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Vecchio 27-09-2005, 13.51.14   #1
ancient
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Boom e crisi economiche orchestrate

C'è qualche esperto di economia da queste parti che può commentare questo articolo?



"I problemi che gravano sull’economia mondiale si sono accumulati da quando con gli accordi di Bretton Woods del 1971 è stato sostituito il sistema monetario basato sullo standard dell’oro in favore di quello fondato sullo standard del dollaro. Gli Stati Uniti hanno particolarmente beneficiato di questa operazione in quanto hanno potuto “giocare” con carte truccate rispetto agli altri paesi potendo distribuire dollari, prodotti a piacimento e non più in proporzione alle loro riserve di oro, per acquistare beni dagli altri paesi. Oggi il deficit Americano è di 60 milioni di dollari l’ora o, se preferite, di un milione di dollari al minuto oppure di mezzo trilione di dollari all’anno. Questa è la somma con la quale annualmente gli USA stanno finanziando le economie del globo. Questo è anche l’incremento annuo del debito statunitense verso i paesi esteri che coincide all’aumento della massa monetaria globale (le riserve internazionali).

Con lo standard aureo questa straordinario incremento globale di liquidità sarebbe stato impossibile a causa della presenza di meccanismi di regolazione automatici. Per esempio, se l’Inghilterra avesse avuto un deficit commerciale persistente con la Francia , l’oro inglese sarebbe finito nei forzieri francesi. Con questo oro la Francia avrebbe potuto proporzionalmente espandere la sua base monetaria in modo da stimolare una crescita economica, inevitabilmente seguita dall’inflazione. L’opposto sarebbe avvenuto in Inghilterra; essa avrebbe perso parte del suo oro per cui la sua base monetaria si sarebbe ridotta provocando una contrazione del credito disponibile a cui avrebbe fatto seguito una recessione e, di conseguenza, una discesa dei prezzi. Dopo alcuni anni, a causa dei prezzi crescenti in Francia e calanti in Inghilterra, la Francia avrebbe iniziato a comprare più beni inglesi, mentre gli inglesi sarebbero stati indotti ad acquistare un numero minore di merci francesi, cosicché la bilancia commerciale sarebbe ritornata in equilibrio.

Questo era il modo in cui, dall’inizio della formazione degli stati-nazione fino al 1971, funzionavano gli scambi commerciali. Da questa data in poi gli scompensi commerciali non dovettero più essere regolati in oro, ma solo finanziati stampando titoli di debito. Di conseguenza i deficit esplosero e con loro la più grande euforia finanziaria globale della storia. Dal grafico soprastante si nota che fino al 1971 le riserve internazionali sono cresciute correttamente in modo proporzionale all’incremento del prodotto interno lordo in modo tale che l’inflazione non costituisse una minaccia; dal 1971 la crescita delle riserve è stata esponenziale e l’inflazione reale è diventata incontrollabile sebbene quella ufficiale, abilmente manipolata, sia molto bassa.

Per gli USA sarebbe stato impossibile accumulare il deficit commerciale attuale quando era in vigore lo standard aureo poiché avrebbero esaurito le loro riserve d’oro causando una contrazione del credito disponibile ed una inevitabile recessione. Secondo il Fondo Monetario Internazionale il valore delle riserve auree statunitensi è di 83,3 miliardi di dollari; nel solo 2001 il deficit commerciale con la sola Cina era di 83 miliardi di dollari per cui, con lo standard aureo in vigore tutto l’oro americano sarebbe andato nelle mani dei cinesi, portando di conseguenza a zero la base monetaria americana. Grazie al sistema attuale gli USA possono pagare i loro debiti commerciali emettendo, al costo della stampa, strumenti di debito, per lo più titoli di stato ed obbligazioni. Attualmente gli americani hanno un debito netto con il resto del mondo di circa 3 trilioni di dollari, circa il 30% del loro prodotto interno.

Il problema creato dall’aumento del debito è che i creditori ad un certo punto mettono in dubbio la solvibilità del debitore ed iniziano a richiedere il pagamento dei debiti. Gli stranieri possiedono oltre il 40% del debito del Governo statunitense, quasi il 30% di quello delle aziende americane ed oltre il 15% delle azioni quotate. I consumatori americani sono indebitati come non è mai accaduto prima, le aziende pure; quale settore dell’economia può pagare 500-600 miliardi di debiti ogni anno fino a quando persiste l’attuale deficit commerciale? Gli americani importano molto perchè il resto del mondo, grazie ad una mano d’opera a basso costo, produce beni più economici di quelli americani.

Esiste una relazione tra la nascita delle bolle speculative e la fine dello standard dell’oro. All’inizio degli anni ’80 gli USA iniziarono ad acquistare beni dai paesi esteri in modo molto superiore di quanto facessero questi ultimi; in questo modo le economie di questi paesi accumulando i dollari derivanti dalle esportazioni iniziarono a crescere a ritmi sempre più sostenuti. Le riserve in dollari del Giappone schizzarono da 3 ad 84 miliardi tra il 1968 ed il 1989, quelle della Tailandia da 2 a 38 miliardi tra il 1984 ed il 1996. In ogni paese in cui si espandevano le riserve avveniva un “miracolo economico”, almeno per un po’ di tempo. Queste economie esplosero per due ragioni: la prima e la più ovvia era che le loro esportazioni procuravano alti profitti e occupavano molti lavoratori. La seconda causa, quella responsabile del “miracolo” e generalmente poco compresa era la seguente: quando i paesi esportatori portavano nel loro paese i dollari, questi, entrando nel sistema bancario aumentavano la massa monetaria circolante creando un’esplosione di nuovo credito disponibile. In Tailandia ad esempio, dal 1986 al 1996 la crescita annua dei prestiti fu del 30%.

In una economia chiusa ai capitali esteri tale crescita sarebbe stata impossibile perché le banche avrebbero finito presto i soldi da prestare e l’economia avrebbe rallentato in fretta. Grazie al flusso inarrestabile di capitali esteri invece i prestiti divennero senza fine, ogni impresa aveva facile accesso al credito; ciò portò ad un eccesso di investimenti ed alla successiva crisi. L’effetto sull’economia dell’arrivo di questi dollari era lo stesso di quello che avrebbe procurato l’iniezione di nuova moneta nel sistema finanziario da parte della banca centrale di quel paese, infatti i depositi entrando nel sistema vengono poi prestati dalle banche più volte poiché ad esse viene richiesto di tenere in cassaforte solo una frazione del credito come riserva. E’ facile capire dunque perché nel 1990 in Tailandia si era formata una enorme bolla speculativa sul mercato immobiliare tanto che ogni porzione di terreno era aumentata dalle 4 alle 10 volte il suo valore iniziale. Sorsero migliaia di nuovi edifici, le imprese di costruzioni aumentarono i loro progetti, i profitti aziendali schizzarono verso l’alto insieme al mercato azionario. Lo stesso processo si ebbe in tutti i paesi che accumularono ampie riserve di dollari: in Giappone negli anni ’80, nei paesi asiatici negli anni ’90. In Cina sta avvenendo ora.

Tutti miracoli fondati sulla sabbia finiscono e le bolle si sgonfiano lasciando dietro di loro due seri problemi: crisi bancarie che obbligano i governi ad indebitarsi per saldare i creditori e un eccesso di produzione di beni e/o insostenibili prezzi azionari. Le banche falliscono perché la discesa dei prezzi degli assett finanziari e quella dei beni rende impossibile il pagamento dei debiti contratti nella fase di boom. Durante l’epoca dello standard aureo le crisi bancarie erano inesistenti; dal 1971 invece avvengono sempre più frequentemente. Il problema lasciato invece dall’eccesso di capacità produttiva è la deflazione, la diminuzione cioè della massa monetaria in circolazione. Il Giappone, Hong Kong e Taiwan stanno soffrendo questo male. Il resto dei paesi asiatici l’ha evitato svalutando drasticamente la moneta esportandolo all’estero. La bolla speculative attualmente presente sui mercati americani è imputabile anch’essa agli investimenti provenienti dall’estero.

Alla fine degli anni ’90 infatti il surplus commerciale dei partner commerciali degli USA raggiunse i 400 miliardi di dollari e, visto che questi dollari non poterono più essere convogliati nell’acquisto di nuovi titoli di stato americani ( in quanto gli Usa, grazie a due anni di surplus del loro budget governativo poterono evitare di emettere nuovi debiti per finanziare le spese) essi acquistarono obbligazioni societarie e immobili dando il via alla nascita di una serie di bolle speculative gigantesche: quella sul mercato immobiliare, obbligazionario ed azionario. Non è una coincidenza il fatto che il picco massimo raggiunto dai mercati USA nel 2000 avvenne in un momento in cui nessun nuovo titolo di stato statunitense veniva emesso rendendo impossibile l’assorbimento dei dollari facenti parte del surplus accumulato dai partner commerciali degli Stati Uniti ed invece stimolando l’acquisto sfrenato di altri strumenti di investimento. Attualmente gli americani acquistano beni in Asia, gli asiatici usano i dollari ricevuti per comprare azioni, obbligazioni e immobili statunitensi.

(continua)
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Vecchio 27-09-2005, 13.52.29   #2
ancient
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"È possibile che questo scambio si protragga per molto tempo ancora? Gli USA non possono aumentare i loro debiti al ritmo annuo del 5% del loro prodotto interno lordo e neppure il governo può sostenere un deficit annuo di 500 miliardi di dollari all’infinito. La situazione può certo protrarsi ma ad un prezzo alto: il deficit commerciale americano è il responsabile dell’esplosione del credito a livello mondiale il quale ha creato una serie di bolle e squilibri la cui fine sarà dolorosa ed inevitabile. È solo questione di tempo prima dello scoppio di una grave crisi. La discesa del dollaro sarà inevitabile fino a che il deficit statunitense non raggiungerà un livello di equilibrio. Questa correzione avrà un impatto devastante sull’economia globale perché il motore dell’economia mondiale sono le sole esportazioni americane. Questa crisi, causata dall’eccessiva quantità di liquidità non può essere curata con la stessa causa che l’ha generata, cioè creando nuova liquidità come i banchieri centrali stanno facendo. Essi hanno in mano dal 1971 le leve del funzionamento dell’economia; possono decidere in quale paese creare un boom in modo da arricchirsi sia durante la fase di crescita sia durante quella delle successiva di crisi. Questo meccanismo, tenuto abilmente sconosciuto alla gente, è la causa di tutti i loro problemi economici."

Autore: Pieraldo Frattini: consulente indipendente in investimenti finanziari.

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Vecchio 27-09-2005, 14.44.53   #3
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Messaggio originale inviato da ancient

http://www.ecplanet.com/canale/varie.../ecplanet.rxdf

Ripercussioni degli accordi di Bretton Wood, delle politiche del WTO e del FMI sull'economia africana:

"Il continente nero nella trappola del liberismo"


di Sanou M'Baye, economista senegalese.


Tra tutti i sistemi di sfruttamento e di distribuzione mai esistiti, la globalizzazione è certamente quello che merita meno il nome che le è stato dato. In effetti, essa ha di globale solo il nome, poiché è caratterizzata da un movimento di capitali massiccio ma limitato principalmente ai paesi industrializzati. Questa configurazione, pregiudizievole all'insieme dei paesi in via di sviluppo, esclude specificamente l'Africa nera.

...la violazione premanente delle regole del commercio internazionale da parte dei paesi industrializzati, che impongono, tramite il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale del comercio (Wto), l'apertura dei mercati africani ai loro prodotti industriali e agricoli sovvenzionati, ha portato al fallimento degli agricoltori e degli imprenditori locali. In questo modo, i pochi paesi africani che disponessero di un embrione di sistema industriale, come il Kenya o lo Zimabwe, hanno perso terreno a causa delle importazioni a buon mercato che li hanno inondati.
Dal canto loro, le possibilità di finanziamento sono limitate. A sud del Sahara, solo il Sudafrica, il Botswana e il Senegal hanno accesso ai mercati di capitali. Gli altri non conoscono la parola magica che permetterebbe loro di indebitarsi sulle piazze finanziarie e di utilizzare le somme a loro piacimento. Il potere esclusivo su questa parola magica, conosciuta sotto il nome di rating (2), è nelle mani degli operatori privati. I paesi del continente nero non hanno quindi avuto altra soluzione che appaltare il loro sviluppo alle istituzioni di BRETTON WOODS (3) e alla Banca africana di sviluppo - le sole fonti di finanziamento restanti, se si escludono i finanziamenti bilaterali. I prestiti accordati da queste istituzioni nel linguaggio corrente vengono chiamati «AIUTI». Ma, tra tutte le fonti di finanziamento disponibili, l'«aiuto» è la meno appropriata per lo sviluppo di un paese. In effetti, i crediti vengono utilizzati per comprare beni e servizi proposti dai paesi creditori. E puntano alla realizzazione di progetti che rispondono più alle esigenze di esportazione di questi stati che ai bisogni reali dei paesi debitori. Questi progetti, lungi dal promuovere lo sviluppo, servono invece ad aumentare gli ordinativi delle società occidentali e ad arricchire le élite dei paesi beneficiari. Questi crediti possono anche essere utilizzati per pagare gli interessi arretrati, che permettono l'accesso a nuovi crediti.
Un trattamento disinvolto Questo trattamento discriminatorio ha portato a un debito colossale di 335 miliardi di dollari, il cui ammortamento e servizio sono fonti di impoverimento (4). I programmi di privatizzazione, imposti nell'ambito dell'aggiustamento strutturale, non sono sfuggiti al trattamento disivolto che i burocrati di Washington riservano all'Africa. In effetti, in assenza di mercati di borsa locali (esistono solo in Sudafrica, in Costa d'Avorio, in Ghana, in Nigeria, in Kenya, in Namibia, nello Zimbabwe, nelle Mauritius, in Uganda e in Tanzania), le privatizzazioni, nella maggior parte dei casi, sono state pure e semplici liquidazioni.
...
In Africa nera, non soltanto le privatizzazioni sono state ridotte a un imbroglio...

Inoltre, questo debole flusso riguarda un numero limitato di paesi - in particolare la Nigeria, l'Angola e il Mozambico - e riguarda solo il finanziamento di investimenti destinati allo sfruttamento delle risorse naturali (in particolare, il petrolio, il gas e i minerali).
In questo modo, vengono perpetuati dipendenza regionale e relativo impoverimento, attraverso lo sfruttamento sistematico delle risorse, senza la contropartita di investimenti produttivi, di creazione di posti di lavoro e di esportazione di beni manifatturati.
Di fronte a una situazione così drammatica, sarebbe necessario un completo ripensamento delle strategie di sviluppo e di riduzione del debito. Un vero piano di ricostruzione e di rilancio dovrebbe, in particolare, basarsi sul trasferimento di tecnologie, sulla realizzazione di infrastrutture, di istituzioni e di un apparato produttivo finanziato con crediti a tasso ridotto e sull'accesso dei prodotti africani ai mercati dei paesi industrializzati. Queste misure dovrebbero essere completate con dispositivi che autorizzino, per un periodo transitorio, il ricorso a misure selettive di protezione. È in questo modo che l'Europa ha proceduto per la ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, grazie ai soldi del piano Marshall e alla protezione dell'industria e dell'agricoltura rispetto alle esportazioni americane. La Cina, l'India, la Corea e molti altri paesi hanno adottato la stessa strategia.
...
Dopo la fine dell'apartheid nel 1989, ha visto alcune delle sue imprese di punta (Anglo American, Billiton, AngloGold, South African Breweries, Old Mutual, Dimension Data, Sappi) disertare la Borsa di Johannesburg - che pure è tra le più sofisticate del mondo - a vantaggio di quelle di Londra o New York.
...

Significa anche dimenticare che, nel campo dello sviluppo, il contratto che era stato sottoscritto dall'Africa con le istituzioni internazionali non è stato rispettato.
...

Può sembrare inverosimile chiedere a un ostaggio ancora imprigionato e senza nessuna speranza di venire liberato di trascinare i carcerieri di fronte alla giustizia. Tuttavia, basterebbe che un solo paese osasse farlo, per creare un precedente. Ma, affinché un dirigente africano ne abbia il coraggio, dovrebbe far parte della categoria di persone che percepiscono il patrimonio del loro paese come un bene ereditato dal passato e che hanno l'obligo di conservare, se non di accrescere, a vantaggio delle generazioni future. Sfortunatamente, la maggior parte di questi dirigenti ipotecano l'avvenire del paese e dei popoli in cambio didividendi immediati. Fomentano le divisioni etniche, manipolano le costituzioni, fanno ricorso alla frode elettorale e adottano l'improvvisazione e il navigazione a vista come metodi di governo. La loro sola preoccupazione è la sopravvivenza politica personale e la permanenza al potere. Le conseguenze, catastrofiche, di questa situazione si misurano nella persistenza, e in alcuni casi nell'aggravamento, dei problemi che fanno sì che gli africani restino dei «dannati della terra» quasi quarant'anni dopo la conquista dell'indipendenza (12).



note:


(1) La lista dei paesi emergenti comprende paesi come Argentina, Messico, Hong-Kong, Brasile, Taiwan, Cina, Singapore...

(2) Ibrahim Warde, «I buoni e i cattivi secondo Moody's», Le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 1997.

(3) Gli accordi di Bretton Woods, conclusi il 27 luglio 1944 tra i 44 paesi allora membri dell'Onu, ma non ratificati dall'Urss, hanno dato vita a due istituzioni: l'Fmi e la Banca mondiale.

(4) Si legga Colette Braeckman, «Lotta per la terra nello Zimbabwe», Le Monde diplomatique/il manifesto, giugno 2002, e Eric Toussaint, «Il debito, una spirale perversa da spezzare», Le Monde diplomatique/il manifesto, settembre 1999.

(5) Si legga «Left out in the Cold», Financial Times, Londra, 20 maggio 1996.

(6) «Reforms Catch the Eyes», Financial Times, 20 maggio 1996.

(7) Hsbc's World Economic Watch, 11 ottobre 2001, rapporto basato su dati forniti dall'Ufficio di analisi economica degli Stati uniti.

(8) Si legga «Un fonds monétaire africain, pour quoi faire?», Le Monde diplomatique, agosto 1986.

(9) Si legga «Souhaitable union des économies africaines», Le Monde diplomatique, settembre 1995.

(10) Il Nepad è nato dalla fusione del Map (Millenium African Renaissance Program) dei presidenti Thabo Mbeki (Sudafrica), Abdelaziz Bouteflika (Algeria) e Olusegun Obasanjo (Nigeria) e del piano Omega del presidente senegalese Abdoulaye Wade.

(11) Si legga Joseph Stiglitz, «I guasti del Fondo monetraio in Etiopia», Le Monde diplomatique/il manifesto, aprile 2002.

(12) Si legga Aminata Traoré, Le Viol de l'imaginaire, Actes Sud-Fayard, Parigi, 2002



Sulla storia dell'oro e sul "Gold Standard" vedi:

http://www.teocollector.com/Storia/Storia.htm
oizirbaf is offline  
Vecchio 30-09-2005, 16.38.10   #4
ambro
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Re: Boom e crisi economiche orchestrate

[quote]Messaggio originale inviato da ancient
[b]C'è qualche esperto di economia da queste parti che può commentare questo articolo?

Ciao, le cose stanno proprio così. Il 15 agosto 1971 il presidente Nixon ha abrogato i patti di Bretton Woods che stabilivano che solo il dollaro poteva essere convertito in oro.
Una cosa interessante è che oggi la moneta è prodotta dalle banche e non dallo stato. Ciò genera la famosa economia del debito perchè ogni finanziamento per lo stato rappresenta un debito in quanto non emette egli stesso la moneta ma appunto chiede prestiti. Si delinea da ciò che il debito pubblico è per definizione insolvibile.
Per approfondire la questione puoi leggere il sito www.signoraggio.info, che oltre a fare una critica all'attuale economia propone una riforma del sistema economico.
Qui ti propongo alcuni articoli tratti da questo sito:
Domande frequenti:
http://www.signoraggio.info/domande_frequenti.htm
Imposte e tasse, ma perchè?
http://www.signoraggio.info/imposte_e_tasse.htm
Riserva frazionale vs. riserva totale
http://www.signoraggio.info/riserva_...a_ totale.htm
Quest'ultimo eppone il problema della riserva frazionale , ossia le banche possono prestare molto più di ciò che hanno in riserva.

Infine per leggere altro materiale sugli accordi di Bretton Woods e il sistema monetario ti consiglio www.disinformazione.it e www.signoraggio.com
Saluti,
Ambro
ambro is offline  

 



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