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La donna come peggior nemico dell'uomo

Una rassegna ragionata dal medioevo ad oggi

di Francesca Colaluce - Settembre 2023



Con il termine misoginia, derivante dal greco μισέω misèō, “odiare” e γυνή gynḕ, “donna”, si indica per esteso un vero e proprio sentimento di odio o avversione nei confronti delle donne, che può anche avere un’origine psicologica, e quindi un risvolto patologico(1).
Parlare di questo tema è ancora doveroso, esso è più che mai attuale anche nella società contemporanea: tuttora sono molte le discriminazioni perpetrate a danno del genere femminile in quanto tale, ed è possibile notare che esse hanno origini antiche.
Nella guerriera e violenta società medievale, la presenza femminile rimane in ombra: invero le donne, per lo più analfabete e sottomesse, offese e abusate, sono ridotte al silenzio. È possibile citare la figura dello scrittore e monaco medievale Goffredo di Vendome(2), che descriveva l’intero genere femminile come il peggior nemico dell’uomo ed il principale responsabile di ogni sua caduta passata, presente e futura. Disgraziatamente, la sua voce non rappresentava un’isolata invettiva all’interno del panorama letterario medievale, ma per molti versi ne incarnava la norma.
Difatti, da questo punto di vista, le donne altro non erano che l’incarnazione della loro progenitrice Eva, colei che aveva ceduto alle lusinghe del Demonio, causando la perdizione dell’umanità e il sacrificio di Cristo. Da questa spirale di ataviche colpe è esclusa la Madonna, in quanto modello che la Chiesa presenta alle donne se vogliono raggiungere la salvezza, figura che si pone in aperta antitesi con Eva, con la sua carnalità e la sua “colpevole” inclinazione alla materia(3). Per questo motivo Maria è Vergine, raggiunge una perfezione immacolata, ma non è donna reale. Le donne vere, reali, fatte di materialità e di corpo possono aspirare ed eguagliare tale divina perfezione solamente mediante la vita consacrata: tanto è vero che molte di esse venivano indirizzate al chiostro, luogo simbolo di lotta alla carnalità mediante l'astinenza e la preghiera.
Il messaggio che la Chiesa passava ai fedeli - alimentando il loro immaginario e contribuendo alla formazione di una comunità laica misogina - è di una profonda diversità nel trattare gli uomini e le donne: gli uni erano peccatori o per un uso smodato delle proprie capacità ed iniziative o perché incapaci di controllare impulsi e sentimenti; le altre, invece, avevano un corpo che le portava inesorabilmente al peccato(4).


Come è noto, l’avvento di tali pensieri e convinzioni è preparato da particolari congiunzioni storico-culturali che, una volta entrate a far parte del sostrato culturale di un popolo, sono difficili da eradicare: i loro effetti possono durare e trascinarsi anche per secoli.
Anche nella società odierna, la donna continua spesso a ricoprire ruoli subalterni: all’ingresso del mondo lavorativo sembra esserci un filtro che ne riduce drasticamente la percentuale di presenza rispetto agli uomini, soprattutto nei livelli più alti, della sfera pubblica come di quella privata; inoltre, si nota che le donne guadagnano il 15% in meno degli uomini5. Rimanendo nell’ambito lavorativo, una donna su due dichiara di aver sperimentato, sul posto di lavoro, una o più forme di discriminazioni e molestia, come battute volgari, complimenti e contatti fisici indesiderati(5).
Un altro aspetto che conferma la presenza della “fallocrazia” nell’attuale società è il sessismo linguistico, ovvero la manifestazione nella lingua della mentalità, dei comportamenti sociali e culturali che discriminano un sesso, soprattutto quello femminile e rimandano a una cultura ancora fortemente maschilista. Le polemiche linguistiche, specialmente in termini di accezione negativa di alcune parole ed espressioni, sono all’ordine del giorno e hanno indotto la società a riflettere sull’importanza del cambiamento: è possibile affermare che per lunghi anni lo sforzo e la riflessione verso un uso non sessista della lingua è stato compiuto all’interno di determinati ambienti politici, femministi e LGBTQ+.(6) È assai noto il monologo, scritto dal professore e giornalista Stefano Bartezzaghi, che l’attrice Paola Cortellesi pronunciò in occasione del David di Donatello del 2018: furono presentate al pubblico una serie di espressioni in uso nella lingua italiana, che se volte dal maschile al femminile assumevano “improvvisamente un altro senso, cambiavano radicalmente, diventavano un luogo comune equivoco” con un “lieve ammiccamento verso la prostituzione” femminile. Viene così nuovamente corroborata la tesi della linguista Vera Gheno; infatti, non è l’italiano ad essere una lingua sessista, ma lo sono l’uso e le scelte linguistiche dei parlanti: le parole non sono mai solo parole, ma espressione di linee culturali condivise da un gruppo.
Linguaggio e discriminazione rappresentano le tappe nascoste di un percorso che miete ancora innumerevoli vittime: dalla violenza verbale si può giungere a quella sessuale e, nel peggiore dei casi, al femminicidio(7). L’attenzione a riguardo viene tenuta alta grazie alla Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulla donna, il 25 novembre, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che invita i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani.
Il movimento che si oppone alla concezione tradizionale della donna come subalterna e inferiore all'uomo è il femminismo. Fortunatamente le lotte delle femministe per la parificazione giuridica, economica e politica hanno determinato una profonda rivoluzione anche nel costume, con un radicale ripensamento della cultura occidentale e dei rapporti personali e familiari. (8)
Sovente il cammino delle donne alla ricerca di uguaglianza e di diritti civili e umani è stato in salita, costellato di ostacoli, e, nonostante i prestigiosi traguardi raggiunti, come il diritto di voto, l’abolizione del matrimonio riparatore, la legalità del divorzio, l’interruzione volontaria della gravidanza, la strada verso un totale abbattimento culturale delle barriere maschiliste sembra ancora piuttosto lunga e tortuosa.


  Francesca Colaluce


Francesca Colaluce è nata a Mantova (MN), frequenta il corso di laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Verona e desidera intraprendere in futuro la strada dell’insegnamento, in quanto “non esiste niente di più entusiasmante e stimolante di una vera e propria scuola, dove poter formare le menti dei giovani e dare loro le chiavi giuste per affrontare al meglio il passato, il presente e soprattutto il futuro, il loro futuro”. Le piace molto leggere e scrivere, infatti ha pubblicato il suo primo libro intitolato “DYLAN: la breve storia di un amore ineguagliabile”, nel quale racconta l’amorevole legame nato con il suo migliore amico a quattro zampe, Dylan.


Altre Riflessioni

 

NOTE
1) Dizionario di italiano, La Repubblica, Hoepli editore. / dizionari.repubblica.it

2) Duby Georges, Perrot Michélle, in Storia delle donne in Occidente - l'antichità, (vol.I), Laterza, Bari-Roma, 2003.

3) Duby Georges, I peccati delle donne nel medioevo, Laterza editori, Bari 1999

4) Chiara Frugoni, Figure di donne, l’iconografia del genere nell’arte dell’Occidente medievale, ciclo di conferenze "Maschio e Femmina li creò", l’elaborazione religiosa delle differenze di genere, 18 novembre 2003 5 Eurostat ed ISTAT, La vita delle donne e degli uomini in Europa - un ritratto statistico, anno 2020, pag. 10-16

5) Risultati del sondaggio Lei (Lavoro, equità, inclusione), condotto a marzo 2022 dalla Fondazione Libellula, e sottoposto a oltre 4mila donne lavoratrici dipendenti e autonome

6) Vera Gheno, Verso l’inclusività linguistica e oltre, Zanichelli editore 2021

7) C. Robustelli, Linguaggio, discriminazione e femminicidio, (Intervento presentato al convegno La Piazza delle Lingue d'Europa 2013 tenutosi a Firenze nel 14-16.11.2013).

8) www.treccani.it


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