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Riflessioni sul Cristianesimo

Riflessioni sul Cristianesimo

di Pier Angelo Piai      indice articoli


La stimmatizzata di Udine
Raffaella Lionetti (1918–1991)

Ottobre 2015

 


Biografia
Raffaella, "Lina" per i familiari, era nata a Barletta il 21 gennaio 1918, quarta di nove figli, di cui cinque maschi e quattro femmine, da Francesco Lionetti e da Anna Vittorino. In Europa infuriava la guerra ed il padre prestava servizio militare come artigliere. Per questo la nonna materna aveva accolto nella casa di Barletta, la figlia ed i quattro bambini.
Quando il padre, a guerra finita, rientrò dal servizio militare, riportò a Trinitapoli, suo paese di residenza, l'intera famiglia, esercitando lì, in proprio, il mestiere di carpentiere e di falegname.
Durante i mesi estivi, il lavoro non mancava per quel bravo artigiano che doveva però economizzare sul magro guadagno, in modo che potesse bastare anche per il periodo invernale, quando il lavoro scarseggiava.
Come era di consuetudine comune per quei tempi, Raffaella frequentò la scuola fino alla terza elementare, dimostrando doti di capacità e di intelligenza.
Caratteristica la sua vivacità ed anche la caparbietà di carattere.
Ricordava che, nel giorno della prima Comunione, una compagna le rubò il mazzetto di fiori, provocando la sua immediata reazione facendo a botte per riaverli, non senza disappunto della piccola malcapitata. Si impuntava con energia per rifarsi di qualche piccola sopraffazione subita, magari da parte dei fratelli. Uno di questi si era una volta lamentato perché dei ragazzi volevano rubargli le focacce che, in occasione della Pasqua, aveva portato a cuocere nel forno pubblico.
Lei allora promise buona scorta al fratello, mettendo in fuga i monelli che si erano appostati per tentare lo scippo di quelle ghiottonerie.
Verso i dodici anni rientrò a Barletta per lavorare presso una piccola fabbrica di cassette per imballaggio di frutta, favorita in questo, dal fatto che poteva essere ospitata in casa della nonna.
Arrivata a vent'anni, decise di migliorare le condizioni di lavoro tentando la fortuna a Milano, con la garanzia di qualche conoscente. In quella metropoli ha vissuto gli anni della seconda guerra trovando impiego prima come bigliettaia sui tram cittadini ed in seguito come operaia, in una piccola fabbrica di materiale elettrico. Non è stato facile il soggiorno in quella città durante quegli anni di pericolo e di ristrettezze. Lei stessa raccontava divertita che un giorno, stanca per il lavoro, si era seduta su una specie di panchina che emergeva dal terreno, rivelatasi poi una grossa bomba inesplosa.
Al termine della guerra rientrò a Barletta e di lì si trasferì a Foggia, trovando lavoro presso una lavanderia militare per soldati inglesi e proprio in quel luogo ci fu l'incontro con la friulana Augusta D'Agostini, che lì aveva il compito di direttrice. Anche in quella mansione Raffaella emergeva per esuberanza di carattere che non la vedeva contenta nel rango di subalterna, prendendo di fatto la mano nella guida dei lavori.
In seguito Augusta aveva trovato occupazione presso un pastificio locale, mentre lei era entrata in servizio presso l'ingegnere Giaquinto.
La salute era precaria e si ammalò di pleurite e di tifo, mali che poi le lasciarono, come postumi, dei forti dolori alla testa.
Il buon ingegnere non volle per questo licenziarla, tenendola in casa nonostante i frequenti disturbi.
In questo periodo si verificarono alcuni fatti che sconvolsero Raffaella. Era sensibilmente aperta alla carità verso i poveri dando loro quanto poteva, attingendo ai suoi piccoli risparmi.

Un giorno, in uno di questi poveri, vide il volto di Gesù; fatto, questo, che si ripeté altre volte.
Ne parlò in casa convinta di essere suggestionata. Fu così accompagnata in visita da un neurologo che garantì il perfetto equilibrio psichico.
Pure a Foggia ebbero inizio strani fenomeni che la spaventavano. Era come se qualcuno alle volte si divertisse a farle dispetti spostando oggetti o facendone sparire altri.
Turbata per questo, chiese l'aiuto di un sacerdote che non volle dare peso al racconto.
Consigliata da una signora si portò a Sarsina in provincia di Foggia, dove viveva un anziano religioso che passava per abile esorcista. Il vecchio frate novantenne non poté riceverla perché ammalato; tramite un confratello le mandò a dire che le dava la sua benedizione, aggiungendo una strana profezia: "Dite a quella giovane che si prepari a soffrire molto nella vita".
Tornata a Foggia, i dolori si intensificarono con brucianti fitte alle mani, specie durante la preghiera.
Nel 1954 le due amiche inseparabili si trasferirono a Reggio Emilia chiamate da una sorella di Augusta, la Pia, che si era accasata in tale città.
Avevano preso questa decisione per tentare un lavoro in proprio gestendo un piccolo banco per vendita di vestiario usato.
Proprio in questa città ebbero inizio per Raffaella i primi veri fenomeni mistici. Lei stessa descrive quella esperienza in un promemoria che conserviamo, nel qual racconta quella sconvolgente esperienza:

 

Reggio Emilia 11-11-1954

 

Oggi, primo Giovedì del mese di Novembre 1954, ore ventuno circa, mi sono sentita male ed ho avuta la prima apparizione del nostro Signore, cioè il Sacro Cuore di Gesù, con in testa una corona di spine. Mi ha detto che devo soffrire per amore suo. Io gli ho risposto, Signore io non sono degna, ma se tu vuoi anche la vita per te. Ho tanto sofferto e pianto della grande gioia, che io misera peccatrice, posso essere visitata dal mio caro e buon Gesù. Da oggi la mia vita è cambiata, tutto è diverso. Sento nel mio cuore una fiamma, specialmente quando vado in chiesa e mi accosto all'altare per ricevere il mio buon Gesù. Mi sento tremare tutta ed un fuoco scende dentro al mio cuore. Io non so pregare, non posso leggere su un libro perché i miei occhi sono sempre fissi sul Tabernacolo dove c'è Gesù e parliamo io e Lui. Tante cose ci diciamo. Per me tutta la chiesa non c'è, ci sono sola col mio caro Gesù. Quando vedo un povero che mi stende la mano io vedo Gesù e dico: Signore, Tu chiedi a me un soldo, ma sono io che devo chiedere in ginocchio perdono per quanto male ti ho fatto. Tu puoi perdonarmi? Ma lui mi ha detto che devo soffrire molto molto ed io sono pronta a dare tutta me stessa in isconto dei miei peccati e di tutti quelli che ti bestemmiano.

 

Nel 1957 si attuò il definitivo trasferimento a Udine, nell'umile casa di Via Cisis 58.
Anche qui, con le sorelle D'Agostini, Augusta e Rosina, ha continuato il suo modesto lavoro gestendo l'ormai consueta bancarella di vestiti usati.
L'impegno della Raffaella, a causa della salute e dei fenomeni mistici che si moltiplicavano, era molto precario.Era ormai diventata stabile la grande sofferenza del Giovedì, giorno in cui era costretta a letto, rivivendo la passione del Signore. Nei primi tempi, all'inizio di questi fatti, si sono aperte le ferite delle mani, mentre lavorava, costringendola a rifugiarsi nella casa dei signori Merluzzi che avevano un negozio in piazza San Giacomo. (Per mascherare quelle piaghe, ha poi sempre portato i mezziguanti)
Il forte spavento iniziale, alla vista di quelle ferite sanguinanti, si tradusse in commozione, quando si venne a capire la motivazione mistica di tale fenomeno. Da quel giorno, il Giovedì ha sempre disertato il lavoro, suscitando per questa assenza metodica, la curiosità del signor Paolo Farruggio, vicino di bancarella, che si premurava di chiedere il motivo di tale assenza, ricevendo però sempre delle risposte evasive. Il signor Paolo stesso racconta di essere stato un giorno aspramente rimproverato dalla Raffaella, per aver detta una grave bestemmia rivolta alla Madonna.
Lui confessa di essere stato inizialmente offeso, cambiando poi il suo atteggiamento in ammirazione, quando la Raffaella stessa ha voluto riallacciare con amabilità, una buona e duratura amicizia, motivo per lui di sincera conversione. Lei era buona e generosa e non serbava rancore con alcuno. I coniugi Farruggio hanno in seguito fatto parte del gruppo di preghiera voluto dal padre spirituale e sono stati testimoni oculari di tanti fatti straordinari di cui danno aperta testimonianza.
Pochissime e ben selezionate le persone aggregate a quel "cenacolo" e tra queste la signorina Rina Covre, diventata poi compagna inseparabile di Raffaella.
Alla Rina, che per 37 anni ha lavorato come archivista al commissariato militare, dobbiamo grandissima riconoscenza per il prezioso e meticoloso diario che copre gli ultimi venti anni di vita della nostra protagonista.

 

Testimonianza di don Adriano Menazzi, parroco di San Marco di Mereto (1925–2011)

 

Sono veramente contento di dare testimonianza diretta della Raffaella Lionetti, un'anima vittima che io ho avuto la fortuna di poter conoscere ancora nel 1974.
Era il primo anno in cui don Stefano Gobbi, il fondatore del Movimento Sacerdotale Mariano, veniva ad Udine per il Cenacolo Regionale. Quella sera la Raffaela capitò qui nella canonica di San Marco. Io non la conoscevo, fece una specie di profezia alla quale poi ho pensato tante volte. Guardando don Stefano ebbe a dire: “tu don Stefano devi essere una luce che deve illuminare un po' tutto il mondo portando il messaggio della Madonna, io invece sono chiamata ad essere una patata che deve vivere nascosta nel terreno.”
Io ancora non conoscevo i doni di cui era veramente dotata questa donna, però un po' alla volta, frequentando la sua casa in via Cisis, venni a conoscere veramente le meraviglie che il Signore aveva fatto con lei.
Addirittura, meravigliato per queste cose, fui tentato di parlarne anche ad altre persone.
Un giorno lei, quando entrai nella sua casa, ebbe a dirmi: “don Adriano o lei fa silenzio su quello che vede qui da me o altrimenti io sono costretta proprio a proibirle di venire a trovarmi.”
Ma che cosa succedeva in quella casa, che cosa vedevo di così importante per cui essa mi diffidasse dal parlarne?
La Raffaella era una persona stigmatizzata, portava le stigmate come il Signore, come padre Pio, aveva le mani forate, i piedi forati, il costato che sanguinava e soprattutto era chiamata il giovedì a rivivere la passione del Signore. Questa donna viveva abitualmente esercitando il suo piccolo mestiere ad una bancarella, gestendo vestiti usati assieme a delle amiche in piazza San Giacomo.
Però il giovedì nessuno la vedeva perché era costretta a letto tutto il giorno, con il volto insanguinato, con le mani veramente sanguinanti perché riviveva la passione del Signore. In quel giorno in Via Cisis non si entrava e in quella camera solamente poche persone potevano vedere quello che questa donna soffriva.
Sono l'unico sacerdote udinese, al di là del suo padre spirituale (che era uno stimmmatino), che ha veramente potuto seguire il mistero di questa donna. Entrando in quella camera il giovedì vedevo il suo volto rigato di sangue e la fronte insanguinata con i segni evidenti della coronazione di spine. Non ho visto direttamente le stigmate delle mani, ma ho notato che quei guanti bianchi di cui le mani erano calzate, erano impregnati di sangue in una forma veramente pietosa.
Parlando naturalmente con i familiari sapevo che tutto il corpo era veramente ferito dalle piaghe della flagellazione, oppure con altri motivi di sofferenza. Il Giovedì Santo era la giornata della sua grande passione. Io non l'ho vista mai il Giovedì Santo perché è una giornata in cui i sacerdoti sono impegnati, però ho seguito tante volte le persone di casa che mi descrivevano lo stato angosciante ed angoscioso con cui veniva trovata questa donna verso le tre del pomeriggio: inchiodata alle pareti della camera con le braccia realmente attaccate alla parete, con la parete proprio con i fori dei chiodi! Veniva staccata violentemente ed adagiata sul letto in una forma pietosa, rivivendo realmente la passione del Signore.
Il Signore l’ha favorita di tanti doni speciali, anche se non sono di questi che dobbiamo maggiormente parlare, perché quello che conta nella vita della Raffaella è la sua donazione totale al Signore che domandava da lei sacrificio, il suo vivere goccia a goccia la missione di dolore che il Signore le domandava, quasi come corrispondenza a quelle che sono le parole che leggiamo in San Paolo: “completo della mia carne quello che manca alla passione del Signore".
Comunque sono tante le cose e le testimonianze particolari che, oltre a me, potrebbero comunicare tante persone, specialmente quelle che vivevano nell’intimo della sua casa.
Una delle cose che più mi colpiva è il fatto della Comunione che Gesù le portava abbastanza spesso. Una Comunione che lei alle volte distribuiva poi anche alle persone presenti. Ricordo che un giorno, mentre mi trovavo con don Stefano Gobbi, mentre stavamo parlando, lei cadde in ginocchio dicendo: “È Gesù, è Gesù!”, poi alzò le mani verso una figura che lei sembrava vedere. Noi vedemmo proprio nitida una particola bianchissima spiccare nelle sue mani, con le quali lei la spezzò e ci comunicò.
È stata un'esperienza scioccante della quale ho ben vivo ricordo.
Tante altre cose accaddero prima in via Cisis e poi nella casa di via Gaeta 96, dove dall'88, mi pare, si era trasferita perché delle persone carissime, degli amici di Prato, le avevano procurato una casa che lei poté abitare fino alla morte, (Attualmente in via Cisis è tutto ristrutturato).
Succedeva che mentre pregavamo in quel cenacolo appariva la Madonna: i presenti vedevano come una specie di nebbia che invadeva la stanza, come delle gocce di profumo che cadevano dall'alto impregnando tutta la stanza, segno visibile di questa presenza.
Tante altre volte Raffaella è stata vessata dal demonio. Questi assumeva una forma tremenda, perché certamente non poteva essere contento della testimonianza del soprannaturale che questa donna sapeva dare.
È stata tormentata in tutti modi. È stata buttata violentemente sotto il letto, la sua testa è stata infilata tra i trespoli della sedia. Un giorno la trovarono con la bocca tappata nell’armadio di casa. Un altro giorno fu violentemente
buttata con la testa nel water di casa e le povere persone che erano presenti non sapevano come estrarre quella povera testa che si era incagliata in quella posizione veramente strana.
Alle volte la Raffaella era come presa per mano da uno spirito invisibile che i presenti non vedevano e veniva fatta correre attraverso la stanza di casa come un carosello maledetto e lei ansimando doveva stare a quel gioco con il cuore che palpitava. Un giorno una poltrona di casa venne sfasciata violentemente sulla sua testa. Raffaella ne uscì terrorizzata da quelle esperienze, tanto che il suo cuore ne ebbe a soffrire. Ebbe violentissimi fatti di angina pectoris,
fu colpita anche dall’infarto e ricoverata all’ospedale.
Lì il giovedì una persona di casa doveva stare accanto a lei e detergere le ferite più che poteva per non lasciarsi vedere dai medici, ma essi accorsero di avere a che fare con una persona straordinaria perché dimostrarono interesse su quello che succedeva in quell’anima.
Raffaella faceva di tutto per essere aperta alla carità verso il prossimo. Chi sapeva non dubitava dei suoi fenomeni mistici. Quanti la vedevano con quei guanti e le domandavano il perché, lei dava delle risposte evasive. Era aperta ad una carità immensa verso il prossimo. Diceva: "Prima di guardare alla vostra stanchezza, voi dovete guardare alla stanchezza degli altri. Ed anche se viveva nella povertà, traendo quel poco di utile dal suo commercio tramite la bancarella, spesso lei faceva parte di quello che guadagnava con persone povere che si presentavano per domandare il suo aiuto.
Il Signore alle volte le faceva sentire che doveva andare a trovare certe persone che avevano bisogno della sua parola e della sua carità. Con l'amica Augusta si trovava un giorno alla bancarella del mercato. Sentì interiormente che doveva andare nei pressi di Udine a trovare due persone che avevano bisogno della sua carità. Era una giornata di pioggia, partì con la bicicletta, andò in quel casolare vicino ad Udine. Appena partita, Augusta pensava alla biancheria esposta ad asciugare e che la pioggia avrebbe potuto rovinare. Quando la Raffaella tornò era completamente asciutta e si mise al banco, mentre Augusta era andata a casa per poter ritirare quella biancheria: la porta di casa era regolarmente chiusa (nessuno aveva la chiave). Entrata in casa Augusta trovò la biancheria stirata, messa da parte e perfino profumata.
Così il Signore dava una prova tangibile dell'amore verso questa donna.
Raffaella aveva una grande venerazione per Padre Pio. È stata molte volte a San Giovanni Rotondo.
Quando alla sera si ritirava nella stanza dell'albergo il gruppetto dei pellegrini di Udine, padre Pio in bilocazione veniva in quella stanza e le persone presenti avevano proprio la sensazione di sentire il colloquio spirituale tra i due.
Sono infiniti i fatti di cui si potrebbe parlare. Qualcuno è stato raccolto nel libro pubblicato in occasione del primo anniversario della morte "Nel segno del dolore". In quel libro c'è il diario che un'amica del cuore, Marina Covre, aveva scritto riportando i fatti di cui era testimone di anno in anno, per ben vent'anni. Molte persone in Italia sono state edificate spiritualmente da quel diario.
Le spoglie della Raffaella riposano nel cimitero di Cussignacco, alle porte di Udine. Quella tomba è continuamente adornata di fiori e sono tante le persone che vengono come in un pellegrinaggio per poter godere del sorriso di quella foto che io stesso ebbi la gioia di scattare tanti anni fa.
Don Carlo Mondin, il sacerdote di Berra famoso perché quando celebrava la Santa Messa riviveva la Passione di nostro Signore, veniva spesso a Udine a trovare la Raffaella. Lo invitavo a volte nella mia chiesa ed io stesso lo vedevo rivivere la Passione. Raffaella si univa a quella Passione perché più volte ho visto la cicatrice sulla fronte aprirsi segnata da un marchio di sangue. È stata veramente una sposa di sangue che goccia dopo goccia, ha dato la vita per il suo Signore.
La prova più grande della sua eroicità noi l'abbiamo avuta durante la sua ultima malattia.
Era stata colpita da un tumore tremendo: il sarcoma di Kaposi che comporta delle sofferenze tremende. Diceva "Signore, non ce la faccio più" ed il Signore la incoraggiava: "Raffaella, ho bisogno di te!" Raffaella rispondeva: "Signore, goccia a goccia come vuoi tu".
Ringrazio il Signore che mi ha dato la possibilità di vivere a lungo questa esperienza e di poter godere con tanta gioia e profitto spirituale l'amicizia di quest'anima stigmatizzata che adesso vogliamo invocare, perché certamente presente nella gloria del Signore.

 

Don Adriano Menazzi (da un'intervista su "www.mondocrea.it)

 

I segni
Il vero segno nella vita di Raffaella, quello che dà garanzia di autenticità, è dato dalla sua totale, silenziosa accettazione "goccia a goccia", della sofferenza, come vittima.
Lei è stata fedele a questo patto concretato per una speciale chiamata del Signore, che ha voluto segnarla nel corpo con le "Stimmate" della sua passione.
Resta però da evidenziare come il Signore stesso abbia voluto ricompensare la generosità di questa donazione, arricchendo la vita di questa umile donna, con altri segni dei quali conviene prendere atto, non per la ricerca del sensazionale, ma per glorificare l'opera di Dio. Il "diario" scritto dalla signorina Covre, ne riporta diversi, con precisa segnalazione di date e di persone presenti ai vari fatti. Come singolare prodigio, tante volte ripetuto nel corso della sua vita, va considerato il fatto della Particola (alle volte più di una), portata da Gesù per la Comunione, che si materializzava nelle sue mani protese verso I'apparizione. Ne sono testimoni tante persone presenti, nelle circostanze piu diverse ed impensate. Per dare la misura della sconcertante meraviglia che suscitava tale fatto in colui che ne era testimone la prima volta, riportiamo il seguente episodio:
Il canonico padre Arinci avendo conosciuta la Raffaella tramite i signori Montagnani, proprietari di una pensione in Via Pugile a Montecatini Terme, era un giorno andato a farle visita nella loro abitazione, trovandola in estasi. Per prima cosa la esorcizzò, ma poi si mise in ginocchio accanto a lei, fino a quando riprese i sensi, rimanendo poi a lungo in attenta conversazione.
Raffaella, alcuni giorni dopo, volle restituirgli la visita. In presenza di questo sacerdote avvenne il prodigio della Particola apparsa nelle mani ed offerta poi in Comunione al buon canonico.
Ricorda la Rina: Lo rivedo ancora, dopo tanti anni, come se fosse ancora lì presente. Per la commozione e lo sconcerto, il sacerdote era tutto confuso e gli si erano rizzati i capelli.
Aprì allora un armadio a muro che mascherava un altare, accese le candele ed attese pregando, che la Raffaella riprendesse i sensi.Volle poi stilare un promemoria per il suo Vescovo facendo firmare, come testimoni, il sig. Giaretta e la signorina Rina presenti al fatto. E’ stato padre Arinci ad affidarle il signor Roberto Bogani industriale di Prato, raccomandandole che lo aiutasse spiritualmente. Tramite questo signore, Raffaella venne in seguito a conoscere la famiglia dei cugini, i signori Franchi, che trovarono in lei conforto e sostegno in momenti particolarmente difficili. La loro riconoscenza si espresse in seguito, con la concessione in usufrutto gratuito di una villetta acquistata a tale scopo ad Udine in Via Gaeta, dove Raffaella, assieme alla sorella Maddalena (venuta da Trinitapoli dopo la morte della madre) ed alle sorelle D'Agostini, si trasferì nel 1982.

 

Bilocazione
Spesso Raffaella fu favorita di questo dono, comune nella vita di altre anime mistiche.
I presenti alle volte la sentivano dire: "Vado! ". Il suo corpo allora restava come inerte e si riprendeva solo dopo un tempo più o meno lungo, come se la sua persona si rianimasse.
In quelle circostanze, a sua dichiarazione, il Signore la portava a vedere luoghi oppure ad incontrare persone.

 

Ecco un paio di esempi significativi:

 

“Le signorine Anselmi di Valdobbiadene, da lei conosciute, avendo programmato una gita in Cecoslovacchia, passando per Udine si erano fermate per salutare Raffaella. Avendo sentito che andavano in tale regione, le consigliò di visitare un bel santuario, offrendo loro una descrizione particolareggiata del posto, della strada di accesso e dei paraggi. Al ritorno, le stesse persone confermarono l'esattezza della descrizione fatta loro dalla Raffaella che, logicamente, non era mai stata fisicamente da quelle parti. Proprio nella circostanza di questo incontro, ad una delle sorelle, ricordò la promessa da lei fatta al Signore, all'età di sei anni e che l'interessata aveva ormai completamente dimenticata.”
Scrive la nipote Corvasce Maria Teresa:
“Molte volte ho avvertito la presenza di zia Raffaella; sentivo che era con me anche se effettivamente ci dividevano oltre mille chilometri. Parecchie volte mi ha rimproverata per vari motivi, perché esserle vicina spiritualmente significava seguire quello che lei diceva.
Non voleva assolutamente, per esempio, che noi ragazze indossassimo magliette o vestiti troppo scollati o senza maniche e gonne che fossero al di sopra del ginocchio, perchè diceva che la Madonna le aveva detto più volte che certi atteggiamenti offendevano la modestia.
Nel mese di Settembre del 1989 sono andata al matrimonio di una mia amica.
Quel giorno indossavo un vestito scollato ma non pensavo certo che zia Raffaella lo potesse sapere, dato che io vivo a Barletta, una citta delle Puglie. Invece la mattina seguente, appena sveglia, ho ricevuto una sua telefonata. Mi ha rimproverata duramente per il mio comportamento, sottolineando che, quando io ero nella sala, lei più volte mi aveva tirato il vestito per un richiamo di serietà.
Immaginarsi per me, il valore di questa lezione!”

 

I favori di Maria

La Santa Messa costituiva desiderato appuntamento giornaliero per Raffaella che frequentava, di solito, la chiesa cittadina di San Giacomo. La raggiungeva a piedi, accompagnata dalle fedeli amiche di casa, o portata in macchina quando le condizioni di salute erano diventate precarie.
Il sacrificio di Cristo era anche il suo, perché lo riviveva sensibilmente nel vivo della sua carne ferita dalle stimmate. In casa, la preghiera preferita era quella del Rosario. Portava al collo una graziosa corona d'oro, mentre nelle mani stringeva abitualmente quella usuale legata alla recita di tanti Rosari. Di fronte al letto della sua settimanale passione vissuta ogni giovedì, campeggiava un grande quadro che ritrae la "pietà" come scena di profondo dolore. Era unita alla Passione di Cristo, ma anche alla "corredentrice", presente sotto la croce sul Calvario. E la Madonna la ripagava maternamente per questa "compassione" ai suoi dolori. Lo faceva favorendola con particolari visioni, con una presenza che ripagava sofferenze e dolori.
Tante volte anche il gruppo di preghiera ha avuto segni sensibili di questa presenza, mentre Raffaella vedeva la Madonna e conversava amabilmente con lei. I fatti che riportiamo, si sono ripetuti spesse volte, in forme e circostanze più o meno simili, nella casa di Raffaella.
Alle volte, quando durante la preghiera Raffaella aveva la visione della Madonna, veniva posta sul tavolo una bacinella d'acqua. Questa cresceva a vista d'occhio moltiplicandosi, tanto che i presenti potevano riempire, senza che si esaurisse, bottiglie ed altri contenitori che poi venivano portati nelle case come segno di benedizione. Nella bacinella dove I'acqua cresceva spontaneamente, alle volte si vedevano come dei piccoli granelli scuri che, al tatto, si scioglievano, profumando le mani.
Alle volte, sempre al momento della apparizione, i presenti vedevano scendere nella stanza come dei piccoli fiocchi di neve o petali di fiori profumati che si dissolvevano al tatto.
Spesso, durante I'apparizione, la stanza era come invasa da una nebbia diffusa che profumava oggetti e persone. La fedele Augusta riferisce una circostanza che, a suo dire, la impressionava fortemente ed era quella di vedere sparire all'istante il sangue dalle mani e dal volto, quando, il giorno di gioved! (giorno di passione per Raffaella), aveva il conforto della presenza della Madonna. Restavano invece inalterate le macchie di sangue che avevano impregnato il vestito o le lenzuola. Negli ultimi tempi le apparizioni della Madonna non furono accompagnate da segni esterni particolari perchè, vedendo I'ansia con cui i presenti attendevano tali prodigi, Raffaella aveva chiesto che tutto potesse svolgersi in un clima di sola preghiera.

 

Missione di bontà

Pur vivendo nel nascondimento, Raffaella sentiva di avere una missione di bontà da svolgere in favore dei poveri e degli emarginati. Per poterlo fare in modo tangibile, alle volte era costretta a
chiedere dei piccoli prestiti a persone amiche, con la promessa di farne restituzione al più presto possibile.Tutto si svolgeva con la massima discrezione, nella quotidianità di azioni semplici e comuni.
Riferiamo un fatto dal quale traspare anche una particolare gratificazione da parte del Signore:
Un giorno, racconta l'inseparabile Augusta, eravamo al banchetto del mercato. Raffaella si sentì interiormente spinta a recare aiuto a due vecchi coniugi che vivevano in un casolare fuori Udine.
Presa allora la bicicletta, volle partire subito anche se il tempo era piovoso.
Rintracciò quel casolare che il Signore le aveva mostrato, consegnò un discreto aiuto finanziario ai due vecchi coniugi che si meravigliarono, benedicendo la Provvidenza per quella presenza insperata. Raffaella prese la via del ritorno, presentandosi di nuovo al banco perfettamente asciutta negli abiti, nonostante la pioggia che stava cadendo. Da notare che, partita Raffaella per quella missione, Augusta, rimasta sola al lavoro, si rammaricava pensando alla biancheria che aveva steso in cortile e che, al ritorno, avrebbe trovata sporca, a causa degli schizzi di terra sollevata dalla pioggia battente.
Rientrata in casa all'arrivo di Raffaella, pur trovando la porta regolarmente chiusa come I'aveva lasciata al mattino vide che la biancheria era stata raccolta, trovandola accuratamente piegata e perfino profumata, in una stanza di casa. Siamo a livello di fioretti francescani, ma non conviene dimostrarsi increduli, data la realtà genuina del racconto.
Un giorno, presente suor Chiara del collegio Paolini di Udine, mentre erano diretti per una visita ad un Santuario, Raffaella ebbe la visione di Gesù e del fratello Beppino, di cui in mattinata erano stati celebrati i funerali. Il fratello la pregava di recarsi a Napoli, nella chiesa del Gesù, per ringraziare il dott. Moscati, sepolto in quel luogo. Nella visione le confidò che per intercessione di quel santo medico, morto in concetto di santità, lui aveva potuto morire serenamente perchè, apparso accanto al letto, gli aveva posto la mano sulla gola ammalata di cancro, togliendogli ogni sofferenza, mentre, a detta dei medici curanti, avrebbe dovuto morire soffocato, con dolori lancinanti.
La sorella seguì l'ordine, ma conviene notare che lei non conosceva affatto questa chiesa di Napoli e che non aveva mai, prima d'allora, sentito parlare del dott. Moscati.

 

Il maligno

I fatti legati all'opera del maligno, nella vita di Raffaella, se raccontati per esteso, costituirebbero un "dossier" davvero impressionante. Ne diamo resoconto per sommi capi, anche perchè molti di questi sono già ricordati nel "diario".
E’ stata maltrattata nei modi più impensati, con battiture, spinte, cadute, arrivo di oggetti scagliati da lontano, strappo ai vestiti, colpi al viso con conseguenti ematomi ben evidenti.
Un giorno è stata trovata chiusa in un armadio con la bocca imbavagliata. Un'altra volta, la testa le è stata letteralmente infilata nel water del rustico bagno di casa (Via Cisis).
L'asciugamano posto in quel luogo era stato stranamente strappato a larghe strisce e con queste le erano state legate le gambe e le mani dietro la schiena. Lei si lamentava, ma nessuno riusciva ad aprire la porta neppure agendo con la forza. Da notare che questa non era chiusa a chiave e risultava anche abbastanza sconnessa. Alla fine, per toglierla da quella incomoda e pericolosa posizione, per non rovinarle la testa, si dovette agire con estrema delicatezza. E’ stata scaraventata sotto il letto, eppure non c'era adeguata distanza fra il pavimento e I'asse di sostegno della rete perché il corpo potesse passare. Una volta la testa le è stata violentemente infilata fra i pioli della sedia, costringendo poi i presenti a ricorrere ad una sega per poterla liberare.
Uno degli scherzi più eclatanti era dato dal fatto che più volte, a tavola apparecchiata, la tovaglia veniva improvvisamente sottratta, mandando in frantumi per terra piatti ed oggetti posti sul tavolo stesso. Altre volte erano i cibi, già pronti nei piatti, che venivano improvvisamente e malamente mescolati. Un violento schiaffo arrivato da chi sa dove, le ha tumefatto una guancia alla fermata dell'autobus cittadino. Mentre andava in bicicletta, alle volte, una forza perversa la faceva traballare per la strada con vero pericolo per i passanti.
Era pauroso il girotondo alla quale era alle volte costretta, come se qualcuno I'avesse presa per mano e spinta a correre in giro per la casa, senza che i presenti potessero fermare quel carosello indiavolato. Non che lei fosse troppo propensa per i lavori di cucina; fatto sta che un giorno ebbe l'idea di preparare una buona orzata da riporre poi nelle bottiglie. Stava seduta tenendo la terrina sulle ginocchia, girando il mestolo per amalgamare gli ingredienti. Ad un tratto la terrina le venne sottratta di mano ed il contenuto le fu rovesciato sulla testa, rendendola una maschera pietosa.
Un giorno, in seguito ad una lotta interiore con il maligno, d'improvviso le venne letteralmente spaccata e sfasciata addosso una poltroncina della stanza.
Non c'è da meravigliarsi se, oltre ai dolori per i fenomeni mistici del Giovedì, a causa di questi fatti ne risentì fortemente la salute e specie il cuore, con conseguenti dolori anginosi che I'hanno tormentata per anni.
I fatti sopra descritti, numerosi, specie nei primi tempi, non sono frutto di fantasia; hanno credibili testimoni che ne riferiscono i minimi particolari, anche se a questi sfugge (salvo quelli riportati nel diario) la data precisa in cui si sono verificati in loro presenza.

 

Aneddoti

Un giorno la signorina Rina, compagna inseparabile di Raffaella, le chiese perchè alle volte trattasse le persone in modo brusco e quasi scostante. Se non facessi così, fu la risposta, mi sfilerebbero anche i bottoni del vestito!
La signorina Covre afferma di aver iniziato a scrivere il diario (senza farne cenno a Raffaella), su suggerimento di madre Elisa Piazzi, dell'Istituto "Sorelle di Santa Gemma" in Camigliano (Lucca) e di mons. Antonio Cinelli, sacerdote di Perugia, dopo che questi aveva parlato con Raffaella nella Cappella privata di Madre Speranza, a Collevalenza. Scriva e conservi tutte le testimonianze, le era stato detto; serviranno per un domani.
Per quanto riguarda il prodigio della Comunione, è successo la prima volta, dopo che nel 1957 lei e le sorelle D’Agostini si erano trasferite a Udine. Stavano dormendo, cinque donne, in un’unica camera. Una sera Raffaella si svegliò di soprassalto, chiamando poi anche le presenti, indicando loro, con evidente stupore, la particola che misteriosamente si era posata sulla lingua.

 

Raffaella è stata guidata da saggi e rigidi direttori spirituali e, fra questi, per diversi anni, dal prof. sac. Gino Benaglia, Stimmatino dell'Istituto Bertoni di Udine.
Lei naturalmente si fidava di questa guida, ma, specie negli anni legati alle prime esperienze mistiche, era portata ad avvicinare altre persone carismatiche, quasi per avere ulteriore conferma della autenticità di quello che Dio operava in lei. Per questo ha avuto un rapporto di cordialissima familiarità con padre Pio da Pietrelcina.Trovandosi a San Giovanni Rotondo in visita al padre, questi, alla sera, veniva in bilocazione nella stanza della pensione dove pernottava il gruppetto dei pellegrini udinesi, i quali seguivano ammirati il colloquio che si svolgeva tra la Raffaella ed il notissimo frate stimmatizzato.
Afferma il dott. Franco Marinatto: "Il grado di cultura di Raffaella non era certamente tale da interpretare fatti o avvenimenti in chiave politica. Eravamo agli inizi della ascesa di Michael Gorbaciov, come capo della Russia, avvenimento, questo, che suscitava nel mondo sentimenti di grande attesa e speranza.Parlando del fatto, con disarmante semplicità, lei mi disse della fine abbastanza rapida di questo statista dalla scena politica di quel grande paese".

 

Testimonianze significative

 

Dal monastero di Camigliano (Lucca)

 

Madre Elisa Piazzi, succeduta a madre Gemma Giannini, compagna ed assistente devota di Santa Gemma Galgani, passionista, così scrive subito dopo la morte di Raffaella:

…Noi qui abbiamo ricevuto la lettera che parla della dipartita della cara Raffaella. Noi qui l'abbiamo conosciuta e quando è venuta da noi abbiamo detto: "È la seconda Santa Gemma!"
Noi l'accoglievamo sempre con tanto entusiasmo. Certo avrà trovato il Paradiso aperto poiché le sue sofferenze silenziose, le hanno procurato merito.
Posso dire che ci ha dato tanta edificazione. Veniva e portava sempre con sé il profumo delle sue virtù. Io mi accorgevo della preziosità della sua presenza, perché era sempre bene accolta dalle consorelle: Portava sempre quella vera pace che solo i santi portano con loro. Io le chiedevo tante cose mie senza preoccupazione alcuna e lei rispondeva sempre con tanta saggezza, da farmi persuasa dei doni di Dio che portava con lei. Non l'ho mai sentita lamentarsi di nulla. Era solo e tutta per glialtri; donna davvero piena di fede!
Madre Elisa Piazzi

 

Il nipote Damiano Basso

 

"La prima volta che ho incontrato zia Raffaella è stato nel 1978, tre mesi dopo la morte di mio padre (suo cugino), a Trinitapoli, in casa di suo fratello Nicola.
Mentre stavamo scambiandoci qualche pensiero sulla Bibbia, ella all'improvviso, quasi di schianto si prostrò profondamente a terra in adorazione. Le vedeva Gesù! Ricordo che lei bisbigliava parole di profonda adorazione, come: non sono degna; sono l'ultima persona… ecc. Dopo qualche istante sollevò il capo da terra, con il busto retto, in ginocchio. Unì il pollice e l'indice delle mani e piano piano prese corpo una particola di un candore mai visto. Invitò le tre persone presenti ad avvicinarsi, spezzò la particola e ci comunicò. Mi sentii invaso da una pace, direi celestiale, mai sentita fino ad allora e rimasi in questo stato di grazia per quasi tre giorni.
L'ultima volta che ci siamo visti a Barletta, le stava male e per la prima volta la sentii lamentarsi dicendo che non cela faceva più a motivo delle forti sofferenze. Mi disse poi che anche Gesù le era apparso facendole vedere le piaghe sanguinanti.
Mi disse la zia: "Quando ho visto quelle ferite, che cosa dovevo fare se non la Sua volontà?"

 

LA MISSIONE MONDIALE DI RAFFAELLA (considerazioni)

 

Raffaella affermava di essere chiamata a svolgere una Missione Mondiale.

Una delle missioni più importanti che ha ricevuto Raffaella, secondo me, è quella di orientare di nuovo tutta la cristianità al culto e all'adorazione dell'Eucaristia. Le chiese si stanno gradualmente svuotando. Pochi sanno apprezzare questo grandissimo dono che Gesù ci ha dato. Raffaella, tramite Gesù, distribuiva spesso la Santa Comunione sotto forma di particole che si materializzavano improvvisamente tra le sue mani, come moltissime testimonianze riportano:

 

Il nipote Damiano Basso

"Dopo qualche istante sollevò il capo da terra, con il busto retto, in ginocchio. Unì il pollice e l'indice delle mani e piano piano prese corpo una particola di un candore mai visto. Invitò le tre persone presenti ad avvicinarsi, spezzò la particola e ci comunicò. Mi sentii invaso da una pace, direi celestiale, mai sentita fino ad allora e rimasi in questo stato di grazia per quasi tre giorni."

 

Diario, 4 gennaio 1972

"In casa Venier Raffaella ha avuto la visione di Gesù. Ha distribuito la Santa Comunione a Evelina e Irene"

 

Diario, 23 marzo 1972

"Verso le ore 9 la famiglia Corradi e la sig. Aida si stavano preparando per la partenza quando improvvisamente Raffaella venne rapita. In estasi distribuì la Comunione a tutti."

 

Diario, 25 aprile 1972

"… Raffaella ha avuto la visione di Gesù e durante l'estasi ha distribuito la S. Comunione"

 

Diario, 29 giugno 1972

"Padre Benaglia ha ricevuto, tramite Raffaella, la S. Comunione. Solo per loro due…"

 

Diario, 24 luglio 1972

Verso le ore 19 avevamo quasi finito, io avevo ancora la scopa in mano, Raffaella ha avuto la visione di Gesù che ha portato la S. Comunione. Era presente spiritualmente una quarta persona perché abbiamo visto sparire il quarto pezzetto"

 

Diario, 10 settembre 1972

"Giovedì - Durante la visione, suor Chiara ha ricevuto per la prima volta la S. Comunione…"

 

Tramite Raffaella Gesù ci vuol far capire che nell'Eucaristia si rivela l'Umiltà divina.
”Mangiare la Carne di Cristo è accettare tutte le sofferenze che incontriamo nell'esistenza, e accettarle per un amore che distrugge le nostre durezze e ci rende pane vivo sulla mensa degli uomini; bere il suo Sangue è amare tutte le creature che esistono con noi, creatura e creatura, istante e istante. Nella misura in cui ci dischiudiamo agli altri nell'offerta di noi stessi a tutte le famiglie, con il Pane, il nostro essere si nutre della Carne e del Sangue del Verbo. Al termine della nostra terrena vicenda, si attuerà in noi l'identificazione della nostra essenza spirituale con l'essenza spirituale di Cristo, e questa identificazione compirà la trasfigurazione del nostro corpo terreno in quello glorioso dei risorti.” (G.Vannucci, Verso la luce)
A pensarci bene ci viene chiesto di mangiare un semplice frammento di pane reso sottile nella particola e di bere del vino. L'uomo-Dio è là, presente sotto quelle "specie". Lui, il Creatore di tutto ciò che esiste, si offre continuamente a noi, povere creature, in una forma che appare quasi banale ed estremamente quotidiana. L'umiltà di Dio è sempre molto sconvolgente e disarmante.
 Il pane è l'alimento per antonomasia. Dal pane comune a quello eucaristico ci sono molti significati e significanti.
1) Esso indica la fatica che ognuno compie per ottenerlo. E' il frutto del proprio lavoro. Lavorare è un'attività che riflette l'atto creatore di Dio. E' un modo per l'autosostentamento vitale e la solidarietà con gli altri. Il lavoro comporta la promozione umana di ogni persona e di tutta la società.
2) La fabbricazione del pane in sé sottende una serie di operazioni molto significanti: la preparazione del terreno, la semina, l'attesa, la mietitura, la macinazione del grano, l'impasto e la lievitazione, introduzione di vari ingredienti e la cottura. Gesù usa molto frequentemente queste attività per significare nei racconti e nelle parabole il Regno di Dio. Il terreno siamo noi. Se è ben predisposto può accogliere il seme della parola di Dio che lo sparge dove lo Spirito soffia. Dio è paziente ed attende che il seme fruttifichi. Prima, però, ogni seme deve morire. Poi miete le spighe e tutto il grano ripulito dalle imperfezioni verrà macinato per poter ottenere la farina. Ogni chicco di grano, così, viene frantumato l'uno sull'altro. Durante l'impasto il lievito dovrà essere dosato insieme ad altri ingredienti per dare alla focaccia la dimensione voluta. La giusta cottura garantirà la digeribilità dell'alimento che verrà consumato nelle mense più comuni. Però...non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
3) Il pane viene consacrato da Gesù stesso che lo benedice, lo spezza e lo dà in cibo ai suoi intimi ordinando : "prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo". Gesù Cristo si lascia "mangiare" nel pane consacrato. Egli è dunque presente in quell'alimento che sintetizza tutte le fatiche di ogni uomo e il suo estremo sacrificio comprendente l'incarnazione, la sua vita in obbedienza al Padre, il suo messaggio, la sua passione e morte, la sua Risurrezione. Si dona ad ogni uomo di buona volontà come alimento corporale e spirituale. Tramite esso ognuno di noi ha così la possibilità di divinizzarsi in Cristo. Assimila il suo corpo, la sua anima e la sua divinità per essere da Lui assimilato e partecipare così alla vita trinitaria come un altro Cristo. Diventa a tutti gli effetti figlio e coerede del Padre che spera la salvezza di tutti.
Anche il vino presuppone molte operazioni significanti che Gesù considera nelle sue gesta e nelle sue parabole. E' Lui la vite e noi i tralci che devono portare frutto. L'uva è a sua volta composta di acini che, dopo la vendemmia, dovranno essere frantumati nel torchio. Il mosto dovrà fermentare in appositi contenitori fino alla trasformazione finale in vino, che richiede costanza, cautela, pazienza. Il vino è presente nelle nozze di Caana per significare la gioia degli invitati. E' chiaro il riferimento allo Spirito. Nell'ultima cena viene indicato come il sangue dello stesso Gesù Cristo versato per noi. E ci viene comandato di berlo. Bere il suo sangue significa ricevere la vera vita di Cristo attraverso lo Spirito, il quale rimette i peccati, rigenera gli animi, ricrea l'interiorità, trasmette la gioia e il senso del dono reciproco, fa della nostra stessa vita un sacrificio perenne gradito a Dio rendendoci simili a Lui e quindi veri figli adottivi.

 

Noi ci stupiamo di fronte ai prodigi che Gesù operava in Raffaella, soprattutto quelli riguardanti l’Eucaristia.
Ci meravigliamo anche per i prodigi dell'Universo e di tutto ciò che esiste grazie al Creatore...
Ci stupiamo della nostra mente che genera il progresso.
Spesso andiamo a cercare altri prodigi, miracoli, apparizioni.
Ma se prendessimo coscienza del grande prodigio dell'Eucaristia, non andremmo a cercare altro.
Spesso sottovalutiamo che il prodigio dei prodigi è la sua presenza eucaristica sotto le sacre specie...
Non possiamo immaginare quanto gli sia costato incarnarsi e patire per la nostra salvezza! E difatti Raffaella, con le sue sofferenze fisiche e morali ci ricorda questo.
Gesù ha istituito l'Eucaristia per stare sempre in mezzo a noi e per stimolarci ad amarci l'un l'altro. Pochi però credono a questo e le chiese sono sempre più deserte.
Egli è presente anche nelle parole della Sacra Scrittura che vengono lette durante la celebrazione.
Egli è talmente umile che è persino obbediente al sacerdote quando consacra l'ostia ed il vino, le quali diventano realmente la carne ed il sangue del Figlio di Dio, Gesù Cristo, seconda persona della Santissima Trinità, vero Dio e vero Uomo.
Raffaella ci richiama il fatto che dobbiamo renderci conto che nutrendoci del corpo di Cristo noi assimiliamo anche la sua divinità e diveniamo sempre più simili a Lui!
La frequente distribuzione delle particole che Gesù faceva fare a Raffaella ci insegna a frequentare assiduamente l'Eucaristia. Otterremmo l'inimmaginabile, perché Egli è pronto a distribuire le sue grazie, che vanno oltre ogni aspettativa!
Senza di Lui il mondo sarebbe già disgregato a causa dell'indifferenza verso Dio e dei numerosi peccati.
Dobbiamo adorarlo spesso: Egli è lì nel tabernacolo che ci attende, ma purtroppo trova così pochi adoratori!

 

VALGONO DI PIÙ LE APPARIZIONI, I FENOMENI MISTICI O L’EUCARISTIA?

 

Raffaella, distribuendo le particole tramite Gesù, ha tramandato un forte messaggio all'uomo moderno che è così indifferente all'Eucaristia e spesso corre dietro a presunti veggenti o carismi straordinari.

Personalmente ho presente il periodo in cui la Madonna a Medjugorje appariva all’interno dell’edificio ecclesiastico, ma in sagrestia. Cosa significa? Perché non è apparsa sull’altare, magari davanti al tabernacolo? Il messaggio mi sembra evidente: ciò che importa è adorare suo Figlio. la Regina della pace ci chiede questo, non si presenta al suo posto, ma ce lo indica come il vero motivo della nostra esistenza.
Umanamente parlando, siamo portati a dare priorità a questo fenomeno delle apparizioni a scapito della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Non pensiamo molto al fatto che durante l’Eucaristia avviene il più grande prodigio di tutte le ere: Gesù si fa presente in carne, sangue, anima e divinità in quel frammento di pane.
Si corre in massa sui luoghi delle apparizioni mariane, come mai non corriamo in massa a gustare questo incredibile evento che avviene ogni volta che un qualsiasi sacerdote consacra le sacre specie? Inoltre, cosa ancora più prodigiosa, quando mangiamo di questo pane Egli è in noi per divinizzarci.
Lo stesso San Padre Pio affermava che se si sapesse il valore di ogni Santa Messa ci sarebbe molta ressa davanti alle chiese.
La Regina della Pace non è mai apparsa durante l’Eucaristia, ma sempre prima o dopo. Il messaggio è chiaro!
La Madonna non desidera che si faccia strepito sulle sue apparizioni, ma preferisce che si adori il suo Figlio nell’Eucaristia.
Ed infatti anche i suoi stessi messaggi insistono sull’adorazione per suo Figlio.

 

Per quanto riguarda la morte di Raffaella, Rina Covre così annota sul suo diario:

 

“Raffaella muore il 20 dicembre 1991 alle 19,15 (aveva 73 anni)
Le ferite sulla fronte e sulle mani: CHIUSE
La pelle è ritornata normale, senza cicatrici. Che mistero!
Lo stesso fenomeno di p. Pio.
Per le esequie, la Messa è stata celebrata da padre Emanuele e da don Adriano alle ore 9.30 del 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, a Udine, nella chiesa del Tempio Ossario.
La salma è stata tumulata nel cimitero di Cussignacco (Udine)

 

Raffaella, dopo il duro Calvario, ora sei nella Luce di Dio.

Aiutaci e prega per noi!

   Pier Angelo Piai
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