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a cura di Roberta Marzola

 

 

PIL contro PIL

di Danilo D'Antonio

 

Gentile lettore,
le presento i miei migliori riguardi.

 

Mi permetto di scriverle, per chiederle umilmente di porre l'attenzione sul fatto che il nostro sistema economico, come quello degli altri Paesi sviluppati, abbia ormai una forte valenza militare, di difesa ed attacco, che predomina e fuorvia una corretta funzione economica, tesa a soddisfare le legittime necessità di un popolo in una perfetta interazione col resto del mondo.

 

Le chiedo di considerare il fatto che la crescita del PIL è oggi l'unico modo concesso ufficialmente ad uno stato (dopo che le guerre tra stati maggiori sono state rese impossibili a causa dell'avvento delle armi nucleari) per mantenere entro livelli equilibrati la pressione, parimenti economica, che ogni altro Paese gli fa gravare addosso.

Perseguendo la crescita del PIL, i governi cercano non tanto di soddisfare reali esigenze economiche interne, quanto di scongiurare il pericolo reale di una invasione, fors'anche dapprima solo commerciale, e di una successiva sopraffazione totale del proprio Paese da parte di qualsiasi altro che fosse riuscito a crescere maggiormente. Si tratta di un pericolo concreto, estremamente attuale, che proviene tanto dall'occidente quanto dall'oriente, che spiega perfettamente perchè i governi continuino caparbiamente a perseguire una crescita di stampo tradizionale, numerica e non qualitativa, ben oltre il limite che sarebbe consigliabile.

Penso concorderà che il miglior modo per metter fine ad un conflitto, anche ad una "guerra dolce" come in questo caso, per ora condotta, sì, solo con l'arma dell'economia, a colpi di PIL, ma passibile ad ogni momento di terribile degenerazione, sia concludere dei validi accordi di pace. In questo caso, a noi spetta dapprima concepire e poi stipulare dei patti che tengano presenti non più soltanto l'uso delle armi convenzionali, come nei conflitti usuali, bensì che siano propriamente di autocontenimento alla crescita di un Paese.

Occorre istituire apposite norme e commissioni internazionali che stabiliscano i livelli dei vari tipi di sviluppo, economico ma anche demografico e tecnologico (perchè tanto uno sviluppo incontrollato delle popolazioni quanto delle tecnologie hanno sempre effetti devastanti, in quanto metodicamente usati come arma d'invasione), raggiungibili da ogni Paese e con obiettività tengano sotto controllo i livelli raggiunti. Perché la pace, così come oggi concepita, non è più sufficiente ed occorre immaginare modi accorti per raggiungere una pace più profonda, più solida e tenace.

Senza la stipula di questi patti, persino le persone dotate del miglior buon senso, che pure oggi nutrono il massimo rispetto, un sentimento d'amore profondo per l'ambiente naturale ed i loro consimili, non potranno evitare di giungere infine a calpestare tutto e tutti, ad esaurire ed inquinare ogni risorsa, a violare ogni diritto ed a dimenticare ogni dovere, anche ad uccidere senza la minima esitazione, pur di non veder i propri cari, se stessi ed il popolo cui più sentono di appartenere, vittime di un massacro, di uno sterminio, da parte di quei popoli che avranno preso il netto sopravvento sugli altri.

La prego quindi di considerare la plausibilità di questa visione, e nel caso concordasse di aiutarla ad emergere alla pubblica attenzione. Senza la consapevolezza che siamo già in guerra, che l'economia è usata come un'arma, tanto per salvarci quanto per aggredire, non potranno nascere degli adeguati accordi di pace, precisamente dei patti di autocontenimento alla crescita, e senza questi patti non ci potrà essere infine scampo per gran parte dell'umanità nata su questa Terra, né forse per la Terra stessa.

Con i patti di autocontenimento ogni cosa andrà al suo posto da sola, senza nemmeno tanta fatica, e quali che siano i suoi interessi peculiari, quali che siano le sue preoccupazioni: diritti umani, diritto al lavoro, tutela dell'ambiente, pari opportunità, etc. etc. etc. lei sarà ampiamente soddisfatta/o. Senza questi patti tutto andrà invece in rovina con altrettanta facilità, perchè il conflitto economico, e con esso lo scempio del nostro mondo e la degenerazione umana, non si fermerà se non quando la maggioranza dell'umanità sarà stata sgominata, fisicamente eliminata dai vincitori.

Possa ogni attimo della nostra vita, dunque, profondere grandi energie verso il conseguimento di questi patti di autocontenimento alla crescita. Nessun'altra attività potrà essere più sana e salvifica per ognuno di noi fintantoché questo obiettivo non sarà stato stabilmente raggiunto.

Con riconoscenza,
Danilo D'Antonio (Laboratorio Eudemonia)

Dicembre 2006

 

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