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Aletheia di Emanuela Trotta

Aletheia

di Emanuela Trotta - indice articoli


Il potere delle parole

Maggio 2021


“Una parola muore appena detta: dice qualcuno. Io dico che solo in quel momento comincia a vivere." Così, Emily Dickinson dichiara il potere straordinario delle parole, che non muoiono nel momento in cui vengono pronunciate, ma è proprio allora che prendono forma e significato, è da quel momento che iniziano a esercitare la loro insostituibile funzione.
Le parole lasciano segni indelebili, non sono fuggevoli, rimangono nel posto che noi assegniamo loro, vengono interiorizzate, custodite in una dimensione profonda. Spesso soggette a fraintendimenti originano incomprensioni, costituiscono comunque la radice del nostro sentire e del nostro divenire.
Il rapporto con l'altro è segnato inevitabilmente dalla responsabilità nei suoi confronti. Responsabilità è possibilità di prevedere gli effetti delle nostre azioni, delle nostre parole, comporta la necessità di saper scegliere le parole, in modo che costruiscano ponti tra noi e gli altri, evitando parole che feriscano, che abbiano conseguenze negative sugli stati d'animo, sulle fragilità e sulle debolezze di chi le ascolta.
Abbiamo il dovere di selezionare le parole che usiamo, di creare un dialogo che predisponga all'ascolto.
L'obiettivo della comunicazione è uscire da noi stessi, creare un varco per entrare nell'altro, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, è un accogliere l'altro nella sua alterità, preservandone la diversità.
In una società individualista, dove ognuno è impegnato a perseguire i propri bisogni e percepire unicamente le proprie esigenze, si perde il senso della comunicazione, come condivisione, come ascolto e comprensione.
Dominati dalle contingenze, sopraffatti dalla quotidianità, non riusciamo a gestire le relazioni, manca la partecipazione emotiva verso l'altro.
Tutto si riduce a pura informazione. La sterilità di una parola che non stabilisce un incontro, ma crea una frattura. Secondo l'etimologia "cum-moenia", la parola diventa difesa, è usata per prevaricare, vince chi riesce a dimostrare di aver ragione, indipendentemente dalla verità. Comunicare non è un'abilità retorica piuttosto bisognerebbe tornare al suo significato autentico, alla comunicazione capace di abbattere le barriere che ci separano, funzionale a creare un reciproco scambio e instaurare una relazione che garantisca il nostro benessere.

Sarebbe più semplice se usassimo nel parlare la stessa premura che riserviamo all'ascolto delle parole, che invece sono rivolte a noi. Nell'ascolto siamo attenti a cogliere le sfumature di significato più lievi, a volte impercettibili.
È strano come il tempo affini la nostra attenzione nella ricezione dei messaggi, ma non riusciamo ad avere la stessa cura e sensibilità nei messaggi prodotti da noi.


Emanuela Trotta


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