
Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
Città di parole
Conversazione con Alessandro Portelli
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- maggio 2006
Alessandro Portelli insegna Letteratura angloamericana all’Università “La Sapienza” di Roma; è presidente del Circolo Gianni Bosio e consigliere delegato del sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione delle memorie storiche della città. Ha curato un libro (con la collaborazione di Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro), intitolato Città di parole. Storia orale da una periferia romana (pubblicato da Donzelli) e dedicato a Centocelle, un territorio la cui valenza simbolica risale alle descrizioni di Pasolini nel suo Ragazzi di vita.
Portelli, com’è nata innanzitutto l’idea di questo volume?
Sono molti anni che il Circolo Gianni Bosio, e io personalmente, raccogliamo storie e forme espressive orali su queste parti di Roma. Già nel 1970 avevamo prodotto un disco di interviste e canzoni sulle lotte per la casa a partire dal Borghetto Prenestino e dall’Acquedotto Felice; poi, qualche tempo dopo, abbiamo curato un libro sulla storia del Borgo ragazzi di Don Bosco, l’istituzione salesiana che sta al Prenestino (il libro è stato tradotto anche in Brasile). Così è stato naturale continuare la ricerca, e quando Elisabetta Aloisi, assessore alla cultura del Municipio Roma VII, ci ha proposto un progetto abbiamo subito accettato e siamo partiti con le interviste.
Qual è il punto di partenza di queste pagine?
Il libro comincia coi sotterranei: le gallerie dove si nascondevano i partigiani, dove si rifugiava la gente durante i bombardamenti, dove sono state coltivate a lungo le fungare. Cioè, la memoria è sempre un lavoro di scavo, un andare sotto la superficie. Ci siamo resi conto che la storia di Roma non si è fatta solo nel centro storico ma, specie a partire dalla seconda guerra mondiale, soprattutto in periferia: la Resistenza, i bombardamenti, le migrazioni, i movimenti, la nuova immigrazione…
Cos’è che accomuna tutte le interviste raccolte?
Direi che è il forte senso di appartenenza al quartiere. Centocelle non è solo una periferia, ma è pure un luogo intensamente vissuto e carico di investimenti anche emotivi; un luogo che dà un’identità. Perciò un elemento che attraversa i racconti è l’ambivalenza fra nostalgia e progresso, la semplicità e l’aria pulita perdute, e un grado di prosperità, magari consumistica, conseguito. Alla fine, il tema centrale è la qualità della vita.
Oltre alle narrazioni orali, quali altri tipi di fonti sono state utilizzate?
Abbiamo consultato gli archivi, a partire dall’Archivio di Stato, abbiamo usato molto internet, fatto qualche sondaggio sulla stampa (seguendo soprattutto quella recente), e tenuto conto di tutta la vasta bibliografia storica e urbanistica su Roma e in particolare sul comparti a cui appartiene Centocelle. Tutto questo però come supporto al veicolo principale, che erano le fonti orali.
Cosa rappresenta Centocelle nella memoria storica di Roma?
C’è un insieme di immagini: da quella dei ragazzi di Centocelle che vanno a Fontana di Trevi e la polizia li ferma perché “a Centocelle sono tutti delinquenti”; alla Centocelle del ’68 e dopo, pensata come un luogo dove i nuovi movimenti potevano incontrarsi con una composizione di classe diversa; a Centocelle come primo incontro con la città, una specie di centro fuori del centro, per i ragazzi che abitano oltre il raccordo anulare… Nella memoria storica, naturalmente, Centocelle – insieme con il territorio limitrofo, da Tor Pignattara a Certosa – è il luogo dove la Resistenza ha avuto una base di massa, dove ha creato in certi momenti dei veri e propri spazi liberati.
In cosa consisteva essenzialmente il fascino di questo quartiere?
Parlando come uno che non ci abita e non ci capita spesso perché vivo dall’altra parte della città, quando ci vado mi pare di stare contemporaneamente dentro una metropoli e dentro un paese. E poi è da sempre un luogo culturalmente molto vivo: penso al Teatro Centocelle negli anni ’70, al Forte Prenestino adesso, a tutti i gruppi ed esperienze musicali che si sono formate lì.
Com’è oggi Centocelle? Ha subìto profonde trasformazioni e si respira un clima molto diverso rispetto al passato?
Centocelle è, intanto, meno periferia e più centro: la città si è allargata, lo spazio fra il quartiere e il centro si è colmato, e tutta una serie di elementi della realtà metropolitana si sono riversati su quello spazio. Come dice un giovane intervistato, ancora con stupore: adesso a Centocelle c’è il traffico! E ci sono le banche, e i supermercati… Altri parlano della droga, dell’usura. Anche l’identità politica è più sfumata, sebbene Centocelle continui a dare maggioranze di centrosinistra. Però, Centocelle è uno spazio di avanguardia dal punto di vista del multiculturalismo, di una realtà abitata da gente di tutto il mondo. E sotto l’asfalto e la vernice del consumismo, Centocelle profonda vive nella sensibilità, nella memoria, nei racconti di chi l’ha vissuta. Anche per questo, il libro l’abbiamo chiamato Città di parole.
Doriano Fasoli
RIFLESSIONI SUL SENSO DELLA VITA |