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Umana-mente di Eliana Macrì

Umana-mente

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Aristotele e la Metafisica

Settembre 2021


"Tutti gli uomini tendono per natura al sapere e la ragione di ciò è che ogni creatura aspira a raggiungere la propria perfezione, e poiché la perfezione più alta della nostra anima è la conoscenza, noi uomini per natura desideriamo conoscere".
Questo è l’inizio della Metafisica, un’opera in quattordici libri scritta dal filosofo Aristotele. Incipit ripreso da Dante nel Convivio che definisce il filosofo di Stagira maestro di coloro che sanno.
Ad Aristotele si deve il merito di avere fondato e ordinato le diverse scienze con i linguaggi specialistici ancora oggi in uso.
Il termine metafisica, però, non è aristotelico, con ogni probabilità risale ad Andronico di Rodi, editore del I secolo d. C. che catalogò tutti gli scritti di Aristotele definendo libri della Metafisica quelli che nell’ordine venivano dopo i libri della fisica. Si tratta di appunti per le lezioni che Aristotele passeggiando teneva nel suo Liceo.

Che la si chiami metafisica, o filosofia prima sulla scia aristotelica, in ogni caso ci riferiamo all’indagine intorno alle cause ultime della realtà
, o come afferma il nostro filosofo, nel VI libro, alla scienza dell’essere in quanto essere. Tutte le altre scienze potranno essere più utili di essa, ma nessuna le sarà superiore, in quanto è la forma più libera di conoscenza.
"Noi non cerchiamo questo sapere per nessun altro uso, ma come dell’uomo diciamo che è libero quando esiste per se stesso e non per un altro uomo, così cerchiamo questa scienza come quella che è l’unica tra le scienze a essere libera, perché è l’unica che ha come fine se stessa".

L’essere per Aristotele ha molteplici significati, ma tutti si riferiscono alla sostanza.

Immaginate di dovere sistemare la vostra camera: sicuramente comincerete con il raggruppare i libri con i libri, le penne con le penne e i vestiti con i vestiti, poi sistemerete i libri nella libreria, le penne nel portapenne, i vestiti nell’armadio, i calzini in un cassetto diverso da quello dei maglioni e così via. La nostra mente opera nello stesso identico modo. Un po’ come giocare con gli amici a indovinare un oggetto scelto dal gruppo mentre il malcapitato si tappa le orecchie. La prima cosa che farà sarà quella di cercare di capire la categoria a cui appartiene l’oggetto da indovinare.
Nel suo mettere ordine nella grande stanza della natura, Aristotele individua dieci categorie, le caratteristiche fondamentali e strutturali dell'essere. Per comprenderle meglio facciamo degli esempi con il mio cane Pipa:

- la sostanza, Pipa è Pipa;
- la quantità, Pipa pesa più di venti chili;
- la qualità, Pipa è piena di rughe;
- la relazione, Pipa è più grossa della sua mamma;
- il luogo, Pipa è sul divano;
- il tempo, Pipa vive nel XXI secolo;
- la posizione, Pipa è distesa;
- la condizione, Pipa dorme;
- l'azione, Pipa scodinzola;
- la passione, Pipa viene accarezzata.

Di tutte le categorie la più importante è la sostanza
, perché è ciò che rimane togliendo tutti gli attributi che una cosa può avere o non avere e che Aristotele chiama accidenti. Sostanza è la natura determinata e necessaria di ciascuna cosa. Un sasso cadrà sempre a terra anche se lo scagliamo in alto.
La sillaba non si identifica con le lettere dell’alfabeto, BA non è la stessa cosa di B ed A, giacché se il composto viene dissolto la sillaba non esiste più, mentre le lettere esistono ancora; dunque la sillaba è qualcosa che sì s'identifica con le due lettere, ma è ad un tempo qualcosa di diverso. Sembrerebbe che questo principio sia la causa per cui una cosa particolare è una sillaba e non altro. Sembrerebbe che la sostanza sia appunto questo principio.

Ogni sostanza è un sinolo, insieme di materia e forma, inseparabili proprio come l’anima e il corpo.
Non è possibile alcuna conoscenza se prima non si passa attraverso i sensi, poi la ragione ordinerà tutte le sensazioni. Ecco perché nel tempio della saggezza di Raffaello, l’universo armonico del sapere trova il suo punto di equilibrio in Platone e Aristotele, il primo a indicare il cielo, il secondo la terra.
Secondo Aristotele nella materia è sempre insita la possibilità di raggiungere una forma precisa, ogni mutamento in natura è una trasformazione dalla potenza all’atto. Immaginate di entrare nella bottega di un falegname e di vederlo intento a intagliare un enorme tronco di legno, come se ogni colpo di scalpello cercasse qualcosa in quella materia informe. Giorni dopo, tornando alla bottega troverete al posto del tronco di legno un tavolo. Ecco cosa il falegname cercava. In qualche modo lo aveva già visto nel legno, aveva visto che quel legno aveva la possibilità di trasformarsi in un tavolo. Come un pianista vede in un pianoforte non un insieme di tasti bianchi e neri ma la melodia che da essi uscirà o un pittore in una tela il dipinto che diventerà.

La nostra parola atto in realtà traduce due termini chiave della filosofia aristotelica "entelecheia" e "energheia"
. Entelecheia - avere in sé il fine - indica il raggiungimento del proprio fine, l'attuazione delle proprie potenzialità (dynamis). Energheia - in opera - indica, invece, l'attuarsi dell'entelecheia e il suo successivo esplicarsi in tutte le sue funzioni. Il bambino è l'uomo adulto in potenza nel senso che ha la possibilità e la capacità, date certe condizioni, di diventare uomo. E l'uomo è il bambino in atto, in quanto rappresenta la compiuta attuazione delle potenzialità insite nel bambino.
Come la forma è principio di determinazione della materia, immanente alla materia stessa, e l'atto è la piena realizzazione di ciò che una cosa è già in potenza, così la sostanza, in quanto sinolo di forma e materia atto e potenza, è il principio attivo in virtù del quale ogni sostanza individuale diventa quella sostanza individuale e non un'altra. Per cui ogni cosa diventa ciò che è.


Eliana Macrì


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