"Due cose esistono, il bene e ciò che deve diventarlo: la realtà e la pseudorealtà. C'è Allah e c'è l'uomo.
Se un uomo cerca la verità, dev'essere eligibile alla ricezione della verità. Questo egli non lo sa. Di conseguenza, convinto che la verità esiste desume che per ciò stesso egli è in grado di percepirla.
Questo non concorda con l'esperienza, tuttavia si continua a crederlo.
Passato il mio tempo, per esempio, la gente continuerà a servirsi di una parte di quanto è stato attentamente armonizzato come mezzo per entrare in contatto con la verità, usandone come di una sorta di incantesimo e talismano che apra un cancello. Suoneranno ed ascolteranno musica, staranno a contemplare segni scritti, si riuniranno, solo perché hanno visto fare così.
Ma l'arte sta nella giusta combinazione degli elementi che aiutano l'uomo a diventare degno di un rapporto diretto con la vera Verità, non sta in una pallida imitazione di quegli elementi.
Ricordate sempre che la scienza (ilm) che permette di gettare un ponte fra ciò che è esteriore e ciò che è interiore è rara e concessa solo a pochi. Vi saranno inevitabilmente molti che preferiranno convincersi della realtà di un'esperienza minore invece di trovare l'essenziale.
Hadrat Muinudin Chishti
Questo passo interessante offre molti spunti di riflessione. Intanto si parte con un apparente dualismo: c'è una realtà e una pseudo-realtà, c'è Dio e c'è l'uomo. Dio/Allah è reale e l'uomo è pseudo-reale.
Il reale è bene, lo pseudo-reale deve diventare bene.
Poi si passa a delimitare chi può attingere al reale: bisogna esserne degni, eligibili ( la concezione moderna della spiritualità rifiuta questa enunciazione, in nome di una sorta di "socialismo spirituale"...)
L'uomo però non conosce questa necessità di esserne degno e pensa che basti credere che la realtà (Dio/Allah/Brahman,ecc.) esiste per poterla percepire , per essere adeguati a questo.
Anche accorgendosi, nella propria vita, che questo non avviene, che non concorda con tutto ciò di cui facciamo esperienza, si continua lo stesso a crederlo ( fede cieca).
Allora si passa all'uso dei segni ( canti, testi sacri, istituzioni religiose,ecc.) e si pensa che siano delle specie di talismani magici che aprono le porte della realtà. Ci si riunisce nelle chiese, nei templi, nelle moschee e si canta insieme, si leggono testi, si celebrano complessi rituali per evocare la potenza del talismano magico.
Però l'autore sottolinea un passo decisivo: l'arte che permette di entrare in rapporto con la realtà ( e diventare perciò reali...) è una giusta combinazione ( combinazione di elementi, come combinazione di farmaci adeguati a curare una grave malattia) e non una pallida, sfuocata imitazione di strade già percorse da altri. Però quest'arte è concessa solo a pochi ( con buona pace di ogni pensiero di relativizzazione), devi essere un "nobile", un valoroso, un degno guerriero dello spirito ( Guerriero come simbolo di colui che combatte la buona guerra...).
La maggior parte delle persone preferiranno accontentarsi di esperienze minori, convincendosi che queste cose relative siano reali.
Interessante anche il concetto di "essenziale". E' un termine in disuso in una società che fa del relativo e dell'effimero e passeggero la sua bandiera. L'arte spirituale è un'arte di ponte verso l'essenziale. L'essenziale è la meta. L'essenziale è reale; le molteplici esperienze minori sono pseudo-reali , non creano un legame con il reale, ma hanno funzione consolatoria, appagante.
Tutta la spiritualità attuale, da Oriente ad Occidente, tende alla consolazione e all'appagamento, ne fa i propri valori, è pseudo-reale. L'essenziale è Solo....
Citazione di: Sariputra il 19 Novembre 2016, 13:56:32 PM
"Due cose esistono, il bene e ciò che deve diventarlo: la realtà e la pseudorealtà. C'è Allah e c'è l'uomo.
Se un uomo cerca la verità, dev'essere eligibile alla ricezione della verità. Questo egli non lo sa. Di conseguenza, convinto che la verità esiste desume che per ciò stesso egli è in grado di percepirla.
Questo non concorda con l'esperienza, tuttavia si continua a crederlo.
Passato il mio tempo, per esempio, la gente continuerà a servirsi di una parte di quanto è stato attentamente armonizzato come mezzo per entrare in contatto con la verità, usandone come di una sorta di incantesimo e talismano che apra un cancello. Suoneranno ed ascolteranno musica, staranno a contemplare segni scritti, si riuniranno, solo perché hanno visto fare così.
Ma l'arte sta nella giusta combinazione degli elementi che aiutano l'uomo a diventare degno di un rapporto diretto con la vera Verità, non sta in una pallida imitazione di quegli elementi.
Ricordate sempre che la scienza (ilm) che permette di gettare un ponte fra ciò che è esteriore e ciò che è interiore è rara e concessa solo a pochi. Vi saranno inevitabilmente molti che preferiranno convincersi della realtà di un'esperienza minore invece di trovare l'essenziale.
Hadrat Muinudin Chishti
Questo passo interessante offre molti spunti di riflessione. Intanto si parte con un apparente dualismo: c'è una realtà e una pseudo-realtà, c'è Dio e c'è l'uomo. Dio/Allah è reale e l'uomo è pseudo-reale.
Il reale è bene, lo pseudo-reale deve diventare bene.
Poi si passa a delimitare chi può attingere al reale: bisogna esserne degni, eligibili ( la concezione moderna della spiritualità rifiuta questa enunciazione, in nome di una sorta di "socialismo spirituale"...)
L'uomo però non conosce questa necessità di esserne degno e pensa che basti credere che la realtà (Dio/Allah/Brahman,ecc.) esiste per poterla percepire , per essere adeguati a questo.
Anche accorgendosi, nella propria vita, che questo non avviene, che non concorda con tutto ciò di cui facciamo esperienza, si continua lo stesso a crederlo ( fede cieca).
Allora si passa all'uso dei segni ( canti, testi sacri, istituzioni religiose,ecc.) e si pensa che siano delle specie di talismani magici che aprono le porte della realtà. Ci si riunisce nelle chiese, nei templi, nelle moschee e si canta insieme, si leggono testi, si celebrano complessi rituali per evocare la potenza del talismano magico.
Però l'autore sottolinea un passo decisivo: l'arte che permette di entrare in rapporto con la realtà ( e diventare perciò reali...) è una giusta combinazione ( combinazione di elementi, come combinazione di farmaci adeguati a curare una grave malattia) e non una pallida, sfuocata imitazione di strade già percorse da altri. Però quest'arte è concessa solo a pochi ( con buona pace di ogni pensiero di relativizzazione), devi essere un "nobile", un valoroso, un degno guerriero dello spirito ( Guerriero come simbolo di colui che combatte la buona guerra...).
La maggior parte delle persone preferiranno accontentarsi di esperienze minori, convincendosi che queste cose relative siano reali.
Interessante anche il concetto di "essenziale". E' un termine in disuso in una società che fa del relativo e dell'effimero e passeggero la sua bandiera. L'arte spirituale è un'arte di ponte verso l'essenziale. L'essenziale è la meta. L'essenziale è reale; le molteplici esperienze minori sono pseudo-reali , non creano un legame con il reale, ma hanno funzione consolatoria, appagante.
Tutta la spiritualità attuale, da Oriente ad Occidente, tende alla consolazione e all'appagamento, ne fa i propri valori, è pseudo-reale. L'essenziale è Solo....
Che il male possa diventare bene è una cosa impossibile. Al massimo il Signore Dio trasforma le opere malvage in opere buone - vedi crocefissione di nostro Signore - ma guai a chi le compie. Il dualismo dato dalla verità e dalla pseudo verità altro non è che la verità e l'inganno. Chi si accontenta della pseudo verità si rassegna all'inganno!
Nessuno è degno di conoscere la verità tutta intera ma a tutti è dato di conoscere, per grazia che sia accettata, la verità soggettiva che è il fondamento per accedere in parte alla verità oggettiva. Il problema è che la superbia e l'orgoglio non consentono all'uomo di prendere conoscenza della propria verità e questo impedisce anche di scoprire che siamo immagine e somiglianza di Lui. La lotta fra il bene e il male consiste proprio in questo. La prima conseguenza dell'inganno è la convinzione di essere carne con tutto ciò che ci gira attorno.
La verità oggettiva è il Signore Dio in persona, chi conosce la verità soggettiva arriva a quella oggettiva.
L'inganno è satana in persona che convince l'uomo della sua non esistenza e fa sentire il malcapitato un "dio" in terra fino al giorno che non scopre l'inganno stesso. Nel mentre gli fa credere che la pseudo verità sia verità e oltretutto che il suo uomo non è degno di arrivare alla verità tutta intera.
Il successo di satana nell'uomo che confida solo in stesso è basato sulla certezza che l'uomo non potrà mai farcela. Solo chi cercherà la mano del Signore Dio vincerà, ma è scritto che saranno pochi.
Per questo la strada è stretta, anzi strettissima.
Citazione di: Sariputra il 19 Novembre 2016, 13:56:32 PM
"Due cose esistono, il bene e ciò che deve diventarlo: la realtà e la pseudorealtà. C'è Allah e c'è l'uomo.
Se un uomo cerca la verità, dev'essere eligibile alla ricezione della verità. Questo egli non lo sa. Di conseguenza, convinto che la verità esiste desume che per ciò stesso egli è in grado di percepirla.
Questo non concorda con l'esperienza, tuttavia si continua a crederlo.
Passato il mio tempo, per esempio, la gente continuerà a servirsi di una parte di quanto è stato attentamente armonizzato come mezzo per entrare in contatto con la verità, usandone come di una sorta di incantesimo e talismano che apra un cancello. Suoneranno ed ascolteranno musica, staranno a contemplare segni scritti, si riuniranno, solo perché hanno visto fare così.
Ma l'arte sta nella giusta combinazione degli elementi che aiutano l'uomo a diventare degno di un rapporto diretto con la vera Verità, non sta in una pallida imitazione di quegli elementi.
Ricordate sempre che la scienza (ilm) che permette di gettare un ponte fra ciò che è esteriore e ciò che è interiore è rara e concessa solo a pochi. Vi saranno inevitabilmente molti che preferiranno convincersi della realtà di un'esperienza minore invece di trovare l'essenziale.
Hadrat Muinudin Chishti
Questo passo interessante offre molti spunti di riflessione. Intanto si parte con un apparente dualismo: c'è una realtà e una pseudo-realtà, c'è Dio e c'è l'uomo. Dio/Allah è reale e l'uomo è pseudo-reale.
Il reale è bene, lo pseudo-reale deve diventare bene.
Poi si passa a delimitare chi può attingere al reale: bisogna esserne degni, eligibili ( la concezione moderna della spiritualità rifiuta questa enunciazione, in nome di una sorta di "socialismo spirituale"...)
L'uomo però non conosce questa necessità di esserne degno e pensa che basti credere che la realtà (Dio/Allah/Brahman,ecc.) esiste per poterla percepire , per essere adeguati a questo.
Anche accorgendosi, nella propria vita, che questo non avviene, che non concorda con tutto ciò di cui facciamo esperienza, si continua lo stesso a crederlo ( fede cieca).
Allora si passa all'uso dei segni ( canti, testi sacri, istituzioni religiose,ecc.) e si pensa che siano delle specie di talismani magici che aprono le porte della realtà. Ci si riunisce nelle chiese, nei templi, nelle moschee e si canta insieme, si leggono testi, si celebrano complessi rituali per evocare la potenza del talismano magico.
Però l'autore sottolinea un passo decisivo: l'arte che permette di entrare in rapporto con la realtà ( e diventare perciò reali...) è una giusta combinazione ( combinazione di elementi, come combinazione di farmaci adeguati a curare una grave malattia) e non una pallida, sfuocata imitazione di strade già percorse da altri. Però quest'arte è concessa solo a pochi ( con buona pace di ogni pensiero di relativizzazione), devi essere un "nobile", un valoroso, un degno guerriero dello spirito ( Guerriero come simbolo di colui che combatte la buona guerra...).
La maggior parte delle persone preferiranno accontentarsi di esperienze minori, convincendosi che queste cose relative siano reali.
Interessante anche il concetto di "essenziale". E' un termine in disuso in una società che fa del relativo e dell'effimero e passeggero la sua bandiera. L'arte spirituale è un'arte di ponte verso l'essenziale. L'essenziale è la meta. L'essenziale è reale; le molteplici esperienze minori sono pseudo-reali , non creano un legame con il reale, ma hanno funzione consolatoria, appagante.
Tutta la spiritualità attuale, da Oriente ad Occidente, tende alla consolazione e all'appagamento, ne fa i propri valori, è pseudo-reale. L'essenziale è Solo....
Mi piace molto sia la tua citazione che la tua riflessione. A mio avviso qui si parla di limiti umani, discutibilissimi, aleatori, soggettivi. Innanzittuto si ci divide in due categorie, chi crede che la verità essenziale sia raggiungibile da un essere umano, chi crede che non lo sia. L'autore citato evidentemente fa parte della prima, io per esempio della seconda, e si tratta credo di due posizioni inconciliabili. Da questo derivano due visioni opposte, chi crede nella spiritualità "socialista" perchè tutto sommato nessuno può arrivare all'essenziale quindi ogni tentativo è valido ed equipollente nella propria miseria, chi invece crede in una spiritualità elitista, dove i migliori possono arrivare alla meta e per questo essere considerati migliori, nobili. Ipotizzando sia valida la seconda (o addirittura entrambe), il problema direttamente collegato, sia logicamente che nella citazione, è il lascito ai posteri. E' la verità essenziale esternabile, comunicabile, tramite il liguaggio, sia esso dei segni o meno? Qui il mio "pessimismo" sembra incontrare quello dell'autore, entrambi sembriamo convinti che i tentativi di comunicare l'essenziale ai posteri siano pressochè inutili e tendano a sviare l'attenzione più che a concentrarla. La differenza è la reazione, quella dell'autore di quasi stupore o indignazione (da cui deriva l'ammonimento) la mia no, perchè a priori non ho fiducia nel raggiungimento della verità essenziale, quindi mi risulta impossibile credere possa essere comunicata. Onestamente penso di avere dalla mia parte anche la storia, nel senso che non mi risulta che esista un "lascito spirituale" che non abbia subito il logorio del tempo e dell'evoluzione sociale umana, seppur ci siano tanti alfieri dell'interpretazione dei segni, che spinti dall'origine divina\infallibile dei segni stessi, si dilettana a forzare connessioni di rattoppo storico-sociale e che potrebbero anche aver ragione. E' vero che non si ci può aspettare che i segni da soli possano far scattare dei momenti di Eureka! senza che vi sia la minima interpretazione storico sociale, ma d'altro canto per chi crede che la verità essenziale\assoluta abbia come caratteristica l'universalità, dovrebbe aspettarsi caratteristiche simili dai segni lasciati da chi l'ha (o credi di averla) raggiunta. Invece per prendere un esempio a caso, Allah parla arabo ed è praticamente impossibile capire a fondo il Corano senza conoscere l'arabo, la vista della croce non suscita assolutamente nulla in un polinesiano indigeno, e l'infinita lista delle divinità induiste non fa altro che creare mille santuari diversi. Problemi tecnici si dirà. Esistono però (al di fuori della spiritualà) segni che hanno per l'essere umano valore universale, codificati in modo tale da superare le barriere dello spazio e del tempo (per esempio, una formula matematica)..
E l'obiezione naturale è "non esiste una matematica dello spirito! lo spirito è intangibile!" Perchè, la curvatura dello spazio è tangibile invece? che è un altro motivo che mi fa propendere per l'ipotesi che l'uomo non sia capace di afferrare l'essenziale, mai, altrimenti avrebbe fondato un alfabeto atto a comunicarlo. Perchè questo livello di precisione non è stato raggiunto nella creazione dei segni spirituali? Questa domanda sarebbe lecita SE i segni venissero "scelti" e tramandati ai posteri per le loro qualità di intrinseca verità, ma essendo invece scelti e supportati solo e quando hanno un valore consolatorio per i più deboli, ciò che sopravvive è inevitabilmente il consolario e l'aleatorio (e in questo vorrei mettere un preciso distinguo tra la spiritualà di matrice indiana e quella di matrice medio orientale) e sopratutto il soggettivo. Forse proprio per questo non è mai nato un "alfabeto dello spirito", essendo le religioni istituzioni che si basano fondamentalmente sul numero di adesioni, quando il "nobile di spirito" comunica agli altri è costretto a comunicare in funzione dei bisogni degli altri, pena il rimanere inascoltato e la morte prematura del suo credo. Questo, oppure semplicemente non si trattava di un "nobile di spirito" ma di uno che ci assomigliava molto. Un vizio di forma costante, che si applica alla comunicazione tra nobili e deboli (supposto esista questa divisione), un conflitto di interesse tra la verità del nobile e la necessità del debole, che rende impraticabile il perfezionamento di un linguaggio "essenziale". La maggior parte delle persone vede la spiritualità come un "modo per stare meglio, essere in pace con se stessi" , e la libertà di pensiero che è corollario della spiritualità come una corsa sui verdi campi. La libertà di pensiero è invece profonda e costante sofferenza nella scelta tra reale e non reale, la spiritualità un equilibrio funambolico, come disse Jung, non tra il bene e il male, ma tra il senno e la follia. Chi davvero cerca questo nella spiritualità? Perchè questo si, significa mettersi in croce, ma in croce per noi "c'è andato qualcun altro" e noi possiamo poltrire tranquillamente avvantaggiandoci del suo sforzo. Quando questo tipo di morale viene propugnata, quale meraviglia può colpirci nell'idolatria che pervade la spiritualità?
@ inVerno
Condivido molte delle tue riflessioni, salvo ovviamente la concezione di essenziale come inattingibile dall'uomo. Uno dei più grandi problemi che si incontrano sulla strada verso l'essenziale è quello di ritenerlo qualcosa di "meraviglioso", un'esperienza sovrannaturale, un'estasi della mente e dei sensi. Molti ( quasi tutti...) praticano meditazione per far sorgere questi stati dentro di sé; quando poi , a volte e occasionalmente, vi riescono ritengono di aver raggiunto la "verità"...Quando poi questi stati svaniscono, essendo impermanenti, piombano nella delusione, nel rifiuto, nella rabbia verso qualunque forma di spiritualità e...scappano con le suore! ;D Questo è appunto un effetto del fidarsi dell'autorità di qualcuno, dei segni da seguire, da studiare e interpretare. Nessuno però ci insegna, essendo tutti noi sfiduciati nelle possibilità della ricerca, ad investigare , a cercare e soprattutto ad osservare. Al contrario tutti ci dicono che è addirittura inutile iniziare qualunque cammino, che non è cosa per noi e...ci mettono in mano un libro dicendoci: "Leggi attentamente.Troverai la risposta alle tue domande". Altri invece diranno:"Solo la scienza può dare delle risposte: Aspetta un...duemila anni e sapremo senz'altro cos'è la verità"...e ci mettono, pure loro, in mano un altro libro pieno di formule. Ma il poveraccio si legge tutti i libri di scienza e tutti i libri che parlano di spiritualità e non trova la "verità"...Perbacco si dice tra sé e sè, vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che non c'è alcuna "verità". Le formule matematiche che ho studiato e le preghiere che ho imparato non mi danno alcuna pace...andiamo ad ubriacarci! :'(
Però dovremmo considerare che invece c'è la possibilità che stiamo semplicemente cercando , pieni di pregiudizi come siamo, nella direzione sbagliata. Intanto dovremmo mettere a fuoco il problema essenziale che sta alla base del successo o dell'insuccesso: si tratta di acquisire come base assolutamente necessaria, uno stile di vita e non una dottrina o una teoria speculativa. Qualunque ricerca naufraga di fronte alle contraddizioni e alla miseria della propria vita e in particolare della nostra schiavitù verso le cose che riteniamo appartenerci ( le nostre idee, le nostre passioni, le nostre riserve di cibo e di denaro, ecc.). E' l'attaccamento alle cose il primo, l'ultimo e l'insormontabile problema che ci fa desistere, che ci fa dire:"Ma chi ce lo fa fare...". Si può perfino arrivare ad azzuffarsi per una scodella delle elemosine un pò più grande...
Ecco che arriva un "nobile", un uomo che dice di aver visto la verità e, guardandoci fisso, ci dice:" Abbandona tutto e forse la potrai scorgere..."
Noi tutti, come il giovane ricco, lentamente indietreggiamo. Non è l'essenziale che non esiste e che non può essere trovato...siamo noi che non esistiamo e che non vogliamo trovarlo visto che questo significherebbe disfarci di quello che esiste al posto nostro...cioè il nostro attaccamento alla pseudo-realtà...
Allora, dopo che il nobile è passato, e dopo esser ben sicuri che è scomparso all'orizzonte ci mettiamo ad adorare la bisaccia vuota che ha abbandonato, dichiariamo sacro il suolo calpestato , erigiamo un tempio e...intoniamo un canto in onore del nobile ( sperando che non torni indietro ...). Tanto ci basta...cosa pretendere di più ? Il più dotto tra noi poi dirà: "Ci scriverò un bel libro sopra, così che tutti possano conoscere la grandezza di quel nobile che è passato e costruire tanti templi per adorarlo come noi ( sempre sperando che non si faccia più vedere...). E' meraviglioso cantare il suo nome. Ci si sente tanto bene , tanto in pace...Ci sembra quasi che , proprio quand'era arrivato all'orizzonte ce l'abbia detto:-fate qualcosa perdiana!- Sicuramente intendeva proprio questo..."
Siamo disposti a disfarci di tutto e cercare l'essenziale in assoluta nudità ? No...non siamo disposti. Il resto ne consegue...
« La mente umana è pericolosa
le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto
e la sua affinità con il Tao è limitata. »
Chu Shing
Citazione di: giona2068 il 19 Novembre 2016, 22:00:10 PM
Al massimo il Signore Dio trasforma le opere malvage in opere buone - vedi crocefissione di nostro Signore - ma guai a chi le compie.
Il passo che hai citato ( Mrc. cap. 14 ) ( sempre se veramente il Rabbi lo esterno'.. come riporta l' autore ) purtuttavia presenta una palese contraddizione.
Ora per P. Verhoven ( nel suo libro / L' uomo Gesu' _ edit. Marsilio ) l' allusione è riferita a quel ( oscuro ) personaggio.. il (fantomatico ) Iscariota. - Si domanda in effetti l' autore:
ma l' autore del tradimento non fu lo strumento del dioYahwè affinche' si potessero adempiere le Scritture ?? ( vedi i vari passi in proposito / per esempio: Mrc.14.21 (.. come sta Scritto ) e/o Gv. 13.18: si deve compiere la Scrittura ) .. eccc.
Quel Male.. ( l' azione malvagia ) che avrebbe permesso la realizzazione e adempimento del disegno dell' Onniveggente dioYahè / ovvero il bene ( la salvezza ai credenti / secondo l' autore non regge.. ma soprattutto chiama in causa l' Onniveggente dioYahwè, il cui disegno PRE-vedeva questa abominevole azione ( il tradimento ) - per poter permettere la passione e morte del divin figlio.
Questo autore partecipa a quell' interessante processo del JesuForschung / mirante alla ricerca storica del Gesu' terreno e sua successiva divinizzazione .
Ora si domanda questo autore ( protestante ) quale storicita' avrebbe quella pesante minaccia del Rabbi ( quell' uomo meglio per lui se non fosse mai nato / Mrc. 14,21 )Ecco lo scetticismo dell' autore: il divini Padre, nel suo insondabile disegno, aveva PRE-destinato il suo futuro personaggio "consustanziale" fosse inviato quaggiu' per la Redenzione.. aveva altresi' PRE_visto un determinato individuo / che fungesse come suo Strumento.. e il divin figlio - invece - augura peste e corna a colui che assolvera' il sublime disegno.
Veramente i misteri di questa religione sono cosi' astrusi e illogici ( cosi' scrive l' autore ) che.. SOLO chi ragiona con la sua testa - non puo' che scoprire quanto stravagante e soprattutto inattendibile siano i vari racconti di quegli eventi.. e spacciati come testimonianza !!
Che poi riguardo a questo ( sedicente ) Iscariota le " sorprese " non finiscono qui.
Quindi quale validita' "avrebbe" quel tuo passo da te postato ??
- P. Verhoven - L' uomo Gesu' / edit. Marsilia - ( pag. 255/273 ) - -
Citazione di: jsebastianB il 22 Novembre 2016, 21:51:33 PM
Citazione di: giona2068 il 19 Novembre 2016, 22:00:10 PM
Al massimo il Signore Dio trasforma le opere malvage in opere buone - vedi crocefissione di nostro Signore - ma guai a chi le compie.
Il passo che hai citato ( Mrc. cap. 14 ) ( sempre se veramente il Rabbi lo esterno'.. come riporta l' autore ) purtuttavia presenta una palese contraddizione.
Ora per P. Verhoven ( nel suo libro / L' uomo Gesu' _ edit. Marsilio ) l' allusione è riferita a quel ( oscuro ) personaggio.. il (fantomatico ) Iscariota. - Si domanda in effetti l' autore:
ma l' autore del tradimento non fu lo strumento del dioYahwè affinche' si potessero adempiere le Scritture ?? ( vedi i vari passi in proposito / per esempio: Mrc.14.21 (.. come sta Scritto ) e/o Gv. 13.18: si deve compiere la Scrittura ) .. eccc.
Quel Male.. ( l' azione malvagia ) che avrebbe permesso la realizzazione e adempimento del disegno dell' Onniveggente dioYahè / ovvero il bene ( la salvezza ai credenti / secondo l' autore non regge.. ma soprattutto chiama in causa l' Onniveggente dioYahwè, il cui disegno PRE-vedeva questa abominevole azione ( il tradimento ) - per poter permettere la passione e morte del divin figlio.
Questo autore partecipa a quell' interessante processo del JesuForschung / mirante alla ricerca storica del Gesu' terreno e sua successiva divinizzazione . Ora si domanda questo autore ( protestante ) quale storicita' avrebbe quella pesante minaccia del Rabbi ( quell' uomo meglio per lui se non fosse mai nato / Mrc. 14,21 )
Ecco lo scetticismo dell' autore: il divini Padre, nel suo insondabile disegno, aveva PRE-destinato il suo futuro personaggio "consustanziale" fosse inviato quaggiu' per la Redenzione.. aveva altresi' PRE_visto un determinato individuo / che fungesse come suo Strumento.. e il divin figlio - invece - augura peste e corna a colui che assolvera' il sublime disegno.
Veramente i misteri di questa religione sono cosi' astrusi e illogici ( cosi' scrive l' autore ) che.. SOLO chi ragiona con la sua testa - non puo' che scoprire quanto stravagante e soprattutto inattendibile siano i vari racconti di quegli eventi.. e spacciati come testimonianza !!
Che poi riguardo a questo ( sedicente ) Iscariota le " sorprese " non finiscono qui.
Quindi quale validita' "avrebbe" quel tuo passo da te postato ??
- P. Verhoven - L' uomo Gesu' / edit. Marsilia - ( pag. 255/273 ) - -
Vedi JsebastianB il passo da me postato non è stato postato per coloro che sono nella tua stessa barca, ma per coloro che credono. I credenti sono in comunione con lo Spirito Santo che guida i lor ragionamenti e fa loro comprendere la parola e gli avvenimenti secondo la logica dell'amore. Ti ho detto tante volte che ti conviene lasciar perdere perché non è cosa per te, ma tu purtroppo non puoi darmi ascolto perché chi ti guida non vuole.
Fino a quando ti dimenerai fra l'ignoranza e la malafede non recepirai niente di quello che dicono coloro che non sono come te.
Per altri che leggeranno il mio post, preciso che la predestinazione è una cosa e la prescienza è un'altra. La predestinazione è una stravaganza umana che non esiste nel divino. Neanche il Signore Gesù fu predestinato a fare ciò che fece perché quando c'è assenso al progetto non si può parlare di predestinazione in quanto la predestinazione escluderebbe la volontà del predestinato.
Il Signore Dio sapeva - prescienza - ciò che avrebbe fatto Giuda ma lo lasciò fare per dimostrare all'umanità quanto sbaglia e cosa fa il peccato quando si incarna nell'uomo.
Se in quella notte il Signore Gesù fosse salito su una barca per espatriare, la fine di Giuda sarebbe stata la stessa perché la sua intenzione era quella e nel momento che decise satana entrò in lui. Non assolse a nessun sublime disegno perché il suo scopo fu intascare un po' soldi. Ciò che qualifica un'opera è il perché non l'opera stessa. Il perché di un'opera è una scelta dell'uomo senza che nessuno glielo imponga.
Un chirurgo apre lo stomaco di un uomo per guarirlo mentre un assassino apre lo stomaco altrui per uccidere. Entrambi hanno aperto lo stomaco ma le finalità sono del tutto diverse.
Citazione di: giona2068 il 22 Novembre 2016, 23:44:00 PM
Citazione di: jsebastianB il 22 Novembre 2016, 21:51:33 PM
Citazione di: giona2068 il 19 Novembre 2016, 22:00:10 PMAl massimo il Signore Dio trasforma le opere malvage in opere buone - vedi crocefissione di nostro Signore - ma guai a chi le compie.
il passo da me postato non è stato postato per coloro che sono nella tua stessa barca,.......
Dopo la tua "toccante" omelia.. noto invece che sei TU che hai una confusione sui termini PRE-destinazione e PRE-scienza ! Tu scrivi questa "perla" : La predestinazione è una stravaganza umana (!) che non esiste nel divino.Una colossale bufala .. alla Giona - ;D ;D
Dato che sei credente.. eccoti questo link ( cathopedia : http://it.cathopedia.org/wiki/Predestinazione_(Bibbia).. ove potrai leggere:La PRE-destinazione è un concetto " esclusivo " del Nuovo Testamento. Il sostantivo predestinazione non vi compare, ma vi compaiono vari sostantivi affini ("proposito" o "disegno"; "elezione"), e soprattutto il verbo " PRE-destinare ".. ecccc... -
( At 4,28 -- Rm 8,29.30 -- 1Cor 2,7 -- Ef 1,5.11 ).Quanto all' Onniveggenza divina ti consiglio un' attenta lettura del Salmo 139 ( ! ) - forse ti schiarira' la tua mente ottenebrata da tutti quei numerosissimi articoli del catechismo della (tua) santa ekklesia .
Come scriveva GIA' "altamarea" .. vuoi salire in cattedra MA sei un po' carente.
Purtuttavia pretendi di farci "bere" le tue ( sedicenti - quanto strampalate ) verita'.. :P
Citazione di: jsebastianB il 23 Novembre 2016, 17:26:17 PM
Citazione di: giona2068 il 22 Novembre 2016, 23:44:00 PM
Citazione di: jsebastianB il 22 Novembre 2016, 21:51:33 PM
Citazione di: giona2068 il 19 Novembre 2016, 22:00:10 PMAl massimo il Signore Dio trasforma le opere malvage in opere buone - vedi crocefissione di nostro Signore - ma guai a chi le compie.
il passo da me postato non è stato postato per coloro che sono nella tua stessa barca,.......
Dopo la tua "toccante" omelia.. noto invece che sei TU che hai una confusione sui termini PRE-destinazione e PRE-scienza !
Tu scrivi questa "perla" : La predestinazione è una stravaganza umana (!) che non esiste nel divino.
Una colossale bufala .. alla Giona - ;D ;D
Dato che sei credente.. eccoti questo link ( cathopedia : http://it.cathopedia.org/wiki/Predestinazione_(Bibbia).. ove potrai leggere:
La PRE-destinazione è un concetto " esclusivo " del Nuovo Testamento. Il sostantivo predestinazione non vi compare, ma vi compaiono vari sostantivi affini ("proposito" o "disegno"; "elezione"), e soprattutto il verbo " PRE-destinare ".. ecccc... - ( At 4,28 -- Rm 8,29.30 -- 1Cor 2,7 -- Ef 1,5.11 ).
Quanto all' Onniveggenza divina ti consiglio un' attenta lettura del Salmo 139 ( ! ) - forse ti schiarira' la tua mente ottenebrata da tutti quei numerosissimi articoli del catechismo della (tua) santa ekklesia .
Come scriveva GIA' "altamarea" .. vuoi salire in cattedra MA sei un po' carente.
Purtuttavia pretendi di farci "bere" le tue ( sedicenti - quanto strampalate ) verita'.. :P
Stai calmo!
Più ti agiti più affondi.
Duc In Altum disse: La vedo dura comprendere le scritture per uno senza fede.
Purtroppo quando manca la fede manca anche l'umiltà per ammettere di aver capito di non aver capito.
Buona serata.
Citazione di: Sariputra il 22 Novembre 2016, 17:28:02 PM
@ inVerno
Condivido molte delle tue riflessioni, salvo ovviamente la concezione di essenziale come inattingibile dall'uomo. Uno dei più grandi problemi che si incontrano sulla strada verso l'essenziale è quello di ritenerlo qualcosa di "meraviglioso", un'esperienza sovrannaturale, un'estasi della mente e dei sensi. Molti ( quasi tutti...) praticano meditazione per far sorgere questi stati dentro di sé; quando poi , a volte e occasionalmente, vi riescono ritengono di aver raggiunto la "verità"...Quando poi questi stati svaniscono, essendo impermanenti, piombano nella delusione, nel rifiuto, nella rabbia verso qualunque forma di spiritualità e...scappano con le suore! ;D Questo è appunto un effetto del fidarsi dell'autorità di qualcuno, dei segni da seguire, da studiare e interpretare. Nessuno però ci insegna, essendo tutti noi sfiduciati nelle possibilità della ricerca, ad investigare , a cercare e soprattutto ad osservare. Al contrario tutti ci dicono che è addirittura inutile iniziare qualunque cammino, che non è cosa per noi e...ci mettono in mano un libro dicendoci: "Leggi attentamente.Troverai la risposta alle tue domande". Altri invece diranno:"Solo la scienza può dare delle risposte: Aspetta un...duemila anni e sapremo senz'altro cos'è la verità"...e ci mettono, pure loro, in mano un altro libro pieno di formule. Ma il poveraccio si legge tutti i libri di scienza e tutti i libri che parlano di spiritualità e non trova la "verità"...Perbacco si dice tra sé e sè, vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che non c'è alcuna "verità". Le formule matematiche che ho studiato e le preghiere che ho imparato non mi danno alcuna pace...andiamo ad ubriacarci! :'(
Però dovremmo considerare che invece c'è la possibilità che stiamo semplicemente cercando , pieni di pregiudizi come siamo, nella direzione sbagliata. Intanto dovremmo mettere a fuoco il problema essenziale che sta alla base del successo o dell'insuccesso: si tratta di acquisire come base assolutamente necessaria, uno stile di vita e non una dottrina o una teoria speculativa. Qualunque ricerca naufraga di fronte alle contraddizioni e alla miseria della propria vita e in particolare della nostra schiavitù verso le cose che riteniamo appartenerci ( le nostre idee, le nostre passioni, le nostre riserve di cibo e di denaro, ecc.). E' l'attaccamento alle cose il primo, l'ultimo e l'insormontabile problema che ci fa desistere, che ci fa dire:"Ma chi ce lo fa fare...". Si può perfino arrivare ad azzuffarsi per una scodella delle elemosine un pò più grande...
Ecco che arriva un "nobile", un uomo che dice di aver visto la verità e, guardandoci fisso, ci dice:" Abbandona tutto e forse la potrai scorgere..."
Noi tutti, come il giovane ricco, lentamente indietreggiamo. Non è l'essenziale che non esiste e che non può essere trovato...siamo noi che non esistiamo e che non vogliamo trovarlo visto che questo significherebbe disfarci di quello che esiste al posto nostro...cioè il nostro attaccamento alla pseudo-realtà...
Allora, dopo che il nobile è passato, e dopo esser ben sicuri che è scomparso all'orizzonte ci mettiamo ad adorare la bisaccia vuota che ha abbandonato, dichiariamo sacro il suolo calpestato , erigiamo un tempio e...intoniamo un canto in onore del nobile ( sperando che non torni indietro ...). Tanto ci basta...cosa pretendere di più ? Il più dotto tra noi poi dirà: "Ci scriverò un bel libro sopra, così che tutti possano conoscere la grandezza di quel nobile che è passato e costruire tanti templi per adorarlo come noi ( sempre sperando che non si faccia più vedere...). E' meraviglioso cantare il suo nome. Ci si sente tanto bene , tanto in pace...Ci sembra quasi che , proprio quand'era arrivato all'orizzonte ce l'abbia detto:-fate qualcosa perdiana!- Sicuramente intendeva proprio questo..."
Siamo disposti a disfarci di tutto e cercare l'essenziale in assoluta nudità ? No...non siamo disposti. Il resto ne consegue...
« La mente umana è pericolosa
le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto
e la sua affinità con il Tao è limitata. »
Chu Shing
La tua citazione ti tradisce però , in particolare: "e la sua affinità con il Tao è limitata". E' questa limitazione che credo insuperabile, un problema appunto di affinità. Affinità intesa nel suo senso più profondo, quasi chimico, come il buon Goethe mi ha sempre ricordato, anzi direi accecato, con la sua visione "dal più piccolo al più grande". Voglio essere onesto però, nutro la perversa speranza, forse vana, che l'umiltà di accettare
davvero che l'essenziale sia irrangiungibile, sia essa stessa l'esperienza necessaria,la porta per raggiungerlo (d'altro canto, che mi starebbero a significare tutti i simbolismi di morte e rinascita altrimenti?). Non ho mai razionalizzato questo concetto, mi è nuovo, ma è vero, anche se non è comodo alla mia coscienza. Non credere per credere più profondamente, è qualcosa che ha a che fare con il Tao, intimamente, io credo.. come la vuotezza del vaso che lo rende utile a contenere. E mi accorgo di quanto sono arrogante in ciò, nel tentare di ingannare me stesso (consciamente è impossibile, spiritualmente è credo necessario) ma mi rendo conto che l'arroganza bonaria di chi è assolutamente convinto di poterne fare parte, è un problema peggiore. Esattamente per il motivo che brillantemente la tua citazione consolida in frasi, l'esistenza dell'essenziale non garantisce automaticamente di farne esperienza, ma chi mantiene sua una visione del mondo infantilistica non può concepire il pessimismo cosmico di una vita senza speranza di illuminazione, e proprio per questo i segni acquisiscono questa greve importanza consolatoria e da mezzo si trasformano in fine, perchè in senso warholiano concedono quindici minuti di celebrità a tutti. Tutti siamo dannatamente convinti che la nostra vita debba essere speciale, forse è un danno collaterale del self-esteem movement, forse sono i telegiornali che ci illudono che davvero la luna non sarà cosi grande per altri duecento anni (sono tutte bufale, ma piace dannatamente ascoltarle). Non è sufficiente miracolosa la vita, l'abitudine ha reso i nostri occhi sterili alle emozioni, ma la vita di per se, se vista nei suoi meandri più profondi, è un miracolo sufficientemente appagante da non aver bisogno di desiderarne altri, quali l'illuminazione. Eppure, ad un certo punto della crescita dell'essere umano, in medio oriente, le sementi accumulate sotto il culo di povere vite furono cosi tante da potergli dare la libertà di sognare, qualcosa di più della vita, qualcosa che andase oltre. Scavati buchi nella terra sotto la loro abitazione, hanno tumulato i loro defunti sotto i propri letti e vi hanno parlato nei sogni, nei desideri, nei ricordi. Nato il loro spirito, quello dei morti, è nato probabilmente anche il nostro. Ma non fu tutto questo un grandissimo inganno? E' il dubbio che qualcuno prima o poi dovrà risolvere, io penso...
Citazione di: InVerno il 23 Novembre 2016, 22:11:31 PM
Citazione di: Sariputra il 22 Novembre 2016, 17:28:02 PM@ inVerno Condivido molte delle tue riflessioni, salvo ovviamente la concezione di essenziale come inattingibile dall'uomo. Uno dei più grandi problemi che si incontrano sulla strada verso l'essenziale è quello di ritenerlo qualcosa di "meraviglioso", un'esperienza sovrannaturale, un'estasi della mente e dei sensi. Molti ( quasi tutti...) praticano meditazione per far sorgere questi stati dentro di sé; quando poi , a volte e occasionalmente, vi riescono ritengono di aver raggiunto la "verità"...Quando poi questi stati svaniscono, essendo impermanenti, piombano nella delusione, nel rifiuto, nella rabbia verso qualunque forma di spiritualità e...scappano con le suore! ;D Questo è appunto un effetto del fidarsi dell'autorità di qualcuno, dei segni da seguire, da studiare e interpretare. Nessuno però ci insegna, essendo tutti noi sfiduciati nelle possibilità della ricerca, ad investigare , a cercare e soprattutto ad osservare. Al contrario tutti ci dicono che è addirittura inutile iniziare qualunque cammino, che non è cosa per noi e...ci mettono in mano un libro dicendoci: "Leggi attentamente.Troverai la risposta alle tue domande". Altri invece diranno:"Solo la scienza può dare delle risposte: Aspetta un...duemila anni e sapremo senz'altro cos'è la verità"...e ci mettono, pure loro, in mano un altro libro pieno di formule. Ma il poveraccio si legge tutti i libri di scienza e tutti i libri che parlano di spiritualità e non trova la "verità"...Perbacco si dice tra sé e sè, vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che non c'è alcuna "verità". Le formule matematiche che ho studiato e le preghiere che ho imparato non mi danno alcuna pace...andiamo ad ubriacarci! :'( Però dovremmo considerare che invece c'è la possibilità che stiamo semplicemente cercando , pieni di pregiudizi come siamo, nella direzione sbagliata. Intanto dovremmo mettere a fuoco il problema essenziale che sta alla base del successo o dell'insuccesso: si tratta di acquisire come base assolutamente necessaria, uno stile di vita e non una dottrina o una teoria speculativa. Qualunque ricerca naufraga di fronte alle contraddizioni e alla miseria della propria vita e in particolare della nostra schiavitù verso le cose che riteniamo appartenerci ( le nostre idee, le nostre passioni, le nostre riserve di cibo e di denaro, ecc.). E' l'attaccamento alle cose il primo, l'ultimo e l'insormontabile problema che ci fa desistere, che ci fa dire:"Ma chi ce lo fa fare...". Si può perfino arrivare ad azzuffarsi per una scodella delle elemosine un pò più grande... Ecco che arriva un "nobile", un uomo che dice di aver visto la verità e, guardandoci fisso, ci dice:" Abbandona tutto e forse la potrai scorgere..." Noi tutti, come il giovane ricco, lentamente indietreggiamo. Non è l'essenziale che non esiste e che non può essere trovato...siamo noi che non esistiamo e che non vogliamo trovarlo visto che questo significherebbe disfarci di quello che esiste al posto nostro...cioè il nostro attaccamento alla pseudo-realtà... Allora, dopo che il nobile è passato, e dopo esser ben sicuri che è scomparso all'orizzonte ci mettiamo ad adorare la bisaccia vuota che ha abbandonato, dichiariamo sacro il suolo calpestato , erigiamo un tempio e...intoniamo un canto in onore del nobile ( sperando che non torni indietro ...). Tanto ci basta...cosa pretendere di più ? Il più dotto tra noi poi dirà: "Ci scriverò un bel libro sopra, così che tutti possano conoscere la grandezza di quel nobile che è passato e costruire tanti templi per adorarlo come noi ( sempre sperando che non si faccia più vedere...). E' meraviglioso cantare il suo nome. Ci si sente tanto bene , tanto in pace...Ci sembra quasi che , proprio quand'era arrivato all'orizzonte ce l'abbia detto:-fate qualcosa perdiana!- Sicuramente intendeva proprio questo..." Siamo disposti a disfarci di tutto e cercare l'essenziale in assoluta nudità ? No...non siamo disposti. Il resto ne consegue... « La mente umana è pericolosa le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto e la sua affinità con il Tao è limitata. » Chu Shing
La tua citazione ti tradisce però , in particolare: "e la sua affinità con il Tao è limitata". E' questa limitazione che credo insuperabile, un problema appunto di affinità. Affinità intesa nel suo senso più profondo, quasi chimico, come il buon Goethe mi ha sempre ricordato, anzi direi accecato, con la sua visione "dal più piccolo al più grande". Voglio essere onesto però, nutro la perversa speranza, forse vana, che l'umiltà di accettare davvero che l'essenziale sia irrangiungibile, sia essa stessa l'esperienza necessaria,la porta per raggiungerlo (d'altro canto, che mi starebbero a significare tutti i simbolismi di morte e rinascita altrimenti?). Non ho mai razionalizzato questo concetto, mi è nuovo, ma è vero, anche se non è comodo alla mia coscienza. Non credere per credere più profondamente, è qualcosa che ha a che fare con il Tao, intimamente, io credo.. come la vuotezza del vaso che lo rende utile a contenere. E mi accorgo di quanto sono arrogante in ciò, nel tentare di ingannare me stesso (consciamente è impossibile, spiritualmente è credo necessario) ma mi rendo conto che l'arroganza bonaria di chi è assolutamente convinto di poterne fare parte, è un problema peggiore. Esattamente per il motivo che brillantemente la tua citazione consolida in frasi, l'esistenza dell'essenziale non garantisce automaticamente di farne esperienza, ma chi mantiene sua una visione del mondo infantilistica non può concepire il pessimismo cosmico di una vita senza speranza di illuminazione, e proprio per questo i segni acquisiscono questa greve importanza consolatoria e da mezzo si trasformano in fine, perchè in senso warholiano concedono quindici minuti di celebrità a tutti. Tutti siamo dannatamente convinti che la nostra vita debba essere speciale, forse è un danno collaterale del self-esteem movement, forse sono i telegiornali che ci illudono che davvero la luna non sarà cosi grande per altri duecento anni (sono tutte bufale, ma piace dannatamente ascoltarle). Non è sufficiente miracolosa la vita, l'abitudine ha reso i nostri occhi sterili alle emozioni, ma la vita di per se, se vista nei suoi meandri più profondi, è un miracolo sufficientemente appagante da non aver bisogno di desiderarne altri, quali l'illuminazione. Eppure, ad un certo punto della crescita dell'essere umano, in medio oriente, le sementi accumulate sotto il culo di povere vite furono cosi tante da potergli dare la libertà di sognare, qualcosa di più della vita, qualcosa che andase oltre. Scavati buchi nella terra sotto la loro abitazione, hanno tumulato i loro defunti sotto i propri letti e vi hanno parlato nei sogni, nei desideri, nei ricordi. Nato il loro spirito, quello dei morti, è nato probabilmente anche il nostro. Ma non fu tutto questo un grandissimo inganno? E' il dubbio che qualcuno prima o poi dovrà risolvere, io penso...
Trovo molto bello , sentito e...poetico anche ( non ti offendi se dico che è poetico, vero?... :) ) quello che hai scritto. Se viene dal cuore è proprio l'essenziale che parla...
Se vediamo l'essenziale come straordinario, sorgeranno subito limiti insuperabili. Se lo vediamo come la nostra vera natura non sorgerà alcun limite. E' questo intendere la "verità" come fatto magico, straordinario, luccicante che ci viene da migliaia di anni posata sulle spalle, questa voglia di sensazione-altra gratificante per le nostre menti stanche di tutto, esauste e sazie di emozioni e sensazioni, come giustamente scrivi, che crea un barriera insormontabile, un muro di scetticismo e di delusione. Se tengo strette nel pugno alcune foglie taglienti e penso che questa è la nostra vera condizione, come potrò mai capire che cosa si prova a lasciarle cadere, semplicemente così...aprendo la mano? Com'è importante il ricordo allora, il ricordarsi quei pochi momenti in cui ho timidamente aperto la mia mano...che poi ho subito richiusa per paura di perdere le foglie taglienti e il dolore che provo, che mi fa ritenere vivo. I defunti sepolti sotto i letti e mai lasciati andare mi paiono allora come quelle foglie appuntite...Sì , lo spirituale nasce dalla paura di lasciar andare, dal voler stringere infine qualcosa . Fu un inganno , un tenero inganno, ma è anche camminando sopra quell'inganno che l'uomo è uscito dalla caverna...
E hai ragione...hai proprio ragione ! Se vedo "veramente" la bellezza che mi circonda che bisogno ho di sognare l'illuminazione? Perchè cerco sempre l'asino , se ci sono seduto sopra? Hii-hoo!Asino...corriamo insieme, che il vento della sera è meraviglioso!...
Fu chiesto a Shibli:" Chi ti avviò sul sentiero?"Egli rispose: "Un cane; un giorno lo vidi moribondo per la sete, presso l'orlo dell'acqua. Ogni volta che si vedeva riflesso nell'acqua si spaventava e si tirava indietro, perché pensava che ci fosse un altro cane. Infine fu tale il suo bisogno che scacciò la paura e balzò nell'acqua; al che l'altro cane svanì. Il cane s'accorse che l'ostacolo, che poi era lui stesso, la barriera fra lui e quanto cercava, s'era dissolto.In modo analogo anche il mio ostacolo svanì quando seppi che si trattava di quello ch'io ritenevo essere me stesso. La Via mi fu dunque mostrata dal comportamento di un cane.
** scritto da Sariputra:
CitazioneFu chiesto a Shibli:" Chi ti avviò sul sentiero?"
Egli rispose: "Un cane; un giorno lo vidi moribondo per la sete, presso l'orlo dell'acqua. Ogni volta che si vedeva riflesso nell'acqua si spaventava e si tirava indietro, perché pensava che ci fosse un altro cane. Infine fu tale il suo bisogno che scacciò la paura e balzò nell'acqua; al che l'altro cane svanì. Il cane s'accorse che l'ostacolo, che poi era lui stesso, la barriera fra lui e quanto cercava, s'era dissolto.
In modo analogo anche il mio ostacolo svanì quando seppi che si trattava di quello ch'io ritenevo essere me stesso. La Via mi fu dunque mostrata dal comportamento di un cane.
Bello, lo copio e lo "prescriverò" agli amici catechisti per ragazzi, anche perché quel comportamento è il gesto del coraggio. L'amore è coraggio di amare, è un gesto di coraggio autentico.
Le parole di Hadrat a mio avviso confermano questa idea di semplicità. Descrive la ritualità al pari di un suppellettile, impugnabile da mani giuste o sbagliate, ma strumentale a una forma di comprensione più intuitiva e caotica ed appunto semplice. Questo messaggio penso che abbia superato il logorio del tempo e per questo ti abbia sorpreso la sua attualità. La natura intuitiva e caotica, e semplice, dell'essenziale..Ma dagli ideali spesso si attinge, spesso degli ideali si diventa schiavi. Ed è vero che la meta può sembrare infinitamente lontano e tiranna, ma non è sempre questo il casoche giustifica il non raggiungimento. Non idealizzare la meta è sicuramente un vaccino prima di un bagno in una piscina veramente sporca, aumenta grandemente le possibilità di uscirne sani. Nulla ancora però mi convince, che il raggiungimento di uno qualsiasi tra gli infiniti equilibri interiori di cui siamo capaci, possa avere un nesso, con l'essenziale. Quali argomenti sensibili a sostegno? Solo arroganza.. di chi sa fare bei disegni, belle statue, bei libri...belle immagini, simboli, connessioni tra cose che... non esistono. Arte.
Eppure quando parliamo di Dio, parliamo precisamente di un essenziale che trascende le nostre emotività, ma addirittura in molte culture, parliamo della sovrapposizione del nostro io con la matrice dell'universo.La cultura antropocentrica è logora, ed è l'unico argomento a sostegno di questo improbabile nesso, figlia peraltro di quella cultura dei segni dove i segni stessi rappresentavano l'essenziale e l'uomo allo stesso tempo (un errore di forma protratto nel tempo, si trasforma in cultura allo stesso modo di ogni altra cosa) I cattolici si sono fondamentalmente sbarazzati del problema attraverso l'autoimbarbarimento, la messa al bando degli gnostici. Ma per tutti gli altri? La premessa inziale rimane ancora da verificare, non dico empiricamente, ma in qualsiasi modo che non sia l'esperienza soggettiva di un "nobile". La parola di un "nobile", per definizione, non è universale. Un anarchico come me, che rifiuta di sfruttare l'autorità altrui per autoconvincersi delle proprie emozioni, che speranze avrebbe se quello fosse l'unico strumento? Nessuna giusto?
Citazione di: InVerno il 25 Novembre 2016, 11:37:58 AMLe parole di Hadrat a mio avviso confermano questa idea di semplicità. Descrive la ritualità al pari di un suppellettile, impugnabile da mani giuste o sbagliate, ma strumentale a una forma di comprensione più intuitiva e caotica ed appunto semplice. Questo messaggio penso che abbia superato il logorio del tempo e per questo ti abbia sorpreso la sua attualità. La natura intuitiva e caotica, e semplice, dell'essenziale..Ma dagli ideali spesso si attinge, spesso degli ideali si diventa schiavi. Ed è vero che la meta può sembrare infinitamente lontano e tiranna, ma non è sempre questo il casoche giustifica il non raggiungimento. Non idealizzare la meta è sicuramente un vaccino prima di un bagno in una piscina veramente sporca, aumenta grandemente le possibilità di uscirne sani. Nulla ancora però mi convince, che il raggiungimento di uno qualsiasi tra gli infiniti equilibri interiori di cui siamo capaci, possa avere un nesso, con l'essenziale. Quali argomenti sensibili a sostegno? Solo arroganza.. di chi sa fare bei disegni, belle statue, bei libri...belle immagini, simboli, connessioni tra cose che... non esistono. Arte. Eppure quando parliamo di Dio, parliamo precisamente di un essenziale che trascende le nostre emotività, ma addirittura in molte culture, parliamo della sovrapposizione del nostro io con la matrice dell'universo.La cultura antropocentrica è logora, ed è l'unico argomento a sostegno di questo improbabile nesso, figlia peraltro di quella cultura dei segni dove i segni stessi rappresentavano l'essenziale e l'uomo allo stesso tempo (un errore di forma protratto nel tempo, si trasforma in cultura allo stesso modo di ogni altra cosa) I cattolici si sono fondamentalmente sbarazzati del problema attraverso l'autoimbarbarimento, la messa al bando degli gnostici. Ma per tutti gli altri? La premessa inziale rimane ancora da verificare, non dico empiricamente, ma in qualsiasi modo che non sia l'esperienza soggettiva di un "nobile". La parola di un "nobile", per definizione, non è universale. Un anarchico come me, che rifiuta di sfruttare l'autorità altrui per autoconvincersi delle proprie emozioni, che speranze avrebbe se quello fosse l'unico strumento? Nessuna giusto?
Forse dipende anche da che tipo di anarchia si cova nell'animo. Se l'anarchia crea uno spazio di libertà può diventare positiva, essere creativa; se viceversa è il prodotto dell'avversione e dell'astio verso il "mondo" allora mi sembra che tenda a costruire barriere insormontabili. Noto che per te l'arte non è cosa importante...sicuramente meno della razionalità. Riprendendo però spunto da Hadrat (
l'arte sta nella giusta combinazione degli elementi ...) il "nobile" combina in modo artistico, ossia armonico, tutti gli elementi atti al raggiungimento dell'essenziale. Il nobile dispone di tutti gli stessi elementi di cui disponiamo noi, la differenza è data dal loro sapiente ( saggio) impiego...Con un banale paragone si potrebbe paragonare all'opera di un abile pittore. Tutti possono disporre di colori, pennelli, tela e acquaragia e tutti possono tentare di dipingere qualcosa, ma la loro incapacità di trovare la giusta combinazione di questi elementi impedisce la realizzazione di un'opera che abbia armonia. Tutta la persona concorre alla realizzazione di questo stato armonizzato, lo stato di "nobile", non solo la ragione, la cultura o gli stati d'animo passeggeri. Questo non ha una valenza di universalità ( l'organizzazione delle "verità" del nobile è sempre opera dei seguaci, di solito posteriore ad esso e dopo averlo ben mitizzato). Il nobile cerca l'essenziale per se stesso e non per imporre una nuova autorità sull'altro. Ne consegue che chi lo fa non è un nobile. L'uomo essenziale , con la sua vita, diventa però una spina di pesce conficcata nella gola del "plebeo". Come una spina che dà fastidio ad ogni boccone inghiottito, così la presenza del nobile dà fastidio ad ogni godimento del plebeo, ad ogni suo sano raziocinio, al suo nichilismo pratico. Alla fine il plebeo non sopporta più la sua presenza e tenta di ucciderlo, di levarselo di torno, di non sopportare più la sua serenità che dà fastidio alla propria inquietudine, al proprio desiderio continuo e inappagabile. Così, dopo la sua morte, si può finalmente adorare e cantare...la spina in gola è sparita. Ma pur negandola, la sua presenza che ci fa dubitare resta...un vero pensiero che ci molesta...è possibile che, anch'io?...Quella serenità, quel sorriso?...Tutto quel che vive o ha vissuto il nobile è indimostrabile empiricamente. Lo abbiamo visto incamminarsi verso la vetta della montagna, su per quel ripido sentiero tra i boschi e poi...l'abbiamo perso di vista. Quando è tornato aveva un volto diverso ( un volto reale, non la maschera che portiamo...). Cosa aveva visto dalla cima? Se ne aveva voglia ne parlava, altre volte se ne stava in silenzio indifferente...aveva percorso una strada stretta, non per tutti, in cuor suo magari sapeva che pochi sarebbero stati in grado di percorrerla...poteva solo indicare dov'era posta la partenza...Se però noi pensiamo che sia impossibile salire per quella strada e che sicuramente non ci porterà da nessuna parte, se anche fosse non vedremmo niente di nuovo dalla cima, in quanto l'uomo essenziale/reale mente,o ha scambiato lucciole per stelle, e che dopo tutto si sta così bene in pianura ( c'è "solo" la pianura...) mai troveremo la volontà di infilare la strada stretta. Avremo realizzato pienamente la nostra condizione di "plebei/pseudo-reali" dello spirito, a cui si confà una bella ritualità e un'altrettanto variopinta iconografia, dipinta sulla tela del nostro nichilismo.Un falco reale si posò per un poco su un muro di alcune rovine abitate da gufi. I gufi ne ebbero paura. Egli disse: "Questo luogo può sembrarvi prospero, ma il mio posto è sul polso del re".Alcuni dei gufi urlarono agli altri: "Non gli credete! E' un inganno per rubarci la casa!". Jalaludin Rumi
Non ho mai detto che la strada della montagna non porti da nessuna parte, ne che l'arte non abbia importanza. Quello che conta, è discernere quello che realmente sono da quello che vorremmo che fossero (wishfull thinking, sellfullfilling prophecies => stato delusionale). (La mente umana è pericolosa le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto ). E spesso quello che vorremmo che fossero, trascende l'esperienza umana, e di qui, la spiritualità. Ma è davvero cosi? La domanda rimane aperta ai posteri, quel che è sicuro è che attualmente siamo figli unici nell'universo e questo ci rifornisce giornalmente di arroganza, di sovrastima nelle nostre capacità, è addirittura difficile per noi mettere in campo concetti come l'estinzione, perchè dal nostro punto di vista l'universo non ha senso senza i nostri occhi che lo guardano, da qui l'impossibilità di mettere in conto la nostra non-esistenza (non solo come individui, per la quale abbiamo un comodo aldilà con tutti i comfort, ma anche come specie) allo stesso modo in cui rifiutiamo una vita senza possibilità di illuminazione (che infatti è "vera vita") . Eppure basta conoscere per sapere che la "non-esistenza" è la condizione più diffusa in assoluto, la "non-illuminazione" la regola per le creature viventi. Noi siamo diversi, dicono. Di tutti i simboli e gli strumenti che sono andati persi nella spiritualità moderna, uno in particolare aveva una fondamentale importanza nel contrastare l'antropocentrismo e nel ridurre l'arroganza del curioso, lo studio delle volte celesti. Questo tipo di segni luminosi di natura non-umana, era forse l'unico capace di mettere in ginocchio l'autorità dei detentori dei simboli antropomorfi e ridurre altresi le loro aspirazioni. Le volte celesti hanno dato via alla georefenziazione fisica dell'uomo, ma anche a quella spirituale, facendolo sentire puntiforme in maniera assoluta, e non relativa agli eventi naturali più o meno controllabili, forse l'archetipo del concetto del divino. E come si dice..."Senza dio tutto è permesso". Oggi i cieli non spaventano più, le comete non spargono più la peste come scolapasta impazziti nel cielo, qual'è oggi il limite all'azione\interpretazione da parte dell'autorità detentrice dei segni, o anche di un "nobile" che non tenga volutamente conto della finitezza della nostra natura? Nessuno, in effetti. Tutto, IL tutto, è raggiungibile attraverso lo spirito.
Quanto può essere attuale, o meglio, attualizzata una prospettiva taoista oggi? E quanto è dissonante con la nostra matrice storico-culturale?
Un'epistemologia del divenire, una conoscenza processuale senza Verità, una (non)azione priva di merito o peccato, una spiritualità "laicamente panteistica" senza riti e preghiere, una morte che non è convocazione in giudizio per premi o castighi, un "senso" tutto immanente alla via (dao) che si sceglie di percorrere, che non ha come fine ultimo illuminazione o beatitudine o altri traguardi da inseguire, ma semplicemente, umanamente, la vita stessa...
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2016, 21:27:24 PMQuanto può essere attuale, o meglio, attualizzata una prospettiva taoista oggi? E quanto è dissonante con la nostra matrice storico-culturale? Un'epistemologia del divenire, una conoscenza processuale senza Verità, una (non)azione priva di merito o peccato, una spiritualità "laicamente panteistica" senza riti e preghiere, una morte che non è convocazione in giudizio per premi o castighi, un "senso" tutto immanente alla via (dao) che si sceglie di percorrere, che non ha come fine ultimo illuminazione o beatitudine o altri traguardi da inseguire, ma semplicemente, umanamente, la vita stessa...
Come può essere attuale una
via come acqua che scorre in un mondo dove si sono erette dighe, in ogni dove, all'umano sentire? Dove si è spezzettata, ritualizzata e ridicolizzata ogni inquietudine? In cui l'"ascesa al Monte Tabor" è solo un gesto sportivo? Man mano che le montagne hanno perso il loro terribile mistero che le abitava, il loro
sacrum, l'uomo ha smarrito la sua naturale tensione all' infinito. Infinito come dimora dell'essenziale, del reale che si faceva finito sul Picco dell'Avvoltoio o sul Sinai , sempre in alto , da trovare dopo solitudini d'ascese ( ascetismo) e smarrimenti della ragione. Sulle cime raggiunte l'uomo vero, il nobile, non disquisiva di finitudine umana e infinità irraggiungibile, questo starnazzare di oche plebee, questo teorizzare senza fine ma, parafrasando William Blake:
"
Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è, infinita."E sgombro era l'occhio del nobile mentre ammirava il Vivente e se ne sentiva parte. Forse osservava la corsa a possedere cose sempre più grandi, consapevole che chi possiede una cosa grande non deve lasciar ridurre dalle cose se stesso a cosa. Stando in alto, sopra le cose, poteva trattare le cose da cose. Ma invece l'uomo pseudo-reale si china sulle cose, si abbassa sotto le cose stesse, si fa cosa tra le cose. Cosa si potrebbe dire di un simile uomo? Di un siffatto nobile? Forse solo che
riposa su se stesso...L'insegnamento di un uomo così mi sembrerebbe paragonabile all'eco che segue il suono, all'ombra che segue il corpo. Compagno di tutto nel mondo, dimorando di là dal mondo. La sua mente forse vagherebbe nell'immenso, andando ora al di là e poi tornando...
Un uomo simile apparterebbe alla comunità senza avere un io personale. Non avendo un io personale come potrebbe dire sua qualche cosa? Come potrebbe essere attuale un uomo che mira al Niente?
Fantasie? Sogni? Immaginazione? Cercar tracce del volo degli aironi nel cielo?...
La sapienza dell'arrivista non va oltre il far doni e scrivere memoriali estenuando il suo spirito in cose da nulla; eppure vorrebbe dominare il mondo. Non fa che errare nel mondo esterno; i ceppi della materia gli negano la conoscenza del Principio (essenziale)
. Il perfetto (l'uomo reale)
volge il suo spirito all'eterno, e gode nel mistero del nulla ( del nulla che è tutto, oltre il mondo esterno): è come l'acqua che scorre senza forma; egli si espande nella Grande Purezza.Ohimè per quello che voi fate! Che vi occupate a spaccare un capello e ve ne restate ignoranti del grande Riposo ! Ciung Ciou/ Ciuang Tze
Citazione di: Sariputra il 27 Novembre 2016, 01:11:50 AM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2016, 21:27:24 PMQuanto può essere attuale, o meglio, attualizzata una prospettiva taoista oggi? E quanto è dissonante con la nostra matrice storico-culturale? Un'epistemologia del divenire, una conoscenza processuale senza Verità, una (non)azione priva di merito o peccato, una spiritualità "laicamente panteistica" senza riti e preghiere, una morte che non è convocazione in giudizio per premi o castighi, un "senso" tutto immanente alla via (dao) che si sceglie di percorrere, che non ha come fine ultimo illuminazione o beatitudine o altri traguardi da inseguire, ma semplicemente, umanamente, la vita stessa...
Come può essere attuale una via come acqua che scorre in un mondo dove si sono erette dighe, in ogni dove, all'umano sentire? Dove si è spezzettata, ritualizzata e ridicolizzata ogni inquietudine? In cui l'"ascesa al Monte Tabor" è solo un gesto sportivo? Man mano che le montagne hanno perso il loro terribile mistero che le abitava, il loro sacrum, l'uomo ha smarrito la sua naturale tensione all' infinito. Infinito come dimora dell'essenziale, del reale che si faceva finito sul Picco dell'Avvoltoio o sul Sinai , sempre in alto , da trovare dopo solitudini d'ascese ( ascetismo) e smarrimenti della ragione. Sulle cime raggiunte l'uomo vero, il nobile, non disquisiva di finitudine umana e infinità irraggiungibile, questo starnazzare di oche plebee, questo teorizzare senza fine ma, parafrasando William Blake:
"Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è, infinita."
E sgombro era l'occhio del nobile mentre ammirava il Vivente e se ne sentiva parte. Forse osservava la corsa a possedere cose sempre più grandi, consapevole che chi possiede una cosa grande non deve lasciar ridurre dalle cose se stesso a cosa. Stando in alto, sopra le cose, poteva trattare le cose da cose. Ma invece l'uomo pseudo-reale si china sulle cose, si abbassa sotto le cose stesse, si fa cosa tra le cose. Cosa si potrebbe dire di un simile uomo? Di un siffatto nobile? Forse solo che riposa su se stesso...L'insegnamento di un uomo così mi sembrerebbe paragonabile all'eco che segue il suono, all'ombra che segue il corpo. Compagno di tutto nel mondo, dimorando di là dal mondo. La sua mente forse vagherebbe nell'immenso, andando ora al di là e poi tornando...
Un uomo simile apparterebbe alla comunità senza avere un io personale. Non avendo un io personale come potrebbe dire sua qualche cosa? Come potrebbe essere attuale un uomo che mira al Niente?
Fantasie? Sogni? Immaginazione? Cercar tracce del volo degli aironi nel cielo?...
La sapienza dell'arrivista non va oltre il far doni e scrivere memoriali estenuando il suo spirito in cose da nulla; eppure vorrebbe dominare il mondo. Non fa che errare nel mondo esterno; i ceppi della materia gli negano la conoscenza del Principio (essenziale). Il perfetto (l'uomo reale) volge il suo spirito all'eterno, e gode nel mistero del nulla ( del nulla che è tutto, oltre il mondo esterno): è come l'acqua che scorre senza forma; egli si espande nella Grande Purezza.
Ohimè per quello che voi fate! Che vi occupate a spaccare un capello e ve ne restate ignoranti del grande Riposo !
Ciung Ciou/ Ciuang Tze
Il taoismo s'è corrotto anche nella sua culla, nonostante la sua stessa natura lo tutelasse maggiormente dallo scorrere del tempo. La sua aperta ostilità al confucianesimo l'ha (forse) isolato dalla praticità e dalla quotidianetà e di contraccolpo ha reagito malamente, sta di fatto che non corrisponde nella realtà alla descrizione da Phil, o almeno nel mio tempo in Cina questo ho visto. Non c'è utilitarismo nel mio approccio, ma se un compendio di segni può servire a tracciare una via a chi non voglia tracciarsela da solo, è utile (sic!) anche che questo compendio sia resiliente, pena la corruzione dello stesso a tal punto che invece che instradare la via verso la vera vita, la cominci a instradare invece verso la vera morte. Molti credi si sono dimostrati resilienti, sopratutto attorno ai loro capisaldi (la notizia del serial killer giainista ha ancora da venire) tuttavia le periferie "dello spirito" da tempo sono lande desolate di cui nessuno o pochi si interessano, lasciando i barbari scorrazzare alle porte.
Il "compendio di segni" è sempre resiliente (semanticamente) se viene tramandato senza troppe storpiature, quello che non è resiliente è spesso la cultura del popolo a cui il compendio parla, popolo che è solitamente calato in una storia dinamica, fatta di mutamenti, più o meno intensi... è inevitabile che una popolazione, nella sua maggioranza, non colga un messaggio "difficile": più un paese è popoloso e più è improbabile che camminando per le sue strade si intravveda virtù ad ogni angolo; per questo il taoismo autentico non si respira in ogni angolo della Cina, come il cristianesimo più puro non si incontra ad ogni SanPietrino ( ;D ) delle strade di Roma, etc. come osservava disincantatamente la citazione iniziale, non siamo tutti uguali e, tanto più il percorso è nascosto, insolito, stretto e non per tutti (citando il topic), tantomeno ci si trova traffico...
Ogni testo "sacro" o tradizione è come un segnale stradale: indica la strada ma non la compie; sta al viandante percorrerla con le sue gambe, nel modo che può, che vuole, che preferisce e magari può anche decidere di cambiarla cercando scorciatoie, strade panoramiche e percorsi migliori... e se anche il segnale (i segni del "compendio") è diventato consumato, sporco, sbiadito o coperto con graffiti, sta sempre e solo al viandante tentare di decifrare l'indicazione originaria, "attualizzandola". In questo l'attualizzazione di un'indicazione è laboriosa e cruciale: se il segnale ci indica la strada in cui c'è un ponte ormai crollato, quel percorso non è più attualizzabile, o seguire le orme di chi ci ha preceduto sarebbe quantomeno rischioso; se invece ci indica una strada ancora percorribile, magari solo con un po' di cautela ed impegno, può essere ancora attualizzabile (sempre che si abbia voglia di fare due passi... si può anche decidere di sdraiarsi ai bordi della strada, accanto all'asino di cui parlava Sariputra, ad osservare i viandanti che si avvicendano sulla strada cercando la propria meta sui sentieri della "transumanza dello spirito" :) ).
Inverno scrive:
le periferie "dello spirito" da tempo sono lande desolate di cui nessuno o pochi si interessano, lasciando i barbari scorrazzare alle porte.
Sono così desolate che si posson percorrere mille miglia senza incontrar nessuno. Sono luoghi inospitali e desertici, pieni di sabbia del deserto che offusca la vista. Forse ci si può imbattere nelle tombe di antichi marabut, o in quella abbandonata di Charles De Foucauld ( in questi giorni ricorrono i cento anni dal suo assassinio) dalle parti di Tamanrasset...
Forse si intravedono ancora le vestigia di antichi nobili coperte dalla sabbia...allora bisogna procedere più lesti, prima che cali la notte, la gelida notte del deserto...del deserto della nostra anima.
Sì...il vero Daoismo è morto con quei nobili che l'hanno vissuto, che mai hanno desiderato che si costruissero altari sulle loro ossa, che mai sognarono di esser adorati da qualcuno. L'autenticità resiste al tempo? Il falso è sicuramente resiliente, il falso sa insegnare meravigliosi canti. Ma...dopo duemila e trecento anni Sari, Phil, InVerno, e altri si interrogano ancora, frustano l'asino per arrivare all'oasi prima che calino le tenebre. Non c'è alcuna oasi? Allora copriremo gli occhi e la bocca dell'asino e la nostra maschera ci proteggerà per andare ancora avanti...finché le forze ce lo consentiranno...fino al Gran Limite.
Quando Ciuang Tze fu per morire, i suoi discepoli intendevano fargli un gran funerale. Ciuang Tze disse. " Cielo e Terra saranno la mia bara e il suo coperchio; sole e luna, i miei tondi simboli di giada ( insegne della mia dignità); le stelle e costellazioni le mie perle e i miei gioielli; e tutto il creato vi assisterà. Non è un funerale completo ? Cosa potreste aggiungervi?"
I discepoli risposero: "Noi temiamo che i corvi e i nibbi mangino il nostro Maestro".
"Sopra, mi mangeranno corvi e nibbi" disse Ciuang tze, "sotto mi mangerebbero i grillitalpe e le formiche. Togliere agli uni per dare agli altri sarebbe mostrare parzialità".
Ciao dimenticato Charles...
Vorreste sapere da che cosa dipende la comparsa di spiriti falsi nel mondo, spiriti che hanno ingannato se stessi e gli altri con un falso fuoco e falsa luce, avanzando pretese sull'informazione, sull'illuminazione e le aperture della vita divina, pretedendo in particolare di operar miracoli per straordinaria vocazione divina? La risposta è questa: essi si sono volti a Dio senza volgersi via da se stessi, pretendevano di vivere in Dio prima di morire della loro natura. Orbene, la religione nelle mani dell'io singolo o della natura corrotta, serve solo a scoprire vizi di un genere peggiore di quelli che si trovano nella natura lasciata a se stessa. Di qui nascono tutte le sfrenate passioni degli uomini religiosi, che bruciano di una fiamma peggiore di quella di cui ardono le passioni suscitate da mere questioni mondane. Superbia, esaltazione dell'io, odio e persecuzione sotto il manto dello zelo religioso, santificheranno azioni che la natura lasciata a se stessa, si vergognerebbe di confessare."
William Law
Citazione di: Phil il 27 Novembre 2016, 15:40:22 PM
Il "compendio di segni" è sempre resiliente (semanticamente) se viene tramandato senza troppe storpiature, quello che non è resiliente è spesso la cultura del popolo a cui il compendio parla, popolo che è solitamente calato in una storia dinamica, fatta di mutamenti, più o meno intensi... è inevitabile che una popolazione, nella sua maggioranza, non colga un messaggio "difficile": più un paese è popoloso e più è improbabile che camminando per le sue strade si intravveda virtù ad ogni angolo; per questo il taoismo autentico non si respira in ogni angolo della Cina, come il cristianesimo più puro non si incontra ad ogni SanPietrino ( ;D ) delle strade di Roma, etc. come osservava disincantatamente la citazione iniziale, non siamo tutti uguali e, tanto più il percorso è nascosto, insolito, stretto e non per tutti (citando il topic), tantomeno ci si trova traffico...
Ogni testo "sacro" o tradizione è come un segnale stradale: indica la strada ma non la compie; sta al viandante percorrerla con le sue gambe, nel modo che può, che vuole, che preferisce e magari può anche decidere di cambiarla cercando scorciatoie, strade panoramiche e percorsi migliori... e se anche il segnale (i segni del "compendio") è diventato consumato, sporco, sbiadito o coperto con graffiti, sta sempre e solo al viandante tentare di decifrare l'indicazione originaria, "attualizzandola". In questo l'attualizzazione di un'indicazione è laboriosa e cruciale: se il segnale ci indica la strada in cui c'è un ponte ormai crollato, quel percorso non è più attualizzabile, o seguire le orme di chi ci ha preceduto sarebbe quantomeno rischioso; se invece ci indica una strada ancora percorribile, magari solo con un po' di cautela ed impegno, può essere ancora attualizzabile (sempre che si abbia voglia di fare due passi... si può anche decidere di sdraiarsi ai bordi della strada, accanto all'asino di cui parlava Sariputra, ad osservare i viandanti che si avvicendano sulla strada cercando la propria meta sui sentieri della "transumanza dello spirito" :) ).
Penso che la corruzione dei simboli sia una relazione biunivoca più che una semplice corruzione culturare (quindi ad opera del popolo). I "nobili" abbisognano di mantenere il potere dei simboli e li corrompono allo stesso modo di chi li discerne con metro consolatorio. E riguardo alla semantica "resiliente", io non ci metterei la mano sul fuoco. Ci sono prescrizioni semplici e inoppugnabili, che tuttavia non sopravvivono alla corruzione. Esempio semplice:
"Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole" (Gesu, mt 6,7). Vedi te che sforzo "semantico" devi fare per entrare in una semplice parrocchia.
Intendevo proprio che sul piano semantico (ovvero del significato) l'indicazione è ancora chiara, non corrotta, "resiliente": la tua citazione porta ancora lo stesso messaggio/significato di mille o più anni fà (se ci fidiamo dei traduttori e delle revisioni, ma questa è un'altra storia, o meglio, un altro lato della stessa storia...). L'incoerenza, il travisare, lo sminuire, etc. appartengono alla pragmatica, alla messa in atto di quella indicazione, ma non alla semantica del testo, che resta inalterata come un segnale stradale che indica sempre e solo la stessa strada, anche a chi non può o non vuole seguirla, o si illude di farlo...
Citazione di: InVerno il 28 Novembre 2016, 12:38:34 PM Vorreste sapere da che cosa dipende la comparsa di spiriti falsi nel mondo, spiriti che hanno ingannato se stessi e gli altri con un falso fuoco e falsa luce, avanzando pretese sull'informazione, sull'illuminazione e le aperture della vita divina, pretedendo in particolare di operar miracoli per straordinaria vocazione divina? La risposta è questa: essi si sono volti a Dio senza volgersi via da se stessi, pretendevano di vivere in Dio prima di morire della loro natura. Orbene, la religione nelle mani dell'io singolo o della natura corrotta, serve solo a scoprire vizi di un genere peggiore di quelli che si trovano nella natura lasciata a se stessa. Di qui nascono tutte le sfrenate passioni degli uomini religiosi, che bruciano di una fiamma peggiore di quella di cui ardono le passioni suscitate da mere questioni mondane. Superbia, esaltazione dell'io, odio e persecuzione sotto il manto dello zelo religioso, santificheranno azioni che la natura lasciata a se stessa, si vergognerebbe di confessare." William Law
Questo passo di W. Law, che non conosco ma mi sembra di ricordare faccia parte della corrente mistica anglicana, sembra riportarci all'
esser degno di Hadrat. L'uomo si rivolge alla religione, ai suoi segni, ai suoi simboli e pretende di conoscere senza prima conoscere se stesso e le proprie inclinazioni. Si mette ad adorare il cartello segnaletico e non comprende la
funzione del cartello stesso. Di più...pretende di esercitare un'autorità sugli altri viandanti per il semplice fatto che si definisce "il custode" del cartello. Sentirsi padroni e sentinelle del cartello ingigantisce proprio quell'io egoico che si dovrebbe abbandonare per proseguire nel viaggio verso la meta. Da qui poi sorgono tutti i vizi e le malvagità della "natura lasciata a se stessa" di cui parla Law ( mancanza di controllo della propria brama...).
Mi sembra proprio questo lo spartiacque tra il nobile e l'essere pseudo-reale ( essere non padrone di se stesso ma vittima di se stesso). il nobile
sa che il cartello indica la Via, ma non è la Via; l'essere pseudo-reale
non comprende ( non vuole sapere...) che si tratta solo di un'indicazione, si appropria del cartello e lo ridipinge pensando sia il modo migliore di preservarlo, di custodirlo. L'uomo essenziale però procede
indifferentemente dal cartello segnaletico stesso, in quanto è la sua propria natura l'andare avanti, sempre avanti perché, come dice Hadrat, sa
armonizzare tutto ciò che serve per procedere nel cammino intrapreso. Al massimo getta uno sguardo al cartello passandoci accanto, giusto per avere conferma che sta avanzando nella giusta direzione, ma non
dipende da questo ( forse gli scappa pure un sorriso vedendolo ridipinto...con la scritta "Non andate oltre"). I cartelli diventano utili, a mio parere, solo quando un abile nobile stesso, passando sul luogo, si occupa di rimetterli nella giusta posizione, ben sapendo che in fondo sono solo vestigia di antichi e gloriosi nobili passati su quella via.
Sembra una visione elitaria della spiritualità, ma diventa elitaria non perché esistano essere "superiori" ad altri, ma perché moltitudini di esseri si abbassano, si rendono schiavi delle proprie passioni e delle proprie avversioni, si rendono "inferiori" spiritualmente con la propria volontà di esserlo, rendendosi , di fatto, incapaci di generare quell'armonia necessaria e quell'occhio
disincantato sulla pseudo-realtà delle cose , ma
incantato nel vederle nella luce ( con la luce) dell'essenzialità. La strada è stretta perché stretto è il varco tra le nostre inclinazioni...
O cuore! Fino a quando, in questa prigione di inganni,Puoi distinguere la differenza tra Questo e Quello,Distaccati per un momento dal Pozzo della Tirannia;Stanne al di fuori. Jalaludin Rumi
Ho ripescato Law (che si, è un mistico) perchè avevo il sentore di aver letto una citazione che completasse il tuo incipit, ma non mi ricordavo quale, mi veniva in mente Guenon ma poi non trovavo niente. Poi non era Guenon ma Huxley (Filosofia perenne) e devo dire che rileggendolo a distanza di anni ho trovato alcune risposte a domande che io stesso ho posto in questo thread, in particolare riguardo alla mancata creazione di segni universali(teologia empirica?) e riguardante l'atto di fede che implica l'effettiva possibilità di sovrapposizione tra l'io e il tutto. Risposte parziali. Per rispondere a Phil vorrei mettere l'accento sul termine resiliente, che è diverso da "resistente". Sono assolutamente convinto esistano segnali stradali resistenti, che se anche colpiti da una mazza ferrata non si piegano, ma la resilienza è un tipo di resistenza differente, è il segnale stradale che se provato a colpire non solo non si deforma, ma dall'atto in se dell'essere colpito fa scaturire una reazione positiva (se consideriamo la corruzione come negativa, quindi una spinta uguale (?) e contraria). Lungi da me stilare trattati, ma se per comodità dividessimo i segni in tre categorie a) I duttili (come le mitologie, le figurative etc) b) I resistenti (come i principi?) e i resilienti .. la terza categoria, a mio avviso mi pare bella che vuota di elementi (anche se l'osservazione della vita, potrebbe riempirla, passibile di soggettività, aleatorietà e incomunicabile). Eppure, proprio per la sua capacità di contenere l'uguale e il contrario, le due spinte, la dualità del tao (basta sinonimi..) non dovrebbe essere la più accurata? Sarà il limite della nostra natura, qualcuno dirà.. Ma non s'era supposto che qualcuno l'avesse trascesa? Il messaggio è comunque veicolato attraverso essa ed ai suoi principi si sottopone.. Allora è destino che tutto ciò sia incomunicabile? E allora posso anche smettere di scrivere.. che è meglio!
Citazione di: InVerno il 29 Novembre 2016, 14:30:32 PMHo ripescato Law (che si, è un mistico) perchè avevo il sentore di aver letto una citazione che completasse il tuo incipit, ma non mi ricordavo quale, mi veniva in mente Guenon ma poi non trovavo niente. Poi non era Guenon ma Huxley (Filosofia perenne) e devo dire che rileggendolo a distanza di anni ho trovato alcune risposte a domande che io stesso ho posto in questo thread, in particolare riguardo alla mancata creazione di segni universali(teologia empirica?) e riguardante l'atto di fede che implica l'effettiva possibilità di sovrapposizione tra l'io e il tutto. Risposte parziali. Per rispondere a Phil vorrei mettere l'accento sul termine resiliente, che è diverso da "resistente". Sono assolutamente convinto esistano segnali stradali resistenti, che se anche colpiti da una mazza ferrata non si piegano, ma la resilienza è un tipo di resistenza differente, è il segnale stradale che se provato a colpire non solo non si deforma, ma dall'atto in se dell'essere colpito fa scaturire una reazione positiva (se consideriamo la corruzione come negativa, quindi una spinta uguale (?) e contraria). Lungi da me stilare trattati, ma se per comodità dividessimo i segni in tre categorie a) I duttili (come le mitologie, le figurative etc) b) I resistenti (come i principi?) e i resilienti .. la terza categoria, a mio avviso mi pare bella che vuota di elementi (anche se l'osservazione della vita, potrebbe riempirla, passibile di soggettività, aleatorietà e incomunicabile). Eppure, proprio per la sua capacità di contenere l'uguale e il contrario, le due spinte, la dualità del tao (basta sinonimi..) non dovrebbe essere la più accurata? Sarà il limite della nostra natura, qualcuno dirà.. Ma non s'era supposto che qualcuno l'avesse trascesa? Il messaggio è comunque veicolato attraverso essa ed ai suoi principi si sottopone.. Allora è destino che tutto ciò sia incomunicabile? E allora posso anche smettere di scrivere.. che è meglio!
Sì, credo che in definitiva sia incomunicabile. Mi son quasi convinto che sia giusto così, direi. Però... è necessario che ogni vicenda della nostra esperienza di vivere sia comunicabile? Perché sentiamo la necessità di comunicare e stabilire un'autorità, conscia o inconscia, sugli altri? Da dove ci viene questa spinta, tale da ritenere che, se una cosa non è comunicabile, non è nemmeno "vera"? Arroganza della ragione ? Se paragono però l'intuizione "spirituale" , per esempio, all'intuizione artistica verifico che, come questa, non è comunicabile. Ambedue producono qualcosa. Restano i famosi, maledetti, "segni" che , a mio modesto parere, al massimo ci fan venire voglia di prendere in mano il pennello e provare, anche noi, a imbrattare qualcosa; oppure, nel caso della ricerca dell'essenziale
dao, a metterci in cammino, forse...Tante domande sorgono...
Mi raccomando, non smettere di scrivere, ché scrivi molto bene e in modo interessante... ;)
Penso che questa spinta sia istintiva e provenga dalla nostra natura sociale e dall'importanza che la comunicazione ha svolto nella nostra sopravvivenza, a livello utilitaristico, ma il piacere fondante di ciò provenga dall'empatia, dalla naturale propensione alla proiezione di se stessi nell'altro. Dico questo non tanto per mettere questo problema in una scatola chiusa, tutt'altro. Sono seriamente convinto che vi siano un sacco di "residuati bellici" nei nostri istinti, che derivino direttamente da quel lungo periodo dove la sopravvivenza era al primo posto tra le priorità. Esplorando se stessi si può fare esperienza di una seria di riflessi che hanno direttamente a che fare con la preservazione della propria vita, anche oggi dove questa non è davvero cosi a rischio, cosi come una persona con un braccio amputato, lo sente e lo muove per mesi dopo che gli è stato amputato. L'effettiva incomunicabilità emotiva dell'essere umano, che si illude di parlare con l' "altro" e invece parla con l'immagine di se stesso "addobbata", travestita da altro, è un limite che è difficilmente superabile, specialmente per comuncare la fede! Ognuno ha il proprio sistema di idee e molto difficilmente le cambia o anche solamente è aperto ad assimilare quelle dell'altro, ognuno è molto più chiuso di quanto ammette. Eppure è un meccanismo cruciale nella formazione culturale di un popolo, che altrimenti deriva nel cieco individualismo (quale oggi). A mio avviso, ci sono almeno due punti di rottura tuttavia in questo scudo esteriore, il dolore e l'autorità. Il dolore agisce a livello personale e mette in dubbio i nostri schemi di idee e ci fa propensi ad accoglierne altri visto l'insuccesso dei nostri (non a caso gran parte delle "derive" religiose oggigiorno nascono da un evento doloroso) e l'autorità agisce a livello globale sotto qualsiasi forma possa essere convincente a chi deve ricevere il messaggio (e cosa è un segno, se non una forma di autorità?). Invero penso che vi sia un altro modo per comunicare all'altro la fede, una forma benevola di autorità generalmente chiamata "carisma", propria dei maestri, dei profeti, degli yogi, dei buddha, che attraggono secondo me, paradossalmente forse, le persone più logiche. Perchè è si vero che per fare esperienza della fede la logica è nociva nel suo continuo sezionare il Tutto, ma non c'è da illudersi, dietro ad ogni fede c'è un grandissimo sforzo logico e tutte le fedi hanno una logica ben chiara e razionale, fatta di riti, impressioni, significati, tutto torna perfettamente, dall'inizio dei tempi fino alla fine dei tempi. E spesso queste superfetazioni hanno bisogno di un intermediario proprio per le persone che usano la "porta superiore" (non ricordo precisamente dove l'ho presa, ma c'è una rappresentazione induista che vede l'accesso al divino come una colonna alla quale si accede attraverso tre porte, la superiore logica "per filosofi e teologhi" la seconda dove la logica si affianca alla pratica "per mistici" e la terza per chi fa largo utilizzo di riti\segni e autoconvincimenti "per pratici" - nessuna gerarchia tra esse, che io sappia). La domanda è, perchè nel mondo occidentale sono tutti finiti a passare per la porta più in basso, se non perchè in basso ce li hanno spinti le motivazioni che li hanno innanzitutto convinti (dolore e autorità?). O è forse perchè mancano buoni maestri? Altresi, perchè è cosi lontana una fede distante da quella porta? Suggerisco "Ana-teismo" di Richard Kearney, un testo forse non impeccabile ma ottimo di spunti.