
Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
I Templari in America
di Daniele Mansuino e Giovanni Domma
Giugno 2025
Nella Cappella di Rosslyn, edificata in Scozia dalla famiglia Sinclair, c’è la prova di quanto noi abbiamo affermato in tanti articoli: ovvero che gli alti gradi della Massoneria risalgono ai Templari rifugiati in Scozia nel trecento.
A Rosslyn c’è un’iscrizione che recita: La donna è forte, un Re è ancora più forte, ma la verità sconfiggerà tutti.
Questa frase fa parte del grado massonico di Cavaliere della Croce Rossa di Babilonia, un importante allied degree britannico (sugli allied degrees, vedi il nostro articolo La Massoneria del Marchio e i suoi side degrees); che in Scozia, dunque, veniva già praticato nel quindicesimo secolo (la Cappella di Rosslyn venne edificata nel 1446), proprio da quei Sinclair presso i quali i Templari fuggiti dalla Francia si erano rifugiati.
Ora, la prima ragione per cui l’origine templare degli alti gradi, a dispetto dei molti indizi a suo favore, non viene ufficialmente riconosciuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, risiede senz’altro nelle innumerevoli polemiche che ridesterebbe: tra Massoneria Scozzese e britannica, tra cattolicesimo e spiritualità alternative e così via.
Meglio quindi confinare la teoria dell’origine templare nel limbo della leggenda, cosicché chi vuole ci creda e chi non vuole no; e questo criterio vale anche per la vicenda dei Templari in America.
Che è una storia pazzesca, che ai conflitti che abbiamo appena elencato ne aggiungerebbe anche un altro: quello tra i genovesi e i veneziani (la leggenda sarebbe stata inventata dai veneziani, desiderosi di togliere ai genovesi la gloria della scoperta dell’America).
Noi, però, pensiamo che il tempo di certi campanilismi sia passato. Colombo rimane lo scopritore dell’America, perché non solo ci andò, ma lo disse al mondo; però, a parte questo, anche i riscontri del racconto veneziano-scozzese sono parecchi, come qui avremo occasione di vedere.
È la storia di Antonio Zen, italianizzato in Antonio Zeno (1327? -1404): un capitano di mare veneziano, che col fratello maggiore Nicolò (1326-1402) sarebbe stato protagonista di un viaggio di esplorazione nel Mare del Nord, lasciandone memorie che non vennero pubblicate.
Circa un secolo e mezzo dopo, un suo discendente - Nicolò Zeno jr. (1515-1565) - avrebbe inserito una parte del resoconto del suo antenato in una storia della famiglia Zeno, comprendente anche una mappa dell’Atlantico settentrionale di notevole esattezza (sia pure con l’inclusione di alcune isole che, nella realtà, non ci sono).
È comunque sicuro che, nel 1384, Antonio e Nicolò sr. arrivarono alle Far Oer (che, fino ad allora, non risulta fossero state visitate da nessuno proveniente dal Mediterraneo), e che rimasero in quei paraggi almeno per quattordici anni.
In quelle isole dell’estremo nord, fecero amicizia con uno scozzese che Antonio, nei suoi scritti, ricorda come il principe Zichmni, vassallo del Re di Norvegia. Parecchi studiosi concordano nell’identificare Zichmni con Henry Sinclair, barone di Rosslyn (1350-1400), anche basandosi su etimologie piuttosto convincenti.
Nel 1387, Nicolò Zeno ripartì per Venezia, lasciando Antonio insieme al loro nuovo amico.
Nel 1397, un pescatore rientrò alle Far Oer dopo un’assenza di ben ventisei anni, e raccontò di aver soggiornato in una grande e fertile isola che si trovava a occidente, ricca di oro e di altri metalli.
Secondo Antonio Zeno, egli diceva essere il paese grandissimo, e quasi un nuovo mondo, ma gente rozza e priva d’ogni bene, perché vanno nudi, tutto che patiscano freddi crudeli, né sanno coprirsi delle pelli degli animali che prendono in caccia. Non hanno metallo di sorte alcuna, vivono di cacciagione e portano lance di legno nella punta aguzze et archi, le corde de’ quali sono di pelli di animali. Sono popoli di gran ferocità, combattono insieme mortalmente e si mangiano l’un l’altro; hanno superiori e certe leggi molto differenti tra di loro. Ma più che si va verso meridione, vi si trova più civiltà, per l’aere temperato che v’è: di maniera che ci sono città, templi agli idoli e vi sacrificano gli uomini, e se li mangiano poi - avendo in questa parte qualche intelligenza e uso dell’oro e dell'argento.
Allora Zichmni (che era sempre accompagnato da una numerosa corte di cavalieri - Antonio non specificò che fossero Templari) fu incuriosito da questo racconto, e decise di intraprendere una spedizione verso occidente, mettendo a capo di essa il capitano veneziano.
Scrisse Zeno: Salpai con un numero considerevole di vascelli e uomini, ma non ebbi il comando supremo, come mi aspettavo di avere, perché Zichmni partì di persona.
Questo è il viaggio rimasto nelle memorie della famiglia Sinclair, e nella Cappella di Rosslyn le sculture che lo ricordano sono numerose; tra cui una nave sotto le stelle dell’occidente e piante americane come l’aloe e il mais, le quali farebbero supporre che la spedizione si fosse spinta - lungo le coste americane - molto più a sud.
All’arrivo nel nuovo mondo, giunsero a un porto tranquillo e sicuro, nel quale vedemmo un gran numero di persone armate, che accorrevano, pronte a difendere l’isola. Zichmni fece allora fare ai suoi uomini dei segni di pace, e ci mandarono dieci uomini che sapevano parlare dieci lingue; ma non ne capimmo nessuno, eccetto uno che era islandese.
Gli abitanti di quella terra chiesero al nostro Principe di non tentare di interferire con le loro leggi, che avevano ricevuto da un re di degna memoria e osservato fino a quel momento; che il tentativo avrebbe portato alla sua stessa distruzione, perché erano tutti pronti a morire piuttosto che allentare in alcun modo l’uso di quelle leggi. Tuttavia, affinché non pensassimo che rifiutassero del tutto il rapporto con altri uomini, finirono col dire che avrebbero ricevuto volentieri uno del nostro popolo e gli avrebbero dato una posizione onorevole tra loro, anche solo per il bene di imparare la mia lingua e acquisire informazioni sui nostri costumi, nello stesso modo in cui avevano già ricevuto quelle altre dieci persone da dieci paesi diversi, che erano venute nella loro isola.
A tutto questo il nostro Principe non rispose nulla, se non chiedere dove ci fosse un buon porto, mostrando così che intendeva partire.
Di conseguenza, navigando attorno all’isola, entrò con tutta la sua flotta a vele spiegate in un porto che trovò sul lato orientale. I marinai scesero a terra per prendere legna e acqua, cosa che fecero il più velocemente possibile, per paura di essere attaccati dagli isolani; e non senza ragione, perché gli abitanti fecero segnali ai loro vicini con fuoco e fumo e, prese le armi, gli altri vennero in loro aiuto, tutti corsero verso il mare sui nostri uomini con archi e frecce, così che molti furono uccisi e diversi feriti. Sebbene avessimo fatto loro i segni di pace, non servivano a nulla, perché la loro rabbia aumentava sempre di più, come se stessero lottando per la propria stessa esistenza.
Essendo così costretti a partire, navigammo in grande giro intorno all’isola, sempre inseguiti sulle cime delle colline e lungo le coste del mare da un gran numero di uomini armati. Alla fine, doppiando il capo settentrionale dell’isola, ci imbattemmo in molti bassifondi, tra i quali per giorni fummo in continuo pericolo di perdere tutta la nostra flotta, ma fortunatamente per tutto quel periodo il tempo fu molto bello. Per tutto il tragitto fino a quando arrivammo al capo orientale, vedemmo gli abitanti ancora sulle cime delle colline e sulla costa del mare, che ululavano e tiravano contro di noi da lontano, per dimostrare la loro animosità nei nostri confronti.
Si suppone che si trovassero nella Newfoundland (Labrador), e che i due capi in questione fossero rispettivamente Cape Freels e Cape Race.
Abbiamo quindi deciso di cercare un porto sicuro, e vedere se potevamo parlare di nuovo con qualche islandese; ma abbiamo fallito nel nostro obiettivo, perché la gente, più simile a bestie che a uomini, era costantemente pronta a respingerci se avessimo tentato di arrivare a terra. Pertanto, Zichmni, vedendo che non poteva fare nulla e che, se avessimo perseverato nel tentativo, la flotta sarebbe rimasta a corto di provviste, partì con un vento favorevole e navigò per 6 giorni verso ovest; ma il vento in seguito cambiò a sud-ovest e il mare divenne agitato, e navigammo per 4 giorni con il vento in poppa, e infine avvistammo la terra.
Questo avvistamento sarebbe avvenuto il 1° giugno di un anno non specificato; però, come vedremo, sono state fatte ipotesi a riguardo.
Poiché il mare era alto e non sapevamo di che paese si trattasse, all’inizio avevamo paura di avvicinarci, ma per la benedizione di Dio il vento si calmò, e poi ci fu una grande calma. Alcuni membri dell’equipaggio sbarcarono, e presto tornarono con grande gioia con la notizia di aver trovato un paese eccellente, e un porto ancora migliore. Portammo le nostre barche e le nostre imbarcazioni a terra e, entrando in quell’ottimo porto, vedemmo in lontananza una grande collina che emetteva fumo, il che ci diede la speranza di trovare degli abitanti nell’isola. Zichmni non si sarebbe fermato, sebbene la collina fosse molto lontana, senza inviare soldati esplorare il paese, e a raccontarci che tipo di persone fossero gli abitanti.
Nel frattempo, abbiamo fatto scorta di legna e acqua, e abbiamo pescato una quantità considerevole di pesci e uccelli marini. Abbiamo anche trovato una tale abbondanza di uova di uccelli che i nostri uomini, che erano mezzi affamati, ne hanno mangiato a sazietà.
Mentre eravamo all’ancora qui, arrivò il mese di giugno, e l’aria nell’isola era mite e piacevole oltre ogni descrizione; ma poiché non vedevamo nessuno, cominciammo a sospettare che questo luogo piacevole fosse disabitato. Al porto demmo il nome di Trin, e il promontorio che si estendeva nel mare lo chiamammo Capo Trin.
Mandarono cento uomini in esplorazione, che tornarono dopo otto giorni. Riferirono che avevano attraversato l’isola e raggiunto la collina, e che il fumo era una cosa naturale che proveniva da un grande fuoco in fondo alla collina, e che c’era una sorgente da cui usciva una certa sostanza simile alla pece, che scorreva nel mare, e che lì intorno abitava un gran numero di persone semiselvagge, e che vivevano in caverne. Erano di piccola statura e molto timidi. Riferirono anche che c’era un grande fiume, e un porto molto buono e sicuro.
La spedizione scelse quel luogo per il suo insediamento, anche perché nei paraggi sfociavano fiumi molto pescosi, ricchi di salmoni di dimensioni enormi. Era anche una zona ricca di prede per i cacciatori, tanto nella foresta quanto in mare, sicché i visitatori poterono mettere da parte una grande quantità di carne affumicata, che gli avrebbe consentito di affrontare i rigori dell’inverno. Inoltre, la presenza di pece garantiva di poter calafatare le chiglie delle navi.
Questa regione è stata identificata con l’attuale contea di Pictou, in Nuova Scozia, ed il porto naturale disegnato da Capo Trin dovrebbe essere l’attuale Guysborough Harbor.
A Pictou ci sono depositi di carbone sotterraneo, che ogni tanto prendono fuoco: incendi di grandi dimensioni vennero rilevati nel periodo 1828-1832, nel 1860 e nel periodo 1870-1896 - e c’è anche una collina, chiamata tuttora Asphalt, sotto la quale c’era un giacimento di bitume; oggi, dopo essere stato sfruttato per secoli come combustibile, la superficie si è essiccata, ma i residenti ricordano ancora i tempi in cui un ruscello di pece scorreva dalla collina fino al mare.
Riguardo poi alle caverne in cui vivevano gli abitanti, ce ne sono due. Era quello il territorio della tribù indiana dei Mi’kmaq, che rispetto agli Scozzesi sono effettivamente di piccola statura.
Riguardo alla data dell’arrivo, si è supposto che il nome Trin fosse un’abbreviazione di Trinity, e che quindi fosse il giorno dedicato alla Santissima Trinità: una festa che venne stabilita da Papa Giovanni XXII nel 1334, e che quindi era molto sentita dai cattolici della seconda metà del trecento.
Ora, considerando che il viaggio ebbe luogo dopo la partenza di Nicolò, ed ovviamente prima del ritorno a Venezia di Antonio nel 1403, in quell’arco di tempo la festa della Santissima Trinità cadde una sola volta subito dopo l’inizio di giugno.
Se queste congetture fossero corrette, lo sbarco dei Templari in Nuova Scozia sarebbe avvenuto il 2 giugno 1398.
L’anno seguente, Antonio Zeno - considerando di aver ottemperato al proprio compito - ottenne da Zichmni il congedo.
Partì con una nave, fece tappa in Islanda e di lì arrivò alle Shetland, dove relazionò sugli esiti della spedizione, destando interesse e gioia. Dopo un breve soggiorno, sarebbe ripartito per Venezia.
Dopo la partenza di Zeno, i resoconti sulle vicende dell’insediamento in Nuova Sozia vengono a mancare, ma non gli indizi della sua presenza; a partire da un libro del 1902 - Kuloskap the Master and other Algonkin poems, nel quale il pioniere dell’antropologia Charles Godfrey Leland (1824-1903) trascrisse un lungo poema epico - tramandato oralmente in seno alla tribù dei Mi’kmaq - sulle gesta di un mitico eroe, di nome appunto Kuloskap.
Ora, per quanto la cosa possa essere sorprendente, Kuloskap sarebbe Henry Sinclair.
È detto che giunse tra i Mi’kmaq come un capo giunto da oriente, da oltre il grande mare, per cui già i primi studiosi delle leggende indiane supposero che potesse trattarsi di un europeo - datandolo però, ovviamente, dopo Colombo.
L’incontro di Kuloskap con i Mi’kmaq avvenne a Pictou. La sua casa di origine era su un’isola. Aveva attraversato l’oceano sul dorso delle balene. Arrivò con molti uomini e soldati, passando per Terranova. La sua arma principale era una spada affilata (e quindi, doveva essere arrivato prima dell’avvento delle armi da fuoco). Insegnò ai Mi’kmaq l’uso delle reti da pesca, il gioco dei dadi ed un gioco di bastoncini che somiglia allo sciangai.
Kuloskap aveva a casa tre figlie, e così Henry Sinclair. Esplorò la Nuova Scozia. Rimase nel paese solo da una stagione di navigazione alla successiva. Non era capace ad accendere il fuoco come facevano gli indiani.
Kuloskap fu il primo, il primo e il più grande,
a venire nella nostra terra, nella Nuova Scozia...
Quando il Maestro lasciò Ukakumkuk, chiamato dagli inglesi di Terranova,
andò a Piktook o Pictou,
che significa “la risalita delle bolle”, perché in quel luogo l’acqua
si muove sempre in modo strano.
Lì trovò un villaggio indiano, una città con cento wigwam.
Era un guerriero affascinante e molto maestoso,
con l’aria di un grande capo;
era molto ammirato da tutti, specialmente dalle donne,
e tutti coloro nella cui tenda si degnò di entrare
si sentivano onorati…
Egli leggeva i pensieri degli uomini
Come se fossero i fili di tela delle tende,
e vedeva con profondità in ogni cuore.
Con il passare degli anni, la leggenda di Kuloskap si arricchì di elementi mitologici, che giunsero al punto di fare di lui il Creatore del Mondo; ma permasero gli elementi umani. Si narra che aveva l’abitudine di partecipare alle feste degli indiani, e che i Mi’kmaq gli insegnarono a fumare la pipa (se fosse Henry Sinclair, sarebbe stato il primo europeo ad aver fumato il tabacco).
Kuloskap era come gli altri uomini:
mangiava, beveva, fumava, dormiva e ballava insieme a loro…
Era sempre un compagno affettuoso,
e un fumatore davvero valoroso.
In tutto il mondo non c’era nessun uomo
che amava tanto una pipa,
ben piena di tabacco buono e profumato,
come lui...
C’è anche un passo che corrisponde al racconto di Antonio Zeno sulla prima esplorazione dell’isola:
Arriva il mattino, e Kuloskap si mette la cintura e parte.
Verso metà mattinata, raggiungono la cima dell’alta montagna.
Da lì riescono a distinguere un’altra montagna in lontananza,
i cui contorni azzurri sono appena visibili sopra l’orizzonte.
Gli uomini concludono che ci vorrà una settimana per raggiungerla.
Secondo Zeno, come abbiamo visto, erano otto giorni - ed è proprio lui a informarci che Henry Sinclair esplorò il territorio con l’aiuto di guide indiane.
Se i viaggiatori trascorsero in Nuova Scozia il rigido inverno, non è pensabile che possano averlo fatto senza costruirsi delle abitazioni di tipo europeo.
Secondo i Mi’kmaq, Kuloskap trascorse l’inverno su un promontorio chiamato Owokun, fronteggiato da un mare contrassegnato da una forte risacca. Questo luogo si chiama oggi Cape D’Or, ed è apprezzato dai campeggiatori estivi per le sorgenti d’acqua. Riguardo alla risacca - considerata una delle più forti del mondo, poiché raggiunge i 14 nodi di velocità - è generata dall’estuario di un fiume lì vicino.
A Cape D’Or, negli anni cinquanta del secolo scorso, ricerche mirate hanno riportato alla luce le fondamenta di nove o dieci antiche case di terriccio e ghiaia, edificate in un’area al riparo dai forti venti che flagellano la zona. Sono stati ritrovati anche frammenti di ferro, ossa umane e cocci di ceramica, risalenti però a non prima del diciassettesimo secolo.
Nota: ci sono in Nuova Scozia altre due località con edifici che si rivendica siano stati costruiti dalla spedizione Sinclair, New Ross e St. Peter.
Trascorso l’inverno, anche Kuloskap prese la via di casa, lasciandosi alle spalle una colonia efficiente e bene avviata.
Secondo la leggenda, chiamò una balena per portarlo via sulla sua schiena, e prima di salirvi disse ai Mi’kmaq che, se mai fossero stati minacciati da tribù nemiche, sarebbe tornato per aiutarli.
E disse anche: un giorno, uomini del mio paese verranno a insegnarvi una nuova religione.
Quel giorno, i Mi’kmaq avevano organizzato una grande festa per accommiatarsi da lui.
E quando la festa fu finita,
salì sul dorso della balena
e salpò via sull’acqua,
sulle onde splendenti dell’oceano.
E lo guardarono in silenzio
Finché non poterono più vederlo;
e dopo che cessarono di vederlo,
udirono ancora la sua voce nel canto,
la voce meravigliosa del Maestro.
Quella canzone, che Kuloskap cantava andando via, diceva: Nemajeechk, numeedich.
C’è un antichissimo canto marinaresco islandese che intona: Nu mo jag, nu mo deg - ora io devo, ora tu devi (partire).
Ma i suoni diventavano sempre più deboli,
e più morbidi in lontananza,
finché alla fine scomparvero.
Considerando i venti da nord-est che soffiano abitualmente sulla Nuova Scozia, è molto probabile che, prima di affrontare l’oceano, la nave di Henry Sinclair abbia bordeggiato l’America del Nord fino alle coste del New England, fermandosi lì per attendere i venti stagionali da ovest, più propizi alla traversata.
Se, come era suo costume, aveva deciso di trascorrere l’attesa esplorando quei luoghi, il suo approdo più probabile è di fronte all’attuale collina di Prospect Hill, nel Massachusetts, venticinque miglia a nord-ovest di Boston; in quanto è la più elevata tra le alture che si vedono dal mare, ed appare facile da scalare, per godere di una visione d’insieme del territorio (c’è anche una leggenda indiana secondo la quale Kuloskap divise la grande montagna di Boston in tre colline).
Tra le memorie sul viaggio di Henry Sinclair che persistono in Scozia, si dice che uno dei Templari che erano con lui morì nella scalata a una grande collina, e lì venne sepolto.
E si trova proprio a Prospect Hill, visibile ancora oggi sebbene danneggiata dal tempo, la famosa rappresentazione di un cavaliere in armatura che impugna una spada, considerata uno dei più cospicui indizi della presenza di europei in America prima di Colombo.
Secondo un etnologo di Cambridge, T. C. Lethbridge, la spada impugnata dal cavaliere sarebbe una claymore scozzese, che fu in uso solo per venticinque anni: dal 1375 al 1400.
Lethbridge affermò anche di avervi identificato gli emblemi araldici (una galea a tre alberi e una testa d’orso tra due stelle) appartenenti alla famiglia Gunn, scozzesi del nord e parenti del primo Sinclair, Earl of Orkney.
Henry Sinclair sarebbe rientrato in Scozia prima della fine del 1399, e perì in battaglia contro gli Inglesi nell’agosto del 1400.
Daniele Mansuino e Giovanni Domma
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