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Vecchio 20-07-2007, 07.15.41   #1
emmeci
Ospite abituale
 
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Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
Siamo veramente monoteisti?

Nonostante le apparenze, questa non è una fantasia di mezza estate. E non intendo strizzare l’occhio a qualche eretico dei primordi dell’era cristiana o agli innamorati degli dei della Grecia. Sì, perché sono gli stessi cristiani - cattolici, riformati, ortodossi…. - che sentono che Dio non è uno, anche se questo sembra andare contro alla tradizione in cui siamo cresciuti, e che sul monoteismo ha fondato la certezza della superiorità anzi della verità della fede. Eppure il più ardito monoteista non può cancellare la sensazione, che ha in sé, di una doppiezza divina, di un’ambiguità o una lacerazione, che tuttavia non ispira dolore ma anzi sembra venirci benevolmente incontro mentre accompagna il segreto pulsare dei cuori e non rifiuta le nostre parole ma dà ad esse un senso più alto. Ed è una doppiezza ben nota ai religiosi e ai filosofi, che l’hanno interpretata usando i termini di trascendenza e immanenza, quasi a serrare in questo circolo il mistero divino: poiché se il termine trascendenza cerca di esprimere una sublime astrazione al di là di ogni immagine e definizione di Dio, con immanenza si afferma il suo esistere nella realtà della storia - non solo la storia dell’uomo, ma la storia del mondo e di tutti i mondi.
Trascendenza e immanenza, cioè assoluto e infinito: come può essere pensato Dio se non come assoluto e infinito? E poi, sono davvero concetti o sono intuizioni, possibilità, assi su cui si regge ogni religione e ogni fede? Vorrei dire di più: che chiunque abbia provato una religiosa emozione, chiunque abbia sentito in sé il pungolo della fede, l’ha sempre vissuta come trascendente e immanente – elevando il respiro nell’assoluto e distendendolo nell’infinito, vivendo per un istante lassù mentre affonda nel suolo, cioè nella storia, le mani. Librandosi per così dire fra Dio e Dio.
Ho detto una lacerazione o una piaga, che rende tormentosa la ricerca di Dio e disperata la certezza che esiste. Forse soltanto chi riesce a unificare trascendenza e immanenza ha il lampo della certezza – ed è questo, forse, il momento dell’agonia.
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