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La speranza, “ultima dea”

di Domenico Caruso - Settembre 2023

 

Nel celebre mito greco, il Titano Prometeo (“colui che riflette prima”) avendo compassione per gli uomini rubò il fuoco a Zeus, il quale per punizione lo incatenò ad una vetta del Caucaso dove ogni giorno un’aquila lo dilaniava nutrendosi delle interiora che di notte ricrescevano.
Per castigare anche i mortali il padre degli dei, come riferisce nella “Teogonia” il poeta greco Esiodo (metà VIII-VII sec. a.C.), nascose agli uomini il cibo che dovranno ottenere con fatica.
Gli esseri umani passano così dalla condizione di “ánthropoi” a quella di “ándres”, dalla nascita di Gē alla riproduzione sessuata, perdendo la beatitudine della comunione col divino.
Inoltre, il dio padre ordinò a Vulcano di fabbricare una bella donna alla quale le divinità avrebbero fatto dei regali.
La giovane nata, chiamata Pandora (“tutti i doni”), incarnò ogni virtù femminile. Zeus vi aggiunse in omaggio un vaso con all’interno tutti i mali, accompagnato dalla preghiera di non venire aperto.
Pandora, mandata sulla terra conobbe il fratello di Prometeo, lo stolto Epimeteo (“colui che non prevede”) il quale la volle sposare, anche se il congiunto tentò di dissuaderlo. Ella, non riuscendo a resistere alla curiosità, aprì il vaso regalatole dal quale uscirono tutti i mali che agitano l’animo umano.
Per ultima venne fuori la speranza (in greco Elpis, “che resta reclusa”) da conservare come compagna di viaggio nella vita.
Nelle difficoltà si può riprendere ad esistere e credere in un futuro migliore. Solo il lavoro e la diligenza possono riempire di beni il vaso della vita.
La speranza, “la più piccola delle virtù, ma la più forte”, come l’ha definita Papa Francesco, non è passivo ottimismo ma, al contrario, “è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”. (Dall’Angelus, rispettivamente del novembre e del settembre 2015).
«L’uomo dell’età pastorale e georgica “subisce” la dolce malìa che fa meste le cose. L’uomo dell’età industriale “reagisce” alla constatazione del poeta antico - “sunt lacrimae rerum” - operando nella speranza. Tutta l’età nostra sta ormai subendo in pieno questa trasformazione: dalla passività rassegnata all’attivismo sfrenato, dalla solitudine individuale alla collettività sociale; dall’attesa di un regno celeste alla trasformazione della convivenza terrestre», afferma Padre Ulderico Pasquale Magni (1912-2011) in “Sorgete è l’ora” - Edizioni Studium Christi - Roma, 1965).  L’epistemologo conclude: «Ciò che più urge nel palpito vivo della creazione è la chiamata ad “andare oltre”. Quella chiamata ha potenza redentiva: chi si affida ad essa può operare con fiducia, può chiudere gli occhi contento».


Scrive il poeta e saggista T. S. Eliot (1888-1965):


«Ho detto alla mia anima di stare ferma, e di stare ad aspettare senza sperare.
Perché sperare sarebbe sperare la cosa sbagliata;

di stare ad aspettare senza amore.
Perché l’amore sarebbe amore per la cosa sbagliata;
ma resta ancora la fede.
Ma fede e amore e speranza sono tutte nell’attesa.
Aspetta senza pensare, perché non sei pronto per pensare.
E allora l’oscurità sarà luce, e l’immobilità danza».


Nel racconto “La bottega della speranza” lo scrittore e pedagogista Gianni Rodari (1920-1980) si auspica:


«Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
"Speranza a buon mercato!"
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza

senza fargliela pagare».
La speranza è la sola forza che nella vita consente di correggere e di proseguire, una volta persa nulla ha più senso.


Domenico Caruso

S. Martino di Taurianova (R.C.)

 

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