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Douglas Edison Harding
Decapitare lo stress
Douglas Edison Harding, (1909 - 2007), fu un maestro inglese poco conosciuto in Italia. Laureato in architettura, è stato insegnante di religioni comparate ed, una volta in pensione, è diventato un ottimo conferenziere che ha portato in giro per il mondo il suo modo originale di indagare dentro se stessi. Egli ci da la possibilità di sbirciare in quel “vuoto pieno”, che sarebbe la nostra reale natura, ammonendoci di – non credere ad una parola di ciò che egli dice ma di testare da noi stessi –
Tempo fa avevo trovato in giro per casa poche pagine che raccontavano il “suo risveglio” e ne tradussi una parte che riporto qui, giusto per familiarizzare col personaggio e comprendere come esso si collochi appieno in questo percorso nella conoscenza di ciò che siamo.
Il giorno più bello della mia vita, la mia rinascita, per così dire, fu quando mi accorsi di non avere la testa. Non è una battuta, un’arguzia che vuole ad ogni costo destare interesse. Lo dico con la massima serietà: - non ho la testa –
Feci questa scoperta a 33 anni. Benché fosse certamente inaspettata, fu la risposta ad una ricerca pressante; da diversi mesi ero così assorbito dalla domanda: “Chi sono?”
Probabilmente il fatto che a quel tempo mi trovassi sull’Himalaya ha poco a che fare con la mia scoperta, per quanto si dice che in quelle regioni siano più frequenti gli stati mentali insoliti.
Comunque sia, la giornata era molto calma e luminosa e la vista, dal crinale su cui mi trovavo, spaziava su valli nebbiose e sulla catena delle montagne più alte del mondo, formavano uno scenario degno della visione più sublime ed elevata. Quel che accadde in effetti era assurdamente semplice e normale: per un momento smisi di pensare. La ragione, l’immaginazione e tutto il chiacchierio mentale si spensero. Per una volta rimasi davvero senza parole. Dimenticai il mio nome, la mia umanità, la mia esistenza oggettiva, tutto quel che potremmo definire “io” e “mio”. Il passato e il futuro si dileguarono. Era come se fossi nato in quell’istante, nuovo fiammante, senza mente, privo di tutti i ricordi. Esisteva solo l’ora, il momento presente e ciò ne faceva chiaramente parte.
Mi bastò guardare e scoprii pantaloni color kaki che finivano in basso in un paio di scarpe marroni, maniche kaki che terminavano alle due estremità con un paio di mani rosa e una camicia kaki che finiva in alto con…… assolutamente nulla! Certamente non con una testa.
Notai immediatamente che questo nulla, questo buco dove avrebbe dovuto esserci la testa, non era un vuoto ordinario, un puro niente. Al contrario, era densamente pieno. Era una vasta vacuità immensamente colma, un nulla che aveva posto per ogni cosa: posto per l’erba, gli alberi, le colline lontane e indistinte e per le cime nevose che le sovrastano come una linea di nuvole angolose sospese nel cielo azzurro. Avevo perso una testa ma avevo guadagnato il mondo.
Tutto era letteralmente stupefacente. Smisi quasi di respirare, assorto nel Dato. Vi era uno spettacolo superbo che risplendeva radiosamente nell’aria tersa, solo e senza sostegno, sospeso misteriosamente nel vuoto e (ed era questo il vero miracolo, la meraviglia e la gioia) totalmente privo di un”io”, incontaminato da un qualsiasi osservatore. La sua presenza totale era la mia assenza totale, d’anima e di corpo. Più leggero dell’aria, più trasparente del vetro, totalmente libero dall’io, non ero in nessun luogo. Eppure nonostante il carattere magico e misterioso della visone, non era un sogno ne una rivelazione esoterica. Proprio il contrario: sembrava un risveglio improvviso dal sonno della vita ordinaria, la fine di un sogno. Era la realtà che brillava di luce propria e per una volta si era liberata totalmente della mente oscurante. Era la rivelazione, infine, del perfettamente ovvio. Era un momento di lucidità in una vita confusa, avevo smesso di ignorare qualcosa che, (fin dalla prima infanzia in ogni caso), ero sempre stato troppo occupato, troppo intelligente o troppo spaventato per vedere. Era una attenzione pura, acritica, a ciò che era sempre stato sotto i miei occhi: la mia assoluta mancanza di un viso. In breve, tutto era perfettamente semplice, chiaro e comprensibile, al di là delle discussioni, del pensiero e delle parole. Non sorgevano domande né riferimenti a un qualcosa oltre l’esperienza stessa, ma vi era solo pace e una quieta gioia, e la sensazione di avere abbandonato un fardello intollerabile.
Douglas, dopo quella straordinaria esperienza, ha cercato il modo di comunicare la sua scoperta ed ha “inventato” una serie di semplici esperimenti che dovrebbero guidarci a cogliere questa ovvietà. Quello che vuole dimostrarci è come noi, nel corso della nostra vita, abbiamo assunto come concezione di noi stessi, il punto di vista degli altri, il luogo comune, cioè il ruolo che la società ci ha imposto e come, per contro, questa immagine contrasti con l’esperienza che noi abbiamo di noi stessi, perché nella nostra esperienza quotidiana noi non siamo “una terza persona” ma sempre “la prima persona”.
Il più significativo dei suoi esperimenti è quello del “dito” perché è lì che Douglas ci porta a ripercorrere la sua stessa esperienza che lo portò ad affermare che non possedeva la testa. Credo che è un esperimento che possiamo fare assieme come io, prima ancora che farlo con Douglas, lo feci col suo libro e rimasi stupito di ciò che “vidi” o sarebbe meglio dire intuii. Quello che qui riporto è l’esperimento come lo ricordo io, ma consiglio a chi ha interesse in quanto scrivo di provare a cercare il libro di Douglas, dal titolo “Decapitare lo stress”, perché, da vero maestro, egli non si limita a questo esperimento, ma da una serie di informazioni utili a ritrovare la nostra vera essenza.
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Continua nell'articolo di VanLag da cui è stato tratto questo testo: “Conosci te stesso” Viaggio dentro la conoscenza di se stessi passando per: Ramana Maharishi - Nisargadatta Maharaj - Douglas E. Harding
Sito ufficiale di Douglas Harding
www.headless.org
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