Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Sul Compendium Musicae di Cartesio
di Roberto Taioli - Febbraio 2010
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La Genesi Storica del Compendium
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Dalla Teoria della Consonanza alla Teoria Musicale del Ritmo
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Praenotanda
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Seguendo le Note di Zarlino: Le Regole della Composizione e i Modi
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La Natura del Piacere
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Il Compendium tra Continuità e Novità
Roberto Taioli nato a Milano nel 1949 ha studiato filosofia con Enzo Paci.
Membro della SIE- Società Italiana di Estetica, è cultore di Estetica presso l'Università Cattolica di Milano.
Il suo campo di ricerca si situa all'interno dell'orizzonte fenomenologico.
Ha pubblicato saggi su Merleau-Ponty, Husserl, Kant, Paci e altri autori significativi del '900.
Negli ultimi tempi ha orientato la sua ricerca verso la fenomenologia del sacro e del religioso e dell'estetica. Risalgono a questo versante i saggi su Raimon Panikkar e Cristina Campo.
La Genesi Storica del Compendium
Il trattatello sulla musica è la prima opera compiuta che il giovane Cartesio ha redatto, in testimonianza della viva amicizia che in quel momento lo legava al più maturo amico, lo scienziato olandese Isaac Beckman. Infatti Cartesio dopo aver studiato giurisprudenza a Poitiers, si trasferì nelle Province unite per arruolarsi volontario in uno dei reggimenti francesi comandati dal principe protestante Maurizio di Nassau.
Secondo quanto si legge nel prezioso Journal che lo scienziato olandese teneva regolarmente con grande precisione, l’incontro tra i due studiosi ebbe luogo il 10 novembre 1618 e non in forma casuale, perché in una cittadina come Breda era allora molto intenso e frequente se non addirittura frenetico lo scambio di notizie culturali e scientifiche, di esperienze e di studi.
Che Isaac Beeckman abbia rivestito un grande ruolo nella formazione del giovane Cartesio, è ammesso dal Nostro nelle primissime lettere indirizzate all’amico e in particolare in quella del 23 aprile 1619 in un passaggio emblematico che riportiamo:
"Infatti, voi siete davvero il solo ad avere spronato un pigro a richiamare un sapere già quasi tutto svanito dalla memoria ed a volgerne l’intelligenza, che si era allontanata dalle occupazioni serie, verso cose più grandi. Per questo, se dovesse venir fuori da me qualcosa di non disprezzabile, potrete a buon diritto rivendicarlo come interamente vostro. Da parte mia, non mancherò di mettervene da parte, sia perché ve ne dilettiate, sia perchè lo correggiate, come avete fatto molto di recente a proposito di ciò che avevo scritto sull’arte della navigazione. Come se foste un indovino, mi avete infatti messo a parte della cosa; tale è, infatti, la vostra invenzione relativa alla Luna, che pure ritenevo, ma erroneamente, potesse venire semplificata con alcuni strumenti".(1)
A dire il vero il passo epistolare menzionato, oltre al riconoscimento dei meriti dell’amico nell’averlo risvegliato dal torpore intellettuale, contiene un argomento incautamente inserito da Cartesio, che diverrà di là ad alcuni anni, oggetto di polemica e divisione tra i due. Infatti Cartesio, preso dall’elogio verso il maestro, non esista ad attribuire a Beeckman una sorta di paternità intellettuale dei suoi futuri scritti, come avverrà proprio riguardo al Compendium.
Su questa linea di allineamento verso l’amico più titolato ed esperto può anche essere letta la conclusione del trattatello musicale, ove ancora una volta Cartesio riconosce i meriti dell’interlocutore, affidandogli l’opera senza esitazione:
"Ormai scorgo la terra, mi affretto verso il lido; molto qui ometto per brevità, molto per dimenticanza, ma di certo ancor più per ignoranza. Lascio tuttavia venir fuori fino a voi quesrto parto del mio ingegno, così informe, e quasi come un piccolo di orsa | appena messo al mondo, perché sia un ricordo della nostra amicizia profonda, e un pegno certissimo del mio amore per voi; ma a questa condizione, se credete: che, al riparo per sempre nell’ombra della vostra biblioteca o del vostro studio, esso non sia consegnato al giudizio di altri. I quali, come voi invece farete, ne sono sicuro, non distoglierebbero gli occhi benevoli dalle sue parti monche verso quelle nelle quali non nego certo che siano delineati al vivo alcuni tratti del mio ingegno; e non saprebbero che esso è stato composto tumultuosamente e solo per voi, qui, in mezzo all’ignoranza dei militari, da un uomo ozioso e libero, che pensa e fa cose completamente diverse".(2)
Tuttavia anche se queste lettere e questi riscontri non esistessero, basterebbe leggere alcuni passi del Journal di Beeckman per rendersi conto che il genere di ricerche che conduceva lo studioso olandese (tra cui quelle in campo musicale) rappresentavano un paradigma culturale che il giovane filosofo non avrebbe potuto conoscere senza restarne vivamente interessato. Ciò lo si coglie tra l’altro da tutta una serie di problemi che i due amici affrontarono nei loro dibattiti e di cui è rimasta traccia nelle lettere, tra le quali quella della determinazione dei tempi della caduta dei gravi, ove la reciproca inerenza tra fisica e matematica era particolarmente evidente.
Nel 1618 l’esercito agli ordini del Principe Nassau non era impegnato in grandi imprese militari, poiché era ancora in vigore la tregua di dodici nella guerra contro la Spagna. Cartesio, arruolatosi come volontario nell’esercito, si trovava inattivo nel presidio di Breda, attendendo ai propri amati studi e a comporre il trattatelo musicale in omaggio al suo amico, che mostrava anch’egli interesse per le questioni musicali.
Per la data di composizione del trattatello, sicuramente Cartesio lo iniziò nel novembre del 1618 e lo ultimò il 31 dicembre dello stesso anno, così da poterlo inviare il 1 gennaio del 1619 all’amico a mo’ di strenna augurale per il nuovo anno.
Lo studioso olandese trattenne per sé il manoscritto musicale per 11 anni, fino a quando non dovette renderlo all’amico a seguito della aspra disputa che li aveva divisi che riecheggia fragorosamente nella lettera di Cartesio del 17 ottobre 1630, con toni di rancore incomprensibili al tempo di inizio della loro relazione intellettuale:
"Guardate infatti quanto siete ingiusto: volete essere l’unico proprietario e non volete che altri si attribuiscano non solo quel che sanno e che mai hanno appreso da voi, ma, addirittura, proprio ciò che voi stesso confessate di avere appreso da loro. Scrivete infatti che l’algebra che vi ho dato non è più mia; la stessa cosa in altra circostanza avete scritto sulla musica. Volete dunque, presumo, che queste scienze si cancellino dalla mia memoria, perché ormai sono vostre: per qual motivo, infatti, mi avreste chiesto gli autografi (dal momento che siete già in possesso delle copie, mentre io non ne ho alcuna), se non perché col tempo potessi dimenticarmi delle cose in essi contenute, e di cui più non mi occupo, e perché foste voi il solo a possederle? Ma sicuramente avete scritto ciò per burla; so infatti quanto sappiate essere elegante e faceto: non volete dunque che sui creda seriamente che sia vostro se non quel che siete stato il primo a trovare. Perciò nel vostro manoscritto annotate la data in cui avete pensato ciascuna cosa, perché non capiti mai nessuno tanto impudente da voler attribuire a sé quel che abbia sognato una notte dopo di voi. Mi pare tuttavia che così non custodiate con la massima prudenza i vostri beni: che accadrebbe infatti, se si dubitasse dell’attendibilità del manoscritto? Non sarebbe più sicuro addurre testimoni o confermare su un registro ufficiale? Ma vi dirò la verità, di certe ricchezze come queste, che temono i ladri, e debbono essere sorvegliate con tanta cura, vi rendono infelici piuttosto che beato; né, credetemi, vi rammaricherebbe di perderle insieme alla malattia".(3)
Cartesio portò con sé il manoscritto a Stoccolma, come risulta alla lettera R dell’inventario dello Chanut (“otto foglietti scritto sulla musica, 1618”). Per diverse strade e traversie il manoscritto pervenne poi nelle mani di Padre Nicolais Poisson, Superiore presso il Collegio degli Oratoriali a Vendome,che lo tradurrà dal latino e lo pubblicherà.
Un’altra copia del manoscritto finì poi all’attenzione di un altro grande amico di Cartesio, Costantino Huygens padre, anch‘esso appassionato di musica, mentre sappiamo che una trascrizione del testo si trova nelle pagine del Journal di Beeckman, come se lo studioso olandese volesse in qualche modo appropriarsi del lavoro che – come abbiamo visto – fu fonte della polemica tra i due.
NOTE
1) R. Descartes, Descartes a Beeckman, Breda, 23 Aprile 1619, in R. Descartes, Tutte le lettere 1619- 1650, a cura di Giulia Belgioioso, Bompiani, Milano, 2009, p. 11.
2) R, Descartes, Compendio di musica, in R. Descartes, Opere postume 1650- 2009, a cura di Giulia Belgioioso, Milano, Bompiani, 2009, p. 99, d’ora in poi riportato con la sigla CP.
3) R. Descartes, Descartes a Beeckman, Amsterdam, 17 0ttobre 1630, in R. Descartes, Tutte le lettere 1619- 1650, cit., pp. 159-161.
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