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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-01-2015, 13.57.26   #1
CVC
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Rappresentazione, astrazione, sentimento

Fino a che punto una rappresentazione è astratta? E tanto meno dovrebbe esserlo in quanto una rappresentazione è un'immagine, e vediamo bene in questi giorni cosa un'immagine sia in grado di scatenare nell'animo degli uomini, vignette che ispirano odio, odio che sfocia nella follia omicida. Ma, per evitare di deviare in implicazioni troppo passionali, rimaniamo sul caso generale. La filosofia appare troppo spesso come un labirinto teorico, dove si tenta di esplicare tutto in via teorica, senza mai ricongiungersi col concreto. Ma la vita che viviamo è concreta, non è semplicemente una possibilità o un progetto, come qualcuno ha detto. Se tutto ha origine dalla rappresentazione, dall'immagine mentale, perché poi ci si dissocia nella teoria senza più giungere al punto di partenza? Il puro intellegibile platonico è un'intuizione che mai si incontra nell'esperienza concreta del sentire, del mondo fisico, del fisiologico. Eppure tutta la filosofia sembra indirizzata al puro intellegibile ma non in quanto mezzo, in quanto strumento di contemplazione che produca un'elevazione spirituale, ma solo in quanto curiosità che guida alla ricerca di una possibilità della possibilità di un'altra possibilità ancora, e così via indeterminatamente all'infinito.
Quando si ritorna al concreto? Se tutto nasce dalla rappresentazione, e la rappresentazione produce cose concrete come i sentimenti, perché non si usano le astrazioni che partono dalle rappresentazioni per produrre effetti utili sul concreto? La trascendenza nasce dalla conoscenza del concreto, anzi la esige ed è tutt'uno con essa.
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Vecchio 11-01-2015, 12.50.14   #2
acquario69
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Fino a che punto una rappresentazione è astratta? E tanto meno dovrebbe esserlo in quanto una rappresentazione è un'immagine, e vediamo bene in questi giorni cosa un'immagine sia in grado di scatenare nell'animo degli uomini, vignette che ispirano odio, odio che sfocia nella follia omicida. Ma, per evitare di deviare in implicazioni troppo passionali, rimaniamo sul caso generale. La filosofia appare troppo spesso come un labirinto teorico, dove si tenta di esplicare tutto in via teorica, senza mai ricongiungersi col concreto. Ma la vita che viviamo è concreta, non è semplicemente una possibilità o un progetto, come qualcuno ha detto. Se tutto ha origine dalla rappresentazione, dall'immagine mentale, perché poi ci si dissocia nella teoria senza più giungere al punto di partenza? Il puro intellegibile platonico è un'intuizione che mai si incontra nell'esperienza concreta del sentire, del mondo fisico, del fisiologico. Eppure tutta la filosofia sembra indirizzata al puro intellegibile ma non in quanto mezzo, in quanto strumento di contemplazione che produca un'elevazione spirituale, ma solo in quanto curiosità che guida alla ricerca di una possibilità della possibilità di un'altra possibilità ancora, e così via indeterminatamente all'infinito.
Quando si ritorna al concreto? Se tutto nasce dalla rappresentazione, e la rappresentazione produce cose concrete come i sentimenti, perché non si usano le astrazioni che partono dalle rappresentazioni per produrre effetti utili sul concreto? La trascendenza nasce dalla conoscenza del concreto, anzi la esige ed è tutt'uno con essa.

non ho ben capito se da quello che esponi qui sopra intendi dire che la filosofia (che almeno per come la intendo io,equivale a ricerca della Verita) sia qualcosa che poi non si riconnette alle cose concrete,oppure il contrario.
ad ogni modo e secondo me tutto cio che viviamo di concreto sia più o meno il frutto del nostro modo di pensare e vedere e in questo caso gli darei proprio l'attributo di "rappresentazione"
se poi filosofia viene ridotta solo come intrattenimento da salotto e rinuncia ai grandi perché della vita e dell'universo,allora si,penso che equivale a una ricerca effimera senza mai approdare a niente di concreto ed anzi al suo dissolvimento,insieme a quello civile,sociale..ed umano!
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Vecchio 11-01-2015, 16.24.07   #3
paul11
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Originalmente inviato da CVC
Fino a che punto una rappresentazione è astratta? E tanto meno dovrebbe esserlo in quanto una rappresentazione è un'immagine, e vediamo bene in questi giorni cosa un'immagine sia in grado di scatenare nell'animo degli uomini, vignette che ispirano odio, odio che sfocia nella follia omicida. Ma, per evitare di deviare in implicazioni troppo passionali, rimaniamo sul caso generale. La filosofia appare troppo spesso come un labirinto teorico, dove si tenta di esplicare tutto in via teorica, senza mai ricongiungersi col concreto. Ma la vita che viviamo è concreta, non è semplicemente una possibilità o un progetto, come qualcuno ha detto. Se tutto ha origine dalla rappresentazione, dall'immagine mentale, perché poi ci si dissocia nella teoria senza più giungere al punto di partenza? Il puro intellegibile platonico è un'intuizione che mai si incontra nell'esperienza concreta del sentire, del mondo fisico, del fisiologico. Eppure tutta la filosofia sembra indirizzata al puro intellegibile ma non in quanto mezzo, in quanto strumento di contemplazione che produca un'elevazione spirituale, ma solo in quanto curiosità che guida alla ricerca di una possibilità della possibilità di un'altra possibilità ancora, e così via indeterminatamente all'infinito.
Quando si ritorna al concreto? Se tutto nasce dalla rappresentazione, e la rappresentazione produce cose concrete come i sentimenti, perché non si usano le astrazioni che partono dalle rappresentazioni per produrre effetti utili sul concreto? La trascendenza nasce dalla conoscenza del concreto, anzi la esige ed è tutt'uno con essa.

Ciao CVC,
sono d'accordo con quello che scrivi, perchè alla fine conta la vita e la vita è anzitutto concretezza.
Una rappresentazione è astratta quando appunto si astrae dalla concretezza, quindi quando non fonda i suoi concetti trascendentali su una conoscenza prima di tutto fattuale.
Il movimento del pensiero sia induttivo che deduttivo della logica sono entrambi importanti per costruire conoscenza concettualizzarla nella logica.

Quella conoscenza acquisita entra a far parte delle nostre intenzioni e motivazioni che a loro volta coprono la struttura della volontà.
Significa che se una rappresentazione è irrazionale o comunque non rientra in una coerenza e consistenza logica di un procedimento proposizionale o predicativo , si formano"strane " credenze che comunque agendo sulle intenzionalità e motivazioni agiscono nella fattualità della concretezza.
Insomma, se io mi faccio una certa idea ,giusta o sbagliata che sia del mondo (ma questo è compito della cultura ricostruire il margine di razionalità nelle correttezze argomentative) quella idea rappresentativa è lo specchio della mia fattualità e comportamento nel mondo.
Allora i comportamenti non basta che siano biasimati o meno, ma si deve entrare nella costruzione della credenza di un pensiero per poter effettuare le dovute correzioni.

L'idea rappresentativa di un mondo segna un tempo storico, una identità, una cultura ed entra nelle convenzioni e regole informali e formali che governano un' organizzazione di uomini.
Quindi tutto ciò che contribuisce a costruire la cultura e segna un modello rappresentativo , a sua volta quel modello rientra nella concretezza della fattualità comportamentale, nella vita.

Ne fattaccio accaduto in Francia, bisogna entrare allora nelle Sacre Scritture islamiche e studiare attentamente e storicamente la famosa interpretazione sugli infedeli, ma non solo quella e farlo con rispetto
se si vuole veramente togliere le motivazioni che costituiscono il fondamento teorico di odi e purtroppo uccisioni.

Solo così è possibile isolare i terrorismi dalla cultura che motiva.
Non bastano le belle parole, ci vogliono chiarimenti, anche difficili, se veramente vogliamo costruire un mondo basato sulla tolleranza umana e culturale, chiarendo innanzitutto cosa intendiamo per tolleranza e quale sia il suo limite invalicabile,cioè quali sono i valori condivisi e i principi universali.
Questo è già un ruolo delle persone di pensiero che crea cultura:filosofi, teologi, scienziati, artisti, ecc,.

paul11 is offline  
Vecchio 12-01-2015, 02.37.09   #4
acquario69
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Citazione:
..Insomma, se io mi faccio una certa idea ,giusta o sbagliata che sia del mondo (ma questo è compito della cultura ricostruire il margine di razionalità nelle correttezze argomentative) quella idea rappresentativa è lo specchio della mia fattualità e comportamento nel mondo.
Allora i comportamenti non basta che siano biasimati o meno, ma si deve entrare nella costruzione della credenza di un pensiero per poter effettuare le dovute correzioni.

L'idea rappresentativa di un mondo segna un tempo storico, una identità, una cultura ed entra nelle convenzioni e regole informali e formali che governano un' organizzazione di uomini.
Quindi tutto ciò che contribuisce a costruire la cultura e segna un modello rappresentativo , a sua volta quel modello rientra nella concretezza della fattualità comportamentale, nella vita.

a tal proposito faccio un esempio CONCRETO di rappresentazione.
Sono da poco tornato dall'Italia (vivo all'estero).
Roma e' una citta stupenda ma quanto mai caotica,sopratutto nel traffico.
io qui,dove vivo ora nel guidare mi sono abituato ad usare quando necessario sempre la freccia,perché e' giusto e normale che debba essere così,a Roma invece ho riscontrato (ma già lo sapevo ovviamente) che e' un optional usato solo a discrezione del conducente…praticamente quasi mai.
dopo un certo tempo,te lo chiedi e' inevitabile: "ma che le metto a fare se poi qui se ne fregano tutti?" questo diventa un piccolo esempio che rispecchia una mentalita e una cultura di convivenza e quindi i suoi modelli e le sue idee rappresentative e il risultato era che ogni volta che prendevo la macchina a Roma provavo una sottile ma insidiosa sensazione di ansia,e non solo per il mancato uso delle frecce,ma anche per l'indisciplina generale,poiché nel caso sopra,ognuno le regole se le fa per conto suo..ma questo e' appunto ritenuto "normale"
acquario69 is offline  
Vecchio 12-01-2015, 08.42.55   #5
CVC
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@ acquario

La filosofia, per come la intendo, dovrebbe riconnettersi alle cose concrete. Invece è spesso o quasi sempre il contrario.
Per quanto riguarda il come la intendo, cito Seneca:
"La filosofia non è un'arte che cerca il favore popolare e non è fatta per essere
ostentata; non consiste nelle parole, ma nei fatti. Di essa non ci si vale per far trascorrere piacevolmente le giornate, per
eliminare il disgusto che viene dall'ozio: educa e forma l'animo, regola la vita, governa le azioni, mostra ciò che si deve
o non si deve fare, siede al timone e dirige la rotta attraverso i pericoli di un mare agitato. Senza di lei nessuno può
vivere tranquillo e sicuro; in ogni momento si presentano innumerevoli circostanze che esigono una direttiva, e questa
bisogna cercarla nella filosofia."

@ paul


Ciao paul, io credo che bisognerebbe, come raccomandava il compianto professor Reale, recuperare innanzitutto ciò che di vitale ci hanno tramandato gli antichi e che è fondamentalmente legato al ruolo unificatore dell'anima, che cerca di mettere insieme, di dare unità ad una realtà che si presenta spezzettata e dove le parti si presentano spesso in modo fra loro eterogeneo. Quindi dobbiamo avere un modo di pensare per il lavoro, uno per lo stare in famiglia, un'altro per gli amici, un altro ancora per gli estranei, e la nostra identità alla fine si riduce ad un insieme, ad un cerchio che racchiude le varie identità che servono per ogni occasione. Ciò avviene principalmente perchè il modo di procedere scientifico, che si radica in noi attraverso la concretezza della vita economica, procede al ritmo del motto "dividi et impera". Mancano al giorno d'oggi la pedagogia e la psicagogia, manca la consapevolezza che bisogna innanzitutto formare l'anima dell'individuo, che non si vive di solo pane. La filosofia si sta perdendo perchè questo è il suo ruolo e lo sta perdendo. Paradossalmente non è la scienza a mettersi in concorrenza con la filosofia come disciplina del sapere, ma è al contrario la filosofia che vuole mettersi in concorrenza con la scienza come autentificatrice della realtà. La realtà nella scienza si esprime con la dimostrazione sperimentale, che spesso è la costrizione di un evento naturale alle condizioni costruite in laboratorio. In filosofia la prova della realtà di ciò che si dice è la vita stessa. Se la vita è buona, allora la filosofia che la guida è buona. E la vita buona è quella che mira alla libertà ed alla felicità, non come espressioni dei beni di consumo, ma la libertà e la felicità intese come ricerca delle loro essenze.
Per quanto riguarda il terrorismo, secondo me i punti da sottolineare sarebbero due. Il primo è che si fa confusione fra terrorismo e fondamentalismo. Il terrorismo si sa bene cos'è e riguarda una minoranza del mondo musulmano; il fondamentalismo, che essenzialmente è la mancanza di distinzione fra potere laico dello stato e religione, riguarda invece la quasi totalità dei popoli arabi, moderati compresi.
Il secondo punto riguarda l'incapacità degli islamici di interpretare i testi sacri in modo allegorico. Anche Gesù ha detto che se la tua mano o il tuo occhio ti recano scandalo, devi tagliarli e gettarli lontano. Ma nessun cristiano si sognerebbe di farlo realmente, perchè conta interpretare il senso delle parole, non prenderle alla lettera. Se il Corano parla di tagliare la testa agli infedeli, bisogna vedere cosa si può interpretare da ciò, non significa che bisogna letteralmente tagliare teste. E' anche il motivo per cui Agostino da colto razionalista non aderì inizialmente al cristianesimo, ma soltanto dopo aver ascoltato le prediche allegoriche di Ambrogio. Ed è anche il motivo per cui il cielo di Galileo non è lo stesso del cielo metaforico dei testi sacri.

Ultima modifica di CVC : 12-01-2015 alle ore 09.59.58.
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Vecchio 12-01-2015, 22.36.34   #6
paul11
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@ acquario

La filosofia, per come la intendo, dovrebbe riconnettersi alle cose concrete. Invece è spesso o quasi sempre il contrario.
Per quanto riguarda il come la intendo, cito Seneca:
"La filosofia non è un'arte che cerca il favore popolare e non è fatta per essere
ostentata; non consiste nelle parole, ma nei fatti. Di essa non ci si vale per far trascorrere piacevolmente le giornate, per
eliminare il disgusto che viene dall'ozio: educa e forma l'animo, regola la vita, governa le azioni, mostra ciò che si deve
o non si deve fare, siede al timone e dirige la rotta attraverso i pericoli di un mare agitato. Senza di lei nessuno può
vivere tranquillo e sicuro; in ogni momento si presentano innumerevoli circostanze che esigono una direttiva, e questa
bisogna cercarla nella filosofia."

@ paul


Ciao paul, io credo che bisognerebbe, come raccomandava il compianto professor Reale, recuperare innanzitutto ciò che di vitale ci hanno tramandato gli antichi e che è fondamentalmente legato al ruolo unificatore dell'anima, che cerca di mettere insieme, di dare unità ad una realtà che si presenta spezzettata e dove le parti si presentano spesso in modo fra loro eterogeneo. Quindi dobbiamo avere un modo di pensare per il lavoro, uno per lo stare in famiglia, un'altro per gli amici, un altro ancora per gli estranei, e la nostra identità alla fine si riduce ad un insieme, ad un cerchio che racchiude le varie identità che servono per ogni occasione. Ciò avviene principalmente perchè il modo di procedere scientifico, che si radica in noi attraverso la concretezza della vita economica, procede al ritmo del motto "dividi et impera". Mancano al giorno d'oggi la pedagogia e la psicagogia, manca la consapevolezza che bisogna innanzitutto formare l'anima dell'individuo, che non si vive di solo pane. La filosofia si sta perdendo perchè questo è il suo ruolo e lo sta perdendo. Paradossalmente non è la scienza a mettersi in concorrenza con la filosofia come disciplina del sapere, ma è al contrario la filosofia che vuole mettersi in concorrenza con la scienza come autentificatrice della realtà. La realtà nella scienza si esprime con la dimostrazione sperimentale, che spesso è la costrizione di un evento naturale alle condizioni costruite in laboratorio. In filosofia la prova della realtà di ciò che si dice è la vita stessa. Se la vita è buona, allora la filosofia che la guida è buona. E la vita buona è quella che mira alla libertà ed alla felicità, non come espressioni dei beni di consumo, ma la libertà e la felicità intese come ricerca delle loro essenze.
Per quanto riguarda il terrorismo, secondo me i punti da sottolineare sarebbero due. Il primo è che si fa confusione fra terrorismo e fondamentalismo. Il terrorismo si sa bene cos'è e riguarda una minoranza del mondo musulmano; il fondamentalismo, che essenzialmente è la mancanza di distinzione fra potere laico dello stato e religione, riguarda invece la quasi totalità dei popoli arabi, moderati compresi.
Il secondo punto riguarda l'incapacità degli islamici di interpretare i testi sacri in modo allegorico. Anche Gesù ha detto che se la tua mano o il tuo occhio ti recano scandalo, devi tagliarli e gettarli lontano. Ma nessun cristiano si sognerebbe di farlo realmente, perchè conta interpretare il senso delle parole, non prenderle alla lettera. Se il Corano parla di tagliare la testa agli infedeli, bisogna vedere cosa si può interpretare da ciò, non significa che bisogna letteralmente tagliare teste. E' anche il motivo per cui Agostino da colto razionalista non aderì inizialmente al cristianesimo, ma soltanto dopo aver ascoltato le prediche allegoriche di Ambrogio. Ed è anche il motivo per cui il cielo di Galileo non è lo stesso del cielo metaforico dei testi sacri.

Ciao CVC.
Il concetto predittivo è fondamentale per l'umanità da sempre.
La disciplina che ha in mano la conoscenza per predire ha il potere di configurare il futuro con la sua cultura, perchè l'uomo pensa nel presente venendo da un passato e proiettandosi in un futuro e il futuro come l'infinito nelle discussioni, fa paura, perchè ogni tempo ha un tabù da vincere e l'uomo ha dei tabù fondamentali da sempre

Il progresso ha avuto potere come concetto perchè elargiva salvezza nel futuro, sempre migliore all'oggi. L'antico creava le ciclicità per prevedere gli eventi naturali studiando gli astri.
L'oracolo come il profeta prevedeva il destino.
Allora natura, Dio, tecnica sono storia. La filosofia ha smesso di fare cultura da quando non sa dare un'impronta culturale ad un tempo perchè non predice un futuro e per poter predire devi anticiparlo nei tempi. Fin quando non si capirà che noi umani temiamo il futuro e costruiamo abitudini per paura del futuro e inventiamo enti come banche ed assicurazioni che monetizzano la paura del futuro, la probabilità dell'evento negativo, noi temiamo l'imponderabile, l'incommensurabile , l'innominabile, perchè non c'è calcolo delle probabilità che tenga, allora la conoscenza è l'attenuazione di quella paura e chi dà quella conoscenza ha il potere culturale.
La scienza è divenuta salvifica da quando è l'unica predittiva, in qualche modo, ma non è il suo ruolo designare un destino.
Marx era un profeta comunista che anticipava i tempi, le religioni anticipano i tempi, perchè segnano motivazioni, scopi, sensi e destini:c'è una parusia religiosa o laica che sia poco importa.
Se dai una speranza legata ad un concetto forte,crei una cultura predittiva legata ad una idea di senso del mondo.
Allora quella rappresentazione tanto più si astrae ma nello stesso tempo raccoglie i sentimenti carichi di speranza e avrai un'umanità che la vivrà e quindi concretizzerà nelle sue mansioni quotidiane che la vita gli propone un'idea di futuro.Non è necessario definire nei particolari una parusia, perchè ogni uomo la interpreterà a suo modo, come una eterna commedia , come una divina tragedia,come una commedia dell'arte. Il credente è martire per un Dio, il laico è martire per un valore: l'uomo da sempre ha una fede, perchè deve necessariamente porre e proporre il suo destino in uno scopo e cioè ha fiducia necessariamente in qualcosa, nel momento in cui viene mortificata ,appare l'alienazione umana con la sua nevrosi.
Noi abbiamo quindi necessità di unire i tempi nell'oggi, ma quell 'oggi deve avere uno scopo, uno sbocco, una teleologia. Se l'uomo perde l'idea di senso, diventa "cosa", allora diventa ingranaggio nella catena di montaggio nella divisione della conoscenza e dei ruoli sociali, diventa integrazione nella conoscenza smaterializzata nell'anonimato di un "cloud" .

I terrorismi vivono di finanziamenti occulti, perchè devono vivere e avere armi e ripari.Sono i "peones", i picciotti con mandanti finanziari.
Reclutati da organizzazioni che hanno riferimenti , referenti e protezioni.
Il togliere le motivazioni ad esempio religiose vuole dire isolarli dal contesto del popolo soprattutto dove si reclutano , affinchè non abbiano continuità.
Quindi è necessario il dialogo con la parte sana delle religioni, affinchè il fondamentalismo(termine che non mi piace, io direi fanatismo intollerante) non crei quel cordone ombelicale con i terrorismi.
Non ha assolutamente senso che una religione, qualunque essa sia, sia un pretesto per togliere vite umane, per uccidere.
E' necessario entrare nei testi sacri e fare esegesi, ermeneutica, dialogando con il dovuto rispetto, perchè le religioni hanno la loro forza nell'identità, nel rapporto vita-Dio che è inalienabile in un credente, tanto più quell'identità è percepita come scopo o strumento di salvezza. Allora si capisce la potenza della concretezza del Dio nel mondo, a prescindere di credere o meno;cioè di un'astrazione che diventa formidabile motivazione nella vita quotidiana.Non si vincerà mai una religione identitaria con la forza, ma solo rispettandola nella tolleranza del dialogo, nel sapersi accettare nelle diversità e nelle condivisioni e vivere in pace.
paul11 is offline  

 



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