Home Page Riflessioni.it
Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Platone e le Upanişad

di Giorgio Peri - Novembre 2017

Pag. 2/4 - Pagina precedente - Pagina successiva

 

- Introduzione
- Riflessione Metodologica
- Platone e le Upanişad
- Upanişad: Storia e terminologia

- Elenco delle Upanişad e breve dizionario terminologico
- Platone
- Le analogie tra Platone e le Upanişad rilevate nel testo di Scroccaro

- Altre analogie tra Platone e le Upanişad

- Considerazioni finali
- Bibliografia

 

 

ELENCO DELLE UPANIŞAD

E BREVE DIZIONARIO TERMINOLOGICO

 

Richiamo qui l'elenco delle tredici Upanişad antiche e medie (partendo dalla più antica): Brhad-aranyaka-upanişad, Chandogya-upanişad, Taittiriya-upanişad, Aitareya-upanişad, Kausitaki-upanişad, Svetasvatara-upanişad, Katha-upanişad, Isa-upanişad, Mandukia-upanişad, Maitry-upanişad, Kena-upanişad, Prasna-upanişad, Mundaka-upanişad.
             
Alcune parole vanno spese per spiegare i concetti basilari delle Upanişad ricorrendo al glossario del nostro testo di riferimento (Upanişad antiche e medie, di Filippani-Ronconi).

 

Agni: è ladivinità del fuoco (dalla stessa radice anche il nostro ignis latino). Rappresenta l'archetipo del sacerdote: lo si chiama il sacrificatore, l'oblatore che ci colma di doni. È il dio che non invecchia mai perché si rinnova ad ogni nuova accensione. Mediatore fra gli uomini e gli dèi perché reca loro le offerte sacrificali. Onnipresente nella vita religiosa, visto che il fuoco sacrificale svolge un grande ruolo pur in assenza di santuari di culto dedicati al fuoco stesso (i riti si compivano nella casa di chi offriva il sacrificio). L'assimilazione fra fuoco (luce) e intelligenza è molto diffusa nelle Upanişad.

Ātman: etimologicamente significa “sé stesso”; è il polo soggettivo della realtà, originata dall'individuarsi dello Spirito universale (Brahman) in sé medesimo. Costituisce, pertanto, l'esperienza fondamentale alla quale fanno riferimento e sulla quale sono fondate tutte le Upanişad.  
Bráhman: originariamente è “preghiera” o “forza magica” sprigionata dall'atto culturale, indi “Spirito universale”, causa efficiente e materiale di tutti gli esseri. A esso si accede realizzando, mediante ascesi (tapas), il sé stesso (atman). Il Brahman riempie gli dèi, dà loro forza e li fa crescere. Costituisce il materiale di cui cielo e terra sono fatti. È la base dell'esistenza. 
Indra: è il Signore degli dèi vedici, antico dio della tempesta e della folgore: suo dominio è l'atmosfera. È personificazione dell'esuberanza della vita, dell'energia cosmica. Vincitore di demoni, è ricordato anche per i suoi adulteri che gli procurano castighi e pene: “sembra dunque che il potere degli dei non sia del tutto autonomo rispetto a certe “potenze impersonali”(1) . Il suo epiteto più comune è “munifico” perché simbolo del potere dispensatore dei doni della vita e della conoscenza. Dio, per eccellenza, dei re e dei guerrieri. Nato per uccidere Vrtra, il mostro serpentiforme (tipico atto cosmogonico contro chi minaccia il mondo). Dopo la sua uccisione nasce per la prima volta il sole. Indra è il guerriero trionfante che vince i nemici degli Arya (gli Arii).

Mitra: amico, Dio del sole, Giorno. È il custode dei patti. Assieme a Varuna forma la coppia fondamentale dei Veda. I due sono detentori del potere guerriero-regale e guardiani dell'ordine cosmico (rta è radice sanscrita dalla quale deriva la nostra parola 'rito').

Nasatya: probabilmente “Il Risanatore”, nome dato alla stella del mattino e a quella del vespero; epiteto degli Asvin (i due guerrieri, dioscuri indiani). Era associato alla terza casta: quella dei produttori.

OM: sillaba sacra della tradizione religiosa indiana, segno di assenso, simboleggia anche l’essenza mistica dell’universo.

Prana: respiro, soffio, principio vitale dell'universo. La disciplina e il controllo del prana inteso come respiro umano rappresenta, insieme alla meditazione, la forma primaria di ascesi.
Puruşa: l’uomo-spirito, l’uomo cosmico primordiale. La realizzazione di questo Puruşa è lo scopo dell'ascesi, costituendo il trascendimento dell'individualità incarnata mediante l'accesso alla sfera indefettibile. 
Varuna: massimo dio della mitologia vedica reggente il cielo stellato (possiede infatti mille occhi che sono appunto le stelle e la luna) e delle acque cosmiche. Sovrano universale, egli esercita il suo dominio (Ksatra), mediante l'occulto potere detto maya, sul mondo, sugli dèi (deva) e sugli uomini. A lui compete la custodia dell'ordine (rta) sia fisico che morale. Tipica divinità notturna, era associato alla casta dei re-guerrieri. L'aporia si coglie nel coniugare in capo a una stessa divinità i concetti di rta (ordine) e maya (irrealtà, inganno, illusione cosmica) e si giustifica solo con la tipica unione degli opposti. 
Dunque, per concludere questo paragrafo, citiamo le parole di Fritjof Capra: “Brahman, la realtà ultima, è inteso come il vero 'Sé', l'anima o l'essenza intima, di tutte le cose. Esso è infinito e trascende tutti i concetti; non può essere compreso dall'intelletto né adeguatamente descritto a parole: 'il supremo Brahman senza principio, né essere né non essere'”(2). E ancora: “Imperscrutabile è questo supremo Sé immensurabile, non nato, impensabile, di cui non si può parlare. Tuttavia la gente vuole parlare di questa realtà e i saggi indù, con la loro caratteristica inclinazione per il mito, hanno raffigurato Brahman come una divinità e ne parlano con il linguaggio mitologico. I vari aspetti del Divino hanno ricevuto i nomi delle diverse divinità venerate dagli indù, ma i testi sacri indicano chiaramente che tutte queste divinità non sono altro che riflessi dell'unica realtà ultima: 'egli è, in verità, tutti gli dei' ”(3).

 

PLATONE

 

Platone ha lasciato nel pensiero occidentale una impronta così profonda da far dire a  A. N. Whitehead che la storia della filosofia europea non è che un insieme di note in margine alle opere platoniche.
Nacque ad Atene nel 428/427 a. C. da famiglia aristocratica sia per parte di padre che per parte materna. Data la sua origine, ebbe, fin da giovane, la possibilità di entrare in politica (sua grande passione) ma rifiutò, prima in dissenso con i Trenta Tiranni (fra i quali il prozio Crizia facente parte della corrente oligarchica) e poi in dissenso con la corrente democratica, visto che quest'ultima aveva condannato a morte il maestro Socrate. La morte di Socrate segnò profondamente l'esistenza e il pensiero di Platone. Infatti, in seguito a tale triste avvenimento, egli si mise a viaggiare per conoscere altre realtà e si convinse che nessuna città era governata bene proprio perché nessuno sapeva cosa fosse il “bene”.  Gli venne allora l'idea di occuparsi della formazione dei futuri uomini politici tramite una nuova istituzione da lui stesso creata: l'Accademia.
“Platone è il primo filosofo di cui sono state conservate integralmente le opere”(4). Tra queste opere spiccano particolarmente i trentaquattro dialoghi che sono la forma letteraria più adatta a rappresentare le conversazioni di cui Socrate è spesso il protagonista. Platone disdegna la trattatistica tipica dei filosofi suoi predecessori.
La sua gnoseologia si basa sulla teoria della reminiscenza: l'anima umana ha acquisito la conoscenza della verità in una vita precedente e può quindi ricordarla (anamnesi).
I principali argomenti trattati da Platone sono la dottrina delle idee, la politica, l'educazione, la conoscenza, l'amore (anche l'arte risulta collegata con la conoscenza e l'amore). Per trattare questi temi basilari Platone si avvale di strumenti quali il mito e la dialettica.
Il mito afferma senza dimostrare e si contrappone al Logos, che è un ragionamento logico capace di dimostrare tramite la dialettica. Platone attribuisce un notevole valore di formazione morale ad alcuni miti. Alla fine del mito di Er della Repubblica, ad esempio, egli scrive: “e così si è salvato il mito e non è andato perduto...e potrà salvare anche noi se ci crediamo”(5). 
La concezione della filosofia come dialettica deriva da Socrate e si configura come la vera e propria scienza della realtà e delle idee. Platone afferma anche che la dialettica è l'arte di ricondurre il Molteplice all'Uno e viceversa. Essa è la capacità di ragionare e denuncia la fallacia del mondo delle opinioni scoprendo la vera struttura della realtà: le idee. La dialettica coglie i nessi esistenti fra le idee.
Per capire la dottrina delle idee, dobbiamo partire da Socrate che si domandava sempre “che cos'è?” cercando l'universale, l'essenza, senza sapersi dare una risposta. Platone risolve il problema introducendo il concetto di “idea” che è intesa, fondamentalmente, come forma intelligibile esistente per sé e non come pensiero della nostra mente. Le idee platoniche sono realtà universali e immutabili, ben distinte da ciò che è sensibile e mutevole. Esse sono dunque anteriori a ogni conoscenza sensibile e l'anima non le trae dalle cose mutevoli.
Sarà dunque necessario far l'ipotesi di un'esistenza antecedente all'attuale, durante la quale l'anima ha contemplato le idee, di cui ravvisa ora le copie e le imitazioni nelle cose sensibili. L'anima ha la stessa natura delle idee. Le idee sono tutte sottoposte al Bene, che non è un'idea fra le idee ma è l'idea delle idee, principio e fondamento del loro essere e delle loro intelligibilità. L'idea del Bene trascende l'Essere ed è il supremo oggetto della conoscenza dei filosofi che devono, per il tramite di essa, governare la città.
La filosofia di Platone è orientata anche verso la politica e cioè verso l'educazione principalmente dei custodi-guerrieri e dei governanti-filosofi. Questi ultimi verranno scelti fra gli appartenenti alla prima delle due classi sociali, evidenziando quindi la possibilità di migliorare la propria posizione sociale in base a doti naturali innate. Il problema politico è fondamentale nel pensiero platonico ed è ampiamente trattato soprattutto nella Repubblica.
Nel libro VII, attraverso “il mito della caverna”, allegoria del processo della conoscenza umana, Platone mostra come il filosofo debba sollevarsi dalle cose sensibili alle idee e poi volgersi di nuovo alle cose di questo mondo per governarlo nel migliore dei modi.
Quattro sono i gradi della conoscenza: l'immaginazione, che coglie immagini sensibili; la credenza, che coglie gli oggetti che danno luogo alle immagini sensibili; la ragione discorsiva, che è conoscenza degli oggetti matematici; l'intelletto, che coglie le idee. Le prime due forme di conoscenza sono “opinione”, mentre le ultime due sono “scienza”.
Dal punto di vista etico, nell'intellettualismo socratico-platonico vige l'uguaglianza fra virtù e sapienza. Ciò implica che chi conosce davvero il bene non può che seguirlo e che nessuno agisce male volontariamente ma solo per ignoranza.
Il problema dei rapporti fra le tre parti dell'anima è illustrato dal “mito del carro alato”. Il carro èguidato da un auriga e trainato da due cavalli, uno bianco e uno nero. L'auriga rappresenta l'anima razionale, il cavallo bianco rappresenta l'anima volitiva, irascibile, il cavallo nero invece rappresenta l'anima appetitiva, concupiscibile. Per far salire in alto il carro alato (le ali rappresentano l'amore), fino all'Iperuranio ove si possono contemplare le idee, l'auriga (la ragione) deve tenere sotto controllo i cavalli (l'irascibilità e, soprattutto, la concupiscenza).
La cosmogonia e la cosmologia platoniche sono trattate nel Timeo attraverso la presentazione di un mito verosimile. Il cosmo ha una causa, un principio rappresentato dal Demiurgo, che non crea il mondo dal nulla ma lo trae da una sorta di materia prima informe: lo spazio. Questo mondo è sferico ed ha una sua anima. Il cosmo sensibile viene plasmato dal Demiurgo a imitazione del modello eterno e intelligibile. Il discorso cosmologico di Platone è strettamente connesso al suo discorso politico perché unico è il principio di ordine e di bene. L'uomo, come la società, debbono trovare il proprio equilibrio e la propria perfezione imitando l'ordine intelligibile e la struttura armonica del cosmo.
Ricordiamo anche che, per Platone, non fa filosofia chi è sapiente e neppure chi è del tutto ignorante, ma chi si sente in stato di bisogno, di povertà rispetto al sapere. Questa condizione di tensione, questa situazione intermedia tra sapienza e ignoranza è precisamente l'amore, come aspirazione alla bellezza in quanto ordine e armonia.

Bisogna infine ricordare che Platone, sulla scia del maestro Socrate che non ci lascia nulla di scritto, rimprovera alla scrittura l'assenza di controllo sul destinatario (il lettore può fraintendere il testo) e l'intrinseca inadeguatezza rispetto al compito di formulare le teorie filosofiche più importanti. Di conseguenza, all'opera scritta (i dialoghi) verrebbe assegnata una funzione introduttiva rispetto alle dottrine più importanti trattate solo in forma orale. Il contenuto delle “dottrine non scritte” ci è pervenuto grazie alla testimonianza di Aristotele e tratta principalmente dell'”Uno e la Diade” di cui ci occuperemo   diffusamente più avanti in questo lavoro.

 

LE ANALOGIE TRA PLATONE E LE UPANIŞAD

RILEVATE NEL TESTO DI  PAOLO SCROCCARO

 

Mostriamo ora, brevemente, le analogie fra Platone e le Upanisad segnalate nel lavoro di Paolo Scroccaro.

 

Il mito degli androgini

Nella Bŗhad-araņyaka-upanişad è detto: “In principio l'universo era solo Atman in forma di Puruşa. Esso aveva dimensioni che uguaglierebbero quelle di un uomo e di una donna. Egli si divise in due corpi separati... Per questo il saggio Yajnavalkya insegnò che il maschile è solo una metà e l'altra metà è il femminile”(6).
Nel Simposio analogamente si narra che in origine vi era “l'androgino, un sesso a sé, del quale la forma e il nome partecipavano del maschile e del femminile” (189 e), poi “tale natura fu tagliata in due” (191 a), sì che “ognuno di noi è dunque la metà simbolica di un essere tagliato in due” (191 d), mentre l'amore “restaura l'antico nostro essere perché tenta di fare di due una creatura sola e di risanare così la natura umana” (7).

 

L’albero rovesciato

Nella Maitry-upanişad si dice che “Il supremo Brahman ha le sue radici volte verso il cielo, i suoi rami sono l'etere, l'aria, il fuoco, l'acqua, la terra e i suoi prodotti”(8).
Nel Timeo l'uomo è immaginato come un albero, con le radici piantate non in terra ma in cielo (cfr. 90 a)(9).  A prima vista il paragone instaurato dal professor Scroccaro pare non reggere: nel primo caso si parla infatti del Brahman e nel secondo dell'uomo. Ricordiamo però che “A esso (il Brahman) si accede realizzando mediante ascesi il 'sè stesso', che è l'intimo nucleo dell'essere spirituale nell'uomo, identico essenzialmente al Brahman”(10). Il paragone può tenere perché il Brahman è inteso anche come l'essere spirituale dell'uomo, così come l'uomo di cui parla Platone non è certo un uomo sensibile o materiale.

 

Il mito del carro alato

Nella Śvetāsvatara-upanişad è detto: “L'aspirante deve tenere la mente sotto perfetto controllo, come un cocchiere tiene alle redini i destrieri bizzarri”(11); e nella Kaţha-upanişad: “Il corpo è simile a un carro di cui l'Atman è il padrone”(12).
Nel Fedro, Platone a sua volta scrive “Ci si raffiguri l'anima come la forza di una coppia di cavalli alati e di un auriga, che condividono un'unica natura. Tutti i cavalli e gli aurighi degli dei sono buoni e discendono da buona stirpe, gli altri sono misti. Quanto a noi uomini, l'auriga, innanzitutto, guida la pariglia; dei cavalli, uno è nobile e proviene da genitori altrettanto buoni, mentre l'altro è l'opposto e discende da progenitori che hanno qualità opposte. Non può che essere ardua e faticosa la guida della nostra biga”(13).   
In Platone l'immagine del carro alato si riferisce all'anima, mentre nelle Upanişadsi parla prima di mente e poi di corpo. Risulta però evidente l'assonanza fra l'anima occidentale e la mente orientale. Comunque anche il corpo orientale non è mai inteso come “corpo solo materiale”, non sussistendo per i Veda il dualismo platonico spirito-materia. In conclusione i termini usati nei due testi sono diversi, ma concordo con Scroccaro nel credere che i concetti di riferimento siano del tutto simili.

 

Il sole simbolo di verità

Si tratta di un’immagine presente in molti passi, ad esempio nella Bŗhad-araņyaka-upanişad(14), nella Chandogya-upanişad(15) e nella Prashna-upanişad(16).

Nella Repubblica (508 b-c) abbiamo la celeberrima immagine del sole quale allegoria del Bene: “Io chiamo il sole prole del bene, generato dal bene a propria immagine. Ciò che nel mondo intelligibile il bene è rispetto all'intelletto e agli oggetti intelligibili, nel mondo visibile è il sole rispetto alla vista e agli oggetti visibili”(17). Dunque, anche in questo caso, il sole simboleggia la forma suprema di verità conoscibile.

In conclusione, i punti di analogia individuati dal Professor Scroccaro riguardano immagini con valore metafisico (sole), socio-relazionale (gli androgini), religioso (albero rovesciato), e pedagogico (guida dell'anima sul corpo). Anche le analogie che s'individueranno in questa tesi sono inerenti a diversi campi: sia Platone che le Upanişad si occupano infatti di tematiche molto ampie. Per esempio il primo tema trattato nel nostro lavoro è quello delle “classi sociali” (caste in Oriente) ove si parla di organizzazione della società e di politica (almeno per quanto riguarda Platone). Il secondo tema trattato sarà quello inerente la “trasmigrazione delle anime”, che è argomento religioso e morale per entrambe le culture. Parliamo poi della “vera conoscenza”, tema di rilevanza sia gnoseologica che etico-sociale. Abbiamo infine l'Uno e i Molti, ema filosoficamente rilevantissimo tant'è che Platone ne avrebbe parlato solo nelle sue “dottrine non scritte”: quelle riservate agli argomenti più importanti.

 

Pagina precedente - Pagina successiva

 

NOTE

1) Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, cit., p. 199.

2) Fritjof Capra, Il Tao della fisica, Adelphi, Milano 1989,  p. 104.

3) Ibidem

4) Enrico Berti, Storia della Filosofia Antichità e Medioevo, Laterza, Bari 2006, p. 52.

5) Platone, Repubblica, Libro X, 621b-621c, in Opere complete, 6, Laterza, Bari 1983.

6) Bŗhad-araņyaka-upanişad, I, IV, 1,3, p.p.35-36.

7) Platone, Simposio, 189 e, 191 a, 191 d,Marsilio, Venezia, 2006.

8) Maitry-upanişad, IV, 4, p. 394.

9) Platone, Timeo, 90 a, in Opere complete, cit.,

10) Pio Filippani-Ronconi (a cura di), Upanisad antiche e medie, cit., p. 474.

11) Śvetāsvatara-upanişad, II, 9, p. 323.

12) Kaţha-upanişad, I, III, 3, p. 349.

13) Platone, Fedro, in Opere complete, 3, cit., 246 a – b.

14) Bŗhad-araņyaka-upanişad, V, V, 2, cit., p.106: “Il sole è la verità”.

15) Chandogya-upanişad, III, XIX, 1, p.175: “Brahman è il Sole; il Sole è Brahaman”.

16) Prashna-upanişad, III, 8, cit., p. 445: “Il prana del mondo è il sole, è l'energia vitale esteriore”

17) Platone, Repubblica, cit., 508 b-c.


I contenuti pubblicati su www.riflessioni.it sono soggetti a "Riproduzione Riservata", per maggiori informazioni NOTE LEGALI

Riflessioni.it - ideato, realizzato e gestito da Ivo Nardi - copyright©2000-2024

Privacy e Cookies - Informazioni sito e Contatti - Feed - Rss
RIFLESSIONI.IT - Dove il Web Riflette! - Per Comprendere quell'Universo che avvolge ogni Essere che contiene un Universo