Non è un post legato alla spiritualità questo, ma semmai alla psicologia. Io noto che in genere nella società (tra gli amici, in famiglia, nei luoghi di lavoro) le persone mostrano benevolenza e affetto verso gli altri spesso solo nella misura in cui nella vita si è fortunati, le cose ti vanno bene, hai un lavoro, sei realizzato, ma nel momento in cui le cose iniziano ad andarti male (perdita di lavoro o difficoltà in esso, lutti, ecc.) e tu hai uno stato d'animo abbattuto, ecco che gli amici e anche i familiari si allontanano, come se non volesse avere a che fare con la sofferenza, volessero evitarla, quindi ti vogliono bene solo se sei felice e realizzato. Tantissime persone hanno perso l'affetto degli amici nel momento in cui la loro vita ha preso una brutta piega, si sono sfasciate le famiglie perché uno dei coniugi ha perso l'impiego oppure subiva problemi sul lavoro, quindi c'è da dedurre che si sta con gli altri solo per stare bene noi. Se i veri amici si vedono solo nel momento della sofferenza e del bisogno, allora il vero amico è merce molto rara, giusto?
A mio parere "gli altri" NON ti amano comunque , quantomeno amici e colleghi , al limite apprezzano qualcosa di te , quel qualcosa che se ne va con i problemi insorti. Chi veramente ama non se ne va mai , soprattutto nel momento del bisogno , non necessariamente essere parenti significa amare. Personalmente sono stato e sono "fortunato" , gli amori della mia vita sono pochi ( pochissimi) e veri. Gia' "testati" in tutte le possibili sfaccettature della vita.
Ritengo molto utile, se non indispensabile, chiarire il significato del verbo amare.
Sono convinto che la questione riguardo all'amicizia sia invece squisitamente spirituale.
Perché l'autentica amicizia, che non è che una forma d'amore, ossia il desiderare nient'altro che il bene dell'altro, ci interroga nella nostra profondità.
Esiste davvero l'amicizia?
Vi è qualcuno che mi sia stato "davvero" amico?
E soprattutto, io stesso sono mai stato amico sincero di qualcuno?
Ma pure a prescindere dalla mia vita, è davvero possibile una autentica amicizia?
O non vi è sempre un tornaconto in colui che troppo superficialmente diciamo "amico"?
Questa è la sfida spirituale.
Perché che l'amicizia esista davvero, e quindi che l'amore sia effettiva realtà, è un atto di fede, non dipende in definitiva che solo da me.
Citazione di: Mariano il 06 Settembre 2021, 15:26:43 PM
Ritengo molto utile, se non indispensabile, chiarire il significato del verbo amare.
Salve Mariano. Il significato attivo (l'amare) o quello passivo (l'essere amati) ??. Saluti.
Citazione di: Mariano il 06 Settembre 2021, 15:26:43 PM
Ritengo molto utile, se non indispensabile, chiarire il significato del verbo amare.
Concordo: amicizia e amore son cose molto diverse. Va definito cosa vuol dire amare. Ho amici a cui voglio molto bene, ma amare ( situazione che mi è capitata molto di rado) è altro dal voler bene.
Concordo pienamente con bobmax:
".............amore, ossia il desiderare nient'altro che il bene dell'altro........." ed aggiungo: agire conseguentemente!
:)
Rispetto alla domanda iniziale, direi che, come dice un vecchio adagio, gli amici (e coloro che ti amano davvero) si vedono nel momento del bisogno. Gli altri sono solo conoscenti. Ed è per questo, altro proverbio popolare, che chi trova un amico trova un tesoro.
A proposito dell'amore disinteressato sono più scettico. Ogni amore/amicizia, anche la più disinteressata risponde ad un bisogno connaturato ad homo sapiens, la ricerca della collaborazione fra simili, al punto che l'amico disinteressato in fondo non fa altro che stipulare un contratto, grazie al quale il disinteresse circolerà in un senso o nell'altro a secondo il bisogno. Una visione realistica, che nulla toglie alla generosità di chi si adopera in modo disinteressato, secondo questa modalità.
In effetti l'amore autentico sembra davvero impossibile.
Un non senso, in quanto questo voler nient'altro che il bene dell'altro, senza alcun ritorno, sarebbe senza un perché.
E non vi può essere niente che non abbia un perché...
Mentre le motivazioni egoistiche danno un senso all'egoismo, che motivazione potrebbe mai avere il puro altruismo?
Tuttavia non sarà che la vera motivazione dell'altruismo sia la medesima dell'egoismo? Un egoismo che giunge al suo compimento?
Un egoismo, che non pago, giunge per soddisfarsi infine a diventare il suo opposto?
Coincidenza degli opposti.
Amo l'altro perché è me stesso.
L'amore incondizionato significa dire SI all'altro, cioè amarlo non perché ha delle qualità normalmente apprezzate quali bontà d'animo, gentilezza, cultura, intelligenza, pazienza, capacità di perdonare (ecc.), ma amarlo soltanto perché è LUI, perché è quella persona lì, unica e irripetibile, e quindi volere il bene dell'altro senza per forza cercare di cambiarlo, anche se umanamente può essere addirittura pessimo. Questo è l'amore incondizionato e così tutti dovrebbero amare, ci dev'essere accettazione dell'altro. Se si ama l'altro soltanto perché riflette noi stessi, non è amore ma NARCISISMO, forse un narcisismo buono, che porta a volere il bene, ma è narcisismo, non amore.
Non si ama l'altro perché riflette noi stessi.
Si ama l'altro perché è noi stessi!
Questa è l'unica possibile ragione dell'autentico amore.
Tu e l'altro siete semplicemente il medesimo.
L'amore unisce, riconduce all'Uno.
Dio ama se stesso.
Per Bobomax e Socrate. Sarà come dite voi ma questo amore assoluto, oltre ad essere difficilmente esperibile, a me fa un pò paura, e non credo di essere un narcisista. L'amore e l'amicizia di chi collabora non lo definirei narcisista. Faccio un esempio. Se sono un contadino e il mio vicino mi chiede l'acqua del pozzo ed io gliela offro gratis, mi aspetto che in futuro io gli possa chiedere quella splendida sega che mi potrebbe servire per tagliare quel vecchio faggio. Non è amore assoluto ma semplicemente condivisione dei beni. E' possibile che da quegli scambi nascano dei discorsi ed io ed il mio vicino scopriamo di avere degli interessi in comune. Nel corso dei lunghi inverni infatti ci piace da matti vedere le vecchie serie televisive, tipo i Jefferson. Finisce che ci invitiamo reciprocamente a cena e ci scambiamo informazioni sugli attori e sui registi. Se tutto va bene, finirà che ci vorremmo un pò di bene e cercheremo di aiutarci reciprocamente, non solo perchè ci conviene, ma anche perchè ci siamo conosciuti e ci siamo apprezzati.
Questo accade. Al massimo, ritengo che si possa essere aperti e cercare di voler bene anche a chi è molto distante dalle nostre abitudini e dalla nostra cultura. Tante volte sui mezzi pubblici effettivamente mi capita di fantasticare su quel ragazzo nero e penso a come si sentirà, se gli parlassi di qualcosa sul bus, magari si sentirebbe "visto", si sentirebbe meno solo e inizierebbe la giornata con uno spirito positivo. Poi non faccio niente, ma credo che questo sia il massimo che possiamo ottenere.
Professare un amore assoluto, come voi fate, ha bisogno di fatti. Mi piacerebbe capire in che modo amate il prossimo in questo modo così assoluto, oltre alle belle parole che scrivete. Se vi va potere amare anche me. Ma mi piacerebbe sapere come pensate di sviluppare questo amore per "me"; non per il prossimo in generale, ma per un "me" fatto di molti difetti, di alito e calzini puzzolenti, di manie assolutamente assurde, di idee ormai radicate e molto diverse dalle vostre, come pensate di amarmi? Se amare è questa dedizione assoluta, aspettatevi anche che vi dica di venire subito nella mia città per offrirmi un pranzo costosissimo e l'acquisto di uno yacht di lusso.
Pensieri a ruota libera, senza intenzione di offendere nessuno, ma tanto per capire come intendete "realizzare" nella vita quotidiana questo vostro desiderio nobile, e lo dico senza ironia ma con il giusto spirito marxista. Bisogna sempre sapere "cosa fare" per concretizzare i pensieri, perchè altrimenti i pensieri sono solo un simulacro.
La questione è se l'amore esiste oppure no.
E se esiste per quale ragione.
Il professare un amore assoluto non c'entra nulla.
È possibile l'autentico amore?
Se si risponde di sì, ed è un atto di fede, allora occorrerebbe aggiungere perché. Ossia cosa implica la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo.
La risposta può essere una sola: l'Uno.
Quindi la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo implica l'Uno. Bene, e pertanto che si fa? Nella vita concreta di tutti i giorni cosa si fa affinchè il nostro comportamento sia adeguato e coerente a questa interpretazione del mondo, che implica l'esistenza dell'amore autentico come atto di fede, che a sua volta presuppone l'Uno?
Citazione di: Jacopus il 07 Settembre 2021, 00:38:44 AM
Quindi la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo implica l'Uno. Bene, e pertanto che si fa? Nella vita concreta di tutti i giorni cosa si fa affinchè il nostro comportamento sia adeguato e coerente a questa interpretazione del mondo, che implica l'esistenza dell'amore autentico come atto di fede, che a sua volta presuppone l'Uno?
Questa è la domanda fondamentale!
Che dovremmo sempre farci in ogni istante di vita, come se fosse l'ultimo istante...
E la risposta non può essere che una sola:
Dobbiamo fare come se fossimo Dio!Cosa farebbe Dio in questa mia situazione?
Cosa deciderebbe di fare sapendo quello che ora so io, sentendo quello che ora sento io, con i limiti che ora ho io, ma essendo tuttavia Dio?
Cosa è davvero giusto fare, qui, ora?
E se così facessimo, chi saremmo noi?
Dio farebbe quello che mia scienza e coscienza sa. Dio-Io. Certamente diverso da Dio-Tu. E la saga continua ...
La pretesa di essere amati incondizionatamente o la presunzione di poter amare incondizionatamente sono solo assurdità astratte.
Ciascuno di noi fa sufficientemente schifo da rendere impossibili cose del genere.
Ma le forme terrene e limitate dell'amicizia e dell'amore non per questo sono niente. Dovrebbero essere niente perché non sono il tutto che una mente infantile si ostina a desiderare?
Ma il problema della tendenza all'estinzione anche di queste forme finite di amore, rimane, è reale.
È il problema della mancanza di una consapevolezza generale che queste forme vanno costruite e difese dalle vicissitudini della vita. Non si sviluppano da se'. A volte manca persino la capacità di tenere ferma la predilezione che si sente nel corso di un incontro fortuito per una certa persona. E così questa scompare e la possibilità di qualcosa di umano e sensato non viene alla luce.
Sembra che su queste cose non si sappia nulla. Ci si muove nella vita come sonnambuli. Rimangono attive inconsciamente una manciata di idee ridicole su famiglia e lavoro. E chi è profondo preferisce delirare su Dio piuttosto che sperimentarsi nell'arte di costruire alleanze.
La tragedia più grande del mondo, e che si consuma ogni giorno, è che purtroppo siamo destinati a far più male alle persone a cui vogliamo più bene, perchè se sono davvero persone che ci amano, e che perciò sono state generose nei nostri confronti e ci hanno lasciato esprimerci per quello che siamo, probabilmente sono venute a contatto con molti dei nostri "spigoli" che evitiamo volentieri di lasciar affrontare ad estranei. Il peggio di noi stessi, come fosse una riserva di vino pregiato, lo lasciamo ai migliori della nostra vita, e magari vorremmo pure che ci ringraziassero.
Quanti sconfitti si vedono in giro...
Per loro l'amore esiste, però non del tutto, solo un po'.
E quel poco non è proprio "vero" amore, perché ci si deve accontentare del grigio.
Così come la libertà.
Certo che siamo liberi!
Però non del tutto, vi sono dei condizionamenti, che diamine...
Allora siamo sì liberi, però solo un po'.
E il bene e il male, boh forse ci sono, ma solo un po'...
Grigiore etico di una vita grigia.
Che non sa affrontare l'orrore di ciò in cui invece crede.
Nichilismo inconsapevole.
Di chi non sa chi è.
Figliol prodighi che non hanno ancora intrapreso la via del ritorno.
Citazione di: InVerno il 07 Settembre 2021, 08:36:22 AM
La tragedia più grande del mondo, e che si consuma ogni giorno, è che purtroppo siamo destinati a far più male alle persone a cui vogliamo più bene, perchè se sono davvero persone che ci amano, e che perciò sono state generose nei nostri confronti e ci hanno lasciato esprimerci per quello che siamo, probabilmente sono venute a contatto con molti dei nostri "spigoli" che evitiamo volentieri di lasciar affrontare ad estranei. Il peggio di noi stessi, come fosse una riserva di vino pregiato, lo lasciamo ai migliori della nostra vita, e magari vorremmo pure che ci ringraziassero.
L'inferno è inevitabile.
Tuttavia è pure necessario.
Ma questa necessità è difficile coglierla quando è persa ogni speranza...
Solo lì, all'inferno, il Bene è certo. Proprio quando lo si ha perduto per sempre.
Alcuni forumisti hanno chiesto se noi pratichiamo nella vita quest'amore incondizionato ed io non credo che amare incondizionatamente sia impossibile, per esempio (ed è un esempio reale) io provo realmente nella mia vita una profonda amicizia per una persona che so essere piena di difetti morali (egoista, opportunista, manipolatore, aggressivo, ecc.), io i suoi gravi difetti li ho percepiti sin da subito e li vedo perfettamente, tuttavia lo accetto per quello che è e non cerco di cambiarlo, voglio il suo bene sinceramente nonostante non sia una brava persona (e lo so), quindi io in questo caso provo realmente amicizia/amore incondizionato (o qualcosa di vicino all'affetto incondizionato).
Citazione di: Kobayashi il 07 Settembre 2021, 08:35:49 AM
La pretesa di essere amati incondizionatamente o la presunzione di poter amare incondizionatamente sono solo assurdità astratte.
Ciascuno di noi fa sufficientemente schifo da rendere impossibili cose del genere.
Ma le forme terrene e limitate dell'amicizia e dell'amore non per questo sono niente. Dovrebbero essere niente perché non sono il tutto che una mente infantile si ostina a desiderare?
Ma il problema della tendenza all'estinzione anche di queste forme finite di amore, rimane, è reale.
È il problema della mancanza di una consapevolezza generale che queste forme vanno costruite e difese dalle vicissitudini della vita. Non si sviluppano da se'. A volte manca persino la capacità di tenere ferma la predilezione che si sente nel corso di un incontro fortuito per una certa persona. E così questa scompare e la possibilità di qualcosa di umano e sensato non viene alla luce.
Sembra che su queste cose non si sappia nulla. Ci si muove nella vita come sonnambuli. Rimangono attive inconsciamente una manciata di idee ridicole su famiglia e lavoro. E chi è profondo preferisce delirare su Dio piuttosto che sperimentarsi nell'arte di costruire alleanze.
Perfetto, koba. Rimane la pena di leggere gli interrogativi di chi si chiede cosa farebbe Dio (perfetto ed onnipontente) se fosse come noi (lacunosi ed ampiamente impotenti).............ovvero domandandosi come sarebbe quella data cosa/persona se fosse diversa da quell'altra cosa/persona.............ovvero ancora, chiedendosi come sarebbe l'acqua calda se diventasse non più calda bensì fredda........................
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Aggiungiamo infine la presenza di qualcun altro che non è in grado di distinguere l'amicizia
(gli amici si scelgono ed eventualmente si confermano per SCELTA DELIBERATA !!) .............. dal
l'amore (sentimento irrazional-spirituale che è (oppure che entra) in noi........in modo COMPLETAMENTE INDIPENDENTE DALLA NOSTRA VOLONTA' (mai si è visto qualcuno che abbia deciso o che siato obbligato ad amare ??).
Vi sono occasioni in cui resto veramente stralunato dalla capacità di deformazione sentimentale di alcuni nostri amici i quali, presi dal vortice del manifestare la loro visione spiritualistica del mondo..............dimenticano completamente i cardini più infantili della logica (la quale dovrebbe venir rispettata anche nel trattare di spiritualità, sentimenti e trascendenze ! Saluti.
Dalle considerazioni sul perché dell'amore, e quindi sull'altro che non è che me stesso, ne è derivato che il nostro fare dovrebbe aspirare ad essere il fare di Dio.
Tuttavia occorre pure considerare che natura e libertà sono incompatibili.
Il libero arbitrio è infatti un'illusione.
E allora il nostro fare?
Non può che già essere il fare di Dio.
E noi?
Semplicemente, come individui separati da tutto il resto non esistiamo.
Citazione di: Kobayashi il 07 Settembre 2021, 08:35:49 AM
La pretesa di essere amati incondizionatamente o la presunzione di poter amare incondizionatamente sono solo assurdità astratte.
Concordo. Quando Hannah Arendt venne accusata dai sionisti di non amare Israele e il popolo ebraico perché aveva indagato troppo sulle collusioni, sotto coazione, tra i dirigenti delle comunità ebraiche e i nazisti, essa rispose che non amava le nazioni e i popoli, ma i suoi amici.
CitazioneCiascuno di noi fa sufficientemente schifo da rendere impossibili cose del genere.
Non la porrei sul piano moralistico dello schifo, ma sull'insostenibile pesantezza del divenire che ci costringe a fare scelte su chi amare prima che il divenire ci porti via, insieme al nostro, insostenibilmente leggero, essere.
CitazioneMa le forme terrene e limitate dell'amicizia e dell'amore non per questo sono niente. Dovrebbero essere niente perché non sono il tutto che una mente infantile si ostina a desiderare?
Questo è il nodo reale della questione, oserei dire euristico: la nostra limitatezza ci permette comunque di sperimentare esperienze che trascendono la leggerezza transeunte del nostro essere, come ha ben risposto Hannah Arendt.
CitazioneMa il problema della tendenza all'estinzione anche di queste forme finite di amore, rimane, è reale.
Realissimo e drammaticamente tendenziale man mano che aumenta la selezione di quel pollo umano da allevamento che Herbert Marcuse chiamò
uomo ad una dimensione e Friedrich Nietzsche,
ultimo uomo. Il quale è programmato dai padroni del mondo (la genesi è antica e ha attraversato molteplici forme. Sempre più virulente a mio parere) esattamente così:
CitazioneÈ il problema della mancanza di una consapevolezza generale che queste forme vanno costruite e difese dalle vicissitudini della vita. Non si sviluppano da se'. A volte manca persino la capacità di tenere ferma la predilezione che si sente nel corso di un incontro fortuito per una certa persona. E così questa scompare e la possibilità di qualcosa di umano e sensato non viene alla luce.
Sembra che su queste cose non si sappia nulla. Ci si muove nella vita come sonnambuli. Rimangono attive inconsciamente una manciata di idee ridicole su famiglia e lavoro.
Idee inconscie sotto imprinting sociale ben cosciente. "Datemi un bambino e vi mostrerò l'uomo"(cit).
CitazioneE chi è profondo preferisce delirare su Dio piuttosto che sperimentarsi nell'arte di costruire alleanze.
F.Nietzsche mette in guardia dalla profondità dei "culi di pietra" e afferma che il saggio pensa all'aria aperta e ama la superficie, come i greci dell'età classica, "superficiali per eccesso di profondità" fino ad affermare, con Eraclito, che i veri signori del mondo sono i bambini, e il gioco è la via maestra della verità.
Tutto il contrario della cupa omologazione segregazionista e infantilizzante dell'attuale stadio di civiltà.
@Socrate78
tendo anche io a non credere nell'amore incondizionato: è qualcosa di molto bello, affascinante e nobile, ma allo stesso tempo molto lontano dalla realtà, impossibile.
forse lo si può trovare nell'Iperuranio, qui sulla Terra non mi è capitato di incontrarlo (al momento).
anche quando aiutiamo infatti, può esserci qualcosa di nascosto sotto al cofano.
porto la mia esperienza.
in passato ho fatto delle apparenti buone azioni verso qualcuno, ma motivate da sentimenti davvero poco nobili:
- alcune volte aiutavo per sentirmi buono, in linea con i principi e con l'educazione che ho ricevuto in famiglia ("ama il prossimo tuo", scordandomi tra l'altro la seconda parte del comandamento)
- alcune volte aiutavo per dimostrarmi superiore, moralmente e spiritualmente, dietro una maschera di falsa umiltà e benevolenza
- alcune volte ho aiutato pensando di accumulare punti per una ricompensa futura, nell'aldilà
- alcune volte aiutavo persone in difficoltà perché stando insieme a chi stava peggio di me, mettevo a tacere quel senso di inadeguatezza e insoddisfazione
- alcune volte, anche se apparentemente in contraddizione con quanto scritto sopra, aiutavo per auto-annullarmi: non mi sentivo degno di questa vita, pertanto spendendola per l'altro risolvevo questa spiacevole sensazione
credo che la cosa più sana e più vicina alla realtà, sia quella dell'aiuto reciproco, dello scambio vicendevole di favori che crea unione, fiducia e connessione.
io aiuto te oggi, tu aiuterai me domani: siamo consapevoli l'un l'altro che è così e ci sta bene così.
siamo alla pari, trasparenti, onesti.
Salve ricercatore : ottima riflessione, la tua. L'amore e l'altruismo perfetti si realizzano solamente attraverso un particolare tipo di egoismo : quello che pensa solo ai propri desideri e, correndo alla realizzazione di questi, riesce inconsapevolmente a soddisfare anche i desideri dell'altro.
Ovvero i casi di egoismo in cui non si sfruttano gli altri.
Un esempio banale è rappresentato dal rapporto tra un sadico ed un masochista : due perfetti egoisti che non fanno altro che soddisfare le esigenze del proprio partner. Saluti.
Perché ti accorgi di quanto gli altri ti amano solo quando le cose nella vita ti vanno male ?
Per Viator. Il tuo esempio è il classico esempio di chi vuol legalizzare il rapporto schiavo-padrone. Tranquillo sei in folta compagnia. In realtà l'egoismo non è un tratto indelebile della struttura genetica umana. Chi racconta una favola del genere fa solo ideologia (piuttosto scadente). Homo sapiens ha sicuramente dei tratti egoistici inevitabili, se si vuole riprodurre la specie ( la prova è il comportamento egoistico delle madri a favore dei figli) tutti gli essere viventi, sono in questo senso egoisti. Ma tra Shakespeare e le prove paleo/archeologiche e antropologiche, direi che homo sapiens finora ha dimostrato di essere molto duttile, dall'egoismo più riprovevole a forme di altruismo disinteressato ed "idiota". Anche tu sei la prova di quanto sto scrivendo, in merito alle tue idee e convinzioni. Saluti.
@viator: più che egoismo però, userei la parola "amor proprio"
il vero egoista infatti è quello che in apparenza sembra prendersi cura di sé, ma che in realtà è sempre irrequieto, sospinto dalla paura di non ottenere abbastanza nella sua vita e di perderci qualcosa (molto simile all'avido).
è sempre insicuro, invidioso, quasi quasi prova antipatia per se stesso.
l'amor proprio invece è la forma sana: realizzandolo e raggiungendolo, si arriva ad abbracciare anche altri esseri umani, fino a renderli parte del proprio mondo.
a volte infatti i nostri confini si estendono oltre la nostra persona fisica: una madre percepisce suo figlio come un prolungamento di sé, la madre si estende avvolgendo sia se stessa che suo figlio.
se il figlio sta male, lei sta male. se il figlio sta bene, lei sta bene.
altra esperienza personale, sempre un po' negativa ma che mi serve a spiegare meglio il concetto.
sono un tipo che ha difficoltà nel contatto fisico con gli altri (a parte la mia compagna): invidio gli amici che si danno pacche sulle spalle, si abbracciano, etc. io provo disagio ed imbarazzo.
perché?
perché non mi sento parte del gruppo, mi sento fuori posto, un alieno.
quando ci si sente parte di un gruppo invece, il contatto fisico non è un problema: quel tuo amico è una parte di te, è un prolungamento di te.
forse solo quando quella persona entra a far parte del nostro mondo, solo quando lo percepiamo come un prolungamento di noi stessi, allora può esserci amicizia vera, dove c'è spazio per il bene di entrambi.
L'amor proprio sembrerebbe davvero un sentimento positivo. Tuttavia se lo approfondiamo, potremmo scoprire che probabilmente occorre rinnovare il nostro slancio di fede nella Verità...
Illuminante, a mio avviso, è ciò che scrive La Rochefocauld sull'argomento:
"L'amor proprio è l'amore di se stessi e di tutte le cose in funzione di sé; rende gli uomini idolatri di se stessi, e li renderebbe tiranni degli altri solo che ne avessero dalla fortuna i mezzi; mai s'acqueta al di fuori di sé né s'arresta nei soggetti estranei, se non come l'ape sui fiori, per succhiare ciò che gli conviene. Nulla di più impetuoso dei suoi desideri, nulla di più nascosto dei suoi propositi, nulla di più astuto dei suoi comportamenti; la sua destrezza non la si può descrivere, le sue trasformazioni oltrepassano quelle delle metamorfosi, e le sue raffinatezze quelle della chimica. Non si può scandagliare la profondità o le tenebre dei suoi abissi. Qui egli si sottrae agli sguardi più acuti, vi fa mille imperscrutabili giri e rigiri; spesso invisibile a se stesso, in quelle profondità concepisce, nutre e fa crescere, senza saperlo, affetti e odi in gran numero; a volte ne genera di così mostruosi che, come li ha dati alla luce non li riconosce più, o non può risolversi ad ammetterli come suoi. Dalla gran notte che lo copre nascono ridicole opinioni ch'egli ha di se stesso; di qui i suoi errori, le sue ignoranze, la sua grossolanità e le sue scempiaggini a proposito di sé; di lì viene ch'egli creda morti i suoi sentimenti quando non sono che addormentati, che s'immagini di non aver più voglia di correre dal momento che si riposa, e pensi d'aver perso tutti quegli appetiti che ha solo saziato. Ma questa fitta oscurità che lo nasconde a se stesso non gli impedisce di vedere perfettamente ciò che è fuori di lui, e in questo è simile ai nostri occhi, che scoprono tutto, e sono ciechi solo per se stessi. Infatti, quando sono in gioco i suoi maggiori interessi e i suoi affari più importanti, dove la violenza delle sue brame richiama tutta la sua attenzione, vede, sente, intende, immagina, sospetta, penetra, indovina ogni cosa; talché si è tentati di credere che ciascuna delle sue passioni abbia una specie di magia che le sia propria. Nulla é più intimo e forte dei suoi attaccamenti, da cui invano poi tenta di staccarsi quando vede i fierissimi mali che lo minacciano. Tuttavia, fa talvolta in brevissimo tempo e senza sforzo ciò che non ha potuto fare con tutte le sue forze nel corso di lunghi anni. Dal che si potrebbe dedurre verosimilmente che è lui stesso ad accendere le sue voglie, e non la bellezza e il pregio delle cose; che è il suo piacere a rilevarle ai suoi occhi, a dipingergliele e ad abbellirgliele; ch'egli corre dietro a se stesso, e non fa che seguire il suo piacere quando segue le cose che egli stima piacevoli. È capace di tutti i contrari: imperioso e obbediente, sincero e simulatore, misericordioso e crudele, timido e audace; di diverse propensioni secondo la diversità dei temperamenti, dai quali ora è rivolto e votato tutto alla gloria, ora alle ricchezze, e ora ai piaceri; muta di intenti secondo il mutare in noi dell'età, della fortuna, delle nostre esperienze; gli è però indifferente attendere a più cose o a una sola, poiché è capace di dividersi tra molte o concentrarsi su una sola, come gli serve e come gli piace. È incostante e, oltre ai cambiamenti prodotti in lui da cose estranee, molti altri nascono da lui, dalla sua essenza; è incostante per incostanza, per leggerezza, per amore, per novità, per stanchezza, per ripugnanza; è capriccioso, e lo si vede a volte lavorare con grandissimo impegno e incredibili fatiche per ottenere cose che non gli sono di alcuna utilità, anzi che gli sono nocive, ma che insegue perché le vuole. È bizzarro, e mette spesso ogni sua cura nei più frivoli uffici; o trova il suo maggior piacere nei più sciocchi, o conserva tutta la sua fierezza nei più spregevoli. Lo si trova in tutti i gradi della vita e in tutte le condizioni, vive dappertutto, vive di tutto e vive di niente; sa adattarsi alle cose e sa farne senza; passa perfino nel partito di quelli che gli sono contro, prende parte ai loro piani di guerra e, cosa mirabile, si mette con loro a odiare se stesso, complotta contro di sé, lavora persino alla propria rovina; insomma, non si preoccupa che di essere, e pur di essere, acconsente anche a essere nemico di se stesso. Non bisogna pertanto stupirsi, se lo si vede talvolta unito alla più dura austerità, e fare arditamente lega con quella per distruggersi, dato che mentre si distrugge qui si riforma là; e quando pare che alla fine abbandoni ciò che gli piace non fa che trattenersi momentaneamente o mutarlo; e quando pure è vinto e noi crediamo d'essercene disfatti, ecco, lo ritroviamo trionfante nella sua stessa sconfitta. Questo dunque è il ritratto dell'amor proprio, di cui l'intera vita non è che una grande e lunga agitazione: il mare ce ne dà un'immagine sensibile, e l'amor proprio trova nel flusso e riflusso delle onde continue, una fedele espressione del succedersi turbolento dei propri pensieri e dei propri moti eterni."
Grazie per la citazione Bobmax. In effetti non si potrebbe dire meglio. Molti studi recenti di neuroscienze sono proprio all'insegna di quanto scrive La Rochefocauld. C'è una certa verve pessimistica di stampo Leopardiano ma viene descritta molto bene la plasticità del comportamento umano e la sua duttilità, un po' locomotiva e un po' bufalo, tanto per citare una canzone di De Gregori. Il loco-bufalo in effetti è l'immagine migliore per rappresentare l'uomo, con una parte che inevitabilmente va su dei binari e l'altra che "scarta di lato". Su quella parte che scarta di lato dobbiamo applicarci per migliorare noi stessi e gli altri, come insegnava la migliore delle tradizioni filosofiche, prima di essere inglobata dalle Accademie.
@bobmax
leggendo la riflessione riportata, mi viene da pensare più allo spirito dell'egoista che a quello dell'amor proprio.
mi sembra che sia l'egoismo quello che porta a costruire un'immagine distorta di noi stessi, ci porta a falsificare la realtà, crea strati illusori per proteggerci dal senso di profonda insicurezza che ci abita: è una compensazione.
l'egoista odia gli altri perché odia se stesso.
senza amor proprio, come posso creare relazioni sane con gli altri?
cercherò disperatamente qualcuno qualcuno a cui sottomettermi (se tendo al masochismo) oppure qualcuno da sottomettere (se tendo al sadismo), non cercherò un rapporto alla pari.
senza amor proprio, come posso aver Fede? come posso mettermi alla ricerca?
Salve jacopus. Mio veloce commento inserito in grassetto qui sotto, tra le tue righe :
Citazione di: Jacopus il 09 Settembre 2021, 17:38:41 PMPer Viator. Il tuo esempio è il classico esempio di chi vuol legalizzare il rapporto schiavo-padrone. Tranquillo sei in folta compagnia. In realtà l'egoismo non è un tratto indelebile della struttura genetica umana (Hai ragione. Infatti - in via appunto biologica e quindi assai più estesamente che umana - il prendersi cura del sè e della propria sopravvivenza (chiamiamolo, se vogliamo, egoismo)..........è sicuramente un tratto CULTURALMENTE DELEBILE ma BIOLOGICAMENTE INDELEBILE. Chi racconta una favola del genere fa solo ideologia (piuttosto scadente). Homo sapiens ha sicuramente dei tratti egoistici inevitabili, se si vuole riprodurre la specie ( la prova è il comportamento egoistico delle madri a favore dei figli) tutti gli essere viventi, sono in questo senso egoisti. Ma tra Shakespeare e le prove paleo/archeologiche e antropologiche, direi che homo sapiens finora ha dimostrato di essere molto duttile, dall'egoismo più riprovevole a forme di altruismo disinteressato ed "idiota". Anche tu sei la prova di quanto sto scrivendo in merito alle tue idee e convinzioni (Calma, calma ! Quello che tu stai scrivendo è la prova unicamente delle TUE (jacoviane) personali convinzioni ed opinioni, e non di quelle di qualcun altro). Saluti.
Convinti saluti.
Sì Jacopus, ma il pessimismo di Leopardi andrebbe secondo me portato fino alle sue estreme conseguenze.
Perché esprime un nichilismo forte, autentico, che non si nasconde la realtà che ha dinnanzi.
Solo così è possibile, forse, superarlo.
Come d'altronde lo stesso poeta è in alcuni momenti riuscito a fare.
@Ricercatore
Ma l'amore non è un rapporto alla pari.
L'amore è resa incondizionata. Tu non ci sei più, c'è solo l'amato.
E neppure è possibile "voler" amare.
Amo o non amo, non dipende da me. Non deriva da un mio atto di volontà.
Il discorso, ama te stesso così potrai amare l'altro, non mi ha mai convinto.
L'amore prescinde da te stesso, da come ti consideri.
Piuttosto, è solo attraverso l'amore per il prossimo che puoi sperare di amare nuovamente te stesso.
Almeno questo è quanto ho avuto occasione di sperimentare.
Quando ami, tu non ci sei più.
E a ben guardare... neppure l'oggetto d'amore è mai davvero identificabile.
Chi, cosa amo?
Non è forse quel nulla, che traspare nell'amato, ciò che suscita questo mio amore?
E quando questo amore ritorna infine su di me, chi sono io se non nulla?
Come può amare il prossimo chi non ha imparato nemmeno ad amare se stesso ?
La Rochefocauld confonde l'amor proprio col narcisismo perché è un moralista. Il moralismo è degenerazione della morale così come il narcisismo è degenerazione dell'amor proprio.
Non si può amare il prossimo se prima non si ama se stessi....................mah, vi confesso che questo precetto non l'ho MAI CAPITO, sarà un mio limite, ma a me sembra un luogo comune falso. Vi sono tantissimi egoisti,prepotenti ed arroganti che in realtà amano e rispettano molto se stessi, agiscono sempre per la loro convenienza, si difendono con le unghie e con i denti se vengono anche minimamente offesi, mentre esistono persone che sono anche sensibili e piene di empatia e compassione, ma quando sono attaccate dagli altri non si difendono, restano passive, sottomesse, quindi deduco che NON hanno rispetto ed amore per se stesse, altrimenti reagirebbero. Di conseguenza le due cose (amore per se stessi e per gli altri) non sono per nulla legate, oppure sbaglio qualcosa nel ragionamento?
L'amore di sé è la parte trascendentale dell'istinto di conservazione. Il primo "altro" che incontriamo nella vita è noi stessi e l'educazione parentale insegna ad avere cura di sé. E' ben più di un luogo comune. E' il focus di una personalità equilibrata ed in sintonia col mondo circostante. Narcisismo ed egoismo, come dicono gli ismi, sono degenerazioni di un ragionevole amor proprio. Il quale rifugge da ogni forma di gregarismo, e quindi di alimentazione dell'autoritarismo che ne è complemento. Così come dalla sindrome sado-masochistica che nell'odio di sé trae nutrimento.
Vorrei chiederti una cosa Ipazia: secondo te le persone ritenute sante e canonizzate dalla Chiesa Cattolica, ad esempio San Francesco (o anche altri ritenuti santi), che si sono sacrificate sino all'estremo per gli altri spogliandosi di tutto e hanno mortificato se stessi praticando gravi penitenze, digiuni, punizioni corporali (cilicio, forme di sofferenze fisica per espiare i peccati, ecc.), erano personalità disturbate affette da masochismo e quindi casi psichiatrici?
Il mondo, così come il singolo, è soggetto ad una evoluzione spirituale.
Una vera e propria meccanica, dove vi è un'unica forza agente: l'Amore.
Essendo la causa di ogni evento, essendo libertà assoluta, quindi incausato, l'Amore non c'è.
Perché ciò che c'è, dipende da una causa.
Di modo che l'Amore sfugge ad ogni pretesa di stabilirne la reale esistenza.
Ciò che perciò chiamiamo superficialmente "amore" è in realtà solo una occasione per credere nella possibilità del Vero amore.
Che l'Amore sia, dipende perciò solo da noi.
Dalla nostra fede.
Che è fede nella Verità.
Tante sono le occasioni per amare, ma non sono occasioni in cui ci ritroviamo l'Amore ben evidente in un piatto d'argento...
Sono occasioni per risvegliare la nostra fede.
Perché non essendo possibile voler amare, e ci mancherebbe essendo la causa prima... ciò che possiamo fare è solo una cosa: aprirci alla Verità.
In questo modo potremo evitare gravi fraintendimenti. Come il confondere i due momenti distinti in cui l'amore per se stessi compare durante l'evoluzione spirituale.
Perché in un primo momento, l'amore per se stessi è l'egoismo da cui l'evoluzione spirituale prende l'avvio.
Questo "amore" immaturo dovrà fare i conti con il male.
E allora si incomincerà ad amare il Bene, esclusivamente perché Bene.
Ma allora il Bene pretenderà di amare l'altro, il prossimo, perché nulla può essere escluso dal sommo Bene.
Infine questo amore, colmo di compassione per l'altro, completerà la sua missione rivolgendosi infine a me stesso.
Amore di sé, in quanto Uno!
Citazione di: Socrate78 il 10 Settembre 2021, 13:55:20 PM
Vorrei chiederti una cosa Ipazia: secondo te le persone ritenute sante e canonizzate dalla Chiesa Cattolica, ad esempio San Francesco (o anche altri ritenuti santi), che si sono sacrificate sino all'estremo per gli altri spogliandosi di tutto e hanno mortificato se stessi praticando gravi penitenze, digiuni, punizioni corporali (cilicio, forme di sofferenze fisica per espiare i peccati, ecc.), erano personalità disturbate affette da masochismo e quindi casi psichiatrici?
Salve Socrate78. Beh, secondo i miscredenti come me........tutto è relativo, quindi anche la psichiatria e la maggiore, minore od assente "sanità di mente".
Spiegaci però come mai il culto dei Santi e dei "miracoli" è presente solamente nel Cristianesimo e manca nelle altre religioni monoteiste !.
Santi e miracoli sono brevetto cristiano.
Predilezione di Dio per un solo - unico - popolo del pianeta, è brevetto giudaico.
Divieto di rappresentazione di Dio è brevetto islamico.
Ai poveri "senza Dio", perbacco...............lasciamo almento il brevetto del dubbio. Ce lo concedi ? Saluti.
Citazione di: Socrate78 il 10 Settembre 2021, 13:55:20 PM
Vorrei chiederti una cosa Ipazia: secondo te le persone ritenute sante e canonizzate dalla Chiesa Cattolica, ad esempio San Francesco (o anche altri ritenuti santi), che si sono sacrificate sino all'estremo per gli altri spogliandosi di tutto e hanno mortificato se stessi praticando gravi penitenze, digiuni, punizioni corporali (cilicio, forme di sofferenze fisica per espiare i peccati, ecc.), erano personalità disturbate affette da masochismo e quindi casi psichiatrici?
Conosco poco quelle storie e la santificazione ha poco a che fare con la verità storica. Dubito in ogni caso che cilicio e autopunizioni abbiano migliorato il menu di qualche affamato. Conosco invece la vicenda di don Bizzotto, cristiano verace, che ad un certo punto ha dovuto cessare di porgere l'altra guancia ai "poveri" che lo taglieggiavano.
Nel mio Veneto dalle radici profondamente cattoliche si dice fin da tempi remoti: "da un disgrasia da Dio staghe ala larga". Non credo sia un retaggio protestante e neppure cinismo, ma la presa d'atto popolare che "chi è causa del suo mal pianga se stesso" e che la via virtuosa sia quella di un sano amor proprio: "aiutati, che Dio t'aiuta".
chi non ha amor proprio, chi odia se stesso, chi si disprezza, chi non si piace ha bisogno di compensare questi sentimenti negativi, in un modo o nell'altro.
può farlo elevandosi ostilmente sopra gli altri, calpestando senza guardare in faccia nessuno, ostentando un'apparente sicurezza e forza di carattere, quando invece è tutto il contrario. la rabbia che si prova verso se stessi, viene sfogata all'esterno in maniera attiva.
può farlo invece sottomettendosi a tutti, mettendosi la maschera del martire, di colui che si sacrifica per il bene degli altri, quando invece lo fa non per scelta ma perché si è convinto di non valere nulla. la rabbia che si prova verso se stessi, viene sfogata all'interno in maniera passiva.
chi ha questo dentro di sé, come può amare veramente qualcuno?
se non si parte da se stessi, dall'analizzare ciò che si ha dentro, dal riconoscere e lavorare sulle proprie ferite emotive, chi ci dice che quell'amore "romantico" che si prova così intensamente per qualcuno non sia un bisogno infantile?
(questo è stato quello che, fino a questo momento, ho sperimentato nella mia vita)
Citazione di: Socrate78 il 10 Settembre 2021, 13:55:20 PM
Vorrei chiederti una cosa Ipazia: secondo te le persone ritenute sante e canonizzate dalla Chiesa Cattolica, ad esempio San Francesco (o anche altri ritenuti santi), che si sono sacrificate sino all'estremo per gli altri spogliandosi di tutto e hanno mortificato se stessi praticando gravi penitenze, digiuni, punizioni corporali (cilicio, forme di sofferenze fisica per espiare i peccati, ecc.), erano personalità disturbate affette da masochismo e quindi casi psichiatrici?
mi era piaciuta molto una frase letta su un libro che diceva così:
"Lo psicotico affoga nelle stesse acque in cui il mistico nuota di gioia"
credo che esista un territorio raggiungibile solo da alcuni "eroi" (i cosiddetti santi, illuminati, etc.), piuttosto pericoloso, di cui si può dire molto poco.
L'analisi di sé, la psicoanalisi, il lavorare sulle proprie ferite emotive, possono dare dei risultati.
E così vivere meglio, più serenamente.
Tuttavia, come ben osservava Martin Buber, la "guarigione" implica sovente una perdita.
Una perdita che il pensiero razionale non è in grado di notare. Perché non riguarda la psiche, bensì lo spirito.
Riguarda infatti il male e il bene, che per il pensiero razionale, che analizza la psiche, sono riconducibili a meri fatti.
Fatti che hanno dunque una causa. Una volta compresa razionalmente questa la causa, il pathos, la sofferenza, possono essere ridimensionati, tenuti sotto controllo.
Quindi la psicologia aiuta a vivere meglio. Senza però chiedersi se dietro quella sofferenza non vi sia stata una motivazione metafisica. Non è il suo campo.
E ora non lo è nemmeno più della religione.
Ma l'evoluzione spirituale non è una illusione...
Bobmax. È vero la guarigione psichica implica spesso una perdita che non è in grado di capire chi non è mai stato male psichicamente. In realtà però il pensiero razionale su questa perdita si è interrogato molto. La psicoanalisi in primo luogo e le ricerche neuroscientifiche oggi. Detto molto sinteticamente quel senso di perdita deriva dal trauma. Aver rielaborato il trauma, averlo digerito è positivo ma lascia aperta la ferita del come sarebbe stato senza quella ferita. In altri casi rivivere il trauma è spesso una strategia illusoria per credere di riuscirlo a controllare. Se il trauma viene superato, quella strategia per quanto disfunzionale non potrà più essere usata con la stessa forza e se ne sentirà nostalgia.
Vi è dell'altro, Jacopus, almeno questo è ciò che sperimento.
Guardando ora indietro, a quando la sofferenza era insopportabile e l'unica possibile soluzione pareva fosse di farla finita, non posso che ringraziare per quelle batoste ricevute.
Allora ciò che vivevo era per me solo una estrema ingiustizia.
Ma ora vedo come mi abbia invece strappato dal torpore. Per costringermi a mettermi in viaggio.
Il pensiero razionale si evoluto al punto da escludere lo Spirito. Riducendo tutto alla psiche.
Lo Spirito è il grande rimosso.
Nonostante che tutto nel mondo non ne sia che una manifestazione.
Citazione di: ricercatore il 14 Settembre 2021, 16:22:22 PM
mi era piaciuta molto una frase letta su un libro che diceva così:
"Lo psicotico affoga nelle stesse acque in cui il mistico nuota di gioia"
credo che esista un territorio raggiungibile solo da alcuni "eroi" (i cosiddetti santi, illuminati, etc.), piuttosto pericoloso, di cui si può dire molto poco.
L'antipsichiatria (Laing, Cooper, Jervis,...) si è interessata molto a territori in cui anche gli psicotici possono nuotare con gioia. Territori che non coincidono con quelli delle psicosi omologative di massa che li hanno annichiliti.
Anche il mistico nuota con gioia finche glielo permettono e rischia oggi di diventare un fenomeno da baraccone mediatico.
Citazione di: Jacopus il 06 Settembre 2021, 23:20:50 PM
Per Bobomax e Socrate. Sarà come dite voi ma questo amore assoluto, oltre ad essere difficilmente esperibile, a me fa un pò paura, e non credo di essere un narcisista. L'amore e l'amicizia di chi collabora non lo definirei narcisista. Faccio un esempio. Se sono un contadino e il mio vicino mi chiede l'acqua del pozzo ed io gliela offro gratis, mi aspetto che in futuro io gli possa chiedere quella splendida sega che mi potrebbe servire per tagliare quel vecchio faggio. Non è amore assoluto ma semplicemente condivisione dei beni. E' possibile che da quegli scambi nascano dei discorsi ed io ed il mio vicino scopriamo di avere degli interessi in comune. Nel corso dei lunghi inverni infatti ci piace da matti vedere le vecchie serie televisive, tipo i Jefferson. Finisce che ci invitiamo reciprocamente a cena e ci scambiamo informazioni sugli attori e sui registi. Se tutto va bene, finirà che ci vorremmo un pò di bene e cercheremo di aiutarci reciprocamente, non solo perchè ci conviene, ma anche perchè ci siamo conosciuti e ci siamo apprezzati.
Questo accade. Al massimo, ritengo che si possa essere aperti e cercare di voler bene anche a chi è molto distante dalle nostre abitudini e dalla nostra cultura. Tante volte sui mezzi pubblici effettivamente mi capita di fantasticare su quel ragazzo nero e penso a come si sentirà, se gli parlassi di qualcosa sul bus, magari si sentirebbe "visto", si sentirebbe meno solo e inizierebbe la giornata con uno spirito positivo. Poi non faccio niente, ma credo che questo sia il massimo che possiamo ottenere.
Professare un amore assoluto, come voi fate, ha bisogno di fatti. Mi piacerebbe capire in che modo amate il prossimo in questo modo così assoluto, oltre alle belle parole che scrivete. Se vi va potere amare anche me. Ma mi piacerebbe sapere come pensate di sviluppare questo amore per "me"; non per il prossimo in generale, ma per un "me" fatto di molti difetti, di alito e calzini puzzolenti, di manie assolutamente assurde, di idee ormai radicate e molto diverse dalle vostre, come pensate di amarmi? Se amare è questa dedizione assoluta, aspettatevi anche che vi dica di venire subito nella mia città per offrirmi un pranzo costosissimo e l'acquisto di uno yacht di lusso.
Pensieri a ruota libera, senza intenzione di offendere nessuno, ma tanto per capire come intendete "realizzare" nella vita quotidiana questo vostro desiderio nobile, e lo dico senza ironia ma con il giusto spirito marxista. Bisogna sempre sapere "cosa fare" per concretizzare i pensieri, perchè altrimenti i pensieri sono solo un simulacro.
Condivisione di beni, ma anche scambio di capacità.
Io cerco negli altri le mancanze che potrei colmare, aspettandomi di essere ricambiato con pari moneta.
Non sempre succede, e volte a distanza di molto tempo, quando più non speri.
Nella mia famiglia circolano due proverbi distinti:
1.Fai bene che male te ne viene.
2. Fai bene e dimenticatene.
Ma un risultato sicuro, quando riesci a fare il bene degli altri, è acquisire fiducia nelle tue capacità .
Perché in effetti si tratta di un arte per niente facile.
Citazione di: bobmax il 07 Settembre 2021, 00:06:52 AM
La questione è se l'amore esiste oppure no.
E se esiste per quale ragione.
Il professare un amore assoluto non c'entra nulla.
È possibile l'autentico amore?
Se si risponde di sì, ed è un atto di fede, allora occorrerebbe aggiungere perché. Ossia cosa implica la realtà dell'amore nella nostra interpretazione del mondo.
La risposta può essere una sola: l'Uno.
Si è no.
Il punto di partenza è l'atto di fede in te stesso. Che tu sia tu .
Ma l'amore mette in dubbio questa fede.
Come si spiega questo amore se tu sei tu e lei/lui è l'altro da te?
Col fatto che l'atto di fede di partenza che hai fatto conduce a contraddizione.
Poi ricomponi la contraddizione affermando che tu e l'altro siete uno., rimbalzando da un credo estremo all'altro.
Ma una via di mezzo no? ;)
Come ad esempio che tu non sei ciò che credi, e che ti ridefinisci in continuo vivendo e mutando, come quando l'amore ti trasforma ... e non sei più tu.
E quando succede è come uscire da una gabbia fatta di fede e di tante definizioni, necessarie ma provvisorie.
Citazione di: bobmax il 14 Settembre 2021, 18:06:16 PM
L'analisi di sé, la psicoanalisi, il lavorare sulle proprie ferite emotive, possono dare dei risultati.
E così vivere meglio, più serenamente.
Tuttavia, come ben osservava Martin Buber, la "guarigione" implica sovente una perdita.
Una perdita che il pensiero razionale non è in grado di notare. Perché non riguarda la psiche, bensì lo spirito.
Riguarda infatti il male e il bene, che per il pensiero razionale, che analizza la psiche, sono riconducibili a meri fatti.
Fatti che hanno dunque una causa. Una volta compresa razionalmente questa la causa, il pathos, la sofferenza, possono essere ridimensionati, tenuti sotto controllo.
Quindi la psicologia aiuta a vivere meglio. Senza però chiedersi se dietro quella sofferenza non vi sia stata una motivazione metafisica. Non è il suo campo.
E ora non lo è nemmeno più della religione.
Ma l'evoluzione spirituale non è una illusione...
credo anche io che ci sia una "eccedenza" in ogni essere umano, ma sto ancora tentando di capire come stiano le cose in realtà: se psiche e spirito siano o meno la stessa cosa, dato che tutto il nostro pensiero ha origine nel nostro cervello.
concordo con te sul fatto che la psicanalisi arrivi fino ad un certo punto.
quel desiderio di "infinito" (non so come descriverlo) non può essere tappato con qualcosa di "finito".
@Ricercatore
Sono convinto che sia un grave, seppur diffuso fraintendimento far coincidere la psiche con lo spirito.
Siamo ormai pressoché certi di essere la nostra stessa mente.
Senza renderci conto che la mente... mente!
E mente proprio con il suo farci credere di essere noi stessi!
Mentre noi soltanto abbiamo una mente, ma non la siamo.
Una prova?
È sufficiente rifiutare di pensare ciò che si sta pensando, disinteressandosene.
La mente si acquieta. Ha perso, seppur momentaneamente, la presa su di noi.
Che non ci siamo più, in quanto "io".
Eppure siamo...
Poi però presto la mente si riprende e torniamo a esserci...
È sufficiente disinteressarsi da ogni pensiero.
Provare invece a fermarlo, il pensiero, con un'azione di forza, lo sconsiglio vivamente.
Se vi si riesce, lì è l'autentico orrore.
Ciao Bobmax.
Ciò che riporti è tanto astruso quanto indubbiamente sincero.
È quello che hai sentito dire ascoltandoti, come se ci si potesse sdoppiare.
Ma è la coscienza stessa , che convive sempre col suo contrario, il motivo di questo essere doppio, come doppio si dice di colui che mente.
Doppio è colui che recita una parte essendo altro da ciò che fa' apparire, ma lui stesso alla lunga diventa vittima dell'inganno e non distingue più il personaggio dall'attore.
Credo che tu abbia ragione dunque, l'io è un personaggio che recitiamo, e questo spiega la possibilità dell'autocoscienza.
Possiamo uscire ed entrare dal personaggio, ma usando cautela come tu suggerisci saggiamente, in quanto nel farlo attraversiamo confini incerti.
Quindi come vedi siamo già due essendo uno, senza attendere di diventare uno.
O siamo uno che si finge tanti, ma se di recita si tratta questa avrà pure un suo motivo.
Quando diciamo di amarci è già una moltitudine che amiamo.
Esercitare l'amor proprio è quindi un buon allenamento che ci predispone già ad amare gli altri, nella misura in cui gli altri sono parti che siamo in grado di recitare.
Il teatro è appunto una rappresentazione in cui siamo in grado di immedesimarci in diverse parti, divenendo partecipi, appunto.
L'amore certamente trascende l'uno riassegnando in continuazione le parti.
Per esserci, perché ci sia il mondo, perché ci sia io, la scissione è necessaria.
Così come il mondo appare attraverso la scissione (Big Bang) che non è che un atto d'amore che continuamente si rinnova, così io ci sono, appaio, tramite uno sdoppiamento.
Il pensiero infatti non è un flusso a senso unico, ma un dialogo.
Per pensare devo sdoppiarmi. Solo così può svilupparsi il pensiero, che è un dialogo tra me e me.
Un dialogo che ha come presupposto l'io.
Presupposto necessario per la stessa unità del pensiero.
L'io è quindi sia uno sia bino.
Se tuttavia non vi è pensiero, non vi è neppure un io.
L'io è generato necessariamente dal corpo che ne ha bisogno per agire nel mondo.
Ma in se stesso non esiste, non vi è alcun io.
L'autentico amore di sé, perciò, può essere la conclusione del percorso, non il suo avvio.
Perché se si inizia amandosi, si ama un totem!
Ed è proprio questo amore fasullo a dover essere superato.
Viceversa, si può sperabilmente giungere infine ad amarsi attraverso l'amore per l'altro, quando ciò che si ama è l'Uno.
L'Uno ama se stesso.
Bernardo di Chiaravalle illustra mirabilmente, con i termini della sua epoca, l'evoluzione dell'amore.
Dove si inizia amando se stessi per poi rigettare questo stesso amore perché falso.
Citazione di: bobmax il 15 Settembre 2021, 14:06:51 PM
@Ricercatore
Sono convinto che sia un grave, seppur diffuso fraintendimento far coincidere la psiche con lo spirito.
Siamo ormai pressoché certi di essere la nostra stessa mente.
Senza renderci conto che la mente... mente!
E mente proprio con il suo farci credere di essere noi stessi!
Mentre noi soltanto abbiamo una mente, ma non la siamo.
Una prova?
È sufficiente rifiutare di pensare ciò che si sta pensando, disinteressandosene.
La mente si acquieta. Ha perso, seppur momentaneamente, la presa su di noi.
Che non ci siamo più, in quanto "io".
Eppure siamo...
Poi però presto la mente si riprende e torniamo a esserci...
È sufficiente disinteressarsi da ogni pensiero.
Provare invece a fermarlo, il pensiero, con un'azione di forza, lo sconsiglio vivamente.
Se vi si riesce, lì è l'autentico orrore.
il fatto è che anche gli stessi ragionamenti sul concetto di psiche e di spirito, provengono dalla nostra mente.
perciò è impossibile avere un'osservazione obiettiva: non possiamo astrarci dalla realtà, essendo noi parte di essa.
Citazione di: iano il 16 Settembre 2021, 01:12:19 AM
Esercitare l'amor proprio è quindi un buon allenamento che ci predispone già ad amare gli altri, nella misura in cui gli altri sono parti che siamo in grado di recitare.
Il teatro è appunto una rappresentazione in cui siamo in grado di immedesimarci in diverse parti, divenendo partecipi, appunto.
L'amore certamente trascende l'uno riassegnando in continuazione le parti.
trovo questo tuo pensiero molto interessante.
in qualche modo descrive quello che ho vissuto/sto vivendo in questi ultimi tempi.
Citazione di: Socrate78 il 06 Settembre 2021, 12:59:15 PM
Non è un post legato alla spiritualità questo, ma semmai alla psicologia. Io noto che in genere nella società (tra gli amici, in famiglia, nei luoghi di lavoro) le persone mostrano benevolenza e affetto verso gli altri spesso solo nella misura in cui nella vita si è fortunati, le cose ti vanno bene, hai un lavoro, sei realizzato, ma nel momento in cui le cose iniziano ad andarti male (perdita di lavoro o difficoltà in esso, lutti, ecc.) e tu hai uno stato d'animo abbattuto, ecco che gli amici e anche i familiari si allontanano, come se non volesse avere a che fare con la sofferenza, volessero evitarla, quindi ti vogliono bene solo se sei felice e realizzato. Tantissime persone hanno perso l'affetto degli amici nel momento in cui la loro vita ha preso una brutta piega, si sono sfasciate le famiglie perché uno dei coniugi ha perso l'impiego oppure subiva problemi sul lavoro, quindi c'è da dedurre che si sta con gli altri solo per stare bene noi. Se i veri amici si vedono solo nel momento della sofferenza e del bisogno, allora il vero amico è merce molto rara, giusto?
Più che altro io rilevo che gli altri ti amano/cercano quando dai. Progettualità, ascolto, ilarità, beni materiali, simpatia, tenerezza, etc.
Poi, che il dare nasca più facilmente (ma non sempre e non necessariamente) quando le cose nella vita ti vanno bene è senza dubbio vero. Quando viceversa le cose cominciano ad andare male tutto diventa più difficile. Magari, all'inizio, qualcuno ti dà anche una mano, ma se non "ti rimetti presto in carreggiata"..........
Poi ci sono anche (ma non credo rientrino nel ragionamento che hai proposto) quelli che, agendo prevalentemente e magari inconsciamente, per sfruttare gli altri, non appena "la preda" non presenta più interesse cioè vantaggi, si dileguano.
Citazione di: ricercatore il 16 Settembre 2021, 10:51:21 AM
il fatto è che anche gli stessi ragionamenti sul concetto di psiche e di spirito, provengono dalla nostra mente.
perciò è impossibile avere un'osservazione obiettiva: non possiamo astrarci dalla realtà, essendo noi parte di essa.
Certamente l'analisi non può essere obiettiva.
Non si può uscire dal sistema, essendone parte.
Ma qui l'analisi non ha come obiettivo la dimostrazione dell'esistenza di qualcosa.
Ma viceversa il contrario, ovvero la messa in discussione di qualcosa.
Ossia mettere in dubbio i presupposti.
Senza la pretesa di stabilire la Verità. Perché in tal caso, se avesse successo, potremmo ancora esserci?
È l'esperienza del limite che deve essere affrontata.
Senza dover dare una risposta, ma mettendo in discussione l'ovvio.
In caso contrario, si confonde ciò che è un puro concetto con la realtà.
Ci si immagina di essere la mente, per esempio. Oppure che il punto esista veramente, così come l'infinito o il finito.
Finendo magari di convincersi, come avviene in un altra discussione, che il nostro universo si espande nel vuoto...
Perché se no...
La razionalità quando diventa Dio è una trappola, tanto rassicurante quanto fuorviante.