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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Domenico Pimpinella

Luglio 2010

 

Domenico Pimpinella, nato a Formia (LT) nel 1952 è appassionato cultore della filosofia. Per la Bastogi Editrice italiana ha pubblicato nel 2002 Gusci di cristallo (ovvero prigionieri della soggettività).
Dal novembre 2009 collabora con Riflessioni.it come autore della rubrica "Riflessioni da un Paradigma Sperimentale". Su Riflessioni.it due suoi interessanti saggi: - Quale amore? Quale felicità?- Perché la filosofia?

 

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per te la felicità?

Iniziamo col dire che la felicità coincide con la migliore condizione in cui possiamo venirci  a trovare. La difficoltà sta nel capire quale sia questa condizione. In questo compito ci dovrebbero aiutare sensazioni ed emozioni: avvertire dolore, tristezza, paura, significa che non siamo nel posto giusto; se prevalgono piacere, gioia, serenità è probabile che ci troviamo nelle sue vicinanze. Poiché però, non siamo solo soggetti emotivi, ma anche razionali (condizionati cioè anche da un’idea consapevole degli obiettivi da perseguire) diventa fondamentale avere un’idea corretta soprattutto della propria condizione interiore. E non ho dubbi che l’idea giusta sia quella di trasformare sempre più l’individualità in una “dividualità” equilibrata ed armoniosa.

 

2) Cos’è per te l’amore?

E’ la possibilità, appunto, di arrivare ad esprimersi correttamente come “dividuo”. Che significa? Che dovremmo lavorare per trasformarci da individui in realtà esistenziali aperte, in grado di legarsi in maniera forte e duratura, nonché gioiosa e piacevole, con altri dividui. E’ il solo modo per riuscire ad esprimere oltre che la nostra limitata realtà soggettiva anche l’universale che pure non possiamo fare a meno di essere. L’amore è: “socialità naturale arricchita razionalmente e fatta diventare un intreccio sublime di emozioni”.

 

3) Come spieghi l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Ci sono diversi tipi di sofferenza. C’è quella che dipende dalla precarietà dell’esistenza soggettiva e quella dovuta all’impossibilità di condurre una vita sociale ricca ed autentica. Quelle del primo tipo possiamo chiamarle sofferenze “materiali” (mancanza di cibo, acqua, riparo, salute, ecc); del secondo, “spirituali” (mancanza di amicizia, amore, solidarietà, ecc).  Nell’uno e nell’altro caso, comunque, si rimane distanti dalla felicità.

 

4) Cos’è per te la morte?

E’ una condizione essenziale per poter realizzare il progresso e l’eternità. La morte spezzetta la Filogenesi (che dovremmo considerare la nostra vera, autentica esistenza) in tanti tronconi contigui, che possono così evolversi, sperimentando modelli esistenziali sempre più complessi. Se  la morte terrorizza così tanto è perché ci siamo convinti (razionalmente) che la nostra vita autentica sia l’ontogenesi, all’inizio della quale possiamo disporre solo di “conoscenza istintiva inconscia”, poiché quella “razionale” si resetta ad ogni cambio generazionale. A causa di questo resettamento ci siamo purtroppo convinti che ogni volta si comincia dal nulla per finire miseramente e tragicamente nello stesso nulla. Il che è chiaramente una valutazione errata.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i tuoi obiettivi nella vita e cosa fai per concretizzarli?

I miei obiettivi sono consequenziali a quanto affermato finora: cercare di sovrapporre correttamente gli obiettivi della razionalità a quelli della conoscenza emotiva, in modo da realizzare un aspetto soggettivo minimo ed uno sociale massimo. Un percorso che può portare a risultati ottimali solo se intrapreso con la stessa convinzione anche da un nutrito gruppo di altri uomini. Altrimenti si corre il rischio di ritrovarsi gazzella in mezzo a un branco di lupi. Diventa, quindi, fondamentale che si faccia strada in ognuno la necessità di costituire una società autentica, capace cioè di farci trascendere un giorno (appartenente alla filogenesi, ovviamente) in una nuova possibilità esistenziale di ordine superiore, identificata da un preciso DNA culturale.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Credo proprio di si! Il progetto esistenziale è far fiorire il bocciolo della socialità  che è in noi e che purtroppo stiamo facendo appassire con l’aridità di un eccessivo “individualismo”. Quello che abbiamo finora creduto il suo contrario, ovvero l’“altruismo”, è anch’esso una pioggia acida che non potrà mai farlo sbocciare. Non rimane, allora, che percorrere collettivamente la strada di un cambiamento di personalità che possa permetterci un giorno (non importa quanto lontano o vicino) di sentirci appagati e fieri di quello che riusciremo ad essere insieme agli altri.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensi?

Invece di realizzare una dividualità, abbiamo per secoli operato razionalmente per realizzare un’individualità chiusa e potente: illusi che fosse la strada giusta per stabilizzarci. Invece, l’unica stabilizzazione davvero possibile e auspicabile sarebbe quella di  costruire un tessuto sociale compatto, possibile solo attraverso l’acquisizione di una corretta personalità ambivalente. Personalità che può venir fuori solo con un continuo interagire sociale che ci educhi a far emergere e ampliare l’aspetto sociale a scapito di quello soggettivo. Insomma dovremmo aspirare a diventare dei “neuroni” pluricellulari.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Dalla personalità dell’individualità che realizziamo con le nostre azioni. Dalla mancanza o dalla pienezza della gioia che caratterizza la nostra esistenza, unitamente al piacere o al dolore, che da soli non sono sufficienti per fare piena luce su questi concetti.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato te?

Le religioni sono frutto di un pensiero, che possiamo considerare Filosofia ante litteram, che purtroppo ci ha “deviato” sulla strada concettuale di un pernicioso “dualismo” (somma di sostanze diverse, da non confondere con dividualità che è invece somma di aspetti diversi di una stessa sostanza)  che si sta rivelando, fortunatamente, come un errore da correggere. La scienza, a sua volta, è il frutto di quella Filosofia che ha continuato a cogliere consapevolmente nell’individualismo l’unica possibilità consentitaci, ma che con la “Meccanica quantistica” è ritornata a dubitare, riavvicinandosi di nuovo alla Filosofia. La mia speranza si basa sull’ipotesi alternativa e affascinante di riuscire a smettere di trasformare violentemente l’ambiente al solo fine di rimanere identici a noi  stessi. La pienezza del proprio essere non si realizza in questo modo ma costruendo consapevolmente la propria dividualità, che è l’unico modo per arrivare ad esprimere con gioia l’essenza della propria intima natura.

 

10) Qual è per te il senso della vita?

Quello che ho appena detto.


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