Vorrei parlarvi di un caso di cronaca recente che mi ha molto colpito: la storia di una giovane mamma coraggiosa, Chiara, che ha scelto di non curare il tumore (diagnosticato al quinto mese di gravidanza) per non uccidere il suo bambino. https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/rinuncia-cure-nasce-bimbo-sano-muore-di-cancroIl piccolo è nato ma Chiara purtroppo ha perso la vita.
Sui social, i commenti si sono scatenati sia per lodare sia per criticare - anche in modo crudele - la scelta di questa giovane donna, che alcuni considerano una 'madre coraggio', altri un'incosciente irresponsabile.
Non è certo l'unica mamma ad aver preso una decisione del genere in gravidanza, però lei è una delle più sfortunate.
Secondo voi, si può davvero condannare una scelta del genere?
Da un diverso punto di vista, mi vorrei collegare alla discussione
Il fine giustifica i mezziper approfondire un discorso iniziato là con Freedom.
Filosoficamente, lo scopo in questo caso era ottimo, cioè salvaguardare il feto; ma le conseguenze suscitano molti interrogativi.
Onestamente penso che sia uno di quei casi che interrogano la coscienza personale di ognuno di noi. Il legame tra la madre e il figlio è fortissimo, viscerale, è carne della sua carne si direbbe.
Questa giovane non ha ritenuto la sua vita più importante di quella del nascituro e penso che abbia riflettuto profondamente sul fatto che aveva il cancro (che se ti colpisce in giovane età è molto più aggressivo...) e che la sua vita era già compromessa, mentre poteva salvare quella del piccolo.
Secondo me ha fatto bene. Non la condanno per niente. Anzi...mi tolgo il cappello.
Citazione di: everlost il 02 Febbraio 2019, 18:45:09 PM
https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/rinuncia-cure-nasce-bimbo-sano-muore-di-cancro
Vorrei parlarvi di un caso di cronaca recente che mi ha molto colpito: la storia di una giovane mamma coraggiosa, Chiara, che ha scelto di non curare il tumore (diagnosticato al quinto mese di gravidanza) per non uccidere il suo bambino.
Il piccolo è nato ma Chiara purtroppo ha perso la vita.
Sui social, i commenti si sono scatenati sia per lodare sia per criticare - anche in modo crudele - la scelta di questa giovane donna, che alcuni considerano una 'madre coraggio', altri un'incosciente irresponsabile.
Non è certo l'unica mamma ad aver preso una decisione del genere in gravidanza, però lei è una delle più sfortunate.
Secondo voi, si può davvero condannare una scelta del genere?
Da un diverso punto di vista, mi vorrei collegare alla discussione Il fine giustifica i mezzi
per approfondire un discorso iniziato là con Freedom.
Filosoficamente, lo scopo in questo caso era ottimo, cioè salvaguardare il feto; ma le conseguenze suscitano molti interrogativi.
Salvare altri sacrificando sè stessi è, fuor di dubbio, la qualità più nobile dell'uomo. Poi è chiaro che siamo di fronte ad un evento complesso, straziante che non consente scelte facili nè vincenti. E' e rimane un dramma terribile da qualunque punto di vista lo si osservi. Collegandomi al link postato da Everlost la mia opinione, da un punto di vista spirituale, della questione se il fine giustifica i mezzi o meno; la risposta è dura ma facile. Mai! Avevo già dato la stessa risposta da un punto di vista filosofico ma, in quella prospettiva, avevo espresso parecchi distinguo. Distinguo che, forse, qualcuno potrà chiamare capriole e salti mortali dialettici. Non lo so, non ho grandi verità in tasca.Ma nella sezione spiritualità mi è molto più facile esprimere una opinione che se non è assoluta poco ci manca. Mai! Senza eccezioni. Anche se è in gioco la propria vita o quella dei propri cari. Come molti sanno sono cristiano. Ed essere cristiani, senza eroici e inutili fanatismi, ma pragmaticamente e sommessamente, significa seguire le orme di Cristo. Quel cammino finisce sulla croce: non c'è niente da fare. Funziona così. Poi, che non ne sia capace, è tutta un' altra Cosa. Ma quello è un altro discorso.
Penso che questi casi così delicati e personali riguardino strettamente la vita della persona che decide, ogni persona potrà approvare o meno, ma la decisione di questa giovane mamma è davvero troppo intima e "insindacabile" per poterla criticare o dare dei giudizi.
Ovviamente questa scelta scaturisce anche dalla grande fede di Chiara, lei ha letteralmente dato la vita per suo figlio, forse tutte le mamme hanno questa indole e questo coraggio, le madri ( in linea generale) si "sacrificano" per i propri figli, probabilmente anche in natura è così, la vita cerca in tutti i modi di perpetuare se stessa.
Non riesco a dare un giudizio, anzi, ritengo sia impossibile poter dare un giudizio. C'è di mezzo anche la fede che potrebbe in qualche modo influenzarlo, il giudizio. Perché per quanto nobile e incommensurabile possa ritenersi il gesto c'è quell'autenticità che mi chiedo non sia in qualche modo stata condizionata da Dio o chi per esso. Ma ovviamente parliamo di una persona che ha rinunciato alla sua vita, quindi ogni altro discorso perde di senso. Isfrael scrive che forse tutte le mamme si sacrificano per i propri figli. Forse. Ma anche in questo caso il giudizio non dovrebbe essere di competenza di chi sceglie. Chi ha una vita o un inizio di vita o un inizio e basta dentro di se è l'unica persona che può e deve scegliere. Nelle mille sfumature di bene e del male che ci sono.
La divina Provvidenza non è stata certo benigna con questa donna che non solo avrebbe accettato di accudire bambini handicappati fin dalla nascita, ma non le ha dato neppure la grazia di godersi il terzo figlio sano. Ma la cosa importante è che sia stata lei a decidere della sua vita e della sua morte. Decisione che purtroppo a troppi è ancora negata a causa di chi in questa occasione la esalta.
Pensavo che la figura del marito è rimasta in ombra, chissà poi se era d'accordo con la decisione della moglie. Ora si ritrova vedovo e con un orfanello da allevare, grande dono ma anche grandissima responsabilità.
Comunque un tempo le gestanti non potevano assolutamente scegliere in maniera autonoma: quando era in pericolo la vita del bambino decideva sempre il marito per loro. E molte volte nei parti difficili le madri venivano sacrificate, in nome della nuova vita.
Almeno da questo punto di vista oggi la società è molto più civile con le donne e ce ne dobbiamo rallegrare.
Citazione di: Iamthedoctor il 02 Febbraio 2019, 19:59:25 PMNon riesco a dare un giudizio, anzi, ritengo sia impossibile poter dare un giudizio. C'è di mezzo anche la fede che potrebbe in qualche modo influenzarlo, il giudizio. Perché per quanto nobile e incommensurabile possa ritenersi il gesto c'è quell'autenticità che mi chiedo non sia in qualche modo stata condizionata da Dio o chi per esso. Ma ovviamente parliamo di una persona che ha rinunciato alla sua vita, quindi ogni altro discorso perde di senso. Isfrael scrive che forse tutte le mamme si sacrificano per i propri figli. Forse. Ma anche in questo caso il giudizio non dovrebbe essere di competenza di chi sceglie. Chi ha una vita o un inizio di vita o un inizio e basta dentro di se è l'unica persona che può e deve scegliere. Nelle mille sfumature di bene e del male che ci sono.
Sono convinta che in simili decisioni la fede sia fondamentale e probabilmente questa mamma doveva essere molto religiosa. Io non lo sono, eppure non so cos'avrei fatto al suo posto, seriamente. E' un problema che mi turba molto.Non sono d'accordo che il nascituro sia tutto della madre e basta, penso che anche il padre abbia diritto di dire la sua, ad esempio, sull'aborto o sulle terapie da intraprendere durante la gravidanza e mi sembra ingiusto non ascoltarlo, perché un figlio si fa in due...Non però che abbia diritto di vita o di morte come in passato, eh.Quello era mostruoso.
Citazione di: everlost il 03 Febbraio 2019, 00:43:40 AM
Pensavo che la figura del marito è rimasta in ombra, chissà poi se era d'accordo con la decisione della moglie. Ora si ritrova vedovo e con un orfanello da allevare, grande dono ma anche grandissima responsabilità.
Grazie per la prova di correttezza e sensibilità che dai.
Sia in caso di divorzio (affidamento dei figli) che di aborto il padre ha sempre un potere decisionale assolutamente minoritario. Per non dire nullo. E' certamente vero e anche giusto che la madre sia figura nettamente predominante per una serie di fattori naturali ma, molto spesso, la sensazione è che il padre sia un pò figura passiva. In questa materia deve, giocoforza, accettare le decisioni materne.
cit. Everlost:
Pensavo che la figura del marito è rimasta in ombra, chissà poi se era d'accordo con la decisione della moglie. Ora si ritrova vedovo e con un orfanello da allevare, grande dono ma anche grandissima responsabilità.
Allora dedico a questo uomo lasciato solo e con un orfanello da allevare ( che è un grande dono e nulla sarà mai più lo stesso...) questa canzone:
https://www.youtube.com/watch?v=cc3QzSUOwuI
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-fine-giustifica-i-mezzi/msg29784/#msg29784
Il mezzo di quella madre malata di cancro è cattivo(non curarsi per salvare la figlia....), ma sarebbe stato indubbiamente peggio se anteponeva egoisticamente la sua vita a quella della figlia di per sé indifesa e debole, che non poteva ovviamente scegliere se venire al mondo o meno. Mi sembra quindi oltremodo difficile sostenere che la scelta migliore sarebbe stata quella di curarsi sacrificando la figlia. Non solo, essendo io credente (a differenza di molti qui dentro...) credo che alla fine la morte fisica sia un passaggio verso un'altra vita che può essere migliore o peggiore in rapporto alle azioni messe in atto qui ed ora, quindi ritengo che Dio abbia apprezzato il sacrificio estremo di quella madre e l'abbia ricompensata nell'al di là. La morte fisica non è a mio avviso il peggiore dei mali essendo un passaggio verso un'altra dimensione, il peggiore dei mali è la morte spirituale, l'incapacità di rispettare il prossimo e di amare, la cattiveria e la conseguente solitudine esistenziale che ne consegue.
Mi auguro solo che non biasimi chi non la pensa come te, giudicandolo incapace di amare, morto spiritualmente e cattivo...non dimenticare che il giudizio e l'eventuale la condanna spettano unicamente al tuo Dio.
Tu sei fortunato perché con la tua fede riesci a dare un senso compiuto all'esistenza, ma non disprezzare chi non ci riesce.
Inoltre, hai mai pensato che l'immortalità dell'anima potrebbe anche non esistere, a prescindere dall'esistenza stessa di un Creatore? Crederci è solo materia di fede, cristiana in particolare. Nessuno finora l'ha dimostrata.
Detto questo (perché mi sembrava doveroso) torno al caso che stavamo discutendo.
Il fine di quella mamma era ottimo: salvare il nascituro che non avrebbe potuto sopportare la radio/chemioterapia.
Il mezzo scelto, però, non era propriamente cattivo.
Di sicuro non era contrario alla legge.
In definitiva, fa parte delle libertà individuali se una persona ritiene di voler affrontare la malattia con le sue sole forze, rimanda le cure, sceglie terapie alternative o si affida per fede alla volontà divina, e credo che formalmente nessuna legge sia violata. Altrimenti i medici, che sono tenuti a rispettare la deontologia, avrebbero obbligato quella mamma a curarsi, volente o nolente.
E questo apre un altro dilemma spinoso riguardo a ciò che la medicina può o non può fare.
Però qui stiamo ragionando come se Chiara avesse deciso di suicidarsi, invece non è così, il cancro poteva permetterle di andare avanti ancora un po', se non avesse avuto per sfortuna sua un avanzamento velocissimo...Le bastava portare il feto al sesto mese per far nascere il bambino con buone speranze di sopravvivenza per entrambi: oggi i prematuri si salvano quasi sempre, soprattutto se sono sani.
Le bastava un mese, poi avrebbe potuto curarsi. Purtroppo non c'è riuscita. :'(
Citazione di: everlost il 03 Febbraio 2019, 17:37:10 PM
Però qui stiamo ragionando come se Chiara avesse deciso di suicidarsi, invece non è così, il cancro poteva permetterle di andare avanti ancora un po', se non avesse avuto per sfortuna sua un avanzamento velocissimo...Le bastava portare il feto al sesto mese per far nascere il bambino con buone speranze di sopravvivenza per entrambi: oggi i prematuri si salvano quasi sempre, soprattutto se sono sani.
Le bastava un mese, poi avrebbe potuto curarsi. Purtroppo non c'è riuscita. :'(
Ho letto che i medici le avevano consigliato di far nascere il figlio a sette mesi, in tal modo si poteva intervenire prima asportando chirurgicamente quel male che stava avanzando, ma lei non ha voluto rischiare, aveva paura per la salute del nascituro, probabilmente se si fosse intervenuto in tempo, qualcosa ancora era possibile...certo questo non possiamo darlo per certo, però rappresentava una qualche possibilità di salvezza.
Riguardo il marito, ho letto l' articolo che condividevano gli stessi valori ed avevano quella fede salda ed incrollabile per cui tutto quello che è accaduto, per loro era disegno di Dio, infatti loro hanno perso, prima di questo evento, due bimbi, Chiara sapeva già che sia il primo che il secondo figlio avevano della grosse problematiche ma non se l' è sentita di praticare l' aborto terapeutico.
E' stata avviata anche una pratica per beatificarla.
Ammiro il coraggio di questa mamma davvero, quello che mi chiedo perchè il Signore dovrebbe volere il sacrificio estremo da alcune persone.
Ho avuto una collega che ha seguito lo stesso destino. La conoscevo di vista. Anche lei, rigidamente non credente ha anteposto il parto di una bambina ora diciottenne, alla sua vita, terminata pochi mesi dopo il parto. Credo che nelle donne vi sia un potentissimo istinto per dare la vita e non può essere diversamente. È la domanda del post che dovrebbe farci riflettere. Perché siamo giunti a pensare che la vita del nascituro sia meno importante di quella della gestante (Non è proprio così ma è anche un po' così).
Qualcuno nel web l'avrà pensato, non io e credo nessun altro in questo forum.
L'avranno pensato, forse ma non è detto, quelli che davano alla povera Chiara dell'irresponsabile perché rendeva orfano suo figlio. A quel punto, per loro, tanto valeva che il bimbo morisse...ed è un giudizio sbagliato, frutto di reazioni viscerali.
Nessuno può stabilire in anticipo se una vita abbia o non abbia valore.
Lo stesso problema sorge anche quando s'interrompe una gravidanza perché il feto è malato. Un genitore decide che non debba nascere perché sarà condannato a soffrire, ma siamo sicuri che abbia il diritto di farlo? Eh, non è facile stabilirlo.
Probabilmente alcuni pensano che un feto non sia ancora una persona, e un adulto, con tutte le relazioni sociali e i legami affettivi che ha creato, invece lo sia...
In fondo i bambini prima della nascita stanno in una specie di limbo, sono i 'non nati' e non godono neppure - che io sappia - di un'identità civile. Certo, è proibito abortire dopo il terzo mese di gestazione, ma quali altre tutele hanno?
Onestamente non so cosa preveda la legge dopo il terzo mese.
Citazione di: Jacopus il 03 Febbraio 2019, 22:16:41 PM
Ho avuto una collega che ha seguito lo stesso destino. La conoscevo di vista. Anche lei, rigidamente non credente ha anteposto il parto di una bambina ora diciottenne, alla sua vita, terminata pochi mesi dopo il parto. Credo che nelle donne vi sia un potentissimo istinto per dare la vita e non può essere diversamente. È la domanda del post che dovrebbe farci riflettere. Perché siamo giunti a pensare che la vita del nascituro sia meno importante di quella della gestante (Non è proprio così ma è anche un po' così).
Sta di fatto che a decidere è stata la madre, insieme col padre e non il bambino, che non poteva decidere nulla riguardo ai valori in gioco. La lezione etica di questo evento è la insindacabilità (anche nel caso avesse deciso di curarsi) della decisione della diretta interessata. Magari, come nel caso dell'eutanasia, fosse sempre così.
Citazione di: everlost il 04 Febbraio 2019, 19:12:26 PM
Probabilmente alcuni pensano che un feto non sia ancora una persona, e un adulto, con tutte le relazioni sociali e i legami affettivi che ha creato, invece lo sia...
In fondo i bambini prima della nascita stanno in una specie di limbo, sono i 'non nati' e non godono neppure - che io sappia - di un'identità civile. Certo, è proibito abortire dopo il terzo mese di gestazione, ma quali altre tutele hanno?
Onestamente non so cosa preveda la legge dopo il terzo mese.
Ciao Everlost, meno male che ci sei ancora (nel forum, ovviamente, non solo in vita)!
Sono fra quelli che convintamente pensano che (e pure senza "in fondo"!)
un feto non sia (eventualmente ancora) una persona, e un adulto, con tutte le relazioni sociali e i legami affettivi che ha creato, invece lo sia.E che quasi sicuramente non lo sia nemmeno un bimbo "nell' immediato dintorno del parto".E che il limite dei tre mesi di gravidanza per abortire costituisca l' applicazione del necessario "principio prudenza": nell ' evidente impossibilità di stabilire i limiti biologici dell' umanità (ma il principio etico potrebbe essere esteso all' "autocoscienza eventualmente anche animale; o magari alla semplice coscienza), bisogna correre il rischio di rispettare come umano anche ciò che umano non é (potrebbe non essere per quel che se ne sa), piuttosto che quello di non rispettare come umano ciò che umano è (potrebbe essere per quel che se ne sa).Circa i feti affetti da gravi malattie, io penserei piuttosto che non si dovrebbero generare mai figli (proprio così), anche sanissimi, nell' incertezza circa le loro vite, che potrebbero essere più o meno felici ma anche più o meno infelici: non mi sembra accettabile imporre loro anche solo il rischio dell' infelicità nell' evidente impossibilità (logica!) di averne il consenso.Sarebbe come imporre a qualcuno, senza il suo consenso, di scegliere a caso una carta da un mazzo: se sarà di denari o di coppe avrà un premio miliardario, se di bastoni o di spade sarà torturato a morte (ma la considerazione varrebbe anche nel caso che se fosse il settebello verrebbe torturato a morte mentre se fosse una delle restanti trentanove carte vincerebbe il premio miliardario).Qualcuno si sentirebbe si sostenere che si tratta di un trattamento eticamente giustificabile?Unica "attenuante" che secondo me potrebbe forse giustificare il mettere al mondo dei figli essendo il fatto che comunque in caso di eccessiva infelicità potrebbero mettere fine alla propria esistenza (in casi estremi con l' aiuto di persone care dotate di pietas: essendo per me letteralmente "empi" i negatori dell' eutanasia).MI scuso per essere andato fuori argomento (ma forse nemmeno troppo; una madre nel portare avanti o meno, a suo rischio e pericolo o meno, una gravidanza compie inevitabilmente nei confronti del "nascituro" una prepotenza, sia pure in perfetta buona fede, assolutamente "a fin di bene"; ma delle buone intenzioni...).
Per ora, in assenza di obiezioni (che già mi sarei aspettato numerose e vivaci) sono costretto a concludere che "chi tace acconsente" con la mia scandalosa domanda retorica (a risposta evidentemente negativa):
Qualcuno si sentirebbe di sostenere che si tratta di un trattamento eticamente giustificabile?
Il soggetto sottinteso essendo il mettere al mondo dei figli imponendo loro il rischio dell' infelicità senza poter chiedere il loro consenso.
(Scusate la -reiterata- provocazione)
P.S.: se i moderatori la considerassero troppo fuori tema, la si potrebbe spostare un un' altra apposita discussione.
Citazione di: sgiombo il 05 Febbraio 2019, 16:40:44 PM
Per ora, in assenza di obiezioni (che già mi sarei aspettato numerose e vivaci) sono costretto a concludere che "chi tace acconsente" con la mia scandalosa domanda retorica (a risposta evidentemente negativa):
Qualcuno si sentirebbe di sostenere che si tratta di un trattamento eticamente giustificabile?
Il soggetto sottinteso essendo il mettere al mondo dei figli imponendo loro il rischio dell' infelicità senza poter chiedere il loro consenso.
(Scusate la -reiterata- provocazione)
Sono le cantonate che si prendono quando non si crede nel libero arbitrio :P
Non è che tutto debba ricadere nell'
imperativo etico categorico. C'è anche un margine di libertà in cui anche l'etica, oltre che la scienza, non ha nulla da dire. E' lo spazio della libertà individuale che non danneggia nessuno. Leggendo "Nati due volte" di Giuseppe Pontiggia capisci cosa intendo dire ed è detto molto meglio di come lo possa dire io. Se una coppia di genitori si prende carico del proprio figlio disabile ha tutto il sacrosanto diritto di farlo e non c'è etica o norma che possa mettersi di traverso. La sofferenza del disabile è opinabile e comunque va sempre relazionata al contesto familiare. In molte situazioni manifestano meno disagio esistenziale dei loro fratelli "sani".
Detto questo io non avrei mai partorito un figlio disabile. Nemmeno un figlio abile in questo tipo di società negriera. Ma è una mia libera scelta personale che non intendo in nessun caso far valere come paradigma etico, nè soggiacere a paradigmi altrui.
Un pezzo, forse il più importante, della sacralità del vivere, è laddove ci siamo ricavati spazi di libertà di agire senza dover rendere conto a qualcuno. Che poi è l'essenza della condizione adulta.
Se nessuno però caro Sgiombo mettesse al mondo figli l'umanità andrebbe giocoforza ad estinguersi lentamente e non ci sarebbe nemmeno più chi inizierà a combattere per un mondo migliore, con meno ingiustizie: infatti se il destino dell'uomo è l'estinzione a che gioverebbe combattere per il bene?
Citazione di: Ipazia il 05 Febbraio 2019, 22:16:56 PM
Sono le cantonate che si prendono quando non si crede nel libero arbitrio :P
Non è che tutto debba ricadere nell'imperativo etico categorico. C'è anche un margine di libertà in cui anche l'etica, oltre che la scienza, non ha nulla da dire. E' lo spazio della libertà individuale che non danneggia nessuno. Leggendo "Nati due volte" di Giuseppe Pontiggia capisci cosa intendo dire ed è detto molto meglio di come lo possa dire io. Se una coppia di genitori si prende carico del proprio figlio disabile ha tut
to il sacrosanto diritto di farlo e non c'è etica o norma che possa mettersi di traverso. La sofferenza del disabile è opinabile e comunque va sempre relazionata al contesto familiare. In molte situazioni manifestano meno disagio esistenziale dei loro fratelli "sani".
Detto questo io non avrei mai partorito un figlio disabile. Nemmeno un figlio abile in questo tipo di società negriera. Ma è una mia libera scelta personale che non intendo in nessun caso far valere come paradigma etico, nè soggiacere a paradigmi altrui.
Un pezzo, forse il più importante, della sacralità del vivere, è laddove ci siamo ricavati spazi di libertà di agire senza dover rendere conto a qualcuno. Che poi è l'essenza della condizione adulta.
Ti invito a rileggere più attentamente la mia provocazione (possibile che appena mi riesci simpatica, nella fattispecie con i ricordi di gioventù affini ai miei nell' altra discussione, devi subito "rimediare" con pretese attribuzioni di inesistenti cantonate da parte mia? Mi scuso per lo sfogo).
Non parlo di feti affetti da patologie, ma del rischio di essere infelici che corrono
tutti i nati (anche quelli che da feti erano sanissimi) senza che sia possibile chiedere il loro consenso per affibbiarglielo.
Poi il libero arbitrio non c' entra proprio per nulla: che ci sia o non ci sia, (che lo si faccia deterministicamente o casualmente) il decidere di fare un figlio (che potrebbe essere infelice; oppure felice) imponendogli il rischio (e non la certezza!) dell' infelicità senza poter chiedere il suo permesso mi sembra (a meno che mi si dimostri il contrario) profondamente ingiusto (per un' illustrazione mediante esempio di ciò che intendo dire ti invito a rileggere l' esempio della scelta della carta).
Se avessi un figlio che, come L' Edipo di Sofocle affermasse: "
«Non essere mai nati è la cosa migliore e la seconda, una volta venuti al mondo, tornare lì donde si è giunti.», oppure come Leopardi (attraverso il pastore errante dell' Asia) ti dicesse:
Nasce l' uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento.Prova pena e tormentoPer prima cosa; e in sul principio stessoLa madre e il genitoreIl prende a consolar dell' essere nato.Poi che crescendo viene,L' uno e l' altro il sostiene, e via pur sempreCon atti e con paroleStudiasi fargli core,E consolarlo dell'umano stato:Altro ufficio più gratoNon si fa da parenti alla lor prole.Ma perché dare al sole,Perché reggere in vitaChi poi di quella consolar convenga?Ti sentiresti ancora di affermare che Un pezzo, forse il più importante, della sacralità del vivere, è laddove ci siamo ricavati spazi di libertà di agire senza dover rendere conto a qualcuno. Che poi è l'essenza della condizione adulta? (evidenziazione in grassetto mia)
Salve Sgiombo. Purtroppo non posso contraddirti come tu forse attendevi che qualcuno facesse. Il fatto è che finalmente si realizza una completa sintonia tra noi due.
Parlando di diritto, l'individuo ne diventa soggetto ed oggetto solo una volta che sia venuto alla luce, diventando in questo modo cittadino e persona. Spermatozoi, ovuli, embrioni e feti non lo sono.
Che poi l'individuo, prima di vedere la luce, sia un rispettabilissimo essere vivente, questa è questione diversa che concerne la visione del mondo, il sentimento, l'etica, la morale, la fede ma non - ripeto il diritto.
Perciò la legge deve stabilire che - sinchè si veda la luce - si giace sotto la potestà e l'intima responsabilità ETICA del soggetto ospitante il nascituro. Il quale dovrà autonomamente decidere quale destino dare alla vita che ha provveduto ad evocare e che nutre in sè.
Ciò tra l'altro verrebbe ad escludere la possibiltà - da parte del medico il cui ruolo deve rimanere unicamente PROFESSIONALE - di obiettare circa la prestazione PROFESSIONALE che gli viene richiesta e demandata in caso di sceta abortiva da parte della madre.
Il padre non deve avere alcuna voce in capitolo. Nel caso sia anche marito e non condivida la scelta della consorte, potrà solamente fruire del diritto di chiedere ed ottenere il divorzio accompagnato o meno dal disconoscimento del nascituro. Il tutto motivato da "scelta abortiva coniugalmente non condivisa" e con conseguenze legali e patrimoniali a carico della moglie. Saluti.
Citazione di: everlost il 02 Febbraio 2019, 18:45:09 PM
Vorrei parlarvi di un caso di cronaca recente che mi ha molto colpito: la storia di una giovane mamma coraggiosa, Chiara, che ha scelto di non curare il tumore (diagnosticato al quinto mese di gravidanza) per non uccidere il suo bambino. https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/rinuncia-cure-nasce-bimbo-sano-muore-di-cancro
Il piccolo è nato ma Chiara purtroppo ha perso la vita.
Sui social, i commenti si sono scatenati sia per lodare sia per criticare - anche in modo crudele - la scelta di questa giovane donna, che alcuni considerano una 'madre coraggio', altri un'incosciente irresponsabile.
Non è certo l'unica mamma ad aver preso una decisione del genere in gravidanza, però lei è una delle più sfortunate.
Secondo voi, si può davvero condannare una scelta del genere?
Da un diverso punto di vista, mi vorrei collegare alla discussione Il fine giustifica i mezzi
per approfondire un discorso iniziato là con Freedom.
Filosoficamente, lo scopo in questo caso era ottimo, cioè salvaguardare il feto; ma le conseguenze suscitano molti interrogativi.
ma che significa " condannare ", già mettersi nella condizione di ergersi a giudici capaci di condannare o assolvere scelte di una portata tragicamente soggettive e insondabili é qualcosa mi riesce difficile comprendere.
@sgiombo
Mi scuso per la cantonata sul libero arbitrio, ma rimane quella metafisica. Per superare la quale, come per superare la tartaruga partita prima di Achille, è sufficiente constatare che non siamo in presenza di epidemie di suicidi a due cifre. L'istinto di sopravvivenza tira ancora alla grande, malgrado facciamo di tutto per annichilirlo. Dura vita sed vita.
Leopardi ebbe una madre anaffettiva e si consolò coi dolci. Anche lui alla fine trovò qualche motivo per vivere.
.
Oh, così mi piaci (il che non significa pretendere che la cosa ti debba gratificare).
Anch' io sono ottimista e convinto (almeno finora; non faccio alcuno scongiuro solo perché non sono superstizioso) che la mia vita é fortunata e felice.
E ho pure fatto un figlio!
Però vorrei far notare a tutti pacatamente il fatto paradossale (?) che chi nasce rischia l' infelicità (anche se non é il caso nostro e di tanti altri ...per fortuna!); e che un rischio simile non dovrebbe essere subito senza il proprio asenso.
Viator per esempio ha ponderato la questione senza pregiudizi ed é giunto ad una conclusione simile alla mia.
Non per vedere se la maggioranza mi dà ragione o meno (che non sarebbe, come dice giustamente Piero Angela, un criterio di verità), ma mi incuriosisce vedere come si pongono il problema anche altri amici del forum.
Citazione di: Socrate78 il 05 Febbraio 2019, 22:18:31 PM
Se nessuno però caro Sgiombo mettesse al mondo figli l'umanità andrebbe giocoforza ad estinguersi lentamente e non ci sarebbe nemmeno più chi inizierà a combattere per un mondo migliore, con meno ingiustizie: infatti se il destino dell'uomo è l'estinzione a che gioverebbe combattere per il bene?
E' vero.
E fa parte del paradosso...
E d' altra parte se non ci fosse più nessun essere autocosciente, nemmeno ci sarebbe più infelicità, né bisogno di felicità e di giustiia.
Chiedo in particolare a
Sariputra:
Ma l' annullamento dell' esistenza non é anche il massimo del desiderabile per il buddismo?