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di Daniele Mansuino   indice articoli

 

Metafisica dello zombi

Settembre 2023


Gli zombi del voodoo, come tutte le forme di Risuscitati che si incontrano nelle leggende, hanno origine da una forma di lavoro magico particolare: viene infatti applicato ad una particolare entità sottile del corpo umano, un’anima supplementare chiamata il Respiro delle Ossa.

Per quanto presenti con essi delle somiglianze, il Respiro delle Ossa non va confuso con il corpo sottile, o - che so - il Corpo di Gloria: le anime che ospitiamo sono tante.

La principale differenza da questo genere di entità è che il Respiro delle Ossa non è un corpo: è piuttosto una forma, che, nella prima fase della sua esistenza (ovvero quando l’essere umano è vivo), si adatta al corpo materiale come un liquido al suo contenitore.

Un’altra differenza è che, mentre al corpo sottile è lecito, per certi aspetti, attribuire un certo livello di realtà (intendendo con ciò una sua manifestazione stabile e costante sul piano della realtà oggettiva, come ad esempio nelle OOBE), il Respiro delle Ossa è invece pura apparenza - non c’è alcuno spirito in lui, e possiamo dunque considerarlo una finzione, accostabile se vogliamo alle larve delle sedute spiritiche: parvenze di coscienza, o immagini ­virtuali, della coscienza di un uomo vivo, con la quale in certi casi coabitano lungamente nel corpo, e poi - quando essa si dissolve - le sopravvivono come una sorta di memoria.

Tuttavia, come le larve, anche al Respiro delle Ossa può essere accreditata una parvenza di consapevolezza che non risulta molto dissimile dall’abituale consapevolezza umana: potremmo definirla una condizione di sonnolenza, o un lieve stato comatoso (nell’Antico Testamento se ne parla in varie occasioni).

E non solo - il Respiro delle Ossa può, in certi casi, assumere un aspetto corporeo; per questo gli Egizi, che lo conoscevano bene, lo chiamavano il doppio (sottinteso: del corpo materiale).

Da questi suoi caratteri sono sorte in passato controversie sul fatto se lo si possa o meno definire esistente: controversie nelle quali di solito prevaleva il no, in quanto l’assenza di un principio spirituale veniva considerata risolutiva (oggi, forse, si ragionerebbe diversamente).

La morte del corpo fisico segna per il Respiro delle Ossa l’avvio di una trasmutazione importante, paragonabile a quella del bruco che diventa farfalla. Se essa avviene nelle condizioni giuste, il Respiro delle Ossa può durare all’infinito.

Quando il cuore cessa di battere, quella parte dell’essere sottile che è indissolubilmente attaccata al corpo materiale (citiamo tra le sue componenti, a titolo di esempio, il prodotto dell’attività elettrica del sistema neuromuscolare) viene attratta, per una sorta di gravità interna, nelle ossa; e da lì prende a irradiare una sorta di aura, che - in certe condizioni - può anche essere vista ad occhio nudo.

In questo stadio, il Respiro delle Ossa è in grado di dialogare con quanti riescano a vederlo; ai quali appare perlopiù nella forma di una sfera luminosa, che dapprima prende a pulsare brevemente intorno alla testa del cadavere, per poi caricarsi in successione di una serie di colori.

In teoria, si dovrebbe manifestare tutto il canonico settenario ermetico - rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e viola; ma, in pratica, secondo le testimonianze, va già bene se si riescono ad intravvedere soltanto alcuni colori.

Poi, la sinistra forma ovoidale scurisce progressivamente, e dalla testa si estende - con una forma appuntita - in direzione dell’ombelico. Allora, colui che riesce a vederlo noterà che la sua faccia inferiore aderisce al cadavere; e che si intravvede, al suo interno, un formicolio o un brulichio simile ad un movimento verso l’alto, proprio come se il Respiro delle Ossa stesse richiamando a sé i fluidi del corpo.

È vero, in effetti, che lo fa; e per tramite di essi, mescolandoli alla propria sostanza, crea una pellicola - nerastra e luminosa - che lo avvolge tutto, pregiudicando all’energia vitale di abbandonarlo, e consentendogli di conservare il più a lungo possibile la sua parvenza di vita.

Questa sorta di guscio lo proteggerà anche dalle maree cosmiche: ovvero dal fluire e rifluire delle energie dell’Universo, che altrimenti - passando e ripassando dentro di lui - lo drenerebbero in breve.

Inutile dire che questi tratti rendono il Respiro delle Ossa estremamente adatto ad essere evocato dai maghi, i quali sanno come ravvivare la sua debole vita per periodi brevi, e utilizzarlo a vari scopi: prime fra tutte, quelle famose operazioni divinatorie - come l’episodio dell’evocatrice di Endor (1° Samuele, 28) - che passano sotto il nome di necromanzia.

Per quanto scorretto dal punto di vista etimologico, da sempre si usa definire necromanzia anche l’enorme universo delle attività magiche sui corpi dei defunti.

Fin dall’età della pietra, è diffusa l’usanza di estrarre polveri di potere dal cervello dei morti, nonché usare teschi, femori e tibie per vari scopi.

Scrisse Agrippa: La necromanzia si divide in necyomanzia, che costringe il cadavere a levarsi e richiede sangue, e sciomanzia, che si limita a far apparire le ombre. Tutte le operazioni si compiono a mezzo dei cadaveri e delle loro parti e di quanto proviene da essi, perché in essi si trova la potenza demoniaca che è loro amica (Agrippa, De occulta philosophia, Libro 3°, Cap. 42).

Tra i massimi fautori della necromanzia dell’età moderna, non è possibile omettere i cosmisti russi (vedi i miei due articoli Great reset cosmico); in particolare Bulgakov (l’autore de Il maestro e Margherita), ed ancora di più lo stesso iniziatore del movimento cosmista, Nikolaj Fyodorov (1829-1903), che cercava il segreto della restituzione della vita ai defunti nei culti degli antenati e negli antichi rituali fondati sulla memoria del sangue, sulle ceneri, sulle ossa e sulla mummificazione.

Nell’ambito della scienza cosmista, il Respiro delle Ossa figura con il nome di soffio vitale osseo, e viene inteso come sprigionante dalla compenetrazione della forza vitale con la parte minerale dell’essere umano; ne deriva una qualità di energia sui generis, non sempre coinvolta nelle attività psichiche ordinarie per la sua natura più greve, e quindi tendente a raggrupparsi e a funzionare per conto proprio: una “vita ossea” a se stante.

Può suonare come una conferma dell’intreccio tra il cosmismo fyodoroviano e il mazdeismo (cui ho accennato in Grand Reset cosmico, seconda parte) il significato del nome del demone mazdeo della morte: Asto Vidotu, ovvero il Separatore di Ossa. Egli ha il compito di accertarsi che lo smembramento del cadavere non porti all’estinzione del Respiro delle Ossa; e che quest’ultimo rimanga invece presente in ogni piccolo osso, anche levigato e imbiancato, a disposizione dello sciamano che voglia evocare il defunto.

Esiste, nello sciamanesimo siberiano, la credenza che l’anima vada considerata come triplice: l’anima-destino è quella destinata a reincarnarsi, l’anima-ombra è il doppio del corpo e l’anima-corpo lo controlla.

Va notato che è l’anima-corpo ad essere considerata la più importante delle tre, al punto che - in certi linguaggi locali della Siberia - anima è sinonimo di osso. Infatti, dopo la morte, l’anima destino va a vivere presso le sorgenti del fiume della vita, e l’anima-ombra vola via; invece l’anima-corpo rimane sulla tomba a guardia delle ossa, e fino a quando queste ultime non marciranno, rimarrà viva.

L’anima-corpo è la più importante perché la robustezza e la densità della materia ossea indica che nelle ossa risiede il principio della vita; è quindi da esse che la vita può essere fatta rinascere, con riti aventi per obbiettivo il potenziamento artificiale del Respiro in esse contenuto.

Questa possibilità è testimoniata in un numero impressionante di testi antichi - cito solo Ezechiele:

 

La mano dell’Eterno fu sopra di me, e l’Eterno mi trasportò in ispirito, e mi depose in mezzo a una valle che era piena di ossa. E mi fece passare presso di esse, tutt’attorno; ed ecco erano numerosissime sulla superficie della valle, ed erano anche molto secche. E mi disse: “Figlio di uomo, pensi che queste ossa potrebbero rivivere?” E io risposi: “O Signore Eterno, tu lo sai”. Ed egli mi disse: “Profetizza su queste ossa, e dì loro: Ossa secche, ascoltate la parola dell’Eterno! Così dice il Signore, l’Eterno, a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito, e voi rivivrete; e metterò su voi dei muscoli, farò nascere su voi della carne, vi coprirò di pelle, e rivivrete, e conoscerete che io sono l’Eterno”. E io profetizzai come mi era stato comandato, e come io profetizzavo, si fece un rumore; ed ecco un movimento, e le ossa si accostarono le une alle altre. Io guardai, ed ecco venire su di esse i muscoli, crescervi la carne, la pelle ricoprirle; ma non c’era in esse spirito alcuno. Allora egli mi disse: “Profetizza allo spirito, profetizza, figlio di uomo, e dì allo spirito: Così parla il Signore, l’Eterno: Vieni dai quattro venti, o spirito, soffia su questi uccisi, e fa che rivivano!” E io profetizzai, come egli mi aveva comandato; e lo spirito entrò in essi, e tornarono alla vita, e si rizzarono in piedi; erano un esercito grande, grandissimo (Ezechiele 37: 1-10).

Per quanto antica oltre ogni dire, la suddivisione binaria tra ba e ka (più o meno spirito e anima) degli Egizi, alla quale tante volte ho già accennato, può essere considerata una semplificazione della classificazione ternaria in uso presso gli sciamani; motivata dal fatto che, nell’ambito delle culture sedentarie, il baricentro dell’attenzione umana andava spostandosi gradualmente verso la dimensione sociale, e tutto quanto concerneva la percezione delle realtà sottili veniva semplificato.

Ho anche già detto di come, nel voodoo, siano chiamati ba-kà gli Elementali che i bokor della mano sinistra sono in grado di imprigionare entro uova o bottiglie, assoggettandoli come spiriti al loro servizio (vedi il mio articolo Le esperienze voodoo del Chavo); e, per quanto un linguista abbia tutti i diritti di considerare inattendibile l’accostamento tra la parola bakà e il ba e il ka degli Egizi, la società degli Aun-Thom-Bha (di cui ho trattato ne La dottrina segreta del voodoo haitiano) testimonia che, almeno sulla base della tradizione ermetica, un legame ininterrotto tra l’Egitto e il voodoo c’è.

Secondo gli Aun-Thom-Bha, la procedura per la creazione dei bakà può essere equiparata a quella per la creazione degli zombi (benché quest’ultima sia più complessa, come conviene alla resurrezione di un essere umano); la quale nient’altro è se non una delle innumerevoli applicazioni possibili del lavoro sul Respiro delle Ossa, come se ne possono riscontrare in tutte le tradizioni magiche più o meno direttamente derivate dall’Ermetismo.

La somiglianza tra le due procedure è notevole, anche se la bottiglia che servirà ad imprigionare l’elementale destinato a diventare un bakà va piazzata nella foresta, mentre quella per catturare lo spirito del morto (che verrà poi artificialmente reinserito nel corpo) in un cimitero.

Poiché la parte del rituale di zombificazione destinata al reinserimento dello spirito nel corpo è molto impegnativa, ci sono bokor che non se la sentono di affrontarla, ed optano per l’applicare al morto la procedura del bakà fino in fondo; ritrovandosi, alla fine, in possesso non di uno zombi dal corpo umano, bensì di un bakà più intelligente (e, si dice, anche più malvagio e feroce) degli altri.

Facendo astrazione da questo caso ibrido, la differenza più rilevante tra i due rituali è che per il bakà si procede direttamente sull’elementale, per lo zombi su una batteria di elementali alla quale dovrà essere associato il Respiro delle Ossa.

Dapprima vediamo brevemente quest’ultima. Dopo essersi procurato un osso sufficientemente ricco di Respiro, il mago o il bokor dovrà dapprima assoggettare un certo numero di elementali imprigionandoli e legandoli in una catena, allo scopo di far loro balenare come necessario l’avvio di un processo evolutivo, per ritornare in libertà.

Possono essere usate larve come intermediari per comunicare con loro, a condizione però di guardarsi bene dalla tendenza di queste ultime a succhiare energie.

Quando il sistema composto dall’osso, dai contenitori degli elementali e dagli artifizi per comunicare con loro, sarà stato messo in opera ed avviato con le debite procedure, la sua tendenza sarà di autoperpetuare il proprio funzionamento, anzi di accrescerlo progressivamente da un giorno all’altro.

Bisognerà allora fare molta attenzione a non perdere il controllo; perché se il sistema si disintegra, o anche solamente consente ad una certa quantità di energia di fuoriuscire, le conseguenze possono essere orripilanti. Si tratta di forze assetate di potere e tendenti a soggiogare, con forze sufficienti per impadronirsi di una persona innocente e tenerla sotto controllo per tutta la vita.

Per quanto ho detto a proposito della mancanza di un legame tra lo spirito e il Respiro delle Ossa, è evidente che un essere così risuscitato non sarà mai vivo nel senso pieno del termine, come ci dice la letteratura sugli zombi; però è possibile farlo sembrare più umano di loro, che perlopiù vengono risuscitati per svolgere compiti pesanti, senza nessun riguardo per l’estetica. Non è affatto detto che un Risuscitato debba essere di aspetto terrificante, o andare in giro barcollando e con le orbite girate all’insù - basta un minimo di cura dei dettagli per ottenerne di indistinguibili dai vivi.

Anche se è falso che lo zombi vada in giro a smembrare la gente, è vero invece che ha le sue rivendicazioni. Infatti il lavoro sul Respiro delle Ossa non è diverso di quello su tutti gli altri esseri del mondo sottile, quale che sia il loro ordine e grado: ovvero, è uno scambio.

Così, esiste una gerarchia di questi esseri-ombra che non solo deve essere tenuta presente dall’operatore, bensì anche chiamata in causa, col vellicare il carattere che tutti gli esseri sottili (e le rimanenze dei morti in particolare) hanno in comune: ovvero l’amore per il potere - di esseri adorati, o venerati, come maestri e guide.

Non è vero dunque che lo zombi sia un selvaggio dedito ad atti sconsiderati; anzi al contrario, è un signore che va trattato coi guanti, fin dalle prime battute del rituale per dargli la vita. È sforzo erculeo per il Respiro delle Ossa l’attrezzarsi ad elaborare una nuova anima e un nuovo corpo, e non ha senso il pensare che egli possa acconsentire a compierlo senza il miraggio di adeguate gratificazioni.

Ora, sebbene non mi sia concesso di descrivere la procedura per la creazione degli zombi, nessun divieto mi impedisce di accennare a quella per i bakà, confidando nel fatto che almeno i più pratici di Ermetismo tra i miei lettori saranno in grado di compiere le debite trasposizioni.

Bisogna dire innanzitutto che occorre essere un bokor molto competente per dare vita a un mostro come quello incontrato da El Chavo, che il proprietario teneva in giardino e nutriva come un cane da guardia, ed al quale doveva sacrificare la vita di un parente ogni anno, avendone in cambio ricchezza e fortuna.

Però, per quanto difficile, come molte pratiche del voodoo haitiano, è soprattutto una questione di fedele osservanza delle prescrizioni e comprensione della teoria (come gli Aun-Thom-Bha si ostinano a raccomandare ai bokor, cercando invano di contrastare la superficialità che oggi impera).

La prima operazione consiste nell’adescare un elementale della foresta, per cui occorre una bottiglia preparata in questo modo: foderarla sulla superficie esterna con una superficie riflettente (vengono usate paillettes o specchietti applicati ad uno sfondo di colore scuro - non è apprezzato il domopak di alluminio) e spargere sul fondo interno un po’ di catrame, destinato ad imprigionare (incollandolo) lo spirito che vi farà ingresso.

Come esche per lo spirito, vanno anche introdotte: radici forti, spezie dolci (cannella, cumino, chiodi di garofano, anice stellato), una noce moscata, polvere da sparo (ricavabile da cartucce per la caccia), miele e cachassa (che è il migliore equivalente del clairin haitiano).

Alla sera, la bottiglia va lasciata aperta nella foresta; preferibilmente non al suolo, ma appesa al ramo di un albero lontano dal sentiero, in una zona dalla folta vegetazione.

Presso di essa va disposto il vevè di Docteur-Les-Feuilles, sotto la cui egida si svolge l’operazione (nel caso dell’operazione per lo zombi, il vevè di Baron Samedi).

Al mattino si ritorna sul posto, si chiude la bottiglia con un tappo di sughero, e quasi certamente un elementale vi sarà imprigionato.

Si porta la bottiglia a casa, si accende un sigaro, si toglie il tappo, si parla nel buco ponendo al bakà le proprie richieste, si soffia dentro il fumo.

Prima di richiuderla, va versato all’interno un po’ di sangue per nutrire il bakà (si trova in rete sangue di maiale liofilizzato), cercando di farlo spandere sulle pareti, in modo che secchi invece di depositare sul fondo.

Davvero troppo ampia sarebbe la deviazione dal nostro tema per esaminare a fondo il rapporto tra il Respiro delle Ossa e il potere del sangue. Quest’ultimo, troppo spesso viene valutato soltanto sulla base del biblico ammonimento ad astenersi dal sangue; da cui l’idea che il sangue sia una sorta di ghiottoneria estrema per i nemici della legge divina, e lo sia in quanto simbolo della vita allo stato puro, incompatibile con i richiami alla mortificazione dell’etica cristiana.

È questa una associazione di idee che, per quanto superficiale, possiamo considerare corretta; ma non si vede perché il simbolismo del sangue in magia debba fondarsi esclusivamente su di essa.

Ancora più importante è, infatti, il legame sangue-schiavitù, fondato sul fatto che il sangue-vita è bramato dagli elementali, ma ad essi negato; perché, se nella foresta si verificano sversamenti di sangue, vengono subito spazzati via dai coprofagi.

Di conseguenza, la carenza di sangue-vita sviluppa nell’elementale uno stato di bisogno equiparabile a una dipendenza; e su di essa fa leva il bokor, offrendogli sangue per rendergli più gradevole - o almeno accettabile - la permanenza forzata nella bottiglia.

In verità, l’associazione sangue-schiavitù ha rivestito grande importanza nella storia umana: pensiamo solo agli obblighi di sangue, da quelli dinastici a quelli del semplice padre di famiglia, ma comunque considerati vincolantissimi ed ineludibili per tutti - una vera e propria schiavitù perpetua che rende gli esseri umani prigionieri del loro sangue, anelli di una catena che li inchioda al passato.

Non sempre si riflette su quanto tale condizione dell’essere umano abbia peso nel suo processo di ricezione energetica, modificando la natura delle correnti sottili che lo compongono - che non sono mai a misura d’uomo, ovvero tagliate in base alla sua costituzione individuale, ma soggette alle potenze telluriche che si esprimono ed agiscono attraverso il sangue.

Sono in vendita ad Haiti bottiglie (o uova - è una variante) contenenti bakà pronti all’uso. I contadini li comprano per mandare il bakà a fare incursioni nelle proprietà dei vicini che gli stanno antipatici, devastare i loro campi, uccidere il bestiame eccetera; ma possono anche essere usati semplicemente per la guardia.

Infatti, come testimoniato da El Chavo, il bakà si può materializzare; e quando lo fa, ha l’aspetto di un quadrupede con la testa di scimmia o di leone, le gambe corte e mani al posto delle zampe. Diventa visibile soltanto dopo il tramonto, e va nutrito con avanzi di macelleria.

Al di là del suo impiego in campagna, è possibile ricorrere al bakà anche per la soddisfazione di desideri impegnativi, come vivere a lungo, guadagnare denaro, avere successo in amore, eccetera - in questi casi, però, c’è il fastidio di dovergli sacrificare i parenti (che devono essere parenti stretti: a volte, l’offerta di un cugino viene rifiutata con vere manifestazioni di sdegno), e quando i parenti sono finiti, può capitare che il bakà si rivolti contro il padrone.

Comunque, è un mondo destinato a finire. Io credo che sia solo questione di tempo prima che la prigionia dei bakà nelle bottiglie e nelle uova venga a conoscenza degli animalisti, che organizzeranno le debite manifestazioni per porvi fine.

Verranno reintrodotti nelle foreste, e ci sarà spiegato che non sono nocivi per l’uomo, come nulla è nocivo di quello che viene dalla natura.


Daniele Mansuino


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