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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 22-09-2004, 19.40.45   #1
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
la sicurezza

Per essere completamente se stessi, per esprimere ciò che si sente, ciò che si pensa, liberamente, svincolati dalle influenze condizionanti spesso impersonate dagli altri, dal giudizio degli altri, per uscire dall’anonimato rassicurante, per esprimere al meglio le proprie potenzialità più personali, per accendere il proprio personale punto di vista a illuminare mondo, per esprimerlo senza timore… bisogna sentirsi sicuri. Sicuri di se stessi, della validità delle proprie idee, del proprio valore.
Inclinazioni come la timidezza, la paura del giudizio degli altri, ci limitano.

La sicurezza, questa salutare sensazione, da dove viene?

Come mai alcune persone si sentono intimidite, impaurite in un ambiente nuovo, altre no?

Inizio una riflessione su questo tema, e parto da un punto di vista che lega "sicurezza" a "familiarità".
A casa propria ci si sente sicuri, nel proprio spazio privato ci si sente liberi, protetti da qualsiasi interferenza esterna.
In un ambiente estraneo a volte ci si può sentire spauriti.
Eppure non tutti si sentono spauriti.
Cosa differenzia le due persone?
Sembrerebbe che una persona che riesce a sentirsi come a casa propria anche in un ambiente estraneo, porta con sé sempre e ovunque la propria sicurezza: non è l’ambiente ad essere minaccioso o rassicurante, è la persona a sentirsi minacciata o rassicurata. Se una persona difficilmente (a meno di una pistola puntata alla tempia) si sente minacciata, forse significa che si sente rassicurata dalla sua stessa presenza: la presenza di se stessa basta a farla sentire al sicuro.

Ho pensato che, tra i due “tipi”, forse esiste una diversa qualità nel modo di essere, nel vissuto della coscienza, che si manifesta in un modo particolare. Ossia nell’ampiezza e nella “solidità” della “sfera della coscienza”.
Mi spiego: ognuno ha attorno a se una specie di aura invisibile, che definisce, come gli studiosi della prossemica dicono, lo spazio intimo (pelle e pochi cm dalla pelle), spazio personale (tipo un metro, un metro e mezzo), spazio sociale (tre metri… all’incirca, non mi ricordo bene).
L’idea è: chi vive in una condizione di sicurezza in sé ha una sfera intima-personale più ampia di chi è insicuro, e oltre ad essere più ampia, e forse questo conta di più, è più solida: nel senso che ha un potere protettivo più marcato.
Questa sfera è “la casa” che portiamo con noi ovunque, la persona sicura si sente al sicuro all’interno della sua casa, perché la sente robusta, inintaccabile. Al contrario la persona insicura, si sente in un rifugio che in ogni istante corre il rischio di essere abbattuto (come le case dei tre porcellini e del lupo cattivo), quindi si sente costantemente in pericolo.
r.rubin is offline  
Vecchio 22-09-2004, 20.01.15   #2
njna
Ospite
 
Data registrazione: 02-02-2004
Messaggi: 16
Re: la sicurezza

Mai sentito parlare di questa aura che definisce lo spazio intimo, quello personale e quello sociale, quindi poco posso dire in merito...
ma siccome sono molto curiosa (soprattutto perchè ultimamente mi hanno definita una persona sicura di sè e ciò mi ha stupito molto) ti chiedo:
ma secondo te, questa aura rimane inalterata nel tempo così come ci è stata donata oppure è degna di miglioramento?
In buona sostanza un soggetto naturalmente insicuro può acquisire sicurezza dedicandovi impegno?
njna is offline  
Vecchio 22-09-2004, 23.05.08   #3
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
Re: Re: la sicurezza

Citazione:
Messaggio originale inviato da njna
ma siccome sono molto curiosa (soprattutto perchè ultimamente mi hanno definita una persona sicura di sè e ciò mi ha stupito molto) ti chiedo:

perchè ti ha stupito?
anzi no, non rispondere ti prego.. ho paura delle novità!
(scherzo, se vuoi..)

Citazione:
In buona sostanza un soggetto naturalmente insicuro può acquisire sicurezza dedicandovi impegno?

sicuramente forse! ma prima bisogna chiedere al dna.. cosa dici?
r.rubin is offline  
Vecchio 22-09-2004, 23.21.48   #4
dana
Ospite abituale
 
L'avatar di dana
 
Data registrazione: 18-10-2003
Messaggi: 0
Re: la sicurezza

Citazione:
Messaggio originale inviato da r.rubin
Come mai alcune persone si sentono intimidite, impaurite in un ambiente nuovo, altre no?

Penso che sia anche una questione di abitudine: ad esempio ci sono persone che per lavoro cambiano spesso città, o addirittura nazione. E se hanno figli che vanno a scuola, questi cambiano più volte scuola, città, compagni, ecc. Credo che da grandi questi figli si ambientino con estrema facilità in qualunque posto.
Mentre se una persona non è "abituata" alle novità, ai cambiamenti, li teme, come si teme ciò che non si conosce.

Condivido quando dici che una persona porta con sè sempre e ovunque la propria sicurezza: prima però deve averla sperimentata nelle più diverse situazioni (forse).
Forse la sicurezza non piove dal cielo, ma da una serie di esperienze positive che rassicurano (sul proprio valore, sulla propria forza, sulle proprie capacità).

dana is offline  
Vecchio 23-09-2004, 00.19.19   #5
nicola185
al di là della Porta
 
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Data registrazione: 15-02-2004
Messaggi: 0
Io personalmente credo che i cambiamenti creino disagi un po' in tutti. Forse alcune persone mascherano con più abilità questo disagio altre invece sono più trasparenti (involontariamente in realtà). Ora sono troppo stanco e vado a dormì. Ciao
nicola185 is offline  
Vecchio 23-09-2004, 10.26.20   #6
Wax
Telespalla
 
Data registrazione: 30-04-2003
Messaggi: 246
io la vedo così :

La sicurezza che caratterizza alcune persone all'infuori del loro "spazio protettivo" è data dalla fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
Inoltre credo che bisogna anche essere una persona che accetta il rischio, che accetta di mettersi in gioco, perchè ovviamente non basta la fiducia in se stessi per riuscire, a volte il raggiungimento di un obiettivo dipende da fattori esterni che non possiamo calcolare.
Per ultima c'è la paura di fallire, che può bloccare in partenza qualsiasi spunto; le persone che sentono troppo il peso del fallimento nella loro coscienza, cercheranno di evitare gli obiettivi non sicuri.
Wax is offline  
Vecchio 23-09-2004, 12.01.51   #7
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
Citazione:
Messaggio originale inviato da dana
Penso che sia anche una questione di abitudine: ad esempio ci sono persone che per lavoro cambiano spesso città, o addirittura nazione. E se hanno figli che vanno a scuola, questi cambiano più volte scuola, città, compagni, ecc. Credo che da grandi questi figli si ambientino con estrema facilità in qualunque posto.
Mentre se una persona non è "abituata" alle novità, ai cambiamenti, li teme, come si teme ciò che non si conosce.

è vero, bella interpretazione!

Aggiungo che si è più sicuri di sé e anche più spontanei
quando il giudizio altrui non ci interessa, quando non siamo preoccupati di fare figuracce (e quindi “anche accadessero non è la fine del mondo”), e quindi… a volte si è più sicuri di sé quando delle persone con cui stiamo non ce ne frega niente! Cioè quando non ci frega proprio nulla dell’idea che possono farsi di noi (quindi non pensiamo ansiosamente “oddio, cosà penserà ora di me! Oddio, ora penserà che sono..” ecc ecc)
Ad esempio, un ragazzo s’innamora di una ragazza, che conosce pochissimo. Allora pensa e ripensa notte e giorno a un modo per approcciarsi, ed è preoccupatissimo di fare una figuraccia che gli costerà il suo interesse, ha paura di essere rifiutato… è insicuro! Il fatidico giorno s’avvicinerà a lei paonazzo in volto, tremante, con un mazzo di fiori da cui si è staccato il 70% dei petali che ora giace sulla via percorsa durante il sudante tragitto. Invece un ragazzo una sera in discoteca vede una bella ragazza, decide di provarci, non ha altro desiderio che andarci a letto, allora molto sicuro di sé va a conoscerla… tra sé e sé dice: “io ci provo, se non va non va, non me ne frega niente, c’è n’è mille qui di belle ragazze, ci proverò con un'altra”.
Anche se sono in un paese straniero per ferie, o al mare in vacanza una settimana, magari la sera girerò per il paese ubriaco, con il gruppo di amici, ubriachi, intonando le indimenticabili ballate di Totò Cutugno… cosa che non mi sognerei mai di fare nel mio paese! Magari incontro il mio datore di lavoro per strada, o un cliente!!

Mi chiedo, anche, se questa cosa possa essere trasferita al discorso sui “giramondo”: forse sono più tranquilli e sicuri di sé negli ambienti in cui si trovano, di passaggio, a vivere, perché sanno che lì non torneranno più, non rivedrà mai più quella maestra che l’ultimo giorno di scuola ha salutato con una sonora e gustosa pernacchia, perché non rivedrà più la bella lady dai capelli biondi che dopo avergli rifilato un secco “no!” l’ha preso in giro con tutte le sue amiche, che a due mesi di distanza, a passeggio per le vie della città, scoppiano ancora a ridere non appena lo vedono passare sull’auto che lo sta accompagnando all’aereoporto, dietro quel finestrino, in cui repentino come sempre si alza un dito medio..
r.rubin is offline  
Vecchio 23-09-2004, 12.23.24   #8
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
Citazione:
Messaggio originale inviato da Wax
io la vedo così :

..fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
..
..Per ultima c'è la paura di fallire, che può bloccare in partenza qualsiasi spunto; le persone che sentono troppo il peso del fallimento nella loro coscienza, cercheranno di evitare gli obiettivi non sicuri.

sono d'accordo, e aggiungo che per qualcuno la paura del fallimento è un vero e proprio terrore.
fallire significherebbe portarsi a due passi dal suicidio.

la trovo una reazione sproprorzionata: nella vita ci sono parecchie possibilità, se una va a vuoto ce ne sarà sicuramente un'altra. mi sembra un'idea ragionevole. e allora perchè questo terrore, questa visione apocalittica?

ho un'idea: le persone che temono il fallimento tanto quanto la morte sovrappongono due realtà parzialmente differenti (e che sarebbe ragionevole mantenessero tale parziale differenza) : se stessi e le proprie capacità, o più precisamente, se stessi e le proprie capacità messe all'opera (tra tutte le contingenze del caso)... se io "fallisco un'azione", non significa che "sono un fallito"!. sbagliare una cosa, non significa che sono sbagliato.
si tende a confondere ciò che si è con ciò che si fa.
...forse è anche un ragionamento sociale: socialmente perlopiù si valutano le persone, non per quello che sono, ma per quello che fanno, o per i successi che ottengono. "io sono i miei risultati"... non credo sia proprio così.
r.rubin is offline  

 



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