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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

Termovalorizzare con tecnosofia

Febbraio 2014


Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotto finale un effluente gassoso, ceneri e polveri (Wikipedia). Ultimamente si usa il termine termovalorizzatore ma a rigor di logica un rifiuto lo si “valorizza” solo se lo si riutilizza e poi lo si ricicla, mentre l’incenerimento costituisce semplice smaltimento anche se da preferirsi alla discarica di rifiuti indifferenziati. Inoltre il termine non viene mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori".
Quando il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore ed energia elettrica oppure viene usato come vettore di calore (teleriscaldamento) questi inceneritori vengono chiamati più comunemente termovalorizzatori. Di questi, in Europa ce ne sono quasi 500 che bruciano quasi 40 Mt (megatonnellate cioè 40 milioni di tonnellate) di rifiuti solidi urbani. Viene da chiedersi se queste 40 Mt non siano anche la misura delle tonnellate di cultura e informazione che ci separano dal Nord Europa.

Solo in Germania si smaltisce oltre il 50% dei rifiuti prodotti. Nel 2016 a Copenaghen si inaugurerà un termovalorizzatore sul quale la gente potrà andare a sciare (!) giacché il progetto prevede di coprirne il tetto con un impianto sciistico a tre piste (di cui una nera) che si estenderà su una superficie di 31.000 mq. E mentre di sopra si andrà a sciare, di sotto si starà producendo energia dai rifiuti: quindi non un inceneritore ma un vero e proprio termovalorizzatore con una capacità prevista di 418mila tonnellate, abbastanza per riscaldare circa 140mila appartamenti.

Non è una notizia solo per gli amanti dello sci, evidentemente, ma per tutti. E’ la prova provata del gap politico, sociale e culturale che ci separa dal nord Europa. Cosa dire, poi, delle due cittadine svedesi, Oskarshamn e Östhammar, che si sono contese, per sette anni, la possibilità di ospitare il deposito delle scorie nucleari dei 10 reattori attivi in Svezia. Tanto per capirci, queste due cittadine svedesi lottavano non per scaricare all’altra il deposito delle scorie nucleari, ma per averle! Ma com’è possibile? Dov’è andata la sindrome del “nimby”? La sintomatologia ambientalista del not in my back-yard, cioè “non nel mio giardino”, che fine ha fatto? Vi ricordate? Si tratta di quella ineffabile sindrome di difesa del territorio; difesa dalle brutte e cattive multinazionali (quasi sempre americane) che vengono a casa nostra per deturpare le nostre bellezze naturali.

 

Il nimby era la classica malattia ecologica dei nostri tempi: Le centrali nucleari? Chissenefrega, in Francia ce ne sono più di cinquanta, basta che non le facciano sul nostro territorio! I rigassificatori? Basta che non vengano a metterlo in casa nostra…  e così con ogni cosa che si desidera fare. La TAV? Non serve a niente, se la prendessero tutta i francesi. Poi però andiamo in piazza a protestare contro il lavoro che manca … Ma qualcuno si è mai chiesto come mai queste due incaute cittadine svedesi dai nomi impronunciabili non si siano fatte prendere da questa delirante sintomatologia ambientalista? Perché negli altri paesi si progetta un termovalorizzatore con l’idea di valorizzare anche l’ambiente, per fare più bello il mondo in cui viviamo, e noi, il Belpaese, in teoria il Paese che racchiude più della metà delle bellezze artistiche, pittoriche, architettoniche del mondo, non siamo in grado neppure di pensare una cosa così? Eppure, nel design siamo i migliori, la nostra moda va per la maggiore nel mondo.

Invece la spazzatura da noi non riesce a trovare la strada di una corretta gestione. Le conclusioni del rapporto dei carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) mettono in risalto che tutti gli 11 impianti di Trattamento meccanico biologico (Tmb) del Lazio sembrano sottoutilizzati rispetto alla potenzialità approvata. Il totale dei rifiuti ricevuti negli impianti regionali è stato nel 2012 di 1.512.650 tonnellate, a fronte di una capacità totale autorizzata di 2.278.353 tonnellate. La differenza è di 765.602 tonnellate, cioè tanta spazzatura che si può ancora trattare (2.100 tonnellate al giorno). D’altra parte, l’osservatorio del Nimby Forum registra un trend negativo costante sui termovalorizzatori. Quasi un impianto su tre, per i trattamenti dei rifiuti, è oggetto di contestazione. Non ci sorprende che si tratti di contestazione ideologica, fondata su pregiudizi e sulla mancata informazione oppure su un’informazione totalmente distorta che viene propinata ed elargita a piene mani laddove a quella del progetto specifico, dei dati tecnici, delle valutazioni degli esperti, non si dà alcun credito. Un pot-pourri di mala informazione tenuto insieme dalla trama e dall’ordito che sono la paura e l’ignoranza, il tutto condito con una profonda mancanza di fiducia nel sistema politico corrotto con le varie mafie locali.

 

Tuttavia la mancanza di fiducia non può, per quanto grande essa sia, ostacolare il ciclo virtuoso che la direttiva europea del 19 novembre 2008, la c.d. Waste frame work directive aveva disegnato. In effetti il contesto normativo nel quale operiamo noi è lo stesso nel quale tutti operano. È l’Europa a indicare i limiti delle emissioni, le procedure, le modalità di trattamento dei rifiuti, ecc. Le tecnologie impiegate sono le stesse delle nostre Società multi servizi (multi utilities), che sanno fare ricerca ad alto livello, e posseggono know how e competenze. Quindi il gap non è normativo e neppure tecnologico, è tecnosofico: in quanto è un gap prima di tutto culturale e secondariamente legato alla tecnologia. Ecco perché occorre incominciare dalla scuola, mostrando ai ragazzi (che sono assai sensibili al tema ambientale ma spesso in modo superficiale) come funziona un ciclo integrato dei rifiuti. Saranno loro poi a portare a casa questi concetti per stimolare gli adulti, per sensibilizzarli. Quindi prima dobbiamo pensare ad alfabetizzare i ragazzi e poi utilizzarli come strumenti per diffondere una conoscenza scientificamente più accurata, più trasparente e con un linguaggio più semplice e accessibile a tutti.

 

Dobbiamo concepire con fantasia e con urgenza una campagna di sensibilizzazione verso la valorizzazione della tecnologia per gestire i rifiuti. Un concetto avanzato di difesa dell’ambiente si deve per forza sposare con lo sviluppo economico, con la qualità della vita, con l’innovazione … in una parola: con la tecnosofia. Dobbiamo sfruttare il ricco e molteplice sistema mediatico, informativo e culturale di cui la nostra società dispone, per raggiungere con contenuti specifici tutti i target necessari. Altrimenti c’è il rischio che la scatola vuota della comunicazione finisca per essere riempita da soggetti non qualificati e poco attendibili o in malafede. Se vogliamo recuperare lo spread ecologico che ci separa dal nord Europa, la scatola dell’informazione va riempita di contenuti. Di tecnosofia.

 

   Walter J. Mendizza

 

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