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 Riflessioni Filosofiche - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 29-11-2010, 17.45.28   #1
Vincenzo Tommasino
Nuovo ospite
 
Data registrazione: 16-11-2010
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Alcune considerazione su Sinolo, Passione, Libertà

L’articolo della Tondato L'uomo come sinolo di ragione passione e libertà mi suggerisce parecchi spunti di riflessione perché vedo che mette insieme diversi problemi etici, senza svilupparli adeguatamente. Vorrei per prima cosa soffermarmi sul termine sinolo. Тό σύνολον in greco significa il composto, ma, attenzione: per Aristotele è il composto di due elementi (materia e forma) e non di tre o di molti. Il sinolo, infatti, viene a costituire la sostanza individuale nella sua concretezza ed unicità e non può perciò essere riferito (non può predicarsi di, avrebbe detto Aristotele) né alle specie, né alle categorie. Veniamo poi al concetto di passione. È vero che le passioni in quanto tali sono, in un certo senso, neutre, ma già nel suo significato etimologico Passione implica una mancanza, un τό μή εόν, un’assenza di essere (letteralmente, un “ciò che non è”). Il termine in oggetto deriva infatti dal calco latino della radice greca πάθ, che indica un subire, ossia una modificazione subita da una sostanza e, dunque, aristotelicamente, un accidente, ossia una modificazione dell’anima, e dunque il sentire, ovvero la sensazione, il sentimento e perciò la passione, o anche l’affezione (dal latino afficere = modificare), essendo prodotta nella sfera del sentimento, si risolve in ultima analisi in una modificazione emozionale che è qualcosa di passivo, inerte, e dunque, negativo. Per lo Stagirita perciò la passione è l’accidente passivo che è in opposizione all’altro attivo, che egli chiama azione (vedi: Metaph. IV, 5, 1010, b 33, De Anima II, 3, 427 b 18). Nella comune prassi etica, poi, le passioni sono concepite come espressioni dell’anima (amore, odio, invidia, paura, audacia, ira, vendetta, ecc.) che sfuggono ad ogni controllo della razionalità, ma che pure sono inclinazioni a disposizione della ragione medesima; esse però si muovono indipendentemente dalla volontà che spesso non riesce a disciplinarle perché sono eccessi che vengono subiti dall’anima e sono contrarie alle deliberazioni della ragione. Ancora una volta tornano i concetti della passività e del subire. Perché dunque meravigliarsi se gli stoici, poiché le passioni sono eccessi irrazionali, le concepirono come affezioni o turbamenti dell’anima, o, come essi dicevano, del πνεΰμα, il soffio vitale? Anche nella filosofia cristiana le passioni, pur perdendo la forte accezione negativa che gli stoici avevano ad esse attribuite, sono considerate in maniera non positiva, essendo inclinazioni della sensibilità che implicano un’alterazione della corporeità. Esse sono infatti “actus appetitus sensitivi, in quantum habent trasmutationem corporalem annexam” (cfr:: San. Giovanni Dam. De fide ortodoxa I, II, c. 22; Sant’Agostino, De Civitate Dei, IX, 4; XIX, 6; San. Tommaso Summa theol., I-II, q 22). L’alterazione altro non è che una modificazione, e dunque ancora una volta qualcosa di passivo, perché la modificazione e l’alterazione sono espressioni del patire. Le passioni poi, poiché sono atti dell’appetito sensitivo, non hanno connotazione morale, l’acquisiscono solo quando contribuiscono a determinare l’atto che è dell’uomo e diventano cattive solamente quando offuscano la volontà conforme a ragione. Ė forse questo ciò che la Tondato voleva affermare quando dice che le passioni diventano buone o cattive quando “cadono nella sfera della libertà"? Questo concetto, però, bisognava esprimerlo con maggiore precisione. C’è infine da considerare un altro aspetto, quello della passione in senso generale e non più come insieme di singole passioni od emozioni. In quest’ultimo senso la passione diventa un’emozione amorosa che domina tutta la personalità di un individuo. Ad esempio: la passione per il gioco, la passione politica, per il calcio, per le donne ecc.
sono intese come emozioni che tendono a permeare di sé tutta la personalità di un individuo e a dominarla. Pascal affermava che quando si conosce la passione dominante di qualcuno si è sicuri di piacergli. Kant, a tal proposito, definisce con precisione e con lucidità il concetto di passione dominante. Per il filosofo di Könisberg essa domina l’intera condotta e s’impadronisce della personalità dell’agente fino ad assoggettarlo completamente; essa inoltre a differenza dell’emozione che è improvvisa, precipitosa ed irriflessiva, è riflessiva e prende tempo per raggiungere il proprio scopo e a volte può essere pure violenta (Critica del Giudizio. § 29). Un’ultima breve cenno, per ragioni di spazio, va fatto circa i problemi del male e della libertà. Circa il primo problema, quello del male, parliamo del sillogismo proposto. Esso mi appare fornito di un ingenuo e semplicistico ottimismo. Il sillogismo afferma che Dio è buono e che l’uomo, creatura di Dio, è fondamentalmente buono. Evviva, siamo tutti contenti! Non mi pare, però, che le cose stiano effettivamente così. La studiosa dimentica che l’uomo è la più complessa tra le creature e che è l’unico essere del Creato a possedere ragione e libero arbitrio. Ciò fa dell’essere umano qualcosa di speciale, come avevano giustamente sottolineato gli umanisti. Giovanni Pico, in particolare, osserva nella sua Oratio de hominis dignitate che l’uomo può elevarsi alle beatitudini degli angeli o abbassarsi al di sotto del livello dei bruti. Il male perciò è purtroppo insito nella natura stessa dell’umanità, non come realtà in sé esistente, ma come deficienza del nostro essere (male metafisico) e come conseguenza della nostra libertà, che ci fa scegliere in modo sbagliato, inducendoci a scambiare per bene ciò che è invece frutto di un nostro errore di valutazione e di prospettiva e che è contro i voleri di Dio (male morale). Noi, in “questa picciol aiuola che ci fa tanto feroci”, per dirla con Dante, scambiamo spesso il Bene, di cui l’anima va sempre in cerca, con il nostro esclusivo bene o con il nostro piacere, donde l’egoismo, l’invidia, la vendetta, l’odio, le divisioni, le guerre e gli omicidi, il male, insomma. E veniamo all’altra questione, quella della libertà, che è strettamente legata alle problematiche dell’origine e consistenza del male e, che, per la sua importanza, meriterebbe da parte mia ben altra e più approfondita trattazione. L’autrice dell’articolo afferma che l’uomo è libero perché è autonomo. Bene! Per San Tommaso la libertà ( la libertas major) della creatura risiede da una parte nella somiglianza con Dio: somiglianza non uguaglianza. Per l’analogia dell’essere c’è infatti un abisso tra Dio, l’Essere perfetto nella sua pienezza (in Dio, e solo in Lui, essenza ed esistenza coincidono), e l’uomo che partecipa dell’essere in modo imperfetto (nell’uomo, e in tutte le cose create, l’essenza è diversa dall’esistenza). Da qui la sua contingenza ma anche la sua autonomia, in quanto persona, da Dio stesso. L’assoluta trascendenza di Dio, dall’altra parte, garantisce l’autonomia dell’uomo e di conseguenza la sua libertà. Proprio perché l’uomo è autonomo da Dio, è pure dotato di libero arbitrio, ossia di possibilità di scelta, che, però, per essere veramente tale deve seguire gli indirizzi della sinderesi, ossia di quella “bona mentis dispositio, qua homo recte vivitur et qua nemo male utitur”. La sinderesi altro non è se non la volontà secondo ragione, la quale, naturalmente, deve pure seguire i comandamenti di Dio. Il problema della libertà è ampiamente sviluppato nel De Malo, soprattutto nella VI questio che s’intitola “utrum homo habeat liberam electionem actum, aut ex necessitate agat”. In quest’opera l’Aquinate affronta un problema non da poco : l’uomo è veramente libero oppure è, se non proprio determinato, almeno fortemente condizionato? La libertà per essere vera deve commisurarsi con i risultati dell’azione e non basta affermare, come diceva Kant, (incondizionatezza della legge morale) che è l’intenzione ciò che conta, perché, come recita un detto popolare, l’inferno è lastricato di buone intenzioni rimaste tali. Certo i condizionamenti esistono eccome; essi sono di varia natura: politici, sociali, economici, culturali, ma una volontà forte riesce a superarli, anche se con grandi sacrifici, mentre una volontà debole si arrende subito ad essi, facendosene un alibi. Fichte affermava che “essere liberi è niente, diventare liberi è cosa celeste”. Come? Attraverso l’agire, superando ostacoli ed avversità, che fa diventare liberi in una società di uomini (e donne) liberi. L’azione morale poi è strettamente connessa con la responsabilità dell’agente e con un dover essere da realizzare come fine di essa, altrimenti è inutile parlare di premio e di sanzione.
Vincenzo Tommasino, docente in pensione di Storia e Filosofia nei licei statali.
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Vecchio 30-11-2010, 20.53.24   #2
ulysse
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Messaggi: 1,363
Riferimento: Alcune considerazione su Sinolo, Passione, Libertà

Citazione:
Originalmente inviato da Vincenzo Tommasino
L’articolo della Tondato L'uomo come sinolo di ragione passione e libertà mi suggerisce parecchi spunti di riflessione perché vedo che mette insieme diversi problemi etici, senza svilupparli adeguatamente.................
..........................La libertà per essere vera deve commisurarsi con i risultati dell’azione e non basta affermare, come diceva Kant, (incondizionatezza della legge morale) che è l’intenzione ciò che conta, .................
..................Fichte affermava che “essere liberi è niente, diventare liberi è cosa celeste”. Come? Attraverso l’agire, superando ostacoli ed avversità, che fa diventare liberi in una società di uomini (e donne) liberi. L’azione morale poi è strettamente connessa con la responsabilità dell’agente e con un dover essere da realizzare come fine di essa, altrimenti è inutile parlare di premio e di sanzione......

Egr, prof Tommasino........la tua "cultura" ti fa manifesto dei quella nobil patria natio alla quale forse fui troppo molesto.... e forse lo sono ancora!
In effetti è vero: l’articolo di riferimento mette insieme diversi problemi etici, senza svilupparli adeguatamente..., tuttavia io, sulla linea dei Nuovi Barbari d'oggi, mi dichiaro inerme in relazione al contenuto ed alle tue dotte dissertazioni concernenti il pensiero fondante della nostra cultura e della nostra civiltà.
Ma forse è anche tempo di avanzare e passsare oltre le affermazioni cui Fichte era giunto: esse, infatti, mi paiono più orientate all’ineluttabile dover essere… piuttosto che al semplice essere perché così consequenzialmente, o forse casualmente, accade…ma potrebbe essere diversamente.

In proposito sembra dire Fichte: (da Wikipedia)
Ciò che realmente esiste, esiste per assoluta necessità, e deve esistere necessariamente nella precisa forma in cui esiste…..

Mah!...veramente non ci darei tropo credito!
Non mi pare che l'evolversi fisico dell'universo e quello psicosfisico del vivente non evessero e non abbiano alternative possibili: mi si dice, piuttosto, che ad ogni istante si imbocca o seleziona una delle possibile strade che ci si parano davanti

Piu limitatamente, mi pare, comunque, che la filosofia non finisca con Fichte, nemmeno in relazione alla libertà di cui le ultime tue frasi danno una bellissima, intensa definizione, forse troppo legata, però, al dovere morale ed al premio/punizione conseguente.

O forse che dopo Fiche…. il diluvio?
Certo non lo credi, ma, in effetti, i riferimenti citati nel tuo post sembrano finire con Fichte!

Suggerirei una sfida…non con me (che non saprei come) ma con te stesso, come sarebbe il giustificare, come in una specie di rivisitazione, le affermazioni ed esplicazioni del post con riferimenti esclusivamente posteriori a Fichte…dall’ottocento in poi…diciamo…magari a prescindere anche da un trascendente giustificante.
O, meglio...il dare una base di affidabilità, razionalmente accettabile da noi oggi, alle elucubrazioni conclusive di quei saggi filosofi a prescindere dal giustificativo, spesso invocato, della entità assoluta o dall’extra umano.
O queta mia pretesa è una assurdità?

Ma se non lo fosse, mi chiedo: le asserzioni/conclusioni sarebbero allora le stesse, troverebbero più assertive giustificazioni o qualcosa cambierebbe? …

Una analisi del genere, non sarebbe possibile?…come se le correnti di pensiero sorte in seguito all’illuminismo, col loro sempre più intenso mutuare dalla scienza, non avessero ragion d’essere in relazione all’esserci dell’uomo, un tutto di ragione, passione e libertà, come definito dalle scienze umane oggi...biologia e neuroscienza, in primis…piuttosto che dalle precedenti, diciamo pure propedeutiche, ma un pò personali e arbitrarie, definizioni dei filosofi che diciamo classici?

Per esempio, citando Fichte, scrivi: “essere liberi è niente, diventare liberi è cosa celeste”.
Fichte infatti esalta l’azione..l'operare per lo scopo...non basta l'intenzione…e già questo si avvicina alla modernità...e in effetti Fichte non fu alieno dalla dottrina della scienza.
Ma io, nella mia immensa presunzione, direi semplicemente, (magari mi è stato inculcato), senza scomodare il trascendente o l’assoluto, che la libertà è sempre relativa, assolutamente liberi non si è mai: la libertà è una lotta e conquista continua…conquista umana ovviamente…della volontà e formazione... ed anche genetica..sul piano materiale e intellettuale, personale e sociale
Libertà, che lo stato, pur dovendo (direbbe Fichte), garantisce scarsamente: a tutt’oggi, infatti, l’agone politico e sociale sembra, come sempre, fortemente impegnato nella difesa e conquista della libertà...spesso anche in opposizione alle istituzioni ...o, piuttosto, ai rappresentanti di esse.

O forse che, nel sapere greco e umanistico classico, comunque precedente l’illuminismo, già vi era implicito un tale concetto di libertà ?...o vi era sconosciuto?

Alla fine confesso di non aver ben capito se la tua pregevole e approfondita dissertazione sia una esaltazione del sapere antico cui dovremmo anche oggi riferirci in esclusiva, o non, piuttosto, una constatazione storica…nel senso che così si pensava e si credeva allora...in grazia del Cielo... per tramite degli uomini!

Comunque ho imparato molte cose e di questo ti sono sempre grato.

Ultima modifica di ulysse : 01-12-2010 alle ore 16.09.20.
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