvero?
Vi è qualcosa che valga al punto che nient'altro ha più importanza?
Qui è l'aut-aut radicale.
A cui possiamo rispondere solo noi stessi, in perfetta solitudine.
Ma sia che rispondiamo di sì, piuttosto che no, in entrambi i casi inevitabilmente naufraghiamo.
Perché anche con il sì, a nulla possiamo aggrapparci.
Se non... a noi stessi.
Ma qui è proprio l'abissale differenza tra il no e il sì!
Perché il no è l'accettazione del Nulla assoluto, anche se non se ne è solitamente consapevoli perché abbarbicati al proprio esserci mondano
Mentre il sì è lo slancio verso la Trascendenza in quanto Bene. Uno slancio nullificante, perché è slancio nel Nulla. Tuttavia Nulla fonte d'infinite possibilità!
D'altronde non è forse il bene e la sua mancanza ciò che dona senso ad ogni storia di vita?
Se proviamo a prescinderne, non cade ogni cosa nell'insignificanza?
Senza il bene, tutta la realtà che valore potrebbe mai avere?
Dovremmo allora provare a considerare il tutto nell'ottica del Bene.
Sì, sembrerebbe questa un'ipotesi davvero assurda... ma se ciò nonostante ci proviamo comunque, ogni cosa vi si deve necessariamente adeguare.
E adeguandovisi rivela la sua vera natura: ogni cosa è solo strumentale.
Strumentale a che cosa?
Al figlio unigenito, al suo ritorno.
L'intelligenza, le costanti di natura, la vita, ogni cosa del mondo non è che il teatro, che emerge dal Caos, affinché il figlio possa amare.
E amando, tornare infine al Padre.
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2020, 15:33:25 PM
Sono convinto che occorra cambiare la prospettiva con cui si guarda.
In questa vita cosa conta davvero?
Vi è qualcosa che valga al punto che nient'altro ha più importanza?
Qui è l'aut-aut radicale.
A cui possiamo rispondere solo noi stessi, in perfetta solitudine.
Possiamo rispondere soltanto noi stessi, in perfetta solitudine, ma, forse, potrebbe essere interessante confrontarsi sulle risposte.
Magari in un thread ad hoc, per non andare fuori tema in questo.
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2020, 15:33:25 PM
Sono convinto che occorra cambiare la prospettiva con cui si guarda.
Anch'io.
CitazioneSenza il bene, tutta la realtà che valore potrebbe mai avere?
Senza la realtà che valore potrebbe mai avere il bene ?
Citazione di: Freedom il 28 Novembre 2020, 18:15:53 PM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2020, 15:33:25 PM
Sono convinto che occorra cambiare la prospettiva con cui si guarda.
In questa vita cosa conta davvero?
Vi è qualcosa che valga al punto che nient'altro ha più importanza?
Qui è l'aut-aut radicale.
A cui possiamo rispondere solo noi stessi, in perfetta solitudine.
Possiamo rispondere soltanto noi stessi, in perfetta solitudine, ma, forse, potrebbe essere interessante confrontarsi sulle risposte.
Magari in un thread ad hoc, per non andare fuori tema in questo.
Salve bobmax e freedom. Purtroppo il quesito posto da bobmax sarè (forse) chiaro a costui ed a freedom. A me purtroppo non lo è, forse per mia limitatezza.
Quando bobmax chiede "In questa vita cosa conta davvero?" cosa intende ?
- Cosa conta davvero a proposito dell'esistente "cosmico" ?
- Cosa conta davvero all'interno del fenomeno biologico "vita" '
- Cosa conta davvero all'interno dell'esistenza del genere umano ?
- Cosa conta davvero per ciascuno di noi singoli, a livello esistenziale ?
Naturalmente, essendo forse tonto ma conoscendo in qual modo tendono a funzionare le menti di coloro che frequentano i forum di filosofia, penso di aver indovinato quale sia l'angolazione dalla quale bobmax abbia generato il quesito sottopostoci...............ma mi piacerebbe fosse lo stesso bobmax a chiarircelo.
E' ovvio che un nuovo thread di tal argomento, venendo aperto in mancanza di una simile precisazione, si presterebbe a numerosi fraintendimenti. Attendo, ringrazio e saluto.
Citazione di: Ipazia il 28 Novembre 2020, 21:08:19 PM
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2020, 15:33:25 PM
Sono convinto che occorra cambiare la prospettiva con cui si guarda.
Anch'io.
CitazioneSenza il bene, tutta la realtà che valore potrebbe mai avere?
Senza la realtà che valore potrebbe mai avere il bene ?
Il bene è lo stesso amore.
Davvero l'amore necessità di qualcuno da amare?
O non è invece l'oggetto d'amore solo un'occasione affinché l'amore si manifesti?
Che l'amore sia oltre qualsiasi realtà lo possiamo constatare nel momento in cui l'amato non c'è più.
Chi, cosa amavo e amo?
Non è forse un nulla l'oggetto d'amore? Eppure... è anche tutto.
Realtà, di per se stessa puro nulla. Un nulla che riluce d'infinito valore nello sguardo d'amore.
Viator, cosa conta per te.
Lascia stare tutte le altre ipotesi, sono solo vie di fuga, per non affrontare te stesso.
Sì non è facile, e probabilmente farà soffrire.
Ma tu sei ciò che conta per te.
Salve bobmax. Non dubitavo. Per me personalmente, eticamente, esistenzialmente............ciò che conta sopra ogni altra cosa è il riuscire a godere senza provocare ad altri alcun genere di sofferenza.
E non darmi del materialista edonista egoista, dal momento che tu non puoi sapere (supporre lo puoi certo, ma sapere proprio no) di cosa io riesca a godere sommamente.
Può anche darsi che il mio riuscire a godere possa consistere nel contemplare la virtù mia od altrui, la vita eterna, il nulla, il riuscire ad insegnare ad altri la via del godimento innocuo, lo scrivere in "Logos"...........hai voglia in quanti modi innocenti o magari pure intellettualmente elevati si possa godere..............!! Saluti.
Ciao Viator,
quindi ciò che conta per te è impossibile a realizzarsi.
Perché per non provocare ad altri alcun genere di sofferenza dovresti non esistere. E il godimento può avvenire solo esistendo.
Non mi permetto certo di ipotizzare cosa ti faccia godere.
Tuttavia il godere stesso in quanto tale non definisce cosa conti davvero.
È diciamo così una precondizione.
Che se lasciata aperta, finisce per rivolgersi al mondo, a quella parte di mondo che può appunto far godere.
Di modo che interpreto la tua risposta come un no.
Salve bobmax. Mi sei oscuro (come spesso mi capita di trovarti). Inserisco qualche breve nota grassettando all'interno del tuo testo :
Citazione di: bobmax il 29 Novembre 2020, 15:52:39 PMCiao Viator,
quindi ciò che conta per te è impossibile a realizzarsi. (Le impossibilità non sono soggette a (possibili) dimostrazioni).
Perché per non provocare ad altri alcun genere di sofferenza dovresti non esistere. E il godimento può avvenire solo esistendo.
Non mi permetto certo di ipotizzare cosa ti faccia godere.
Tuttavia il godere stesso in quanto tale non definisce cosa conti davvero (sei anche sempre troppo laconico - qui non si capisce se intendi chiederti COSA IO CONTI DAVVERO oppure COSA CONTI DAVVERO IL GODERE).
È diciamo così una precondizione.
Che se lasciata aperta, finisce per rivolgersi al mondo, a quella parte di mondo che può appunto far godere.
Di modo che interpreto la tua risposta come un no (Non mi è chiaro il quesito al quale io avrei risposto negativamente).
Saluti sinceri.
Ciao Viator
Ciò che è contraddittorio è impossibile logicamente. Quindi impossibile tout-court.
Se esisti non puoi non provocare ad altri alcun genere di sofferenza, perché l'esistenza è per sua natura causa di sofferenza ad altri.
Dovresti allora non esistere.
Ma il godere necessita l'esistenza...
Il godere di per se stesso non è sufficiente per poterlo definire come ciò che conta davvero.
Perché il godere necessita di qualcosa di cui si goda.
Almeno che tu intenda invece la beatitudine, che prescinde da qualsiasi cosa...
Se però così non è, ed è questa la mia interpretazione del tuo dire, allora ciò che conta non è il godere in sé, ma ciò che permette questo tuo godere.
Interpreto la tua risposta come un no, perché affermando un generico "godere" fai implicitamente riferimento alle cose del mondo che possono appunto farti godere.
Di modo che, sei ancorato all'esserci.
E' l'esserci, con le sue possibilità, a permetterti di godere.
Ed è proprio questa condizione, intesa come ciò che conta davvero, a farmi intuire che non vi è niente che sia tale da oscurare davvero tutto il resto.
Almeno questo è ciò che ho inteso.
Se invece vi è qualcosa che per te vale più di qualsiasi altra cosa, e che non sia il mero generico godere, allora avrei inteso male.
E' il tesoro nel campo, o la perla, tanto per fare degli esempi evangelici.
CitazioneCiò che è contraddittorio è impossibile logicamente. Quindi impossibile tout-court.
Nelle scienze è possibile che sia così, ma nella pragmatica umana, nella storia e nell'arte, solo ciò che è "anche" contraddittorio, ci rende umani, compassionevoli, in grado di capire, almeno per un momento, che possiamo sospendere il giudizio e osservare il dubbio per poter riscoprire la parte dell'altro che non è inferno.
Salve bobmax. proseguendo :Citazione di: bobmax il 29 Novembre 2020, 18:20:05 PMCiao Viator
Ciò che è contraddittorio è impossibile logicamente. Quindi impossibile tout-court (mi sono espresso male. Avrei dovuto dire "Le impossibilità non sono soggette ad eventuali dimostrazioni").
Se esisti non puoi non provocare ad altri alcun genere di sofferenza, perché l'esistenza è per sua natura causa di sofferenza ad altri.
Dovresti allora non esistere.
Ma il godere necessita l'esistenza... (certo, ma la sofferenza generata ad altri dal mio esistere è completamente indipendente in sè dal fatto che io viva godendo senza nuocere oppure che io viva soffrendo senza nuocere).
Il godere di per se stesso non è sufficiente per poterlo definire come ciò che conta davvero.
Perché il godere necessita di qualcosa di cui si goda.(il qualcosa di cui godere è ente in sè separabile dall'atto del godere, quindi ciò che potrebbe contare davvero potrebbe - in via separatissima - risultare sia nella cosa che nel goderne).
Almeno che tu intenda invece la beatitudine, che prescinde da qualsiasi cosa... (la beatitudine è uno dei valori dei quali è possibile - ma non certo - che io stia godendo o intenda godere).
Se però così non è, ed è questa la mia interpretazione del tuo dire, allora ciò che conta non è il godere in sé, ma ciò che permette questo tuo godere.(stai ripetendo quanto da te già asserito - e da me controbattuto - due periodi sopra il presente).
Interpreto la tua risposta come un no, perché affermando un generico "godere" fai implicitamente riferimento alle cose del mondo che possono appunto farti godere.(tutte le cose sono del mondo, il quale per me consiste nell'insieme di ciò che è, e non solo nella sola fisicità, quindi cade la tua implicazione rivolta solo ad una specifica parte del mondo stesso come da me concepito).
Di modo che, sei ancorato all'esserci.
E' l'esserci, con le sue possibilità, a permetterti di godere.
Ed è proprio questa condizione, intesa come ciò che conta davvero, a farmi intuire che non vi è niente che sia tale da oscurare davvero tutto il resto. (quello che tu (ed altri, all'interno della filosofia classica) chiamano esserci, per me si chiama "insistenza del sè").
Almeno questo è ciò che ho inteso.
Se invece vi è qualcosa che per te vale più di qualsiasi altra cosa, e che non sia il mero generico godere, allora avrei inteso male. (hai capito invece benissimo il mio pensiero).
E' il tesoro nel campo, o la perla, tanto per fare degli esempi evangelici.(non sono interessato a paragoni fideistici).
Saluti.
Citazione di: Jacopus il 29 Novembre 2020, 18:51:00 PM
CitazioneCiò che è contraddittorio è impossibile logicamente. Quindi impossibile tout-court.
Nelle scienze è possibile che sia così, ma nella pragmatica umana, nella storia e nell'arte, solo ciò che è "anche" contraddittorio, ci rende umani, compassionevoli, in grado di capire, almeno per un momento, che possiamo sospendere il giudizio e osservare il dubbio per poter riscoprire la parte dell'altro che non è inferno.
Non penso che in questo caso si tratti di effettiva contraddizione.
Ma della necessità di accettare ciò che appare contraddittorio perché incapaci di risolverlo.
Di dover accettare perciò di convivere con il dubbio.
Ma non perché la realtà sia intrinsecamente contraddittoria.
Soltanto perché così ora appare tale.
Ciao Viator
Non importa se il tuo godimento di per sé non nuoce a nessuno.
Perché questa considerazione la puoi fare solo non sapendo che nel frattempo, tu, proprio tu, stai nuocendo a qualcuno. Per il solo fatto di esistere.
Cioè non si può distinguere il proprio godimento da se stessi. O meglio, da ciò che si ritiene di essere...
Il sapere ti condanna all'impossibilità di godere davvero. Se davvero non vuoi nuocere a nessuno nel tuo godimento.
Il qualcosa di cui si gode non è separabile dall'atto del godere. E' un tutt'uno.
Anche se si trattasse di un'immaginazione o di un ricordo. E' quello ciò per cui si gode. Se non c'è, non si gode.
La fisicità è solo uno degli ambiti delle possibilità del godere. Ma qualunque sia l'ambito è sempre brama di esserci.
E la brama di esserci è il Nulla assoluto.
Non si può godere della beatitudine.
Perché o si è beatitudine o non la si è.
Gli esempi evangelici non sono paragoni fideistici. Perché qui non c'entra nulla la fede.
Ma solo la considerazione su ciò che vale sopra ogni cosa.