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Vecchio 11-12-2005, 15.50.59   #1
nexus6
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Cartesio, il solipsismo e le certezze assolute.

Cartesio con il “cogito ergo sum” spiana la strada al dibattito filosofico sul “solipsismo” ovvero sulla possibilità di essere certi solo del proprio pensiero; quando Cartesio approda al suo cogito per tirarsi fuori dall’impiccio, nel quale si era cacciato, si allontana dalla strada maestra della logica, per approdare inevitabilmente alle conclusioni dogmatiche note, come la necessità di un dio.

Ora se si ammette che l’unica propria certezza è il proprio pensiero e gli altri, per quanto ne sappiamo, potrebbero pure essere degli zombie (vedi gli “zombie filosofici” di Chalmers) ovvero si ammette l’impossibilità di conoscere se gli altri possiedano una coscienza, si sta sostenendo una posizione solipsistica; quest’ultima sembra una posizione difficilmente attaccabile, in quanto è indubbio che tutto ciò che l’individuo conosce sono i propri pensieri, le proprie sensazioni e nulla è possibile affermare certamente e necessariamente sugli “altri” che sembrano sì individui, ma potrebbero essere qualcosa di diverso da me stesso, in particolare riguardo alla coscienza, alle sensazioni interne.
Potrei essere io stesso ad applicare, in modo azzardato ed ingiustificato, le mie categorie mentali a degli “enti” che vedo così simili a me stesso, ma che nulla mi garantisce che possiedano una coscienza, delle sensazioni, così come le intendo io.

La posizione solipsistica è stata discussa da più punti di vista; l’unica critica che mi sento di muovere ha a che fare con il caro rasoio di Occam: in effetti dichiarandosi solipsisti si incorre in tutta una serie di domande logiche come “Mi sto ingannando da solo, riguardo al mondo?”, “Perché dovrei essere io l’unico essere cosciente, se l’umanità attuale deriva dall’evoluzione?”, “Io unico essere pensante, perché mi faccio male da solo?” ecc… ecc…; queste ed altre domande possono avere una risposta più semplice e plausibile adottando altre posizioni filosofiche.

Il rasoio di Occam è, però, solo un criterio, un metodo realista per assumere posizioni “ragionevoli” sulla realtà; io sono del parere che i termini “certezza” o “verità”, affinché siano utili, efficaci ed, in ultima analisi, opportuni, si debbano muovere all’interno di un certo sistema formale.
Non intendo invocare la logica matematica, in quanto il “cogito ergo sum” non rappresenta certo un teorema, ma essa costituisce un conveniente esempio: da un lato, creando un sistema di assiomi, si giunge a possedere uno strumento potente che consente di stabilire concetti estremamente complessi ed astratti e di verificare la verità, all’interno del sistema formale, di proposizioni concernenti tali concetti.

Pretendere di estendere la nozione di “verità” o di “certezza” all’esterno di un dato sistema formale condiviso e dunque pretendere di assegnarvi l’aggettivo “assolute”, esula logicamente da tutti i criteri potenzialmente utili riguardanti le nozioni suddette; voglio dire che l’idea di “certezza assoluta” è logicamente scorretta e ragionevolmente inopportuna.

Dunque, come hanno capito da tempo i filosofi ed i logici, bisogna abbandonare la pretesa di conseguire una qualche verità o certezza “assolute”, ma accontentarsi di limitare i suddetti concetti in un certo sistema formale, sistema di rappresentazione o linguaggio, che dir si voglia; se qualcuno pretende di aver accesso ad una certezza “assoluta”, quel qualcuno si sarà allontanato dalla scienza e dalla filosofia, quando quest’ultima cerca di conseguire i propri risultati tramite la logica; quel qualcuno sarà inevitabilmente approdato a conclusioni dogmatiche, prive di ogni fondamento logico e/o ragionevole.

continua...

Ultima modifica di nexus6 : 11-12-2005 alle ore 15.53.28.
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Vecchio 11-12-2005, 15.52.04   #2
nexus6
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Il “cogito ergo sum” potrà pure essere una mia convinzione, ma è viziata da due implicazioni di fondo:

1. il “cogito” sembra presupporre a monte un qualcosa di esistente ovvero la “res cogitans”, che produce il pensiero del “pensiero”; il “sum” non è dunque un punto di approdo, ma è solo il pensiero fondante che mi garantisce la possibilità del “cogito”.
Per questo ho sempre pensato che nella certezza di Cartesio fosse insito un ragionamento circolare, autoreferenziale: il “cogito” è un pensiero, il “sum” è un pensiero, l’ergo è parimenti un pensiero e tutto ciò genera un loop logico, da cui si esce solo tramite convinzioni dogmatiche.
Inoltre se non si definiscono i termini del discorso, principalmente il “sono” ovvero “esisto”, tutti questi discorsi non sono fondati; in quanto esiste questo bisogno, questa necessità, il “cogito” non può essere certezza assoluta.

2. il “cogito ergo sum”, pur presupponendone la validità, non mi consente di dire nulla sugli altri, facendo emergere prepotentemente il solipsismo, già accennato in precedenza.


Dunque, riassumendo, le mie idee sono queste:

1. l’impossibilità logica e l’inutilità ragionevole di concetti quali “verità” o “certezza” assolute.

2. l’inconsistenza logica del “cogito” cartesiano.



L’unica vaga convinzione, non certo esente da definizioni e dogmi, e dunque non certo assoluta, che un individuo potrebbe avere è la seguente: qui ed ora “provo” “qualcosa”; “provo” inteso come “percepisco”, “sento”; “qualcosa” definito per negazione come contrario di “nulla”, “niente” che potrebbe corrispondere alla situazione di sonno senza sogni.

Tutto il resto (ovvero “esisto” ecc… ecc..) introduce ulteriori concetti e definizioni che si appoggiano inevitabilmente su credenze diciamo “assiomatiche” (per riprendere l’utile analogia con la matematica), che possono essere logiche quanto si vuole, ma il cui fondamento non è certo assoluto, come si pretenderebbe.
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Vecchio 11-12-2005, 17.04.53   #3
sunday01
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Io penso che la verità assoluta esiste.
Il "cogito ergo sum" è una certezza personale, che come dici tu è un circolo chiuso.
Per spezzare questo circolo devo fare questo ragionamento:
1) Io penso, dunque esisto.
2) Anche le altre persone pensano, dunque esistono.
3) Io per esistere ho bisogno di respirare, di mangiare, dunque anche l'aria e il cibo esistono.
4) Dunque questo mondo non è una mia immaginazione, esiste, sento il freddo, il caldo, la fame, la sete, il dolore....
5) Se il tutto esiste, questa è una verità uguale per tutti, il perchè tutto esiste o il come tutto esiste è una verità intuibile ma al di fuori della nostra portata, ma è logico pensare che una verità ci deve essere, anche se ognuno se la spiega a modo proprio, quindi ognuno ha la sua verità o il suo "non saprei " personali.

Insomma partendo dal sè con la logica si arriva al tutto, la verità assoluta non la possiede nessuno, ma per questo non significa che non ci sia, sempre per una questione logica.
Ciao




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Vecchio 11-12-2005, 18.30.49   #4
autunno1
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Ciao, sunday1,

Permettimi di dissentire, sempre secondo il mio modesto parere (opinabile in ogni caso), ma non credo che la verità assoluta esista.
Provo a spezzare la "verità assoluta" in "verità" e " assoluta"
Già è molto difficile a definire che cosa sia la verità, ma non nego che sia possibile, ma assoluta, più che mai, proprio perché assoluta.. quindi, dovrebbe essere tale per tutti, cioè assoluta non solo per una persona; invece se è così non è più assoluta, possono esserci assoluti (forse) solo i pareri sparsi (leggi: individuali). E' sbagliato il mio pensiero?

Ciao.

Ultima modifica di autunno1 : 11-12-2005 alle ore 18.34.25.
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Vecchio 11-12-2005, 19.04.49   #5
sunday01
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Il tuo pensiero non è sbagliato, visto che come ho detto la verità non ce l'ha nessuno, ma ognuno ha le sue certezze e le sue opinioni personali.
Riguardo al termine assoluta, io intendo un concetto forse difficile da spiegare: io dico se esistiamo e stiamo in questo mondo e in questo universo, ci deve pur essere una verità su questo mondo e sul perchè esistiamo, è una verità che trascende la nostra mente, appunto perchè ognuno pensa individualmente e non può avere una visione che comprenda il tutto.
Ma al di fuori di noi, il tutto esiste e sul tutto ci deve essere un'unica verità, non certamente tante verità.
La verità sulla nostra esistenza nel mondo e sull'esistenza di tutto quello che esiste è quella che io definisco assoluta...
ma se è troppo difficile lasciamo perdere...
Ciao

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Vecchio 11-12-2005, 19.18.25   #6
autunno1
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Messaggio originale inviato da sunday01

La verità sulla nostra esistenza nel mondo e sull'esistenza di tutto quello che esiste è quella che io definisco assoluta...
ma se è troppo difficile lasciamo perdere...
Ciao


Ho compreso perfettamente il tuo pensiero, e non è per niente difficile, purtroppo è difficile da spiegare...sulla carta, cioè scrivendolo..

Dico solo che se anche verità assoluta esistesse, nessuno l'ho sapra mai, e allora che verità è?

Ultima modifica di autunno1 : 11-12-2005 alle ore 19.19.52.
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Vecchio 12-12-2005, 11.43.58   #7
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Messaggio originale inviato da sunday01
Il "cogito ergo sum" è una certezza personale, che come dici tu è un circolo chiuso.
Per spezzare questo circolo devo fare questo ragionamento:
1) Io penso, dunque esisto.
2) Anche le altre persone pensano, dunque esistono.
...
...

Insomma partendo dal sè con la logica si arriva al tutto, la verità assoluta non la possiede nessuno, ma per questo non significa che non ci sia, sempre per una questione logica.
...
Riguardo al termine assoluta, io intendo un concetto forse difficile da spiegare: io dico se esistiamo e stiamo in questo mondo e in questo universo, ci deve pur essere una verità su questo mondo e sul perchè esistiamo, è una verità che trascende la nostra mente, appunto perchè ognuno pensa individualmente e non può avere una visione che comprenda il tutto.
Ma al di fuori di noi, il tutto esiste e sul tutto ci deve essere un'unica verità, non certamente tante verità.
La verità sulla nostra esistenza nel mondo e sull'esistenza di tutto quello che esiste è quella che io definisco assoluta...

Il punto 1) di partenza hai ammesso che è un circolo chiuso e poi lo prendi come base per i successivi punti.
Le tue conclusioni, come puoi ben comprendere, sono dunque infondate: parti da un assioma "dubbioso", per poi giungere alla necessità di una qualche verità assoluta.

Il tuo secondo post è farcito da ragionamenti di questo tipo: "ci deve pur essere...", "... sul perchè esistiamo...", "al di fuori di noi il tutto esiste...", "ci deve essere un'unica verità" ecc...

Non che questi ragionamenti siano "sbagliati", ma qui mi interessa parlare delle cosiddette "certezze assolute"; i tuoi ragionamenti costituiscono, invece, il tuo modo di vedere la realtà e dunque, necessariamente, le tue convinzioni "assiomatiche", dalle quali parti per spiegarti tutto il resto, non possono certo considerarsi "verità assolute"...... non so se mi hai capito.....

Nel primo post ho tentato sommariamente di far capire l'irragionevolezza e l'inopportunità dell'aggettivo "assoluto", quando questo viene associato ai termini verità o certezza; la domanda: "ma allora dovrà esserci pure un qualcosa di assoluto?" è una domanda senza senso, non perchè noi non possiamo rispondervi (in questo caso avrebbe comunque senso), ma poichè NOI siamo impossibilitati a parlarne!

La verità, ho già detto, è un concetto che si dà e vive esclusivamente all'interno di un certo sistema formale, di rappresentazione, linguistico ed è puramente illogico estenderlo al di fuori di questo, se non con pensieri di tipo assiomatico o dogmatico, nel senso di pensieri di cui è impossibile mostrare la fondatezza.

Per fare un esempio io potrei tranquillamente presupporre che esista Dio, creatore dell'universo come una verità assoluta al di sopra ed al di fuori delle nostre rappresentazioni o meglio al di fuori di ogni sistema di rappresentazione, ma come comprendi bene, lo posso fare solo con un atto dogmatico, creando un'assioma apposito dal quale partire per spiegarmi il resto.
Posso, però, pure partire dall'assioma che dio non esista ed andare avanti in modo egualmente buono.

In questa discussione intendo, tuttavia, prescindere il più possibile da assiomi siffatti!

Forse qui non ci siamo intesi per quello che riguardano le "certezze assolute"; dunque, tentate di fornirmene una definizione, se siete convinti dell'opportunità del suddetto concetto.


Siete proprio tutti d'accordo che il cogito cartesiano sia infondato?
Speravo in una opposizione più accanita!

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Vecchio 12-12-2005, 12.22.41   #8
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Per criticare un altro poco il cogito di Cartesio vorrei fare questa considerazione, anche perchè mi sono accorto di un post interessante di Weyl che potrebbe fare al caso mio:

"Non consideriamo il : "Penso, dunque sono" come un'affermazione.
Consideriamola un suggerimento: un'induzione a provare a pensarlo.
Provateci: "penso di esistere, il mio pensiero è il pensiero di esistere, ... in questo pensiero, sento o non sento di esserci?"
Se lo sento: coincido con esso, sono come sospeso nel mio constatarmi.
Se non lo sento: è questo non sentire qualcosa di diverso da un pensiero,...? E se lo è: come posso accorgermene?
Se non lo è: questo, in quanto pensiero, non suggella il fatto che io, pensando, sono dentro, SEMPRE, la possibile consapevolezza di esistere?
"

Ora "cogito ergo sum", secondo me, fa passare sotto silenzio il soggetto del cogitare ovvero: l'io!
E che cos'è mai questo misterioso "io"? Tralasciando le varie teorie psicologiche, l'io non è altro che un pensiero, una rappresentazione di "noi stessi" creata dalla coscienza; quest'ultima è indubbiamente già coscienza di "essere" ovvero di "esistere" e dunque il successivo "sum" è semplicemente superfluo!

Il cogito ergo sum è una scintilla......; quando si spegne, quello che rimane è la convinzione cosciente dell'io che ha pronunciato quella frase, ma se a monte non vi sono le operazioni della coscienza, tra le quali una delle principali è la creazione dell'io, non sarebbe neanche possibile pensare il "penso dunque...".

La scintilla cartesiana è, dunque, ridotta ad un "io, già pensiero di essere (cosciente), penso di essere" e la memoria stessa di aver pronunciato queste parole mi alimenta il pensiero di essere (cosciente).

Forse sarebbe più corretto dire: "mi sento cosciente dunque sono un essere cosciente"........ ; non che questa possa essere una certezza assoluta, ma almeno, ristretta così, mi sembra più corretta, ma non esclude di certo la possibilità del solipsismo!


ps. Ripensandoci meglio la mia versione fa schifo lo stesso!
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Vecchio 12-12-2005, 12.26.07   #9
Yam
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E' infondato perche' vi e' un problema gnoseologico di fondo, ma non mi occupo piu' di questo tipo di indagini.
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Vecchio 12-12-2005, 15.14.38   #10
epicurus
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La verità, ho già detto, è un concetto che si dà e vive esclusivamente all'interno di un certo sistema formale, di rappresentazione, linguistico ed è puramente illogico estenderlo al di fuori di questo, se non con pensieri di tipo assiomatico o dogmatico, nel senso di pensieri di cui è impossibile mostrare la fondatezza.

Concordo di certo sul fatto che non abbia senso parlare di "verità assolutamente inconfutabili e autolegittimative". Ti incollo qui una parte (qui rilevante) di mio intervento fatto sull'altro topic sulla certezza:

E' vero che non può esserci dubbio che noi stiamo pensando, ma non condivido che tale certezza possa fondare tutte le altre nostre credenze (tipo la credenza che ho due mani). Il fatto è che - come molti filosofi ormai sostengono - il linguaggio è intrinsecamente pubblico: a sostengo di ciò c'è (a) l'argomentazione wittgensteniana sull'impossibilità di un linguaggio privato, (b) l'argomentazione, sempre di Wittgenstein, secondo la quale seguire la regola non è un fatto (almeno solamente) interno, e cioè che il capire il significato delle parole e usare il linguaggio in modo adatto non è solamente un fatto mentale interno, da qui si passa a (c) l'esternalismo semantico inaugurato da Putnam.

Però non condivido di certo il fatto che la maggior parte delle nostre credenze possano essere false (come che il mondo esterno non esista). Inoltre se il pensiero non è autosufficiente - come tento di argomentare velocemente sul mio pezzo quotato - è proprio perchè esso necessita di un ambiente esterno: quindi il silopsismo deve essere falso. In ultima analisi, penso che il silopsismo sia il risultato di una ingenua teoria del significato.

Un'ultima cosa. Ho quotato quel tuo pezzo perchè penso che tu sia un gravissimo errore considerare la verità come qualcosa che appartiene solamente ai linguaggi formali. Prima di tutto perchè non prende in considerazione che i concetti di verità e derivati sono indispendabili per le nostre pratiche sociali, inoltre perchè quello di verità formale non può che essere un derivato di quella 'ordianaria' e deve la sua intelligibilità a quest'ultima.


epicurus
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