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Aletheia di Emanuela Trotta

Aletheia

di Emanuela Trotta - indice articoli


La paura del limite

Ottobre 2023


Uno dei concetti che caratterizza la nostra cultura è il concetto di perfezione.
In questo clima di efficientismo esasperato la vita si trasforma in competizione continua. Con il mito della perfezione l’uomo ha perso il senso del limite. Il modello di uomo da raggiungere è quello che va oltre i propri limiti, senza rendersi conto che oltre il limite non c’è la perfezione, ma la disumanizzazione. Focalizzare l’attenzione sulla performance e l’eccellenza porta a sentire di non essere mai abbastanza rispetto alle aspettative e alla convinzione di una presunta inadeguatezza personale.
La ricerca della perfezione disorienta l’uomo tanto da rendere insopportabile la sua esistenza. Chi tende alla perfezione finisce per vivere con le immagini di una realtà falsa.
Il limite non è solo privazione, non si può pensare ad esso solo come mancanza. Essere limitati non è essere privi di qualcosa che era dovuto, ma essere ciò che naturalmente si è. Dare valore al limite vuol dire valorizzare la natura umana così com’è. L’imperfezione è qualcosa d’intrinseco alla vita. Bisogna imparare a vedersi non come esseri che sbagliano e falliscono, ma come esseri che proprio a partire dall’accettazione di quello che si è, incominciano ad aprirsi alla vita, la si affronta, traendo vantaggi nonostante gli errori. Anzi è proprio attraverso l’errore che possiamo sperimentare la vita in tutta la sua intensità. L’errore ci rende compatibili con l’umano. Bisogna prendere coscienza che l’umanità dell’uomo non comincia con la ricerca della perfezione, ma dall’incontro con la propria impotenza. Quindi il limite è ciò che aiuta a capire l’uomo nella sua profondità. Tracciare il limite non è l’accettazione di una sconfitta, bensì è stabilire il proprio territorio, comprendere chi siamo. Saper mettere dei confini su chi siamo e su cosa sappiamo fare non significa imporci delle barriere, ma, incrementare consapevolezza per affrontare le proprie sfide e un eventuale fallimento non andrà ad avere ripercussioni sulla propria fiducia in noi stessi.
Bisogna creare un equilibrio tra l’accettare ciò che non può essere cambiato e l’essere attivi rispetto alle proprie possibilità. L’accettazione del limite è manifestazione di una grande forza e dignità. Riconoscere il limite significa valutare fin dove possiamo spingerci, qual è il massimo che possiamo dare senza eccedere. Questo ci spinge ad essere più indulgenti verso noi stessi e verso i nostri errori, a vivere i fallimenti senza cadere nell’ansia del perfezionismo, imparando a rialzarsi e riprendere il cammino con la consapevolezza che ci sono eventi che sfuggono al nostro controllo, mancanze con cui dobbiamo imparare a convivere. È nel percepirci come esseri finiti e limitati che riusciamo a valorizzare appieno il tempo che ci è dato di vivere, a comprendere tutto ciò, che nella nostra quotidianità rimanda alla dimensione della fallibilità.
Il limite non è sempre sinonimo di imperfezione, ma è la radice stessa dell’apertura dell’uomo Accettare il proprio limite vuol dire aprirsi ad un cammino personale di libertà attraverso un nuovo modo di sentire, di pensare e di agire. Il limite è nell’uomo un fattore propulsivo, in quanto genera il desiderio, che è il motore della volontà. Se l’uomo possedesse tutto, non cercherebbe nulla, la percezione del limite è fonte di nuove scoperte, perché suscita nell’uomo il desiderio di conoscere e di cercare.
Lo sviluppo è una capacità aperta alla crescita che non nega né esclude i limiti reali della persona. Se si vuole ancora pensare ad un futuro dell’umanità si può pensarlo solo nell’ottica del limite.

Emanuela Trotta


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