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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 05-07-2007, 21.33.07   #1
individuo
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Essere uomo!

Cosa vuol dire essere uomo, se ha senso porsi questa domanda.

Lo chiedo perchè spesso i genitori oppure le ragazze dicono ( anche a me )...tu non sei un uomo...lo so che dovrei riferire magari il caso specifico in cui capita, ma preferisco rimanere sul vago per capire se, non voglio darne una definizione, questa affermazione può trovare un senso più generale al di là dei valori che ognuno ha, punti in comune dai quali in linea di massima non si può prescindere per essere definiti appunto uomini, (in senso maschile )

Sento questa esposizione un pò superficiale ...beh stiamo a vedè cosa salta fuori!!
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Vecchio 09-07-2007, 11.15.19   #2
visir
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Uomini mah...

Essere maschio non richiede un gran sforzo, ci si nasce e tutto, come si dice, "segue il suo corso".

Differentemente essere Uomini, richiede uno sforzo, una maturità e una attenzione che potrei definire innaturale.

Le due cose possono coesistere, ma non necessariamente.

Se consideriamo, giusto per amore di definizione, che l'Uomo è quella persona che, guardando onestamente in se stesso ha realizzato la maturità di prendersi il peso della propria vita sulle spalle, e si è fatto forte a tal punto che, alcune volte e in alcuni momenti può farsi carico anche di quella di altri, allora posso affermare che anche qualche femmina e qualche gay può essere Uomo.

Viceversa se diamo alla definizione di uomo un "cliché" fatto di atteggiamenti, di modi e di posa allora potremmo dire, che essere uomini è una maschera come essere velina, tronista, tapiro ecc. ecc.

Leonardo Sciascia ne "il giorno della civetta" da una definizione esemplare.
Per bocca del padrino del paese, in una conversazione direi quasi faustiana, con il capitano dei carabinieri (c'è chi ha ipotizzato che l'autore si fosse ispirato all'allora capitano Dalla Chiesa).
In quella occasione, Sciascia, fa parlare i due durante un confronto/scontro, sulla terrazza della casa del boss che domina la piazza del paese, in un pomeriggio dal sole accecante della Sicilia.
L'incontro è intenso, di poche parole, fatto di un rispetto senza ombra di formalismo.
E’ accettazione della comune natura dell'altro.
E' un riconoscere in un tuo simile diversissimo, lo stesso principio di crescita che ti ha portato ad essere come sei.

Dice il padrino: Il mondo si divide in cinque categorie, Uomini che sono rarissimi, mezzi uomini che sono rari anche loro, omminicchi che sono tanti e da ultimo la stragrande maggioranza: i quaquaraquà.
Il capitano a questo non replica.

Penso che nella sua crudezza, e forse schematicità tipica delle immagini forti sia una definizione molto calzante.

Ci sono momenti nella vita, in cui una persona incontra se stesso e li vede di che cosa è fatto.
Qui non parlo della natura comune e perfetta di tutti gli esseri senzienti, qui parlo di carattere, della pasta di cui un uomo è fatto.
Parlo delle palle.
Parlo dell'attenzione di non parlare alla a...zzo e di fare quello che si dice.
Parlo di capire, di saper troncare ciò che fa del vero male, ma anche di saper mandare avanti una situazione anche difficile anche se è dura e verrebbe voglia di mandare tutto alle ortiche.
Parlo della capacità di mettere se stessi da parte e darsi completamente, parlo del sacrificio.
Parlo di conoscere la differenza fra ciò che è importante e ciò che non lo è.

Essere Uomo (anche mezzo uomo) costa.

Molto spesso verrebbe voglia di girare la testa da qualche altra parte, di far finta di non vedere, di rimanere in santa pace di condurre una tranquilla vita....è solo un momento, ma chi è uomo sa che non può più vivere una tranquilla vita da quaquaraquà.
visir is offline  
Vecchio 09-07-2007, 12.41.38   #3
catoblepa
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Riferimento: Uomini mah...

Citazione:
Originalmente inviato da visir
Essere maschio non richiede un gran sforzo, ci si nasce e tutto, come si dice, "segue il suo corso".

Differentemente essere Uomini, richiede uno sforzo, una maturità e una attenzione che potrei definire innaturale.

Le due cose possono coesistere, ma non necessariamente.

Se consideriamo, giusto per amore di definizione, che l'Uomo è quella persona che, guardando onestamente in se stesso ha realizzato la maturità di prendersi il peso della propria vita sulle spalle, e si è fatto forte a tal punto che, alcune volte e in alcuni momenti può farsi carico anche di quella di altri, allora posso affermare che anche qualche femmina e qualche gay può essere Uomo.

Viceversa se diamo alla definizione di uomo un "cliché" fatto di atteggiamenti, di modi e di posa allora potremmo dire, che essere uomini è una maschera come essere velina, tronista, tapiro ecc. ecc.

Leonardo Sciascia ne "il giorno della civetta" da una definizione esemplare.
Per bocca del padrino del paese, in una conversazione direi quasi faustiana, con il capitano dei carabinieri (c'è chi ha ipotizzato che l'autore si fosse ispirato all'allora capitano Dalla Chiesa).
In quella occasione, Sciascia, fa parlare i due durante un confronto/scontro, sulla terrazza della casa del boss che domina la piazza del paese, in un pomeriggio dal sole accecante della Sicilia.
L'incontro è intenso, di poche parole, fatto di un rispetto senza ombra di formalismo.
E’ accettazione della comune natura dell'altro.
E' un riconoscere in un tuo simile diversissimo, lo stesso principio di crescita che ti ha portato ad essere come sei.

Dice il padrino: Il mondo si divide in cinque categorie, Uomini che sono rarissimi, mezzi uomini che sono rari anche loro, omminicchi che sono tanti e da ultimo la stragrande maggioranza: i quaquaraquà.
Il capitano a questo non replica.

Penso che nella sua crudezza, e forse schematicità tipica delle immagini forti sia una definizione molto calzante.

Ci sono momenti nella vita, in cui una persona incontra se stesso e li vede di che cosa è fatto.
Qui non parlo della natura comune e perfetta di tutti gli esseri senzienti, qui parlo di carattere, della pasta di cui un uomo è fatto.
Parlo delle palle.
Parlo dell'attenzione di non parlare alla a...zzo e di fare quello che si dice.
Parlo di capire, di saper troncare ciò che fa del vero male, ma anche di saper mandare avanti una situazione anche difficile anche se è dura e verrebbe voglia di mandare tutto alle ortiche.
Parlo della capacità di mettere se stessi da parte e darsi completamente, parlo del sacrificio.
Parlo di conoscere la differenza fra ciò che è importante e ciò che non lo è.

Essere Uomo (anche mezzo uomo) costa.

Molto spesso verrebbe voglia di girare la testa da qualche altra parte, di far finta di non vedere, di rimanere in santa pace di condurre una tranquilla vita....è solo un momento, ma chi è uomo sa che non può più vivere una tranquilla vita da quaquaraquà.

Caro Visir, qualche tempo fa avevo aperto un topic (un pò polemico) sui "veri uomini" e sulla definizione uguale e contraria di "vera donna" , giungendo alla conclusione che si tratta di figure semi-mitologiche, non dissimili dal Sacro Graal, dalla Pietra Filosofale, lo Yeti, o i governi che non aumentano le tasse.

A mio modesto avviso quello che tu descrivi non è un "uomo" , ma una persona con qualche attributo/qualità che ha interiorizzato in seguito ai fatti della vita, che come sai, prima o poi ti sbatte la realtà in faccia.

Credo che il ritratto da te delineato sia quello, appunto di una persona che definirei responsabile, matura, realistica, e dotata di quello che fu definito l'ottimismo della volontà.

Queste qualità possono appartenere a qualunque essere umano; a quanti effettivamente appartengano, beh quello è un altro discorso....
catoblepa is offline  
Vecchio 09-07-2007, 15.20.35   #4
marco gallione
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Messaggi: 363
Riferimento: Essere uomo!

La riflessione del Visir è chiara, oltre che attenta. Apprezzo anche la postilla di Catoblepa.
Sappiamo qui che la definizione di uomo non c’entra con i "cliché", gli atteggiamenti, i modi e la posa.
Essere uomini richiede uno sforzo fors’anche innaturale. Ci sono momenti nella vita, in cui una persona incontra se stesso e lì vede di che cosa è fatto, dice il Visir.

Credo che i momenti, quelli davvero dolorosamente formativi, siano essenzialmente riconducibili ai lutti, nelle loro varie forme. Per come l’ho vissuta io, il momento più formativo è il lutto in senso proprio. Anche le circostanze di profondo insuccesso, e le delusioni profonde, formano a loro modo, certamente. Non come il lutto vero, però.

Indicata la figura dell’uomo nel senso che qui discutiamo (ed assumendo che ci siamo intesi), verrebbe da dire che quella figura potrebbe astrattamente rappresentare un “valore”. Il valore di essere uomo, direi forse con qualche incertezza.
Se esiste un valore, allora uno sarebbe portato ad attribuire a quel valore una senso di positività. Il valore – di solito – è positivo (perlomeno per la cultura che lo ha creato). Il non avere valori, o il non lottare per raggiungerne uno, rappresenta di per sè un disvalore. Almeno come considerazione di principio.

Ebbene, tale “valore di essere uomo”, così cristallino, sintetico, fondamentale (nel senso che sta alla base), porta però ad una ulteriore constatazione, un po’ pessimistica: la durezza della educazione all’essere uomo è ingiusta. Ingiusta nel senso che uno non se la sceglie; gli arriva addosso e basta.

Certe volte mi fermo a pensare – senza mettere mai a fuoco però alcuna conclusione – se vi sia davvero chi non si sia mai confrontato con quel percorso formativo, o non ne abbia mai avuto consapevolezza, o perchè la vita è stata assai indulgente con lui/lei, o perchè trattavasi di persona-muro-di-gomma. In entrambi i casi potrebbe essere stato un privilegio.
D’altra parte, chi ha subito il battesimo del fuoco sarà sì (forse) diventato uomo (o mezzo uomo), ma ne ha anche subito un grave nocumento: la disperazione della consapevolezza, che viene dalla sofferenza (che qualcun altro -detto solo per la cronaca - forse mai proverà).

Il “valore”, o la aspirazione ad un valore, uno se li cerca, magari anche con fatica. Questo valore qui (quello del Visir, dell’essere uomo, che condivido), nella più parte dei casi ti viene addosso, talvolta come un tir. Non c’è libero arbitrio. Non c’è equità. Non c’è giustizia bilanciata.

Ho un conoscente al quale (per sua fortuna, e sono così tanto lieto che ne abbia avuta!) non è mai successo nulla di duro.
La vita non hai mai presentato il conto. Mai. Nessun lutto in famiglia, nessuna altra perdita di rilievo.
Amicizie inconsistenti, senza mai un tradimento (non c’è tradimento, se prima non c’è alcuna fiducia da tradire).
Un matrimonio piccolo-piccolo-piccolo borghese con una lei più o meno uguale a lui. Un bebè ostentato a trofeo della loro sublime felicità a tutto il circondario.
Un lavoro nella pubblica amministrazione garantito da raccomandazioni oltraggiose, ripetute, e percepite però dal mio conoscente beneficiario come un atto dovuto. Per cui eticamente corrette, per paradosso, secondo lui e la sua lei.
Ebbene, il conoscente è ebbro del proprio (percepito) successo.
Sputa sentenze ogni tre per due. Son tutti stupidi gli altri, soprattutto se faticano in qualche modo per tirare a campare.
Non si può dire che si tratti di un Uomo nel senso qui voluto, direi. Ma se fosse andata meglio a lui?

Lo so bene che non è così, anche solo per via del fatto che, se lo guardo fisso negli occhi, si zittisce improvviso come un cagnolino mansueto, senza che io sia costretto a sciorinare chissà quali grandi argomenti dialettici (quasi percepisca il ronzio della corrente elettrica di un pericolo che gli sta intorno, e che non ha mai incrociato negli occhi…). Ma su di un piano puramente astratto – torno a dire – siam proprio sicuri con non sia andata meglio a lui?

Tutto ‘sto sproloquio per giungere ad una semplice constatazione:

- se uno si allena per fare la maratona, soffre sì, ma l’ha voluto lui, ed alla fine è contento di aver aspirato a raggiungere ed edificare il valore (positivo) dello sport, dell’atleta;
- se uno si danna per dare più giustizia al mondo e sfamare gli affamati, soffre sì, ma l’ha voluto lui, ed alla fine è contento di aver lavorato come missionario e perseguito il valore (positivo) di debellare la fame del terzo mondo;
- se uno si inerpica per il percorso tortuoso della ricerca del sapere, dandosi allo studio matto e disperatissimo, soffre sì, ma l’ha voluto lui, ed alla fine è contento di aver aspirato a raggiungere il valore (positivo) della cultura.

I tre signori di cui sopra, il maratoneta, il missionario, l’erudito, sono migliori dell’individuo comune, per diffuso ed implicito riconoscimento, che viene da sè e dagli altri. Ma se uno diventa uomo, è perchè gli son capitate una sacco di cose che, se avesse potuto decidere lui, ne avrebbe fatto volentieri a meno. E chi lo sa se è migliore poi… Tragico samba, direbbe il Visir.

Saluti.

Ps: non sono un gran che scherzoso oggi. Questione di minuti, poi mi rimetto al mio posto di Gino Bramieri.

Ultima modifica di marco gallione : 09-07-2007 alle ore 18.23.20.
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Vecchio 09-07-2007, 15.30.31   #5
visir
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Miti e realtà

Concordo sulla constatazione dell'esiguità del numero di uomini a fronte alla moltitudine di quaquaraquà.

In senso generale ogni uomo può essere un Uomo, ovvero realizzare quelle qualità e potenzialità intrinseche della propria natura sconosciuta.
Questo attaverso sforzi e sofferenze consapevoli.
Una realtà questa che deve essere approfondità attraverso: l'osservazione di se, una mente sana, un corpo integro nella propria energia e un Maestro che possa correggere ogni deviazione.
Ci vuole inoltre il tempo necessario per completare una tale opera.
Tutto ciò permettererà a chi aspira al proprio vero bene di essere un Uomo libero.

In senso particolare, il nostro amico chiedeva altro.
Era una domanda che partiva da un suo vissuto e dalla constatazione di una mancanza di maturità, di "pienezza" che, se proprio non si riconosce, almeno gli viene segnalata da chi gli vuol bene.

Prima di correre bisogna saper camminare.
Prima di abbandonare un ego , l'ego va costituito.
Prima di saper morire bisogna saper vivere.

Ci sono molti modi di toccare la stessa cosa su piani diversi, semplicemente.

Personalmente credo che già sia straordinario costruire per se stessi la propria natura di uomo e poi, se la vita ce lo lascia fare e lo meritiamo, abbandonare ciò che si è costruito per essere liberi.
Ma questo, a me pare, è un altro inizio....
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Vecchio 09-07-2007, 18.43.14   #6
pallina
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[quote=visir]
......................
In senso particolare, il nostro amico chiedeva altro.
Era una domanda che partiva da un suo vissuto e dalla constatazione di una mancanza di maturità, di "pienezza" che, se proprio non si riconosce, almeno gli viene segnalata da chi gli vuol bene.
...................
QUOTE]


A me, devo dir la verità, che "chi gli vuole bene" (ad Individuo, intendo) si senta in dovere di segnalargli qualcosa riguardo la sua "mancanza di maturità", mi suona un pò strano....
Non essendo più bambino (presuppongo) da un pezzo, che ci sia qualcuno che si prende la briga di fargli sapere "come dovrebbe essere" mi fa pensare alle orribili aspettative che alcuni, evidentemente, si sono creati su di lui.
Rispondere a dei canoni "di uomo maturo", ma per chi? mi chiedo....Non per Individuo che chiede solo di poter vivere come meglio crede e sente ma per chi, da quest'uomo, si aspetta chissà cosa.
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Vecchio 10-07-2007, 09.20.10   #7
catoblepa
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Citazione:
Originalmente inviato da pallina

A me, devo dir la verità, che "chi gli vuole bene" (ad Individuo, intendo) si senta in dovere di segnalargli qualcosa riguardo la sua "mancanza di maturità", mi suona un pò strano....
Non essendo più bambino (presuppongo) da un pezzo, che ci sia qualcuno che si prende la briga di fargli sapere "come dovrebbe essere" mi fa pensare alle orribili aspettative che alcuni, evidentemente, si sono creati su di lui.
Rispondere a dei canoni "di uomo maturo", ma per chi? mi chiedo....Non per Individuo che chiede solo di poter vivere come meglio crede e sente ma per chi, da quest'uomo, si aspetta chissà cosa.

Cara Pallina, forse non tieni conto che molti, non voglio dire tutti, hanno la tendenza a giudicare , più o meno frettolosamente o in maniera meditata, gli altri.
A te legittimamente fa specie che qualcuno si "permetta" di giudicare la maturità di Individuo, ma questo è un esercizio che chiunque di noi (negarlo sarebbe un pò ipocrita) ha fatto almeno una volta nella vita....

E, senza volere scatenare le consuete polemiche uomini/donne, sono spesso le donne ad emettere questi giudizi nei confonti dei loro uomini ("sei un bambino", "ma quando crescerai", "non hai le palle", ecc..) , in nome di una presunta maturità che per alcune donne sembra essere un elemento insito nel loro DNA, ma poi nella vita tutto da dimostrare (solo perchè vivono in un appartamento da sole pensano di essere più mature, sai?)

Naturalmente attendo una "interpretazione autentica" da parte di Individuo; potrei anche io aver male interpretato....
catoblepa is offline  
Vecchio 10-07-2007, 10.55.21   #8
visir
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Giudizi e realtà.

L'uomo, come più volte o scritto, giudica facilmente perchè capire è difficile.

Nondimeno siamo chiamati TUTTI a fare i conti con la vita e con gli altri.

Chiudersi in autistico "ma io sono come sono" è un atteggiamento infantile.
L'accettazione di "Io sono come sono" deve avvenire dopo un lungo percorso di riflessione e di confronto.
Solo chi ha studiato tutta una vita può dirti che i libri non insegnano niente e tuttavia continuare a leggere.

Il peso di una affermazione è determinato dalla vita che ci sta dietro. Punto.

Le donne rompono sempre le palle... ma meno male, dico io.
Esse sono uno sprone per un uomo a verificarsi e soprattutto a mantenere accesa la lampadina che illumina la realtà oggettiva e quella soggettiva.
Spesso le loro lamentele mascherano un interesse personale (quale donna oserebbe dirti che non sei uomo dopo che gli hai riparato il lavandino otturato da tre giorni), ma a volte nella loro spietata intuizione sono illuminanti, io personalmente le adoro, anche se non glielo faccio vedere.

Sopra ogni cosa quando converso, indago se quello che mi viene detto (sia da uomini che da donne o da gnomi) è per il mio vero bene, se è per aderire ad un modello precostituito e astratto oppure ad un interesse utilitaristico.
Spesso le tre cose conincidono, giusto per complicare le cose.

Non è mai facile, semplice magari, ma facile quasi mai.


A Marco dico semplicemente: ogni uomo deve rispondere per se stesso.
Esistenze di plastica ce ne sono miliardi, che te frega?
Pensa per te e pensa al Visir che ha taaaanto bisogno (tu sai che aspetto ancora il bonifico), e ricorda il detto della mia nonna: Osserva la vittoria e l'errore nell'altro, sono entrambi preziosi, perchè se il primo ti sprona a fare bene il secondo ti insegna cosa devi evitare. Vivi ogni giorno in serena contemplazione.

Eh si! La mia nonna era un vero uomo.

Ultima modifica di visir : 11-07-2007 alle ore 10.38.21.
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Vecchio 10-07-2007, 18.32.01   #9
individuo
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Citazione:
Originalmente inviato da visir

Eh si! La mia nonna era un vero uomo.


Sembrerebbe che l'essere uomo significhi essere saggi...

Ma a parte questo: spesso mi sento stanco e mi attaccano nella mia stanchezza, mi attaccano nella mio essere indeciso, nel mio modo di camminare, nel mio lamentarmi, nell'avere poca voglia di vivere, nelle mie " ciule " sul cibo, su certi locali, sul dormire, sulla mia assenza di ideali, di progetti...

Insomma ne potrei citare mille altri di esempi e questi sono tra virgolette i più materiali; quelli in cui io sono più vulnerabile, più facilmente attaccabile...

Devo ammettere che spesso mi trovo spiazzato e impreparato rispetto alle " sfide " che la vita mi propone quotidianamente...un pò come quando si dice che uno non ha la risposta pronta...insomma tra lo stimolo e il mio feedback in generale ci stà una bella pausa...a volte credo che questa pausa sia una mia necessità, per essere più sicuro della risposta che dò...ma a volte è come se non me ne fregasse pure nulla di rispondere...e non sò o meglio faccio fatica a capire se dentro di me c'è qualcosa che mi suggerisce che c'è tanta inutilità o se è una scusa per sottrarmi.

In fondo devo dire che la vita va molto di fretta e tutta questa fretta mi da ai nervi; il fatto è che non rispondendo a queste sfide rimango un pò ai margini di questa sovrastruttura- sistema creata dall'uomo...ma nella mia apatica stanchezza che spesso si confonde con il menefreghismo, lo ripeto, faccio fatica a capire se questa mia sensazione, che tante delle lotte che viviamo quotidianamente siano realmente inutili, sia una scusa che trovo per non affrontare o sia qualcosa di più " vero "...da qui spesso quel sentirsi dire " tu non sei un uomo "...

E se io fossi in un periodo di incubazione?...è vero, non è semplice capire quanto gli altri te lo dicano davvero per te o per se stessi, per uniformarmi a loro per la loro paura del diverso... il fatto è che io ho pure il " terrore " degli altri, non ho fiducia, ma non perchè ho paura che mi vogliano fregare ( un ignorante è solo ignorante, non ti vuol fregare ) ma perchè non mi fido del loro grado di sensibilità...( e già non fido del mio!! )

Insomma mi diventa spesso difficile essere obbiettivo; forse nella mia inazione mi sento inconsciamente, dannatamente, presuntuosamente sicuro di quel che sento che quello che mi dicono gli altri mi entra da una parte e mi esce dall'altra.

In questa situazione vorrei sapere cosa fare...resta sempre l'altra via, ovvero che prima o poi la vita ti presenta il conto e in parte me l'ha già presentato, ma forse sono scioccamente cocciuto, chissà...forse sono destinato a " sputtanare " la mia vita fino in fondo per prendere coscienza di questo processo che mi caratterizza e che io invece continuo a sentire essere la strada giusta.

Ultima modifica di individuo : 11-07-2007 alle ore 12.42.43.
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Vecchio 10-07-2007, 22.29.08   #10
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Cosa vuol dire essere uomo, se ha senso porsi questa domanda.

Lo chiedo perchè spesso i genitori oppure le ragazze dicono ( anche a me )...tu non sei un uomo...lo so che dovrei riferire magari il caso specifico in cui capita, ma preferisco rimanere sul vago per capire se, non voglio darne una definizione, questa affermazione può trovare un senso più generale al di là dei valori che ognuno ha, punti in comune dai quali in linea di massima non si può prescindere per essere definiti appunto uomini, (in senso maschile )

Sento questa esposizione un pò superficiale ...beh stiamo a vedè cosa salta fuori!!

Non vuol dire niente, è una frase appartenente a una mentalità retrograda e antica che dovrebbe ormai esser stata superata ma qui, in Italia, non è così... personalmente sono frasi che odio ("ma non sei un vero uomo/donna"...etc), SIAMO PERSONE, OGNUNA A SE STANTE CON PROPRIE CARATTERISTICHE, punto. Non capisco perchè la gente tenda ancora a classificare gli esseri umani in "uomo e donna", riducendo la varietà e la vastità di caratteristiche che, appunto, caratterizzano IL SINGOLO INDIVIDUO... dov'è l' originalità dell' "ego" in tutto ciò? Come speriamo di eliminare tutti questi ragazzi/e fotocopie quando gli stessi "mamma e papà" ci mostrano sin dall' infanzia, le regolette etiche e morali (per altro ottocentesche) da seguire? Regolette basate su concetti e ideologie antiche, appartenenti all' ignoranza... Questo tipo di frasi non si discosta molto dal pensiero paleolitico, quando l' uomo era visto come il più forte, colui che "fa", che caccia, che combatte... ***** ma il calendario si gira tutti i mesi!!! perchè mi sembra di rivedere quelle stesse cose che studiavo a scuola, quando ci parlavano del neolitico, del medioevo e, al massimo, dell' industrializzazione? Basta: la mentalità dell' Italia si è fermata li'...
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