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Vecchio 13-12-2004, 09.04.01   #1
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
personaggi dell'inquietudine novecentesca

Nella letteratura italiana degli anni '20 appaiono alcuni personaggi situabili tra la patologia delle emozioni e una desolata indifferenza. Una breve pesentazione:
L'annoiato bibliofilo T. Gambi (Tre croci, F. Tozzi), mai certo di realmente vivere risolve l'incubo di aver violato il perbenismo con un suicidio dimostrativo.
L'avvocato F. Rubè (Rubè, G. A. Borgese), arrivista mancato e disilluso, crede solo nel suo intelletto, consapevole che la vita per lui non ha senso. Fugge l'ipocrisia nella solitudine, nella morte psichica, nella malattia.
Lo pseudoinventore S. Babe (L'uomo nel labirinto, C. Alvaro), sensibile provinciale sradicato nella labirintica città. Risolve l'attesa, il rimpianto, la vana speranza, la "vita conclusa" in un fallimentare erotismo.
Il Padre (Sei personaggi in cerca di autore, L. Pirandello) incompreso monologante deietto sul palcoscenico smantella pregiudizi, conscio di un impossibile riscatto dall'eterna condizione umana che tuttavia vorrebbe replicare.
V. Moscarda (Uno , nessuno, centomila, L. Pirandello), in ossessiva crisi d'identità. Per gli altri non siamo ciò che pensiamo di essere e ognuno impone la sua verità; incomunicabilità che risolve nella vita vegetativa.
Il nevrotico "teorista" Zeno Cosini (La coscienza di Zeno, I. Svevo) giudica la vita una malattia, indugia sulla vecchiaia e sulla morte. Demistificatore, incerto, possibilista, autocritico e autoironico; nichilista che augura un'"esplosione enorme".
L. Degli angeli (I puri di cuore, M. Moretti). Dolce e sensibile ma succube della madre. Assorto, impacciato, estraneo, inutile, incompreso che vuol lasciarsi morire. Il suo orizzonte è racchiuso "tra il giorno prima e il giorno dopo".
Arsenio, poetico emblema del "non essere" (Ossi di seppia, E. Montale). Delirante per l'inutile attesa, incapace di staccarsi dalla "ghiacciata moltitudine di morti", esprime alienazione e disagio esistenziale.
M . Ardengo (Gli indifferenti, A. Moravia), giovane nostalgico di una vita autentica e nauseato dagli pseudovalori, finisce per adeguarsi alla "commedia".
G. Sabò (Un uomo provvisorio, F. Jovine) medico annoiato e tormentato dalle vuote parole che celano aridità e solitudine, ha vissuto tutto quello che poteva e non gl'importa ripeterlo.

Disadattati, inetti, solitari, indifferenti, nevrotici, abulici, introversi, autoanalisti, teorici, problematici, estraniati, conflittuali. Inquietanti e non di facile consumo, ma profondi, rivelanti, significativi. Oscillano tra estraneità e ansia ma sono caratterizzati anche da chiaroveggenza e critica sociale.Se va bene imparano a convivere in difficile equilibrio con l'infelicità.

Li conoscete, ne conoscete altri?
Personaggi attualizzabili? Se in linea con la depressione esistenziale del nostro tempo: difficoltà ad accettare la routine ed il fallimento, non sentirsi all'altezza delle proprie e altrui aspettative, incapaci di progettare la vita e di porsi in relazione con gli altri e con se stessi
arsenio is offline  
Vecchio 13-12-2004, 16.16.35   #2
valerio
Ospite
 
Data registrazione: 28-05-2004
Messaggi: 17
Suggerisco Alfonso, protagonista di 'Una vita', il romanzo - a torto-meno conosciuto di I. Svevo.
Sognatore, giunto dalla campagna nella laboriosa Trieste, assimila suo malgrado la vita del borghese facendo un dramma interiore di ogni piccola inquietudine, di ogni tentativo di emarginazione della sua persona. Che giungerà a un patetico quanto inutile suicidio finale.
Arrovellamento interiore, rimuginazione sui torti subìti e disadattamento esistenziale, nel pieno della linea narrativa di Svevo.

un titolo che mi viene in mente è 'L'uomo è forte' di C.Alvaro; non ancora letto però, raro a reperirsi, sembra sia una specie di '1984' italiano.

Non ho capito se ti interessano però solo le figure degli anni venti; io mi sono largamente occupato di quelle di quarant'anni dopo, con gran diletto. In caso ne riparliamo.

un saluto
valerio is offline  
Vecchio 13-12-2004, 16.24.09   #3
trounoir
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-12-2004
Messaggi: 40
Non so se può interessarti ma leggendo "Il deserto dei Tartari" di Buzzati ho proprio scorto quella che è la noia, la mancanza di slanci ideali dell'uomo moderno..
dietro una storia che può sembrare ambientata in un passato fantastico vi è la monotonia di un uomo che vive i suoi giorni aspettando qualcosa che in realtà non esiste...in cuor suo lo sa già ma non si arrende, cerca di eliminare quel brutto pensiero...intanto aspetta, aspetta, aspetta...
il libro a tratti può annoiare ma è proprio questo quello che vuol fare l'autore...se ti annoi entri nella storia...vivi quelle che sono le inquietudini del personaggio...vivi lentamente quella morte che quotidianamente divora i suoi giorni...i suoi ma d'altronde anche i nostri....
Saluti, Trounoir
trounoir is offline  
Vecchio 15-12-2004, 09.14.59   #4
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
Svevo

Conosco Svevo (sono triestino). In ogni caso assieme a L’uomo è forte che ho letto anni fa, fa parte di quei romanzieri da rileggere.
La mia ricerca non è limitata agli anni ’20, personificando il disadattato una caratteristica eterna.
Interessanti precursori li ho trovati nell’ultimo decennio dell’’800 della letteratura italiana, oltre che nella letteratura straniera. Per gli anni ’60 gradirei qualche titolo e cenno sul personaggi.

Saluti
arsenio is offline  
Vecchio 15-12-2004, 09.18.18   #5
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
Il deserto dei Tartari

Il deserto dei Tartari – amara metafora esistenziale – è uno dei miei cult-books. Oltrechè della personalità di Drogo sono attratto dall’elegante distacco del tenente Angustina.
Potrebbe interessarti il protagonista dell’autobiografico Linea d’ombra di Conrad.. Storia di una maturazione in tarda gioventù che fa presentire un’esistenza come “succedersi di giorni perduti” e deludenti apparenze.

Personaggi del da-sein inteso come stile di vita in rapporto agli altri che consente al personaggio di comprendersi nella propria essenza-esistenza.

Saluti
arsenio is offline  
Vecchio 15-12-2004, 19.18.20   #6
valerio
Ospite
 
Data registrazione: 28-05-2004
Messaggi: 17
Arsenio, credo che ci stiamo occupando della stessa tematica.
La quale ho trovato particolarmente intensa proprio negli anni ’60 in quanto periodo di boom economico ma anche di timori e di ansie a livello industriale-lavorativo-esistenziale.
Ciò non esclude precursori in epoche precedenti; e mi piacerebbe chiederti di più in merito a ‘L’uomo è forte’, che leggerò a breve.

Opere sul disadattamento che ho trovato splendidamente scritte e quantomai attuali sono:

‘Il maestro di Vigevano’ di Lucio Mastronardi: il maestro Mombelli, che detesta visceralmente la scuola, viene convinto dall’avida e frigida moglie a tentare la fortuna abbandonando l’insegnamento e giocandosi la liquidazione per aprire un calzaturificio. Il cui buon avvio procederà però di pari passo con il progressivo fallimento esistenziale-affettivo-lavorativo del protagonista, letteralmente accerchiato dall’invidia e dall’ostilità della società piccolo borghese della Vigevano del boom in cui si trova giocoforza invischiato.

‘La vita agra’ di Luciano Bianciardi: venuto dalla Toscana a Milano con propositi eversivi e di vendetta, il protagonista si piegherà progressivamente sotto la necessità di sopravvivere, e quindi di lavorare duramente per questo materialissimo quanto indispensabile scopo.
Svaniscono le idee di lotta e di riscatto per gli altri, per lasciare il posto al racconto autobiografico, molto fluido, di un uomo che deve lottare per se stesso, per trovare il proprio posto nel “sistema”e insomma per non finire a dormire sotto i ponti.
Profetico nel prefigurare la bolla di sapone delle lotte sessantottine. Gustoso, ironico, bellissimo.

‘Il padrone’ di Goffredo Parise: ritratto di un sempliciotto di provincia assunto in una mega azienda commerciale di Milano retta da un padrone dispotico, iroso e bavoso il cui fine è l’assogettamento psicologico dei dipendenti e l’utopia della creazione di una “religiosità” del lavoro.
Risultano oscillante tra il fantozziano e il surreale. Inquietante.

‘Marcovaldo’ di Italo Calvino. Il manovale Marcovaldo, operaio di città disadattato, si ostina a cercare la campagna e la genuinità della Natura nella metropoli tecnologica e cementificata in cui vive. 20 racconti che costituiscono un vero capolavoro di estetica del sentimento.
Imperdibile.

Infine, recentissimo, ma non letto: www.feltrinelli.it/SchedaLibro?id_volume=5000290


A risentirci.
valerio is offline  
Vecchio 15-12-2004, 21.26.14   #7
luana
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Messaggi: 49
La nausea-Sartre

Tra i personaggi da te indicati, arsenio, conosco solo il protagonista de "La coscienza di Zeno" e quello di "uno, nessuno, centomila". Confesso infatti che mi sono sempre più interessata alla letteratura straniera che a quella italiana.
Quindi mi sento di consigliarti "La nausea" (La nausée) di Sartre. Per invitarti alla lettura, ti ho velocemente cercato queste brevi notizie su internet:

La nausea scopre "l'inferno del quotidiano", le cui categorie non sono il nulla e il vuoto, bensì la nullità e la vacuità di ciò che "è di troppo". "La Nausea non è in me: io la sento laggiù sul muro, sulle bretelle, dappertutto attorno a me. Fa tutt'uno col caffè, son io che sono in essa". Le considerazioni filosofiche dell'io narrante, il protagonista Antoine Roquentin, trovano espressione linguistica nella modalità discorsiva del flusso di coscienza. /Attualmente, a distanza di oltre sessant'anni, il romanzo assume una connotazione davvero singolare: Sartre ha preconizzato in chiave psicologica un'angoscia di vivere che nel nuovo millennio sta esplodendo in eclatanti patologie manifestate attraverso i malesseri del soma. E dunque non si può sperperare l'esistenza senza un progetto: è il messaggio finale di Roquentin. L'importante è attraversare il testo alla ricerca di questa consapevolezza, ben determinati a voler vivere, piuttosto che a raccontarsi.

E' a mio parere un romanzo espressione tipica della nostra moderna età, del nostro sentirci impotenti e schiacciati da un mondo che ci circonda e che, eppure, non comprendiamo o, meglio, con cui non riusciamo ad entrare in sintonia.
Fammi sapere se per caso già lo conosci. Altrimenti, buona lettura.
Luana

luana is offline  
Vecchio 16-12-2004, 14.57.25   #8
herzog
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Talking proposta

Visto che si può parlare anche di autori stranieri, consiglio Moses Elkanah Herzog, protagonista del romanzo "Herzog" di Saul Bellow.
Firmato, guarda caso ...Herzog
herzog is offline  
Vecchio 20-12-2004, 09.29.50   #9
arsenio
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L'uomo è forte

Grazie per le significative indicazioni. Siamo entrambi esploratori del disagio di vivere che serpeggia in certi personaggi letterari dell’’800 fino agli anni ’60 “Nicola Rubino è entrato in fabbrica” credo ne prosegua la tematica.
Finora ho trascurato quest’ultimo periodo certo proficuo in tal senso.

Per parlare de “L’uomo è forte” mi è indispensabile rileggerlo, quindi su tale romanzo ci risentiremo tra qualche tempo e spero di tracciarne un profilo.

Ciao
arsenio is offline  
Vecchio 20-12-2004, 09.31.40   #10
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
La nausea

Sì cara luana, l’ho letto, ed il tuo commento ne riassume il significato.

Roquentin è un personaggio chiave del 900 letterario –filosofico, assieme a Mersault de “Lo straniero” (Camus) che t’invito a leggere per poi parlarne.

Ho trovato analogie e differenze tra i due : Roquentin è ossessionato dalla casuale e ingiustificata esistenza, dalla superfluità del mondo e della natura . Un ciottolo o un albero in rapporto a cosa esistono? E’ inoltre severo verso l’ipocrita retorica di sentimenti e valori.

Mersault è l’uomo autentico anche a suo svantaggio, non riconosce certezze indiscusse, valori assoluti, convenzioni d’obbligo, ma solo le sensazioni fisiche. Integrato nella natura (sole, mare, spiaggia, sesso) ma non nella società dove “una cosa vale l’altra”. Rasserenato infine dal suo saper ignorare trascendenze consolatorie e dalla consapevolezza dell’indifferenza del mondo al destino umano.

Entrambi derelitti e solitari, individualisti revisori di valori, riflettono l’assurdità del mondo nella loro coscienza.
Roquentin è un intellettuale tormentato dalla gratuita presenza di ogni materia e percepisce l’assurda realtà senza sovrapposizioni semantiche o culturali; è critico verso chi non vuol vedere la realtà angosciante.
Mersault, uomo senza qualità, non problematizza ma gode la realtà materiale, inoltre non è polemico ma estraneo verso le convenzioni sociali.

Ciao
arsenio is offline  

 



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