Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
Il pensiero dello psicoanalista Cesare Musatti
Conversazione con Antonio Alberto Semi
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- agosto 2005
Degli psicoanalisti della generazione di mezzo, Antonio Alberto Semi (Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana) è quello che forse ha più punti in comune con Cesare Musatti (che fu tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana e del quale ricordiamo soprattutto la direzione dell'edizione italiana delle Opere di Sigmund Freud, Boringhieri 1966-1980). Veneziano come lui, come lui ideatore di un Trattato di psicoanalisi (pubblicato, in due volumi, da Cortina nel 1988), spesso capace di polemiche pepate, Semi è per giunta presidente dell'Istituto Cesare Musatti, un piccolo istituto di ricerca psicoanalitica ("niente a che fare con le scuolette che ci sono in giro" precisa subito) che ha fondato a Venezia con un gruppo di psicoanalisti. A distanza di sedici anni dalla morte del Maestro (avvenuta il 21 marzo 1989), val la pena di farlo parlare.
Dottor Semi, che posto occupa a tutt'oggi il nome di Cesare Musatti nella storia della psicoanalisi italiana?
Per la storia Musatti è uno dei padri fondatori, anzi il fondatore della psicoanalisi nel nord-Italia, ma per la psicoanalisi in certo senso occupa il posto del rimosso: si parla poco di lui, troppo poco rispetto alle idee che Musatti sostenne e alle posizioni che assunse. Del resto, si tenta sempre di uccidere il padre...
Qual è la portata del suo insegnamento e che cosa precisamente caratterizza le sue analisi, esposte in numerosi volumi e saggi?
Domanda difficile, perché il Professore era uno che dava per scontato che si comprendesse le sue posizioni o, viceversa, che pensava che altrimenti non valesse la pena di spiegarle passo passo. Cominciando dalla seconda parte della domanda, direi che alla base del suo pensiero c'è l'idea che la psicoanalisi serve a comprendere l'umanità e che questo ci interessa, mentre ci interessa meno che tutti sappiano cos'è l'analisi. Gli interessavano sempre i territori nuovi, mentre gli interessava poco difendere l'ortodossia - lui che era forse il più freudiano degli analisti italiani. A me sembra - a rileggerlo oggi - che il filo di pensiero musattiano che lega le vicende delle rappresentazioni inconsce e della percezione alla nascita dell'Io contenga ancora delle piste di ricerca assai promettenti. Tanto più oggigiorno, esposti come siamo dalla nascita ad un autentico bombardamento sensoriale.
Il suo "Trattato di Psicoanalisi" ebbe grande risonanza quando fu pubblicato nella prima edizione del 1949, presso l'editore Einaudi?
Perfino prima della pubblicazione: in effetti si racconta che il dibattito in casa Einaudi circa la pubblicabilità o meno in una casa editrice di sinistra di un trattato di psicoanalisi sia stato piuttosto acceso. Chissà se ne è rimasta traccia negli archivi. Alla sua uscita il Trattato divenne il testo-base per studiare la psicoanalisi, sia perché è un testo splendido e chiarissimo, sia perché non erano ancora disponibili le opere di Freud in italiano, opere che poi pubblicò proprio Musatti da Boringhieri. Ma certo, nonostante che Musatti fosse persona ben nota nel mondo della cultura, il Trattato non fece scalpore.
"Si ha come l'impressione" - ha scritto Michele Ranchetti in "Il secolo della psicoanalisi" (un volume a più voci curato da Giovanni Jervis per Bollati Boringhieri) - "che la psicoanalisi, in Italia, non sia stata presa sul serio, respinta prima di essere conosciuta, dalla filosofia idealistica, dalla subitanea conversione al marxismo, dalla cultura universitaria, e anche, naturalmente, dalla cultura cattolica..." È d'accordo con queste osservazioni? La storia della psicoanalisi in Italia "è una storia locale"?
Certo, sono osservazioni tragicamente vere: aggiungerei che i limiti della cultura italiana sono stati esaltati dal fascismo, dall'isolamento culturale che esso produsse e incentivò ma che anche fece comodo a molti. Lo paghiamo ancor oggi - e non solo nel campo della psicoanalisi. Quello che non venne colto o che fu prontamente castrato - dico anche nel dopoguerra - fu il potenziale "rivoluzionario" della psicoanalisi, il suo porre domande radicali all'individuo, a ciascun individuo e anche il suo porre interrogativi alle altre scienze e limiti precisi alle mitologie religiose...
Per tornare a Musatti...
Forse l'addebito che gli si può fare, in questo contesto, è di aver badato più alla crescita della psicoanalisi in Italia che ai collegamenti internazionali... ma no, neanche questo sarebbe giusto: un uomo ha ventiquattro ore ogni giorno e se si guarda quel che ha fatto Musatti, non deve aver dormito molto. Semmai, a me sarebbe piaciuto che lui approfondisse certe idee, ad esempio il peso dell'eredità di Brentano, filtrata attraverso la scuola di Meinong (di cui Benussi, il maestro di Musatti, era allievo) nella sua lettura di Freud.
Dotato di sottile ironia, Musatti si è spesso dilettato a rendere accessibile la psicoanalisi attraverso opere di piacevole lettura (come, ad esempio, "Il pronipote di Giulio Cesare", "Mia sorella gemella la psicoanalisi", "Questa notte ho fatto un sogno" e "I girasoli"). Come "giudica" queste sue prove narrative?
Buone, divertenti, profonde. Musatti dimostra anche lì la sua grandissima capacità di comunicare, il suo desiderio di comunicare. Nello stesso tempo sono testi che lo fanno vedere com'era: un aristocratico liberale che non sta lì a spiegare quel che vuol dire. Ognuno può trovare il proprio livello di lettura ma rischia anche di perdere lo spessore complessivo del testo.
Forse anche sono un segnale di un certo distacco di Musatti dalla psicoanalisi ufficiale, il suo desiderio di ritrovare un modo di far sentire vivo il messaggio psicoanalitico.
Doriano Fasoli
Libri pubblicati da Riflessioni.it 365 MOTIVI PER VIVERE RIFLESSIONI SUL SENSO DELLA VITA |