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Vecchio 20-05-2013, 18.03.17   #21
tiziano
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io e i cannibali

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
ma se le cose stanno così a cosa serve un etica teorica (ammesso che sia pure la migliore in assoluto) se poi di fatto non viene applicata?
a me da' l'idea di un inganno molto subdolo e profondo.
non solo,attraverso questa facciata ne viene fuori anche la sua stessa giustificazione

Bella domanda... purtroppo mi cogli impreparato, non so rispondere. Anzi, dovrò cominciare a pensarci, perché dopo tanto tempo trascorso a occuparmi di epistemologia invecchiando mi son reso conto che infine quel conta è comportarsi bene. La butto sul patetico ma il padre di un mio parente morì dicendo: - Non ho fatto mai del male a nessuno. Impressionante; mi pare un buon modo per morire.
Il problema è che egli non poteva esserne certo. Come si fa a sapere con certezza come ci si comporta bene?
Credo che le teorie etiche non servano a nulla, quel che conta è il sentimento morale. A dirlo così suona anche bene solo che mi sembrano parole vuote. Fondamentalmente propendo per un naturalismo etico: ricerca del piacere, fuga dal dolore, conseguenze per me e per gli altri; però credo anche che piacere/dolore non sia una coppia sinonima di bene/male. Mah! penso che mi metterò a studiare la filosofia morale e lascerò perdere l'epistemologia.
Intanto mi propongo un problema: una tribù di cannibali mi ha catturato e si accinge a cucinarmi; posso convincerli che ciò non è giusto?
In base al principio del rispetto delle culture dovrei riconoscere il loro diritto di mangiarmi, ma chissà perché non sono tanto propenso a riconoscerglielo. Quindi se riesco a persuaderli posso dire d'aver trovato un'etica universale ma credo invece che fallirò
tiziano is offline  
Vecchio 20-05-2013, 21.34.31   #22
maral
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Scusa Tiziano, ma cosa ci vieta di barare, ossia di scegliere una soluzione di compromesso, se possibile, che salva capra e cavoli sacrificando la pretesa di un primato culturale per principio che metterebbe fuori gioco tutto quanto? Si tratterebbe semplicemente di trovare un modo per fornire l'antibiotico in modo che rientrasse nelle loro rappresentazioni di significato. Se poi questo compromesso non fosse possibile, allora comunque penso che sarebbe meglio evitare di distribuirlo anche se ciò potrebbe compromettere delle vite per i motivi che ho detto prima: la perdita del proprio senso di equilibrio culturale costituisce un rischio vitale ben maggiore, come la storia ha sempre dimostrato. A parte che anche le popolazioni più tecnologicamente primitive hanno sviluppato dei sistemi di interazione e accomodamento utili alla loro sopravvivenza contro i rischi locali. Il problema insorge invece quando queste popolazioni vengono a contatto con altre portatrici di pericoli letali sconosciuti in quel territorio (basti pensare a cosa è successo a causa del morbillo, del vaiolo o di droghe come l'alcol, responsabili di stermini di massa ben più vasti delle armi da fuoco). Meglio forse allora limitare quanto più possibile ogni contatto diretto, soprattutto di missionariato culturale che è sempre quanto mai devastante a livello sociale e psicologico.
Concordo con acquario69 quando dice: a cosa serve un etica teorica se poi di fatto non viene applicata? E andrei anche oltre: l'etica teorica in realtà serve e serve come un grimaldello per imporre la propria cultura su quella altrui con maggiore facilità, oltre naturalmente a confermarci delle nostre buone intenzioni anche quando compiamo gli atti più violenti: massacrare gli altri convincendosi (e convincendoli) di farlo per il loro bene è un'arma di potenza enorme.
Non so se vietare il suicidio per norma sia poi un atto così a tutela della vita, in ogni caso sarei interessato alla tua dimostrazione sull'universalità dei diritti umani come da noi concepiti, sono curioso di vedere come ci riesci senza postulare arbitrariamente altre pre-assunzioni di universalità che poi andrebbero a loro volta dimostrate. Beninteso, gli enunciati dei diritti universali sono magnifici da un punto di vista astratto, ma bisogna constatare che proprio nell'epoca in cui furono proclamati la riduzione in schiavitù, abolita dal medioevo, ebbe una ripresa enorme e spesso con la compiacenza proprio di chi aveva più contribuito a proclamarli ispirato dalla razionalità illuministica (basti ricordare a titolo di esempio T. Jefferson). Mi sa che non si tratti di un semplice predicare bene e razzolare male. Forse è proprio la pretesa di indiscutibile universalità a determinarne il fallimento pratico.
Certamente ha ragione Paul11 quando dice che un buon livello di ricchezza, oltreché di forza militare, permette l'affermazione di potenza (anche se ribadisco che l'affermazione assoluta di un modo di pensare l'esistente è un tratto pressoché esclusivo della cultura occidentale contemporanea e medio orientale entro una certa misura per gli aspetti religiosi). Non parlerei comunque di opulenza economica, spesso le società con maggiore opulenza economica sono quelle che più rischiano una rapida decadenza e frantumazione interna. Esiste probabilmente un livello di benessere ottimale (a mio avviso non molto superiore a quello di sussistenza) superato il quale la tenuta sociale e anche culturale viene compromessa dalla radice.
E' giustissimo considerare che i popoli dovrebbero emanciparsi in senso etico, ma questa emancipazione implica a mio avviso un diritto basilare all'auto emancipazione seguendo strade specifiche alla cultura e ai paradigmi di senso propri di ogni popolo, senza pretese di missionariato culturale dall'esterno, men che meno di esportazioni di una democrazia che è sempre meno democratica nello stesso Occidente, ove è da tempo degenerata in una sorta di vera e propria oligarchia feudale e quanto mai ipocrita di gruppi di potere volti solo al proprio continuo auto potenziamento.
Un saluto a tutti.

Citazione:
Originalmente inviato da tiziano
Intanto mi propongo un problema: una tribù di cannibali mi ha catturato e si accinge a cucinarmi; posso convincerli che ciò non è giusto?
In base al principio del rispetto delle culture dovrei riconoscere il loro diritto di mangiarmi, ma chissà perché non sono tanto propenso a riconoscerglielo. Quindi se riesco a persuaderli posso dire d'aver trovato un'etica universale ma credo invece che fallirò
In tal caso ti suggerirei ancora una volta di barare: convincili che sei indigesto. Se ci riesci non metti in discussione la loro cultura e salvi la pelle...
maral is offline  
Vecchio 21-05-2013, 18.53.04   #23
tiziano
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bari e bluff

@Maral: certo che puoi barare, in effetti è quel che facciamo quotidianamente per giustificare/razionalizzare le nostre scelte.
Proprio stamane ho partecipato ad una manifestazione di etica pratica, con un mio studente a cui ho dato il voto 2 perché ha copiato da internet col cellulare (questa è la generazione del copia-incolla, dei pappagali ipertecnologici); naturalmente lui non concordava poiché avrei dovuto comunque valutare il compito nelle parti non copiate, io ho replicato che proprio non lo valutavo in quanto l'inganno distruggeva il rapporto fiduciario docente-discente; allora il furbastro ha sostenuto che il suo scopo era di migliorare la prestazione, non di ingannarmi: ottima distinzione tra etica del fine ed etica dell'intenzione. Questi alunni dall'intelligenza maliziosa, anche se non studiano, sono i miei preferiti...
Però non puoi bararmi in un esperimento ideale, dove le opzioni sono sì/no, così mi rovini l'esperimento
D'altronde se tu hai barato io ho bluffato, perché non credo proprio di dimostrare quel che ho detto che avrei potuto dimostrare; o meglio: sono consapevole che la mia dimostrazione è controvertibilissima.
Dunque:
1.ogni essere vivente vuol vivere (questa è una tautologia, quindi non la dimostro, né considero il suicidio o la noluntas come argomenti contrari, poiché sono comportamenti culturali, non biologici)
2. la tendenza a vivere (preferisco evitare il termine "volontà") implica che si debba essere liberi di fare scelte
3. ma poiché la libertà di scegliere potrebbe limitare l'altrui libertà, quindi la libertà di vivere potrebbe limitare l'altrui libertà di vivere
e
4. poiché per 1. non esiste essere vivente che non vuole vivere, ne consegue che se voglio vivere devo lasciar vivere
Così è (se vi pare)
Ma è una dimostrazione fasulla, una miserabile variazione del kantiano imperativo categorico. In pratica non serve a niente, certamente non servirebbe a non farmi mangiare dai cannibali, a meno che non abbia la fortuna di incontrare dei cannibali filosofi o un bischero come Venerdì.
Tuttavia non demordo, continuerò a pensarci e quest'estate studierò un po', per esser più preparato e pronto alla conversazione.
tiziano is offline  
Vecchio 22-05-2013, 08.25.35   #24
paul11
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Riferimento: bari e bluff

Citazione:
Originalmente inviato da tiziano
@Maral: certo che puoi barare, in effetti è quel che facciamo quotidianamente per giustificare/razionalizzare le nostre scelte.
Proprio stamane ho partecipato ad una manifestazione di etica pratica, con un mio studente a cui ho dato il voto 2 perché ha copiato da internet col cellulare (questa è la generazione del copia-incolla, dei pappagali ipertecnologici); naturalmente lui non concordava poiché avrei dovuto comunque valutare il compito nelle parti non copiate, io ho replicato che proprio non lo valutavo in quanto l'inganno distruggeva il rapporto fiduciario docente-discente; allora il furbastro ha sostenuto che il suo scopo era di migliorare la prestazione, non di ingannarmi: ottima distinzione tra etica del fine ed etica dell'intenzione. Questi alunni dall'intelligenza maliziosa, anche se non studiano, sono i miei preferiti...
Però non puoi bararmi in un esperimento ideale, dove le opzioni sono sì/no, così mi rovini l'esperimento
D'altronde se tu hai barato io ho bluffato, perché non credo proprio di dimostrare quel che ho detto che avrei potuto dimostrare; o meglio: sono consapevole che la mia dimostrazione è controvertibilissima.
Dunque:
1.ogni essere vivente vuol vivere (questa è una tautologia, quindi non la dimostro, né considero il suicidio o la noluntas come argomenti contrari, poiché sono comportamenti culturali, non biologici)
2. la tendenza a vivere (preferisco evitare il termine "volontà") implica che si debba essere liberi di fare scelte
3. ma poiché la libertà di scegliere potrebbe limitare l'altrui libertà, quindi la libertà di vivere potrebbe limitare l'altrui libertà di vivere
e
4. poiché per 1. non esiste essere vivente che non vuole vivere, ne consegue che se voglio vivere devo lasciar vivere
Così è (se vi pare)
Ma è una dimostrazione fasulla, una miserabile variazione del kantiano imperativo categorico. In pratica non serve a niente, certamente non servirebbe a non farmi mangiare dai cannibali, a meno che non abbia la fortuna di incontrare dei cannibali filosofi o un bischero come Venerdì.
Tuttavia non demordo, continuerò a pensarci e quest'estate studierò un po', per esser più preparato e pronto alla conversazione.

A mio parere invece serve.
Ho studiato troppo politica ed economia e di conseguenza le fonti come la filosofia morale e le religioni, per non capire che esistono dei principi universalistici.
Se non fosse così saremmo uno immenso zoo planetario ,dove ogni "specie" umana corrisponde ad un folklore, non ad una cultura. e ogni occasione d'incontro diventerebbe sempre scontro.
Non stiamo discutendo di diverse specie e generi animali e di catena alimentare.
Se il cannibale o il tagliatore di testa cerca di "impiattarmi" o di farmi diventare un trofeo, bhè allora...ho tutto il diritto di difendere la mia esistenza e a prescindere dalla mia e loro cultura.Non esiste la giustificazione che per difendere una cultura è possibile sopprimere la vita altrui, c'è un problema nella cultura ,non certamente nel fatto che esista una vita. Questa è la legge di natura che corrisponde alla legge morale principale di non uccidere, quantomeno all'interno della stessa specie.

Per ritornare alla argomentazione principale della discussione, non dovremmo dimenticare che nonostante tute le contraddizione della civiltà occidentale, intesa e compresa nella sua storia, ha comunque costruito il diritto a partire dalla filosofia morale.
Ribadisco che per me è vincente l'istinto di natura su quello morale che sta quanto allo stimolo/pulsione sta al pensiero.
Il pensiero può sublimare ed educare un istinto, cioè finalizzarlo altrimenti, ma non può sopprimerlo.Ma questo discorso sulla sistema neurobiologico del cervello lo vorrei affrontare in altra discussione.
La morale diventa quindi un sublime intento troppo spesso perso nella strategia della vita quotidiana della sopravvivenza.
Ho studiato le diverse forme di organizzazioni sociali , come le comuni, ma persino le organizzazioni industriali del lavoro con il concetto di "motivazione".
Il vero problema è l'uomo, alla fine saltano le migliori costituzioni degli stati, i migliori intenti sulle convenzioni internazionali del diritto, ecc.

Perchè sui tratterebbe sempre di far coincidere il principio morale con il principio utilitaristico ("cosa ci guadagno a comportarmi in un certo modo?").
La morale da sola non riesce a sostenersi giustificandosi nella realtà, ne esce sconfitta dal comportamento finalizzato all'utile: a meno che diventa scelta di vita.
Oppure la morale deve essere "incorporata" in un principio "dittatoriale", nel "timor di Dio", nel timore della sanzione del potere costituito e rappresentativo(può essere dalla semplice tribù, allo stato moderno): ma siamo nelle dittature teocratiche e degli stati e a quel punto la morale stessa entra in collisione con il principio più importante dell'Occidente: la libertà.

Se devo dirla personalmente tutta, un tempo pensavo che il progresso fosse proprio nella caratteristica "umana" di poter diventare "morale", ma per scelta individuale, non certo per imposizione autoritaria.
Pensavo quindi che fosse possibile una evoluzione umana che sapesse "addomesticare" i suoi istinti .
Ci credo in maniera sempre più attenuata, perchè comunque è all'interno del regno delle possibilità, e chiama in gioco la volontà. Ritengo sia possibile farlo, ma sottovalutavo la struttura del nostro cervello e le leggi della natura che ci hanno in qualche modo "forgiato" evolutivamente.
Mi rimane la speranza...
paul11 is offline  
Vecchio 22-05-2013, 22.58.45   #25
maral
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Riferimento: bari e bluff

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Originalmente inviato da tiziano
Dunque:
1.ogni essere vivente vuol vivere (questa è una tautologia, quindi non la dimostro, né considero il suicidio o la noluntas come argomenti contrari, poiché sono comportamenti culturali, non biologici)
2. la tendenza a vivere (preferisco evitare il termine "volontà") implica che si debba essere liberi di fare scelte
3. ma poiché la libertà di scegliere potrebbe limitare l'altrui libertà, quindi la libertà di vivere potrebbe limitare l'altrui libertà di vivere
e
4. poiché per 1. non esiste essere vivente che non vuole vivere, ne consegue che se voglio vivere devo lasciar vivere
Così è (se vi pare)
Ma è una dimostrazione fasulla, una miserabile variazione del kantiano imperativo categorico. In pratica non serve a niente, certamente non servirebbe a non farmi mangiare dai cannibali, a meno che non abbia la fortuna di incontrare dei cannibali filosofi o un bischero come Venerdì.
Tuttavia non demordo, continuerò a pensarci e quest'estate studierò un po', per esser più preparato e pronto alla conversazione.
Non penso sia poi così fasulla , quanto meno merita un'analisi e forse la tua spietata autocritica finale è un po' una captatio benevolentiae...
Ottima l'idea di partire da una tautologia che per logica è sempre vera. Ogni essere vivente è ciò che è, ossia vivente, dunque non può che voler essere ciò che è e quindi vivere. Volontà che è una implicita necessità, proprio per il suo essere tautologica: vivere implica essere vivi (anche se poi magari ci si suicida, ove il suicidarsi è certo un'affermazione del proprio essere vivi nonostante...). Sul punto 1 quindi non trovo alcuna debolezza, l'argomentazione è ben fondata.
Al punto 2 forse è azzardato spingersi a dire che questa necessità o tendenza implichi libertà di scelta. Credo si possa vivere anche senza poter scegliere. La libertà di scegliere è piuttosto implicata da una autocoscienza, ma non è detto che l'autocoscienza non solo sia implicita nel vivere (si può vivere anche senza una coscienza di se stessi), ma che sia anche di aiuto al vivere. Quanti sono coloro che pur di vivere (e di vivere lietamente) rinunciano più che volentieri alla coscienza di se stessi e rifuggono da ogni libertà (come Fromm insegna). Esprimono una contraddizione? Può essere, ma andrebbe dimostrata.
Se la libertà di vivere può limitare l'altrui libertà, ma costui sente la propria libertà come un peso per vivere, ben volentieri si sottometterà alla volontà più forte e lo farà proprio per vivere lieto, accontentandosi di esercitare la propria residua forza su chi è ancora più debole di lui che a sua volta accetterà volentieri di sottomettersi e così via. E' allora vero che se voglio vivere dovrò lasciar vivere, ma questo lasciar vivere non esclude un opprimere che a sua volta opprime, anzi lo favorisce in una sorta di generalizzato e condiviso sollievo oppressivo che lega tiranni e oppressi: tutti un po' tiranni e un po' oppressi in diversa misura. E allora dove va a finire quella così celebrata libertà individuale che piace tanto alle pure astrazioni del pensiero occidentale uscito dal bagno illuminista? E dico pure astrazioni in quanto continuamente contraddette dalla storia dell'Occidente e massimamente oggi in cui l'Occidente si avvia al suo epigono finale e di fatto ogni libertà è soffocata dalla necessità di una totale omologazione nel concepire la propria esistenza, pena la stessa propria individuale sopravvivenza.
E allora resta il dubbio che tutte quelle dichiarazioni di libertà che l'Occidente illuminista ha pronunciato non siano che i più raffinati strumenti di schiavizzazione che il genere umano abbia mai saputo concepire (ben più efficaci di qualsiasi bieca tirannia), perché consentono di immaginarsi liberi di scegliere godendo del proprio non esserlo, soddisfatti del proprio esonero dal peso e dalle conseguenze di scelte effettive.
Forse dovremmo accettare che la stragrande maggioranza degli uomini non vuole essere libero. Tiranno sì (fin dove può, fin dove arriva), ma libero davvero mai, è un carico troppo pesante, al massimo si può sognare la libertà, celebrarla in un tripudio di principi universali, mentre ci si accontenta dei surrogati di pseudo scelte per confermarsi nelle illusioni di quei sogni.
Oppure no, oppure dovremmo capire e mostrare se vi sia o non vi sia contraddizione (esistenziale ancor prima che logica) tra il vivere e la possibilità effettiva di scegliere il come vivere per essere felici, che in fondo è il vero senso di ogni morale. Dunque dovremmo mostrare se vi sia o non vi sia contraddizione tra il vivere e la possibilità di una morale ove per morale intendo non un insieme di norme e regole a cui è obbligo adeguarsi per quieto vivere, ma libera scelta individuale per essere felici accettando fino in fondo le conseguenze delle scelte sbagliate. E l'accettazione di questa responsabilità merita il massimo rispetto, credo valga per gli individui, come per i popoli con le loro culture.
maral is offline  
Vecchio 26-05-2013, 12.02.01   #26
tiziano
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già...

@Maral:
sono (quasi) d'accordo. Le tue obiezioni alla mia argomentazione me le son fatte anch'io. Perciò ho scritto che è fasulla, o meglio: semplicistica, riduttiva.
D'altronde siamo immersi nella paradossale situazione di vivere e pensare dentro una società liberalmente illiberale. Roba da matti!
Per questo sento il bisogno di studiare un po' e di riflettere. Questa conversazione è per me interessantissima e complicatissima, con diversi temi che si intrecciano e intrigano:
1. esiste una morale naturale?
2. qual è la genealogia della morale?
3. il diritto, eccezionale prodotto della civiltà occidentale, è un fatto o una mistificazione che serve a giustificare il potere?
4. (il riferimento è a Foucault) può la moderna società disciplinare, con i suoi individui disciplinati, consentire la libertà personale (fisica, morale, intellettuale, politica)?
ecc. ecc.

Perciò ho intenzione di non mollare questa conversazione, però voglio prendermi un pò di tempo per pensare
tiziano is offline  
Vecchio 30-05-2013, 19.56.30   #27
maral
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Citazione:
Originalmente inviato da tiziano
@Maral:
sono (quasi) d'accordo. Le tue obiezioni alla mia argomentazione me le son fatte anch'io. Perciò ho scritto che è fasulla, o meglio: semplicistica, riduttiva.
D'altronde siamo immersi nella paradossale situazione di vivere e pensare dentro una società liberalmente illiberale. Roba da matti!
Per questo sento il bisogno di studiare un po' e di riflettere. Questa conversazione è per me interessantissima e complicatissima, con diversi temi che si intrecciano e intrigano:
1. esiste una morale naturale?
2. qual è la genealogia della morale?
3. il diritto, eccezionale prodotto della civiltà occidentale, è un fatto o una mistificazione che serve a giustificare il potere?
4. (il riferimento è a Foucault) può la moderna società disciplinare, con i suoi individui disciplinati, consentire la libertà personale (fisica, morale, intellettuale, politica)?
ecc. ecc.

Perciò ho intenzione di non mollare questa conversazione, però voglio prendermi un pò di tempo per pensare
Attendo le tue considerazioni frutto delle tue riflessioni (e di chiunque altro voglia ancora riflettere in merito alla nostra paradossale situazione) con grande curiosità e speranza.
maral is offline  

 



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