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Le finestre dell'anima di Guido Brunetti

Le Finestre dell'Anima

di Guido Brunetti   indice articoli

 

Luci e ombre nella psicoanalisi di Freud

Settembre 2019

 

A ottant’anni dalla morte di Freud, è importante domandarsi che cosa rimanga valido della sua teoria. Al padre della psicoanalisi viene riconosciuto il grande merito di aver cambiato e rivoluzionato il modo di pensare in ambito psichiatrico, terapeutico e culturale, e di aver sconvolto il nostro modo di interpretare la natura umana.
La psicoanalisi ha introdotto - scrive Vittorino Andreoli in “Freud. Sette lezioni sulla psicoanalisi” (Marsilio Editori, 2019) - “uno strumento assolutamente rivoluzionario di valutazione del comportamento umano”, rappresentando “una delle più grandi scoperte del secolo scorso”.
Sta di fatto che le critiche alla concezione freudiana incominciano fin dall’inizio, già con Jung, il quale si disse contrario alla visione di inconscio formulata dal suo maestro, parlando di un “inconscio collettivo”, legato non all’Io, ma all’intero genere umano. Ulteriori critiche hanno riguardato la vita infantile, il complesso di Edipo, i sogni, la rimozione, il transfert, la tecnica e il ruolo dell’analista.
Ricerche effettuate in materia mostrano, ad esempio, come il concetto freudiano del bambino, visto come un insieme di pulsioni di natura sessuale in perenne conflitto tra loro, risulti “assolutamente sbagliato”, in considerazione dell’enorme varietà e complessità di fattori che caratterizzano il mondo infantile. Uno studioso polacco, Malinowski, in una ricerca condotta nelle isole Trobriand, dimostrò che non esisteva il complesso di Edipo. Ulteriori studi attestano poi che la vita del bambino non comprende soltanto la sessualità, ma coinvolge la sua intera personalità. Questi dati fanno ritenere che non sia più “accettabile” sul piano scientifico l’idea che lo sviluppo umano avvenga attraverso le fasi erotiche descritte da Freud (orale, sadico-anale, fallica).

Un altro punto fondamentale di critica riguarda il sogno. Per Freud, il sogno è uno strumento cruciale per interpretare l’inconscio, è un suo messaggio. Le attuali conoscenze di neurofisiologia del sonno ci dicono che questo fenomeno è una complessa attività cerebrale, che può essere registrata attraverso l’elettroencefalogramma. Il sogno quindi non è un evento speciale legato all’inconscio, ma un evento fisiologico, che esiste indipendentemente dai meccanismi della rimozione. Il sogno poi è anche un linguaggio del conscio e contiene non solo ricordi dolorosi rimossi, come diceva Freud, ma anche sentimenti positivi e piacevoli.
Il sogno è allora non il linguaggio dell’inconscio, ma un’attività del cervello, il quale elabora continuamente materiale di diversa provenienza. Il cervello non è infatti un organismo statico, immobile, come si pensava fino ad un’epoca recente, ma una struttura “plastica” che si modella e rimodella in maniera incessante, in funzione delle esperienze personali, dell’educazione e del contesto socio-culturale.

Anche la questione se la psicoanalisi sia un sistema terapeutico contiene forti elementi di critica. Alcuni autori ritengono che essa vada esclusa da una terapia intesa in senso stretto, cioè da un sistema che, fondandosi sulla ricerca scientifica, entra a far parte della medicina occidentale. Il termine scienza indica un impianto teorico fondato su “esperimenti” i cui risultati sono “riscontrabili”. I casi e i risultati offerti da Freud sono ripetibili? La risposta è certamente no.
Ogni attività psicoanalitica è “irripetibile”, in quanto è “unico” il rapporto che si crea tra paziente e analista. Ogni esperienza pertanto è del tutto “incontrollata”. Fatto che pone la psicoanalisi certamente “al di fuori delle scienze sperimentali”. Essa non può dunque definirsi una scienza.

Oggi, come concorda Eric Kandel, neuroscienziato e premio Nobel per la medicina, la psicoanalisi, la psichiatria e la psicologia hanno bisogno di una “nuova cornice intellettuale” basata sui principi delle neuroscienze, le quali rappresentano “realtà certe” e perciò esprimono il tipo più affidabile di conoscenze a nostra disposizione. Non si può dire altrettanto della psicoanalisi, la quale evidenzia sempre più limiti oggettivi. Il noto autore Hilmann ha sostenuto che la psicoterapia ha “fallito”, poiché essa si dimostra “drammaticamente inadeguata” (Solms e Turnbull).
I suoi modelli concettuali si rivelano astratti e discutibili, fantasiosi ed eccentrici; il suo linguaggio vacuo e ripetitivo; il suo ruolo appare moralistico e repressivo. C’è poi un’assenza di una concezione univoca mentre si registra una sempre maggiore proliferazione di correnti e di idee “stravaganti”, tra loro incompatibili e rivaleggianti. Alla fine, emerge una situazione che evoca il test di Rorschach, quello delle macchie d’inchiostro in cui ognuno vede un’immagine diversa. In questa direzione si pone anche la ricerca di studiosi appartenenti a dieci Paesi contenuta in C. Meyer, “Livre noir de la psychanalyse”, la quale critica aspramente i dogmi della psicoanalisi, mettendone in dubbio l’efficacia terapeutica e il rigore scientifico. Insomma, una “metafisica, non una scienza”, secondo la definizione severa di Karl Popper. Stiamo assistendo ad un progressivo processo di “frammentazione” e di “dispersione” (Green). Non esiste una singola terapia, ma un insieme di terapie. Sono state identificate più di 400 terapie diverse (Kardin).
Un tempo, importante strumento innovativo, la psicoanalisi - ha affermato Kandel - ha ormai “esaurito la maggior parte del suo potere investigativo originale”. Quando Freud descrive la sua teoria nel “Progetto” del 1895 come un insieme di “immaginazioni, trasposizioni e intuizioni” rende bene i termini del problema.

Che cosa fare allora? È giunto il momento di “ritrovare” un punto di contatto - come già ammoniva Freud nel 1920 - con la biologia, un campo dalle possibilità “illimitate”. Egli aveva ragione. Infatti, il dominio nella ricerca sul cervello e la mente delle neuroscienze incomincia a fornirci i primi contributi anche nello studio dell’enorme complessità del “mondo interno”. La conoscenza dei meccanismi fisiopatologici e la correlazione fra aspetti neurobiologici, psicopatologici e psicoanalitici rendono maturi i tempi per un cambiamento radicale di paradigmi per accedere davvero entro il cervello umano, sano o malato che esso sia.

 

Guido Brunetti

 

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