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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Sul Compendium Musicae di Cartesio

di Roberto Taioli
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La Natura del Piacere

 

Premessa la natura sensibile del piacere che Cartesio sancisce nelle prime pagine del trattato, intesa come unica sorgente  di percettibilità data in dotazione all’uomo, occorre esaminare più da vicino questo assunto per non restare prigionieri di un principio empiristico che sembra esulare in ultima analisi dalle riflessioni del filosofo. Non tutti i sensi peraltro servono per Cartesio allo stesso modo alla causa della musica e non tutti sono omologabili nella loro funzione di recettori di esperienze. L’udito in particolare è il senso che più nella musica è sollecitato ed è verso di esso che Cartesio indirizza le sue considerazioni.
L’udito deve infatti essere educato, affinato e rigenerato, perché il suono musicale possa raggiungerlo e tramite esso produrre un mutamento, l’emersione di uno stato d’animo nel soggetto che ascolta.  Diletto ed emozioni formano per Cartesio una coppia che non può essere scissa, delectare et movere sono cadenze di uno stesso movimento che dall’esterno raggiunge l’interno, dando luogo ad una nuova  rielaborazione, questa volta non più determinata dal mero agente fisico.
Un ritmo infatti non accade per tutti allo stesso modo e la serie delle sue cadenze, la scale della sua maggiore o minore intensità, non è percepita univocamente. Un ritmo si dà nel  tempo ma per sfumature, segni, tracce che i sensi interni (lo spirito)  avvertono in  modalità proprie e non catalogabili, in emozioni irripetibili.
Si deve così poter pensare che la natura sensibile per Cartesio non  basti da sola per generare il diletto e che questo non possa essere  inteso in  senso meramente acustico. Esso infatti non va inteso in senso meramente empiristico come sollecitazione che proviene dall’esterno e raggiungendo il soggetto lo lascia inerte e insensibile. Le pagine del Compendium cartesiano contengono accenni rilevanti alla natura attiva del soggetto e dell’ascoltatore che non si limita ad una mera recezione. Il soggetto attivo significa che esso dispone di una soggettività creatrice capace, mediante l’affinamento e l’educazione dell’udito, di scremare l’armonico dal disarmonico, il tenue dall’intenso, il lento dal veloce  e così via.
In  particolare esiste nel soggetto-ascoltatore un  tessuto e fitto ordito di emozioni che, opportunamente sollecitate dall’avvento del suono musicale, determinano una sfera di azioni-reazioni, stati d’animo, moti che pur sorgendo da una base sensibile, non si risolvono in essa pienamente.
Questa sfera dell’emozione nel trattatello Cartesio non la descrive  compiutamente, né dà ad essa una organica sistemazione teorica procedendo per allusioni, suggestioni, in modo quasi schematico, proprio di un pensiero che è in corso.
Il procedimento cartesiano nasce dalla sensibilità ineludibile inscritta nell’uomo mediante i sensi  fisici che gli sono stati attribuiti e perviene all’interno (nello spirito), per quanto riguarda la musica in particolare, attraverso l’udito che produce l’ascolto, l’attenzione e l’interiorizzazione del suono fisico che in sé e per sé a Cartesio non interessa. Esterno ed interno non sono quindi due modalità contrapposte e antitetiche, ma destinate ad incontrarsi mediante un rapporto di enteropatia. L’ascolto infatti, che Cartesio molto valorizza ed è questa una indubbia innovazione da lui introdotta, è una forma di relazione e richiede una attenzione (un tendere) che è  insieme attiva e passiva. Passività ed attività sono quindi inscritte nello stesso ascoltatore che non si trova  mai in una situazione di totale inerzia e non è mai mero recettore.
Il gusto è allora un tendere dell’ascolto che scremando il suono ritmico che gli perviene, lo trasforma interiorizzandolo in significato, in stato di piacevolezza, armonia, benessere ed altro ancora, in una successione emotiva che non ha fine.
L’emozione pare così in Cartesio andar perdendo connotazioni di labilità e fragilità generalmente attribuite alla parola nel senso comune, acquisendo lo statuto estetico ed etico di affinamento della sensibilità, di educazione al gusto, al bello. La valenza estetica nel trattatello cartesiano non è mai conclamata apertamente ma sempre sottesa, anche nelle  analisi più rigorosamente astratte e tecniche che l’autore compie. Essa funge da filo sotterraneo che tiene  insieme le riflessioni, cucendo le varie parti del discorso, cosicché il tecnicismo linguistico non pare mai come un ordine disanimato e spento.
Sentiamo allora Cartesio sulle emozioni:

 

"Per quanto attiene ai diversi affetti che, con la diversità di misure, la musica può eccitare, in generale dico che la misura più lenta eccita in noi anche i moti d’animo più lenti, quali sono il languore, la tristezza, il timore, la superbia ecc., quella più veloce, per contro, anche gli affetti più veloci, qual è la gioia, ecc.  E lo stesso dicasi dei due generi di battuta: la quadrata, ossia quella che si suddivide sempre in due parti uguali, è più lenta della ternaria, quella che consta di tre parti uguali. La ragione è che quest’ultima occupa maggiormente il senso, dal momento che in essa ci sono più cose a cui fare attenzione – vale a dire tre membri -,mentre nell’altra soltanto due. Ma una disquisizione più esatta su questo argomento dipende da un’accurata conoscenza dei moti dell’animo, sui quali non aggiungo altro".(8)

 

Cartesio si ferma qui, non senza  tuttavia aver osservato come segue:

 

"Non ometterò tuttavia che tanta è la forza del tempo in musica, che esso, anche da solo,  | può di per sé procurare un certo piacere: come risulta nel tamburo, strumento di guerra nel quale non si considera nient’altro che la misura, la quale perciò – ritengo – può lì trovarsi a constare non solo di due o tre parti, ma fors’anche di cinque o sette, e più ancora. E poiché infatti, in tale strumento, il senso non ha nient’altro a cui rivolgere la sua attenzione che il tempo, | in quest’ultimo può esservi una maggiore diversità, in modo che esso occupi maggiormente il senso".(9)

 

L’uso del termine piacere nel contesto della riflessione cartesiana (il diletto) di cui  si parla nell’esordio del trattato, non va interpretato in senso meramente empirico, poiché lo stesso Cartesio  lo connette al mondo variegato dei moti dell’animo.

 

 

Il Compendium  tra Continuità e Novità

 

L’impianto complessivo del Compendium cartesiano si innerva nel solco della tradizione musicologica occidentale che partendo dalla radice pitagorica attraverso il Medioevo (Boezio) e il Rinascimento (Zarlino), è confluita ai tempi di Cartesio nel suo elaborato. Questa operetta giovanile, pur con tutti i limiti che lo stesso Cartesio riconosce presenti nel suo scritto (la brevità, la schematicità ecc.), non si discosta dal quel profilo. Anche la questione delle consonanze ereditata da Zarlino è affrontata da Cartesio in sostanziale continuità con il musicologo veneto.
Più rilevanti ci paiono le novità che il Compendium contiene, seppur non tutte esplicitate e portate ad evidenza. La dimensione dell’ascolto, la posizione dell’ascoltatore e del fruitore, di quello che potenzialmente diverrà il pubblico, è senza dubbio da Cartesio fortemente sottolineata, mentre pare assente nei trattati musicologici della tradizione occidentale antica e più vicina ai tempi del pensatore francese. L’ascolto possiamo dire che rappresenti sotto questo aspetto la novità più eclatante introdotta dal giovane Cartesio nella sua elaborazione. Questa dimensione è poi quella dell’attenzione e del ruolo del pubblico nella fruizione dell’arte, questione che ai tempi di Cartesio non era certamente centrale come diverrà nei secoli successivi  a partire  dal Settecento con l’illuminismo.
Anche l’analisi del tempo musicale come tempo interiore, già presente in Boezio nel medioevo e risalente alla concezione del tempo di S. Agostino elaborata nelle Confessioni, riemerge in Cartesio nelle riflessioni sul ritmo come tempo e nella modulazione del tempo ritmico a contatto con il mondo delle emozioni, della soggettività, sembrano foriere di ulteriori e più articolati sviluppi per esempio nella novecentesca analisi della concezione fenomenologica del tempo come tempo interiore da parte di Edmund Husserl.  Il Compendium  pare così porsi al  crocevia tra tradizione e modernità, contenendo elementi che lo connettono all’una e all’altra, in una sintesi ancora aperta.
Da ultimo si vorrebbe ricordare una  poco nota composizione di Cartesio destinata alla versione musicale e che il filosofo, ormai anziano, stese a Stoccolma, pare su commissione della regina Cristina, che tra l’altro voleva così celebrare l’avvento della pace di Westfalia. Si tratta del Balletto danzato al Castello Reale di Stoccolma nel giorno della  nascita di Sua Maestà, elaborato nel 1649 in forma di testo poetico e successivamente da altri musicato per la rappresentazione a corte.
Il contenuto del poemetto in realtà è prettamente politico, teso ad esaltare l’avvento della pace ed è imperniato sul rivestimento mitologico attraverso l’intervento di Dei, Muse ed altre figure classicheggianti. La qualità dei versi cartesiani non parve già all’epoca eccelsa (a tal conto si ricorda il non benevolo giudizio di Albert Thibaudet in un articolo del tempo), mentre diverso e più favorevole fu l’accoglienza del pubblico che lesse nel poemetto e nella rappresentazione a balletto la gioia e l’entusiasmo per la raggiunta pace.
Si legga in tal senso qualche strofa ove, al di là degli orpelli mitologici, si intravede il  rasserenamento degli animi per la fine della guerra:

 

"Ora che la Pace è fatta
E che Marte si è  ritirato,
Pallade può servirsi di me
Per riparare in pochi anni
Tutte le piazze rovinate
Negli stati  sottomessi alla sua legge.

 

Ed io ho delle ottime ragioni
Per assicurare che le mie canzoni
Non le saranno inutili
Infatti come Amfione un tempo,
Con i soli accordi della mia voce
Ho il potere di costruire città".’(10)

   Roberto Taioli

 

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NOTE
8) p. 39.

9) p. 39

10) R. Descartes,  Versi del balletto  della nascita della pace, in R. Descartes, Opere postume  1650/ 2009, cit., p. 1429.


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