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Vecchio 06-05-2008, 16.16.06   #1
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
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Marcuse e il '68 al Festival di Filosofia

Marcuse e il '68 al Festival di Filosofia

Marcuse con “Eros e civiltà” sviluppa in senso filosofico e sociologico il tema freudiano dell'uomo civilizzato represso negl' istinti,inserito nella società industriale. La cultura di tale organizzazione esige repressione addizionale e sublimazione continua: indebolisce l'eros slegando impulsi distruttivi e senso di colpa. Non c'è più il dominio di una figura paterna ma quello potente di una società totalitaria abile nel mostrarsi libera, saggia, provvidente. Manipola e anestetizza la coscienza,fa sentire appagato l'uomo massa (oggi diremo postmoderno e tecnologizzato) in realtà spersonalizzato e mortificato. Monopolizza l'economia, in quanto a produzione e conformismo. Soddisfa i bisogni che impone e induce a chiedere. Come diversivi spensierati e antintellettuali, vacanze quale evasione illusoria, automobili,cibo,riviste che diffondono ideali edonistici. Nella società della prestazione il valore dell'individuo è determinato da rendimenti standardizzati e adattamento, più che da indipendenza intellettuale.
Marcuse crede possibile, grazie a tecnica e autonomia ridurre al minimo il lavoro alienato che ruba energia, penoso perchè non scelto, riconquistare le fantasia,il gioco, la libera sessualità, instaurando un nuovo principio della realtà. Ma è un'alternativa presentata utopicamente.
Critica i revisionisti freudiani come Fromm e Sullivan, che pur ammettendo l'origine della nevrosi negli squilibri e contraddizioni sociali ne propongono la risoluzione nell'adattamento dell'individuo all'interno dell'immutata cultura.
Ma Fromm fu critico verso i valori predeterminati che annullano una personale identità. Adorno parla di una realtà preconfezionata che fa assumere acriticamente stereotipi linguistici e comportamentali.
Marcuse nell'”Uomo a una dimensione” del “64 riesamina il tema dell'asservimento e livellamento dell'individuo nella società americana strumentale e pragmatica, falsamente tollerante.
Si chiede se la vita è degna di essere vissuta ,se c'è possibilità di migliorarla con la “strategia del rifiuto: contestazione globale ed estremistica . La società neutralizza contestazioni con il miglior tenore di vita, con il consumismo accessibile alla maggioranza. Nessun partito, sindacato o ideologia come il marxismo può cambiare l”uomo a una dimensione” che accetta rassegnato le regole della sua infelicità. (desublimazione repressiva). Privo di pensiero creativo non distingue tra apparenza e realtà irrazionale. Un senso di ribellione deriva solo dai non integrati: negri, rivoluzionari, studenti, disoccupati, hippies o da creazioni artistico-letterarie d'avanguardia.

Diverso è il rapporto tra uomo e società secondo Freud, rilevabile soprattutto dal “Disagio della civiltà”E' l'antagonismo tra le pulsioni di vita (Eros) e di morte (Thanatos)
La sofferenza del corpo deriva soprattutto dalle relazioni con gli altri. Lo scopo della vita indegna di essere vissuta può indicarlo solo la religione, ma se dedotto dal comportamento umano è l'evitare il dispiacere e procurarsi il piacere. Il “Principio del piacere va in coppia con il “Principio “ della realtà” che tiene conto delle limitazioni imposte dal mondo esterno.

Freud individua i vari rimedi :diversivi,soddisfazioni sostitutive, sostanze inebrianti, strategie come la fuga dalla realtà tipica dell'eremita; la mortificazione yogica delle pulsioni, il rifugio nella malattia nevrotica,la pazzia che trasforma la percezione del mondo, la religione che svalorizza e deforma la vita reale e si risolve in sottomissione, l'amare ed essere amati,fonti anche di sofferenza, l'atteggiamento esteriore che fa godere di ogni bellezza,la sublimazione (pulsione sessuale deviata verso oggetti socialmente valorizzati); nel lavoro psichico intellettuale, possibile per pochi, l'assoggettamento della natura per il bene comune con l'aiuto di scienza e tecnica. Quando parla di “veri valori della vita” Freud forse allude particolarmente a quest' ultimo. Ognuno deve cercare la felicità secondo il suo atteggiamento verso l'esterno e la sua psiche. I sintomi nevrotici sono causati dalla frustrazione imposta dalle esigenze collettive civilizzanti che limitano l'aggressività, che sottraggono energie psichiche alla sessualità, che infine suscitano un senso di colpa anche inconscio.
La libido viene inibita alla meta, cioè soddisfatta approssimativamente. Tramutata in certi sentimenti amichevoli e affettuosi utili alla società. Ad esempio S. Francesco che “ama tutti”.
L'antico precetto di amare come se stessi anche un estraneo ostile, è contrario alla natura umana e cela la difesa contro l'aggressività umana. Né l'abolizione di proprietà privata reca sicuro vantaggio: riamane la disuguaglianza fisica e spirituale per nascita. E gli odierni primitivi,certi più liberi, soggiacciono a ben altre restrizioni.

Il senso di colpa ha origine edipica: i fratelli alleati provavano rimorso avendo ucciso il padre, poi interiorizzato nel Super-io e divenuto coscienza morale che impone restrizioni necessarie alla civiltà e disapprova perfino le intenzioni.
Così l'uomo rinuncia alle pulsioni temendo la perdita d'amore e l'aggressività dell'autorità. L'egoismo teso alla felicità,l' altruismo all'unione con la comunità, la tendenza civile che impone restrizioni, lottano per l'amministrare la libido.
Per Freud non c'è consolazione. La civiltà riuscirà a dominare la pulsione aggressiva e autodistruttiva?

I concetti marcusiani, ma anche di Freud, di Adorno, Di Mills, e di altri critici di 50 o 60 anni fa sono riscopribili e sempre attuali.
Il dramma dell'uomo che nell'attesa della morte escogita riempitivi è eterno.
Ancor oggi, ad esempio,non esistono altre strategie di fuga dalla realtà di quelle indicate da Freud. Il maggior tempo libero e il prolungarsi della vita meda diventano valori ambivalenti. Si vive in modo futile con istintiva adesione a determinati comportamenti senza piena consapevolezza e gratificanti solo illusoriamente.
L'uomo eterodiretto degli anni '50, nella società americana e importato, è sempre immutabile se non per indicazioni di aspettative esterne. Schiavo delle suggestioni,dei simboli prestigiosi, dei passatempi desiderabili dalla maggioranza. Gode non del consumo in sé deludente, quanto dal sapere che partecipa a certe evasioni come gli altri; più degli altri è la sua massima aspirazione. Il valore dell'eguaglianza si è trasformato in estinzione di individualità. Oggi chi non si uniforma alla cultura dell'immagine,del copia-incolla, del parlato digitato ecc, sarà senza rimedio out. Nessuno ha mai avuto l'impressione di trovarsi di fronte a cloni , a strane somiglianze? Anche su clichè e stili linguistici? Si rifuggono inquietati o noiosi arricchimenti spirituali e non s'indaga sui “perchè”. Non essere difformi dagli altri fa sentire meno soli : l'emulazione è l'unico punto di contatto con gli altri, che non genera le sofferenze della disapprovazione.
L'apparire si trova nelle autorappresentazioni delle file di macchine,nelle fughe turistiche, negli shopping del superfluo,dell'alimentazione smoderata,degli psicofarmaci, alcol e droga. Il rilassamento consiste nella superficialità ipnotica dei piccoli schermi.
I libri venduti sono diventati simboli di condivisione, contraddetti dall' esiguità del tempo dedicato alla lettura. Chi demistifica viene catalogato come “cattivo maestro”.In ogni contesto. Sono cause-effetti di limiti percettivi e cognitivi.
arsenio is offline  
Vecchio 07-05-2008, 14.30.35   #2
Emanuelevero
Utente bannato
 
Data registrazione: 14-04-2008
Messaggi: 169
Riferimento: Marcuse e il '68 al Festival di Filosofia

Pasolini era molto più profondo ed era in polemica con Marcuse per
il quale gli studenti erano gli "eroi del nostro tempo". Per Pasolini erano
"eroi" solo gli studenti di quei paesi in cui non esisteva la cultura del
marxismo, in effetti certi aspetti della prima cultura hippy americana
di High Hisbury erano veramente anarchici e meravigliosamente sinceri...
mentre dove esiste tale cultura gli studenti criticano il marxismo come
vecchio, ma lo fanno da un posizione non autenticamente rivoluzionaria.
Gli studenti assomigliavano ai loro padri borghesi per l’odio contro
la cultura, la "coscienza dei loro diritti" e l’aspirazione al potere:

"Smettetela di pensare ai vostri diritti,

smettetela di chiedere il potere.

Un borghese redento deve rinunciare a tutti i suoi diritti,

e bandire dalla sua anima, una volta per sempre,

l’idea del potere".

Parole di profezia! Pasolini era un vero rivoluzionario.
La politica della deformazione del Diritto sessantottina, dal 6 politico
all'aborto, dalal cultura della libertà sessuale e della droga dal garantismo
filantropista della magistratura dell'ecologismo dei veti, sta distruggendo
lo Stato e la sua capacità di difendersi e difendere i suoi cittadini.

Marcuse resta un tragico senza risposte. Pasolini invece aveva capito.
Pasolini criticava i metodi perchè aveva a cuore il fine che era il bene
dell'uomo, non la classe... Pasolini avrebbe criticato questa società
edonista e abortista perchè da amante del proletariato sapeva
che la forza dell'Uomo è la sua capacità di fare prole.

La Rivoluzione dev'essere interiore e non delle forme politiche e sociali.
Emanuelevero is offline  

 



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