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 La Sfinge e Dintorni - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 30-09-2013, 15.54.57   #11
mariodic
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Riferimento: Demarcazione tra scienza e non-scienza

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Anch'io ho provato molta soddisfazione nel leggere l'articolo di Licata, ma non mi sono limitato a leggerlo una sola volta. Sono già alla terza e voglio rileggerlo ancora per un motivo molto semplice... perchè parla di complessità.

Per quanto riguarda il quotato, credo che Licata volesse fare riferimento all'idea di Dio per dire il contrario e cioè che non si può far riferimento a Dio parlando di scienza poichè i due linguaggi (quello scientifico e quello teologico) sono diversi. Ho letto il libro di Tripler (quello a cui si fa riferimento) e mi sembra che Licata sia stato fin troppo buono. Mischiare le due cose (per esempio tentare di spiegare in maniera scientifica il concepimento di Gesù dalla Madonna "vergine") mi è sembrata un'operazione a dir poco forzata.
Mi sembra che Tipler si limiti a sostenere la tesi che fra certi punti affermati dal cristianesimo e la fisica non vi siano contraddizioni se non apparenti, più che cercare di spiegare i temi religiosi con la fisica.
Tuttavia credo possibile arrivare a Dio tramite la ragione scientifica ma sarebbe necessario, prima di tutto un profondo cambio di prospettiva da parte dell'Osservatore cioè lo sforzo di passare da una prospettiva oggettivistica del mondo, che vede, almeno il così detto "mondo reale o fisico", esterno e tendenzialmente indipendente dall'IO osservante, ad una prospettiva idealista che invece vede sia il mondo fisico che quello mentale all'interno dell'IO (= del SE').
Suggerirei le letture di Paul Davies e segnatamente "Dio e La nuova fisica".
mariodic is offline  
Vecchio 27-05-2015, 22.50.11   #12
mariodic
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Riferimento: Demarcazione tra scienza e non-scienza

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Penso che il ragionamento fatto abbia questi presupposti: non è possibile oggi dividere in modo netto la scienza dalla non scienza per il semplice fatto che prima, la scienza, aveva alcune caratteristiche fondamentali che oggi non ha più, in quanto deve affrontare problemi "complessi". Per esempio la prevedibilità. Siccome non sempre è possibile prevedere in modo netto e direi "scientifico" (per come è stato sempre inteso) un evento futuro, la scienza oggi si ferma alla "sola" comprensione dei fenomeni in atto. E' chiaramente una questione epistemologica, cioè della filosofia della scienza, o almeno a me così pare.
So benissimo che le discussioni filosofiche, come quelle che animano questo forum, quasi sempre non hanno esito condiviso da tutti o, almeno, da una maggioranza; questo è, almeno per me, scoraggiante, e se di tanto in tanto continuo ad intromettermi in queste discussioni, lo faccio perché oso pensare che sia meglio che niente.
Per l'argomento in questione mi limito a dire che il confine netto o poco sfumato tra scienza e non scienza, almeno secondo me, non c'è se non nel parlar comune; semmai potrebbe più ragionevolmente, e nell'ambito del comune intendere un confine, molto, molto sfumato.

Io, che sono tra quelli che solo sognerebbero di sognare solo di scorgere alla lontana almeno un breve barlume di visuale idealistica del mondo (con poche speranze di riuscirvi semplicemente perché bisognerebbe che vantassi almeno un decimo -che non è poco- dei livelli di competenza, professionalità e sensibilità di un Heisenberg, di un Einstein e di altri geni, tra cui anche qualche asceta, fusi insieme per compensare le rispettive lacune) mi sono convinto che la strada migliore potrebbe essere quella che sia l'operar scientifico che la mera quotidianità altro non siano che l'Osservazione con la "O" maiuscola quale è quella che compete all'IO. Ciò è non altro che laVita dell'Universo. Per concludere questo post, perdonatemi se oso bestemmiare dicendo che il banale allacciarsi le scarpe, che è pur sempre in aspetto della Vita è anche "far scienza".
Con questo voglio dire che la questione nol "confine" non è banale.
mariodic is offline  
Vecchio 29-06-2015, 00.28.58   #13
Il_Dubbio
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Riferimento: Demarcazione tra scienza e non-scienza

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Originalmente inviato da mariodic
So benissimo che le discussioni filosofiche, come quelle che animano questo forum, quasi sempre non hanno esito condiviso da tutti o, almeno, da una maggioranza; questo è, almeno per me, scoraggiante, e se di tanto in tanto continuo ad intromettermi in queste discussioni, lo faccio perché oso pensare che sia meglio che niente.
Per l'argomento in questione mi limito a dire che il confine netto o poco sfumato tra scienza e non scienza, almeno secondo me, non c'è se non nel parlar comune; semmai potrebbe più ragionevolmente, e nell'ambito del comune intendere un confine, molto, molto sfumato.

Io, che sono tra quelli che solo sognerebbero di sognare solo di scorgere alla lontana almeno un breve barlume di visuale idealistica del mondo (con poche speranze di riuscirvi semplicemente perché bisognerebbe che vantassi almeno un decimo -che non è poco- dei livelli di competenza, professionalità e sensibilità di un Heisenberg, di un Einstein e di altri geni, tra cui anche qualche asceta, fusi insieme per compensare le rispettive lacune) mi sono convinto che la strada migliore potrebbe essere quella che sia l'operar scientifico che la mera quotidianità altro non siano che l'Osservazione con la "O" maiuscola quale è quella che compete all'IO. Ciò è non altro che laVita dell'Universo. Per concludere questo post, perdonatemi se oso bestemmiare dicendo che il banale allacciarsi le scarpe, che è pur sempre in aspetto della Vita è anche "far scienza".
Con questo voglio dire che la questione nol "confine" non è banale.

Allacciarsi le scarpe, come azione compresa ed eseguita solo in modo indiretto, non è fare scienza. Se vedo una mela cadere da un albero sto facendo semplicemente un'osservazione. Così osservo che mi allaccio le scarpe, cammino, mangio e tutto il resto.
Credo che bisognerebbe partire almeno da una domanda. Come ci si allaccia le scarpe, cioè quali sono cioè gli strumenti minimi necessari per svolgere una azione del genere?
Sembra facile perche noi impariamo automaticamente, ma la "conoscenza" di quel che facciamo ha molte piu informazioni all'interno. Attraverso la coscienza base riusciamo a saltare tutti i passaggi che sarebbero necessari per arrivare alla massima conoscenza. Ma la scienza si propone proprio (o credo debba farlo) di colmare queste lacune. Per questo non si mettono quasi mai in dubbio i "fatti", che invece vanno spiegati scientificamente.

Il problema è che non tutti i fatti possono essere riprodotti a piacimento. E mancando questa particolare e sensibile caratteristica, la funzione della scienza perde forza. Continuerà sicuramente a basarsi su articolati strumenti razionali, ma ai miei occhi perdendo molta della credibilità che guadagnerebbe se il fatto (da spiegare) potesse essere riprodotto e controllato.

Un esempio è la teoria del big bang (ma ci sono tanti altri esempi).
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Vecchio 01-07-2015, 21.55.11   #14
mariodic
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Riferimento: Demarcazione tra scienza e non-scienza

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Allacciarsi le scarpe, come azione compresa ed eseguita solo in modo indiretto, non è fare scienza. Se vedo una mela cadere da un albero sto facendo semplicemente un'osservazione. Così osservo che mi allaccio le scarpe, cammino, mangio e tutto il resto.
Credo che bisognerebbe partire almeno da una domanda. Come ci si allaccia le scarpe, cioè quali sono cioè gli strumenti minimi necessari per svolgere una azione del genere?


l'atto di l'allacciarsi le scarpe, ancorché visto in ottica realista (quella consueta), potrebbe essere un atto osservativo comune o anche otto scientifico a seconda dell'obbiettivo dell'osservatore (o anche dell'Osservatore): se lobbiettivo è quello di fruire di una stabilizzazione della scarpa al piede, allora non si è fatto scienza, ma se l'obbiettivo è la ricerca di un metodo di allaccio più conveniente rispetto al consueto, allora l'osservatore (o l'Osservatore) ha fatto scienza. In generale l'Osservatore ha compiuto un atto so, cioè ha vissuto l'Universo.
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Vecchio 20-10-2015, 22.17.15   #15
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La conclusione è che “scienza” non è parola monolitica ed univoca, indica una pluralità di linguaggi, un’ecologia di strategie cognitive in cui è centrale la ricerca, tramite la scelta delle osservabili e la costruzione di modelli, di forme di attrito con il mondo.


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L'Universo è un campo (analogo ad un campo fisico come quello elettromagnetico, lo spazio, ecc. sostanziato da un campo onnicomprensivo denominabile Conoscenza (che non è proprio ciò che comunemente si intente con tale termine ma è la capacità di auto-dominio del campo stesso). Il sistema di riferimento assoluto di questo campo è la singolarità denominabile "IO cosciente" rispetto al quale sistema acquistano senso e consistenza tutte le proprietà fisiche e no, come, per esempio, la granulosità, la continuità, ecc., che l'Osservatore universale - che è l'IO cosciente - riconosce a questo campo.
mariodic is offline  

 

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