O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?

Aperto da PhyroSphera, 17 Giugno 2025, 01:56:05 AM

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Jacopus

Ammetto di non conoscere Kierkegaard, se non attraverso le antologie del liceo, ma forse proprio da lì è nato il mio sguardo sospettoso. Ritengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento. Chiedo a chi ne sa più di me, di raccontarmi meglio, anche perché K. è uno dei padri filosofici dell'esistenzialismo e quindi non è certo un filosofo da quattro soldi (ammesso che ne esistano).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 23:42:42 PMSe a qualcuno interessa capire cosa cavolo significa aut- aut (o in Danese enten-eller) o questo o quello. indico qui un ottimo riassunto esplicativo

https://library.weschool.com/lezione/riassunto-kierkegaard-aut-aut-timore-e-tremore-6822.html


"Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c'è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all'altro. (o questo o quello) Fra queste modalità di vita s'impone, dunque, una scelta."
Credo che la scelta della fede in Dio sia accessoria a una fede ben più potente, che non hai scelto e non sai di avere, ben più difficile da ritrattare. E' quella che produce l'evidenza della realtà, che cerchi di giustificare con Dio o ti limiti a prenderne atto.
Più che a un Dio creatore penso a una fede creatrice, a un ''così è se ci credì'', ma senza aver scelto di crederci, come non abbiamo scelto di essere, perchè noi siamo quella fede.

Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

iano

Un non credente come me può essere interessato all'episodio di Abramo e Isacco, centrale nella filosofia del capitano Kierke , come è interessato ai miti.
E' un mito di passaggio, perchè sta a metà fra una fede cui non puoi derogare perchè non sai di avere, e una fede che puoi ripudiare in quanto abbracci.
Abramo abbraccia la sua fede, ma non vi può derogare di fatto, come colui cui essendo stata data libertà di scegliere, non ha fatto ancora la prima scelta, quella fondamentale, la scelta di scegliere.
Infatti se ci viene data libertà di scelta, la prima scelta è se useremo questa libertà, una scelta che Abramo non ha ancora fatto, agendo di conseguenza.
E il mito di passaggio fra una fede che non si può pensare di non avere, e una fede che si abbraccia in quanto rivelata, e in quanto tale sottoponibile al pensiero.
L'episodio di Abramo e Isacco si ripropone ogni volta che un testimone di Geova nega al filglio una trasfusione, o un no-covid  il vaccino.

L'episodio biblico, nella lettura di un non credente come me, è fonte di saggezza, laddove ci avverte che ciò in cui crediamo ci può uccidere.
Per cui, se manteniamo fissa la fede, contro ogni ragione, sappiamo già di cosa moriremo.

Bisogna agire in modo ragionevole, ma anche con quella convinzione che solo la fede ti può dare, senza la quale qualunque azione sarebbe inefficace.
Non impariamo allo stesso modo dai tutti i nostri errori. Impariamo di più da quelli che facciamo con convinzione.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMRitengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento.
No no, sono perfettamente fondate le tue obiezioni.
 Oltre che essere un esistenzialista e uomo religioso Kierkegard fu anche un severo critico della cultura e della civiltà europee "tutta l'Europa è sulla strada della banca rotta" disse. Gli pareva di vivere in un epoca priva di passioni e d impegno. Reagì in modo particolarmente violento contro la tiepidezza della vita religiosa all interno della Chiesa e fu molto duro verso quello che oggi chiameremmo "Cristianesimo della Domenica" . Per kierkegaard il Cristianesimo era così sconvolgente e irrazionale che poteva esserci solo un aut-aut , non è possibile essere Cristiani fino a un certo punto. Gesù risorse il giorno di Pasqua oppure no. E se è veramente risorto , questo fatto era così sconvolgente da segnare tutta la nostra vita. 
Mi rendo conto che questa presentazione del filosofo lo fa sembrare una figura minore rispetto alla potenza della filosofia col martello di Nietzche ad esempio. Ma non è così . Kierkeegard è il filosofo che ti smuove, dall interno, ti costringe a prendere sul serio il tuo essere nell esistenza, ti mette davanti a te stesso  e ha porti quelle domande a cui non puoi mentire ; che cosa è veramente importante per me? 
Perciò non era un filosofo più debole rispetto a Nietzche , anzi , Kierkegaard non usava troppi riguardi nelle sue polemiche , era dotato di una penna tagliente e di un amara ironia ; "la massa è falsità" o "la verità è sempre in minoranza" sono sue affermazioni. 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMRitengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi.
Non è un caso che Kierkegaard parli di tre stadi; si può quindi passare da uno stadio all'altro, in diversi momenti della vita. Si potrebbe anzi dire che il passaggio di stadio, se avviene in una certa direzione, è il percorso più autentico (giacché essere sin dalla nascita nello stadio religioso, semmai sia possibile, lo renderebbe meno consapevole): lo stato etico è "cura" per l'insensatezza di quello estetico, e quello religioso è "cura" per il "meccanicismo" di quello etico.
Per il resto (compreso Abramo), evito il copia e incolla e rimando qui.

Jacopus

Però, ditemi se sbaglio, c'è una gerarchia di valore fra i tre stadi e c'è una asimmetria "tremenda" nel rapporto uomo/Dio, al punto da sembrare un revival dell'ebraismo.  Il corpo va punito mentre la mente si libra alla ricerca di Dio. Insomma mi sembra una filosofia molto contemplativa, che può dare i suoi frutti solo se si elimina quel Dio assoluto. Allora Kierkegaard sarebbe costretto a guardare la vita in modo disincantato e il mondo diventare più terribile di quello abitato da Dio ma che apre a nuovi scenari. Mentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo". Non sapendo quasi nulla di questo filosofo, perdonate le sciocchezze.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 19:31:10 PMMentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo". Non sapendo quasi nulla di questo filosofo, perdonate le sciocchezze.
bhè no, su questo punto non mi sento d accordo. In primo luogo stiamo parlado di un filosofo che morì nella seconda metà dell ottocento, periodo quasi vicino a noi. In secondo luogo la Cristianità nel medioevo era caratterizzata da un sentimento di peccato. Molte cose erano viste come tentazioni del demonio e andavano rinnegate tramite l'espiazione del peccato anche tramite penitenze e punizioni corporali dove il digiuno era forse quello meno drastico.Kiergaard è diverso , disse " Ciò che in fondo mi manca è di veder chiaro in me stesso, di saper "ciò che io devo fare" e non ciò che gli uomini della chiesa si aspettino che un religioso debba fare o debba pensare o che ti venga imposto di pensare. E sono convinto anche che kiergaard nella sua filosofia nasconda una grande fiducia nell essere umano. Mal riposta magari , ma una grandissima fiducia nella verità esistenziale del singolo . Diceva guarda non mi interessa se hei fatto bene o fatto del male se fai scelte sbagliate o scelte giuste, quello che mi preme è che tu ti metta , nella tua interiorità , a confronto con il bene e con il male, con il giusto e lo sbagliato. E dicida, prenda una decisione, compi una scelta . Ed è chiaro che lui riponesse la sua fiducia sul fatto che tu alla fine sceglierai per il bene e non per il male , e cmpiere il grande salto nella fede dove l acqua ha una prodondità di settemila metri e si vive nell incertezza oggettiva e ciò nonostante, credere.
Sì, per kierkeegar lo stadio religioso era il Cristianesimo . tuttavia egli esercitò e tutt'pra esercita grande influenza anche a pensatori non cristiani.  Nel nostro secolo, ad esempio, si è affermata una filosofia dell esistenza ispirata dal pensatore Danese.Perciò non è necessario diventare o essere Cristiani per apprezzarlo.




Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 19:31:10 PMMentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo".
In realtà è il concetto stesso di dio l'ultima propaggine del medioevo; lo dico ovviamente non come polemica, ma come constatazione: le teologia era nello Zeitgeist di quel periodo, di quelle culture, di quel livello di conoscenza di sé e del mondo. Il che non significa affatto che non possa tutt'oggi, molto dopo Kierkegaard, essere degna di discussione o ispirare percorsi esistenziali. Anche le monarchie, per esempio, sono appartenenti ad uno Zeitgeist antico, pur restando oggi in vigore e ancora "funzionanti".
La "tremenda asimmetria" fra uomo e Dio di cui parli, è ciò che rende tale Dio: è l'asimmetria fra forma umana e forma divina, potere umano e potere divino, razionalità umana e ragione divina, etc. «asimmetria» significa che non si può partire da una "modalità di condizione" nota, quella umana, per dedurre direttamente l'altra. A-sim-metria, significa per etimo che la "misura" dell'uomo non è quella di Dio, e questo è tutto ciò che sappiamo di razionale della sua; proprio come sapere che un cerchio ha un rapporto asimmetrico con un altra figura produce la conoscenza minimale che l'altra figura potrà essere qualunque cosa, tranne che un cerchio simmetrico a quello di partenza.
Tale scarto asimmetrico è lo spazio del "salto della fede" di Kierkegaard: non è un passo misurato (poiché è una conversione fra due "sistemi di misura", di cui il secondo è essenzialmente ignoto), non è un passaggio logico ossequioso delle regole degli uomini (v. stadio etico), non è dialettica procedurale con l'alterità o con la negazione (v. Hegel), ma è il collasso della razionalità in un'angoscia individuale bramosa di eccedenze che la sappiano traghettare oltre, irrorando tale viaggio/salto di un senso che travalichi la sciatta mondanità dell'immanenza (ossia, detto diversamente, è non accettazione della propria "finitudine semantica", in puro Zeitgeist di matrice medievale, appunto).

PhyroSphera

Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMAmmetto di non conoscere Kierkegaard, se non attraverso le antologie del liceo, ma forse proprio da lì è nato il mio sguardo sospettoso. Ritengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento. Chiedo a chi ne sa più di me, di raccontarmi meglio, anche perché K. è uno dei padri filosofici dell'esistenzialismo e quindi non è certo un filosofo da quattro soldi (ammesso che ne esistano).
E' importane capire la distinzione tra stadi della vita filosoficamente definiti e fasi della vita psicologicamente, biologicamente, fisiologicamente definite.
Estetica ed etica non sono annullate o abbandonate nel passaggio da una stadio all'altro fino al terzo religioso. E' molto importante capire che Kierkegaard non si riferiva alla religiosità convenzionale delle istituzioni ecclesiastiche o dei riti e culti diffusi.
Diceva di rapporto assoluto con l'Assoluto, come compimento della relazione etica a sua volta compimento del nesso estetico. Nel primo stadio prevarrebbe la disperazione (e la malattia) se non si provvedesse a passare autonomamente al secondo, ma questo si risolverebbe in un fallimento esistenziale (ed amoroso) se non ci si abbandonasse al terzo. Tuttavia si deve pensare la successione come un allargamento.
L'estetica resta dentro l'etica ed entrambe sono nel rapporto assoluto con l'Assoluto.


MAURO PASTORE

PhyroSphera

Citazione di: iano il 18 Giugno 2025, 08:02:53 AML'episodio biblico, nella lettura di un non credente come me, è fonte di saggezza, laddove ci avverte che ciò in cui crediamo ci può uccidere.
Per cui, se manteniamo fissa la fede, contro ogni ragione, sappiamo già di cosa moriremo.

Bisogna agire in modo ragionevole, ma anche con quella convinzione che solo la fede ti può dare, senza la quale qualunque azione sarebbe inefficace.
Non impariamo allo stesso modo dai tutti i nostri errori. Impariamo di più da quelli che facciamo con convinzione.

Nella Bibbia è descritta la fede che salva, in opposizione al credere nelle apparenze. 
La fede di Abramo è risolutiva ma non per la umana virtù. Restiamo arbitrariamente sospesi fra alternative e questo per il credente significa che la fede senza le opere è morta. Da essa dipendono le opere (come notava con più forza di tutti Lutero) ma senza le opere essa diventa vana (come notava con maggior evidenza degli altri il metodista Wesley).
Se ne ritrova scritto nella Bibbia (Lettera ai Romani, Lettera di Giacomo) e il contemperare le due verità ha segnato i rapporti tra Evangelismo e Cattolicesimo. Lutero aveva difficoltà ad accettare il linguaggio biblico di Giacomo, non così Wesley. Kierkegaard era luterano, ma non si deve credere che il luteranesimo sia una ripetizione dei pensieri del padre della Riforma.

MAURO PASTORE

PhyroSphera

Citazione di: iano il 18 Giugno 2025, 00:37:32 AMCredo che la scelta della fede in Dio sia accessoria a una fede ben più potente, che non hai scelto e non sai di avere, ben più difficile da ritrattare. E' quella che produce l'evidenza della realtà, che cerchi di giustificare con Dio o ti limiti a prenderne atto.
Più che a un Dio creatore penso a una fede creatrice, a un ''così è se ci credì'', ma senza aver scelto di crederci, come non abbiamo scelto di essere, perchè noi siamo quella fede.


Questa fede che tu dici è meglio definibile come intuizione.
Certo bisogna dare crediti e affidarsi nella vita, ai sensi finanche... ma soltanto la fede in Dio, filosoficamente nell'Assoluto, raggiunge l'obiettivo di una serenità e sicurezza sufficienti.

MAURO PASTORE

iano

Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 14:15:09 PMQuesta fede che tu dici è meglio definibile come intuizione.
Certo bisogna dare crediti e affidarsi nella vita, ai sensi finanche... ma soltanto la fede in Dio, filosoficamente nell'Assoluto, raggiunge l'obiettivo di una serenità e sicurezza sufficienti.

MAURO PASTORE
No, credo che l'intuizione sia un esempio di ciò che può produrre un processo  nascosto, o che non affiora in toto alla nostra coscienza, al modo della ''fede profonda'' che ho ipotizzato, cioè quella che non puoi ritrattare, perchè non sai di avere. Se poi questa fede nascosta condividiamo è perciò che possiamo dirci uomini, che condividono di conseguenza, almeno a parole, la stessa etica.
Il prodotto di un processo nascosto può creare sorpresa, che può essere financo piacevole, ma non insicurezza.
E' quando questo processo affiora alla coscienza che ci crea insicurezza, perchè quella parte che di te è stata intima, potendola osservare, inizierai a dubitare che sia parte di te; se fa parte della tua essenza, o se devi considerarla col timore misto a curiosità che riserveresti ad un alieno.
Allora si che la fede in un Dio può intervenire a rassicurarti.
Però è una fede meno potente questa, in quanto ritrattabile in ogni momento, magari perchè quella sicurezza nel frattempo credi di averla ritrovata ponendo fede in altro.
Credo che la capacità di credere sia un essenza dell'uomo, mentre ciò in cui crede sia accessorio.

Aprendo gli occhi, ciò che ti appare puoi credere sia la realtà, ma ciò che conta non è che lo sia, ma che, in concordanza con Kierkegaard, se non l'ho inteso male,  tu lo creda.
Ciò non scongiura che potrai in seguito giudicher pura apparenza quell'apparenza, ma non potrai fare a meno di sostituire a quel credo uno nuovo, facendolo in modo più o meno cosciente, per cui potrai più o meno dichiarare la tua fede in dipendenza di ciò, se è vero, come credo, e  ripeto, che la fede sia essenziale all'uomo.

Insomma, conta più la capacità di credere, perchè con essa puoi abbracciare ogni possibile fede,  che non una particolare fede.
E' più la fede che abbracciamo a farci individui, che non la separazione fisica, se è vero che quando condividiamo una fede nascosta, perciò ci chiamiamo con un sol nome, umanità, astraendo la corporalità.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

iano

Le fedi che al contrario abbracciamo coscientemente, condividendole, creano superindividui, che diremo cristiani, mussulmani, indù etc..., creando divisione nell'umanità.
in ogni caso, per quanto problematiche possano risultare queste divisioni, esse rimangono la nostra ricchezza culturale, essenziale non meno di quella biologica, con la quale fanno il paio.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 13:57:44 PM. E' molto importante capire che Kierkegaard non si riferiva alla religiosità convenzionale delle istituzioni ecclesiastiche o dei riti e culti diffusi.
Per kierkegaard lo stadio religioso si identificava con il Cristianesimo ed essere Cristiani significava per lui seguire le orme di Gesù con tutto il corpo , con tutta la mente e con tutta l anima. questo punto bisogna dirlo.

Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 13:57:44 PMNel primo stadio prevarrebbe la disperazione (e la malattia) se non si provvedesse a passare autonomamente al secondo,
ti stai confondendo, nel primo stadio prevarebbe la noia. L'esteta è colui che sceglie di non scegliere, di vivere alla giornata , di vivere le sue passioni, ma senza mai impegnarsi, senza mai avere un progetto, o uno scopo. Ricordi che per Shopenauer la noia è un meccanismo del pendolo? ; desidero ,piacere , noia e noia porta a nuovo desiderio , ecco il pendolo. Dunque la noia è uno stratagemma della voluntas , dunque la noia ha una valenza negativa per Shopenauer mentre per kiergaard no, la noia ha una valenza positiva perchè annoiandomi io capisco di voler qualcosa di più della vita dell attimo, della vita alla giornata e voglio il progetto incarnato nel buon marito padre di famiglia, colui che sceglie di sciegliere. Tale progetto puòessere uno sport , una disciplina, un fare volontariato ecc.
Ma la vita etica nonè ancora una vita totale perchè fatta di normalità, di fedeltà e chiaramente di continuità è una vita fatta anche di rinunce . Non è la vita che abbraccia il senso ultimo, il progetto è la famiglia certo , ma c'è una vita che è ancora più totale , una vita che va ad abbracciare il senso ultimo ed è la vita Religiosa. Ma questa vita contiene un paradosso, per kierkeegard non è l'uomo che sceglie Dio ma è Dio che sceglie l uomo. Pertanto il senso ultimo della vita l'uomo lo troverà abbandonandosi a Dio e sarà Dio che guiderà l uomo a sè. Nei primi due stadi è l'uomo che sceglie di non scegliere (l esteta) e il secondo sceglie di scegliere la morale , si sceglie di essere fedeli alla moglie , si sceglie di essere morali , da Agostino a Kant la morale è una scelta!
la fede ha un altra prospettiva , non è neanche più moralità, non è scelta ma è essere scelti da Dio. la vicenda di Abramo che è metafora dell uomo Religioso parla propio di questo , quando Dio gli dice di uccidere il suo unico figlio Isacco e Abramo alza il pugnale contro di lui vi sembra  un azione morale? la morale implica di scegliere di essere un buon padre e amare tuo figlio ,educandolo amorevolemente,  non di ucciderlo. Ma ecco che Abramo si abbandona a Dio, non capisce il perchè del folle gesto richiesto da Dio. Abramo è andato oltre la morale che cosa ti dice la morale? di amare tuo figlio, Abramo uccide suo figlio.
 Dio lo ferma ma Abramo lo avrebbe fatto. Ecco che cos'è l uomo religioso , è un abbandono a Dio al di là del bene e del male e della morale . Questo episodio estremo Kiergaard lo coglie come esempio supremo di cosa voglia dire avere fede in Dio.  Essere uomo religioso è quindi per kierkaarg assolutamente una prospettiva radicale , totale, assoluta. Vi sembra esagerato? anche i discepoli di Gesù lo dissero e in quel frangenete la questione era acqua di rose in confronto a questa di Abramo.  "maestro le tue parole sono dure " E gesù cosa gli risponde? "volete andarvene anche voi? "
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

baylham

Citazione di: Alberto Knox il 22 Giugno 2025, 21:11:24 PM...
 Ma questa vita contiene un paradosso, per kierkeegard non è l'uomo che sceglie Dio ma è Dio che sceglie l uomo. Pertanto il senso ultimo della vita l'uomo lo troverà abbandonandosi a Dio e sarà Dio che guiderà l uomo a sè. Nei primi due stadi è l'uomo che sceglie di non scegliere (l esteta) e il secondo sceglie di scegliere la morale , si sceglie di essere fedeli alla moglie , si sceglie di essere morali , da Agostino a Kant la morale è una scelta!
la fede ha un altra prospettiva , non è neanche più moralità, non è scelta ma è essere scelti da Dio. la vicenda di Abramo che è metafora dell uomo Religioso parla propio di questo , quando Dio gli dice di uccidere il suo unico figlio Isacco e Abramo alza il pugnale contro di lui vi sembra  un azione morale? la morale implica di scegliere di essere un buon padre e amare tuo figlio ,educandolo amorevolemente,  non di ucciderlo. Ma ecco che Abramo si abbandona a Dio, non capisce il perchè del folle gesto richiesto da Dio. Abramo è andato oltre la morale che cosa ti dice la morale? di amare tuo figlio, Abramo uccide suo figlio.
 Dio lo ferma ma Abramo lo avrebbe fatto. Ecco che cos'è l uomo religioso , è un abbandono a Dio al di là del bene e del male e della morale . Questo episodio estremo Kiergaard lo coglie come esempio supremo di cosa voglia dire avere fede in Dio.  Essere uomo religioso è quindi per kierkaarg assolutamente una prospettiva radicale , totale, assoluta. Vi sembra esagerato? anche i discepoli di Gesù lo dissero e in quel frangenete la questione era acqua di rose in confronto a questa di Abramo.  "maestro le tue parole sono dure " E gesù cosa gli risponde? "volete andarvene anche voi? "
Dubito che per Kierkgaard la fede vada intesa come un abbandono a Dio.

Comunque, secondo me, il personaggio (romanzesco) Abramo non è affatto andato oltre la morale, ha espresso semplicemente una morale, che piace ai religiosi, ma personalmente rifiuto: l'unica scelta dignitosa di fronte alla "prova di Dio" è la disobbedienza.

Questo racconto di Abramo conferma che i religiosi siano particolarmente dediti a diffamare Dio, fatto ad immagine dell'uomo religioso, altro che "rapporto diretto assoluto con l'Assoluto".


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