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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 16-09-2004, 18.58.46   #1
gianni
Ospite abituale
 
Data registrazione: 10-03-2004
Messaggi: 0
L'utilità delle guerre

Visto ciò che sta succedendo in Iraq e "non solo" desiderei aprire una piccola parentesi sull'utilità delle guerre che si stanno combattendo da secoli in nome della Libertà, della Giustizia, della Religione, della Democrazia e soprattutto in nome del benessere economico dei <<Paesi>> che la propongono e la combattono.
Lo so che é un argomento questo già dibattuto più volte su questo sito ma vorrei chiedervi ugualmente se é mai possibile che una "guerra" possa portare la "pace" e la "democrazia" in un paese. Non sono affermazioni mie queste ma l'ho ascoltate più volte in televisione e l'ho lette su articoli di gornali e quotidiani. Sono parole gridate con convinzione da persone che dovrebbero rappresentare una Nazione perché eletti democraticamente dai cittadini di quella nazione. Non so, forse credono che quando ascoltiamo i loro discorsi lo facciamo passivamente senza pensare sul reale <<non-significato>> di ciò che stanno dicendo o forse sono convinti veramente delle loro affermazioni (e ciò sarebbe ancora più grave!!!!).



La Guerra

Diboscate
idioti
diboscate
Tutti i giovani alberi con la vecchia scure
li tagliate
Diboscate
idioti
diboscate
E i vecchi alberi con le vecchie radiche
le vecchie dentiere
li serbate a dovere
E ci attaccate cartelli
Alberi del bene e del male
Alberi della Vittoria
Alberi della Libertà
E il bosco deserto puzza di vecchio legno crepato
e gli uccelli se ne vanno
e voi ve ne state lì a cantare
Ve ne state lì
idioti
a cantare e a sfilare.


J.P.




Mi ritengo ignorante in materia:non so quanti sono i conflitti ancora in atto - salvo quelli più pubblicizzati dai mass-media - ed ho una grande confusione sulle motivazioni "reali" che le hanno fatto nascere (anche perché non me le verrebbero a dire proprio a me) ma di una cosa sono certo: che anche questa volta non vincerà nessuno. Il prezzo da pagare: delle vite umane di ragazzi e di ragazze i quali, qualcuno per denaro e molti per convinzioni ideologiche/religiose, stanno combattendo una guerra senza motivo.

Grazie dello spazio..... e Ciao.
gianni is offline  
Vecchio 16-09-2004, 19.57.25   #2
nevealsole
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Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
Ciao Gianni,
ti volevo solo salutare.
Il tema è troppo complesso per un'intervento veloce.
Ci sentiamo
Neve
nevealsole is offline  
Vecchio 17-09-2004, 00.29.18   #3
Knacker
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Data registrazione: 26-12-2003
Messaggi: 375
Sull'argomento vorrei segnalare due passi molto interessanti. Il primo di C.Schmitt lo posto ora, il secondo in seguito.

"[...] Solo nella lotta reale si manifesta la conseguenza estrema del raggruppamento politico di amico e nemico. E' da questa possibilità estrema che la vita dell'uomo acquista la sua tensione specificamente politica. Un mondo nel quale sia stata definitivamente accantonata e distrutta la possibilità di una lotta di questo genere, un globo terrestre definitivamente pacificato, sarebbe un mondo senza più la distinzione fra amico e nemico e di conseguenza un mondo senza politica. In esso vi potrebbero forse essere contrapposizioni e contrasti molto interessanti, concorrenze ed intrighi di tutti i tipi, ma sicuramente non vi sarebbe nessuna contrapposizione sulla base della quale si possa richiedere a degli uomini il sacrificio della propria vita e si possano autorizzare uomini a versare il sangue e ad uccidere altri uomini. Anche qui non rileva per la definizione concettuale del "politico" che un tale mondo senza politica possa essere auspicato come stato ideale. Il fenomeno del "politico" può essere compreso solo mediante il riferimento alla possibilità reale del raggruppamento amico-nemico, prescindendo dalle conseguenze che ne derivano quanto alla valutazione religiosa, morale, estetica, economica del "politico" stesso.[...]
La guerra, in quanto mezzo politico estremo, rende manifesta la possibilità, esistente alla base di ogni concezione politica, di questa distinzione di amico e nemico e mantiene perciò un significato solo finché tale distinzione sussiste realmente tra gli uomini o quanto meno è realmente possibile. Invece sarebbe del tutto insensata una guerra condotta per motivi "puramente" religiosi, "puramente" morali, "puramente" giuridici o "puramente" economici. Da queste contrapposizioni specifiche di questi settori della vita umana non è possibile far discendere il raggruppamento amico-nemico e perciò neppure la guerra. La guerra non ha bisogno di essere né religiosa, né moralmente buona né redditizia: oggi probabilmente non è nulla di tutto ciò. Questa semplice considerazione è complicata dal fatto che contrasti religiosi, morali e di altro tipo si trasformano in contrasti politici e possono originare il raggruppamento di lotta decisivo in base alla distinzione amico-nemico. Ma se si giunge a ciò, allora il contrasto decisivo non è più quello religioso, morale o economico, bensì quello politico. Il problema continua dunque ad essere sempre lo stesso: se cioè un raggruppamento amico-nemico di tal genere esista oppure no come possibilità reale o come realtà, senza che importi quali motivi umani sono forti abbastanza da provocarlo. [...]
Nulla può sottrarsi a questa consequenzialità del "politico". Se l'opposizione pacifista alla guerra fosse tanto forte da poter condurre i pacifisti in guerra contro i non pacifisti, in una "guerra contro la guerra", in tal modo si otterrebbe la dimostrazione che tale opposizione ha realmente forza politica poiché è abbastanza forte da raggruppare gli uomini in amici e nemici. Se la volontà di impedire la guerra è tanto forte da non temere più neppure la guerra stessa, allora essa è diventata un motivo politico, essa cioè conferma la guerra, anche se solo come eventualità estrema, e quindi il senso della guerra.[...]"
Knacker is offline  
Vecchio 17-09-2004, 00.32.29   #4
bomber
Ospite abituale
 
Data registrazione: 27-09-2003
Messaggi: 4,154
argomento che rischiede tempo che a quest ora di notte non dispongo, vediamo domani di rispondere ...
ciao
bomber is offline  
Vecchio 17-09-2004, 02.38.52   #5
Lord Enrico
Ospite abituale
 
Data registrazione: 12-01-2004
Messaggi: 79
E' tardi e la voglia di scrivere poca
ma una cosa la voglio dire
Troppi umani infestano la terra
piu' ne muoiono
meglio è, per la terra
e per l'uomo, quindi
Che continuino pure
a tagliarsi le teste

La terra
in un impercettibile movimento
ne gioisce
Lord Enrico is offline  
Vecchio 18-09-2004, 01.04.35   #6
Knacker
Epicurus' very son
 
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Data registrazione: 26-12-2003
Messaggi: 375
Ecco il secondo passo, della H. Arendt

"[...] Persino i rivoluzionari - che dovremmo ritenere fermamente e anzi inesorabilmente ancorati a una tradizione che difficilmente potrebbe esprimenrsi, e ancor meno avere un senso, senza la nozione di libertà - sarebbero pronti a degradare la libertà al rango di un pregiudizio piccolo-borghese piuttosto che ammettere che lo scopo della rivoluzione era, ed è sempre stato, la libertà. Tuttavia, se si resta sorpresi nel vedere come la parola stessa di libertà abbia potuto sparire dal linguaggio rivoluzionario, è forse non meno sconcertante osservare come in questi ultimi anni l'idea di libertà si sia imposta proprio al centro del più grave fra tutti gli attuali dibattiti politici, la discussione sulla guerra e su un uso giustificabile della violenza. Storicamente, le guerre appartengono ai fenomenti più antichi del passato a noi noto, mentre le rivoluzioni, in senso proprio, non esistevano prima dell'età moderna e sono il più recente di tutti i grandi fenomenti politici. Diversamente dalla rivoluzione, lo scopo della guerra era solo raramente connesso con il concetto di libertà; e mentre è vero che talune rivolte di tipo militare contro un invasore straniero sono state spesso sentite come sacre, non sono mai state riconosciute, né in teoria né in pratica, come le uniche guerre giuste.
Le giustificazioni della guerra, anche a livello teorico, sono molto antiche, anche se naturalmente non così antiche come la guerra organizzata. Fra i loro ovvi presupposti v'è la convinzione che le relazioni politiche nel loro corso normale non debbano svolgersi nel segno della violenza; e questa convinzione si trova per la prima volta nell'antichità graca, in quanto la polis greca, la città-stato, si definiva esplicitamente come un modo di vivere basato esclusivamente sulla persuasione e non sulla violenza (che queste non fossero parole vuote, dette per auto-illudersi, è dimostrato fra l'altro dal costume ateniese di "persuadere" i condannati a morte a uccidersi bevendo la coppa di cicuta, e risparmiando così sotto ogni aspetto ai cittadini ateniesi l'indegnità della violenza fisica). Tuttavia, poiché per i greci la vita politica per definizione non si estendeva al di là delle mura della polis, l'uso della violenza non sembrava richiedere giustificazioni nel campo di ciò che oggi chiamiamo affari esteri, o rapporti internazionali, anche se i loro affari esteri, con l'unica eccezione delle guerre persiane che videro unita tutta l'Ellade, non riguardavano in fondo che i rapporti fra città greche. Al di là delle mura della polis, ossia al di là del campo della politica nel senso greco del termine, <<i forti facevano ciò che potevano, i deboli soffrivano ciò che dovevano>> (Tucidide).
Dalla Grecia dobbiamo rivolgerci all'antichità romana per trovare le prime giustificazioni della guerra, insieme alla prima nozione che esistano guerre giuste e ingiuste. Tuttavia le distinzioni e le giustificazioni romane non riguardavano la libertà e non tracciavano una linea di demarcazione fra guerra di aggressione e guerra difensiva. Scrisse Livio: <<Iustum enim est bellum quibus necessarium, et pia arma ubi nulla nisi in armi spes est>>. La parola necessità, dai tempi di Livio e attraverso i secoli, ha assunto molti significati che noi oggi troveremmo perfettamente idonei a definire una guerra ingiusta piuttosto che giusta. Conquista, espansione, difesa di interessi costituiti, difesa del potere di fronte al sorgere di nuove e minacciose potenze o difesa di un equilibrio di poteri precostituito - tutte queste ben note realtà della politica di potere non solo sono state in pratica le cause dello scoppio della maggior parte delle guerre, ma sono state anche riconosciute come "necessità", ossia motivi legittimi per ricorrere alla decisione delle armi. Il concetto che l'aggressione è un crimine e che le guerre possono giustificarsi solo se respingono o prevengono l'aggressione acquistò il suo significato pratico e anche teorico solo dopo che la prima guerra mondiale dimostrò l'orrendo potenziale distruttivo della guerra nelle condizioni create dalla teconologia moderna.
[...] l'idea di libertà fu introdotta nel dibattito sul problema della guerra quando già era divenuto assolutamente ovvio che, dato il livello di sviluppo teconologico raggiunto, i mezzi di distruzione erano tali da escludere un loro impiego razionale. In altre parole, la libertà ha fatto la sua comparsa nel dibattito come un <deus ex machina> per giustificare quel che su basi razionali era divenuto ingiustificabile.[...]"


Anche se questi passi sono stati scritti alcuni anni fa, sono più che mai attuali.
Mi piacerebbe sapere i vostri pareri a riguardo, soprtattutto da più punti di vista, magari contrastanti.
Knacker is offline  
Vecchio 18-09-2004, 19.10.09   #7
gianni
Ospite abituale
 
Data registrazione: 10-03-2004
Messaggi: 0
Ciao a tutti, un ringraziamento a Knacker per il suo contributo. In tutta sincerità non ero a conoscenza di questi trattati e, sono d'accordo con te sull'attualità del loro contenuto.
Le guerre internazionali ed i conflitti interni ci sono sempre stati nella storia dell'uomo e ai giorni nostri la tecnologia non ha fatto altro che accentuare il fenomeno ed é proprio verso questa direzione che ci stiamo orientando. Tuttavia, leggendo il primo passo dell'articolo mi pare di scorgere una certa inevitabilità all'uso della guerra per "sistemare" gli affari interni (politici) dei vari Paesi. E' vero, ci sono i governi/regimi che limitano il raggio d'azione all'interno dei loro confini e chi invece li estende oltre-oceano. Così é sempre stato e così sempre sarà: é terribile. Non voglio neanche lontanamente pensare ad una simile conclusione anche se i fatti certo non aiutano ad una riflessione "positiva" sull'argomento. Una società civile e democratica senza la politica o comunque in totale assenza di un centro regolamentatore é inconcepibile secondo me, ci ritroveremmo in un caos totale (anche se é una considerazione puramente soggettiva e si potrebbe obiettare tranquillamente a tutto ciò) ma che lo strumento politico utilizzi e strumentalizzi l'odio delle persone per portare la pace e la democrazia questo proprio non lo concepisco.

Cavolo che confusione, possiamo parlare (scrivere in questo caso) per giorni, mesi ed anni su questo argomento senza arrivare ad una valida conclusione. E probabilmente tante pagine sono state scritte e tante riflessioni sono state fatte in ogni epoca della storia dell'uomo...e oggi stiamo continuando.

Forse non é nemmeno una questione così articolata che tocca i vertici della politica mettendo in primo piano gli intrighi (traffici sporchi) internazionali, siamo noi a complicarci le cose. Non é il governo che va sul fronte ma lo sono dei ragazzini appena maggiorenni che rischiano la vita e/o si rovinano la vita ucidendo un loro simile per che cosa? Mettiamoci un pò nei oro panni.
Ma perché un soldato dovrebbe andare a sparare ad un altro soldato? Per i soldi? Per difendere il loro ideale religioso? Per la Patria (qualunque sia)? Per ristabilire un equilibrio delle presenze umane (e conseguentemente delle risorse) sulla terra come diceva Lord Enrico? O per altri motivi che francamente non mi vengono in mente?.

Ipotesi assurda e totalmente utopistica: se ad un certo punto i soldati smettessero di combattere la politica avrebbe senso di esistere? O si riuscirebbe a vivere in pace senza problemi. Secondo me molto probabilmente si manifesterebbero altri problemi che metterebbero in moto un circolo vizioso e ci riporterebbero allo stato iniziale....

Vedete? Mi sono contraddetto (me ne sono accorto proprio ora!!!). Prima affermo che non concepisco una società che fa uso della violenza per diendere la pace e poi affondo in un pensiero totalmente "pessimistico" dove evidenzio l'incapacità della moderna società civile di "sopravvivere" senza ammazzarsi. "Moderna Società Civile": di moderna ce n'é ben poca (visto che l'uomo si uccidevano anche agli albori della sua comparsa) e di civile ancora meno...diciamo solo società che forse é meglio.


....chissà se anche a C. Schmitt venivano questi dubbi????? Di sicuro un pò meno di confusione in testa ce l'aveva.

Ciao e buon fine settimana a tutti.

Gianni.
gianni is offline  
Vecchio 18-09-2004, 21.51.30   #8
dana
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Citazione:
Messaggio originale inviato da Knacker
Ecco il secondo passo, della H. Arendt
Il concetto che l'aggressione è un crimine e che le guerre possono giustificarsi solo se respingono o prevengono l'aggressione acquistò il suo significato pratico e anche teorico solo dopo che la prima guerra mondiale dimostrò l'orrendo potenziale distruttivo della guerra nelle condizioni create dalla teconologia moderna.

E' vero, in passato veniva considerata giusta la guerra di "resistenza", un paese aggredito aveva il dirittto di difendersi con le armi.
Ma la parola guerra oggi non ha più lo stesso significato, la guerra non è più un esercito contro un altro esercito: oggi in guerra muoiono più civili che soldati, la guerra oggi è terrorismo, è un gruppo di individui (ad esempio Al Quaeda) contro gli stati.
Sono stati infranti anche gli ultimi tabù: i bambini di Beslan, le donne kamikaze che uccidono.
Già nell'ultimo secolo sembrava di aver toccato il fondo con aberrazioni infinite, campi di sterminio, genocidio, pulizia etnica.
Ma forse senza Hitler non avremmo capito quanto fosse importante conquistare la pace, forse ora non avremmo un'Europa unita. Non avremmo avuto Norimberga, il principio che i crimini contro l'umanità vanno puniti.
Ho letto un'intervista al cardinal Tonini dove lui, con parole di speranza, dice che "non c'è tempesta che non purifichi l'aria, vedere l'iniquità aiuta a scegliere la bontà. Tutto ha sempre un senso, il mondo cambia anche scendendo all'inferno e venendone fuori. Certe sciagure hanno un compito profetico, servono a scuoterci."

Rimane il fatto che la pace nasce dalla giustizia, che la guerra semina solo odio, che non si può imporre la democrazia con le armi. Che l'odio seminato prima o poi riesplode.
E, soprattutto, che l'uomo può scegliere, può trovare altre strade per risolvere i conflitti.
dana is offline  
Vecchio 19-09-2004, 04.31.31   #9
leibnicht
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Eccellenti citazioni

caro Knacker.
Davvero straordinario porre confronto , in un modo così attuale e vivo (sulla pelle) due autori lontani dal punto di vista ideologico.
Straordinariamente interessante il contrappunto di letture.
E notevole l'attualità, quella (purtroppo) pungente sul senso della guerra.
Come puoi facilmente immaginare, mi dispongo concettualmente sul piano di Hanna Arendt ed ideologicamente su quello di Schmitt.
Ma tutto ciò non interessa a chi legge: l'accostamento e le citazioni in sè suppongono una dialettica che rimarca la tua profondità intellettuale e la tua intelligenza.
Complimenti. Grazie di avermi permesso di accostare in un modo così stringente ed attuale due posizioni geniali, assolute e oniricamente sincretiste.
leibnicht is offline  
Vecchio 01-10-2004, 00.56.31   #10
Knacker
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Re: Eccellenti citazioni

Ti ringrazio molto leibnicht, appena avrò tempo posterò un'altro pezzo che potrebbe interessare.
Knacker is offline  

 



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