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Aletheia di Emanuela Trotta

Aletheia

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La maternità

Febbraio 2022


La maternità è quella vocazione che si può avere o meno, indipendentemente dal fatto di avere figli, è cura e attenzione nei confronti dell'alterità altrui. La maternità implica una relazione, la presenza di un altro da sé, noi siamo relazionali dalla nascita, madre è chi si prende cura di una vita che non gli appartiene fino in fondo, è un dono e non un diritto. L'essenza dell'amore materno è accogliere, è un amore che accetta, in una ricerca del giusto equilibrio tra presenza e giusta distanza, tra cura e autonomia. Dalle sue cure dipende il suo benessere e crescendo gli equilibri cambiano, acquisendo più autonomia.

Le prime conquiste sono già un distacco, fonte di ansia e staccandosi è la madre che rischia di perdere il suo ruolo, la sua identità materna. Se il figlio è considerato fragile in un mondo pieno di insidie e minacce, l'amore soffoca, toglie gli spazi vitali necessari per la crescita e per la conquista dell'autonomia.

Il bambino che diventa adulto lascia un vuoto incolmabile, e in tal modo la madre non regge al distacco, chiudendosi in una dimensione di egoismo, ma i figli non sono proprietà personali, non sono coloro che riempiono il vuoto esistenziale dei genitori o ne soddisfano i bisogni irrealizzati. Evitare di cadere non vuol dire crescere, a volte è necessario che si cada per poi rialzarsi, occorre mettere in conto anche gli insuccessi e i sacrifici. Trovare un giusto compromesso tra protezione e libertà equivale a renderli autonomi.

L'essenza della maternità non può prescindere da un'assunzione di responsabilità nei confronti del figlio, responsabilità socialmente condivisa. Un proverbio africano dice che per crescere un bambino occorre un intero villaggio. Ma oggi il tessuto sociale non sostiene i genitori, ai quali viene chiesto non solo di essere genitori, ma anche parte attiva del sistema produttivo, occorre pertanto, sostenere la crescita di un figlio, facendosi da parte quando serve, per lasciarlo libero, significa avvertire questo legame profondo con ogni fibra di sé, tutelarli, ma lasciarli liberi di vivere, pur nel rischio che ciò comporta. Non ci è chiesto di essere perfetti, ma pur con tanti limiti e in mezzo a tanti errori si cerca di realizzare qualcosa che abbia senso e valore, un compito che supera le nostre risorse.

La famiglia insegna la fiducia, la speranza, l'amore. L'uomo può amare se prima ha riconosciuto un amore gratuito su di sé. Bisogna rispettare l'identità del figlio, comprendendo l'esigenza del distacco e rendendolo capace di scegliere, di decidere, di vivere in base ai suoi desideri, progetti, inclinazioni, liberandolo dalle pressioni e dai condizionamenti. Renderli liberi non vuol dire allontanarli, ma sostenerli nel realizzare la propria vocazione. Si accetta il distacco finalizzato alla loro effettiva realizzazione, pur consapevoli che rinunciamo a ciò che ha rappresentato il nostro senso della vita, perché la loro felicità è prioritaria rispetto alla nostra.

L'amore materno è capace di una rinuncia dolorosa "la tua libertà è il prezzo del mio sacrificio", così come l'etimologia del termine sacrificio "rendere sacro" racchiude in sé la sacralità della propria azione per il bene dell'altro. È questa la misura dell'amore materno.


Emanuela Trotta


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