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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 31-01-2006, 13.06.17   #1
ellea
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Razzismo e proiezione

Dunque: in soldoni vorrei chiedere se " razzisti si nasce o si diventa"e spiego perchè:

sto leggendo il libro di Tahar Ben Jelloun,"Il razzismo spiegato a mia figlia". L'autore sostiene che i bambini non nascono razzisti ma,in alcuni casi, lo apprendono con l'educazione.
Vale a dire che se un bimbo sente dire dai genitori che i bianchi sono superiori ai gialli, egli reputando vero quel che dice il suo "onnipotente" genitore apprende e si comporta coerentemente a quanto sente dire in casa.
Se l'educazione invece è orientata alla ricerca di valori comuni pur tra le mille differenze socio-culturali si può pensare di avere in qualche modo gli anticorpi per antagonizzare gli esempi di razzismo che possiamo avere intorno a noi.

Io, invece, mi ero fatta un'idea diversa.Da quando ho scoperto che esiste il meccanismo della proiezione, meccanismo assolutamente "democratico", mi pare, ho cominciato a pensare che l'antirazzismo è una conquista della nostra evoluzione, della nostra personale maturazione.E' evidente che la nostra educazione orienta valori, comportamenti e modi di pensare.Ma perchè si faccia spazio dentro di noi uno spazio autentico di accolgienza verso l'altro, fuori da maniere o buonismi, credo occorra tempo.

Si dice che, ad esempio, tutto ciò che è diverso può essere assunto a oggetto di proiezione di nostre paure, di nostri aspetti oscuri, non riconosciuti in quanto tali. E che tale paura potrà essere superata solo quando smetteremo di proiettare e riconosceremo come collocato dentro di noi ciò che davvero temiamo, piantandola di spararci film che coinvolgono altri al di fuori di noi.

Ultima modifica di ellea : 31-01-2006 alle ore 13.12.28.
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Vecchio 31-01-2006, 13.10.20   #2
sisrahtac
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Sono più d'accordo (anzi, assolutamente d'accordo!) con la tua visione che con quella del libro da te citato...

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Vecchio 31-01-2006, 13.23.25   #3
Elijah
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Re: Razzismo e proiezione

Citazione:
Messaggio originale inviato da ellea
Tahar Ben Jelloun

Beh... non ho ben capito se concordi o meno con Tahar...
Immagino comunque che tu sappia che lui è nato in Marocco, e che poi si è trasferito in Europa...
E che nel corso della sua vita si sia laureato in filosofia e sociologia...
Insomma, non mi pare uno sprovveduto... e certe situazione le ha vissute in prima persona - non è mai semplice da straniero integrarsi in uno stato nuovo.
E personalmente, non trovo affatto male i suoi libri...
Quello sul razzismo non mi è capitato però di leggerlo, quindi non posso fare commenti a riguardo.

Il mio umile parere:
razzisti si diventa

Hitler non è nato razzista... o pensi di sì?


Elia
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Vecchio 31-01-2006, 13.37.08   #4
ellea
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Re: Re: Razzismo e proiezione

Citazione:
Messaggio originale inviato da Elijah
Beh... non ho ben capito se concordi o meno con Tahar...
eh...non lo so..la lettura di quel libro contrasta con l'idea che mi ero fatta,in precedenza, in base alla quale "in principio" c'è la proiezione successivamente l'integrazione..
ho aperto il 3d per parlarne...





Citazione:



Hitler non è nato razzista... o pensi di sì?




Elia
ehm in effetti penso che Hitler fosse paranoico e malato ergo razzista...su questo ha scritto pagine interessanti Erich Fromm in "Fuga dalla libertà" che magari potrò riportare più estesamente in un altro momento...
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Vecchio 31-01-2006, 13.54.47   #5
Elijah
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Re: Razzismo e proiezione

Citazione:
Messaggio originale inviato da ellea
Eh...non lo so..la lettura di quel libro contrasta con l'idea che mi ero fatta, in precedenza, in base alla quale "in principio" c'è la proiezione successivamente l'integrazione..
ho aperto il 3d per parlarne...

Onestamente, non riesco a seguirti...
Anche se in principio ci fosse la proiezione - cosa intendi con questo non l'ho capito -, non si nasce di certo razzisti...

Non so se ti rendi conto delle conseguenze, se si dicesse che si nasce razzisti...
Ci si potrebbe iniziare a chiedere, se non è meglio uccidere quelle persone (nate razziste), perché potrebbero causare danni...

In realtà a me pare che è da razzisti dire che si nasce razzisti...! Come si può dire che un bambino a delle credenze e l'altro no...


Elia

P.S.:
Apro una parentesi su Adolf...

Citazione:

Ehm in effetti penso che Hitler fosse paranoico e malato ergo razzista...su questo ha scritto pagine interessanti Erich Fromm in "Fuga dalla libertà" che magari potrò riportare più estesamente in un altro momento...

Non mi hai detto se è nato razzista o meno...

Fatto sta, su Hitler, vorrei ricordarti che... è quando lui da giovane si è trasferito a Vienna, che egli è diventato particolarmente antisemita... Prima non mostrava tendenze in tal senso...
Perché questo cambiamento?

A Vienna l'antisemitismo si era sviluppato dalle sue origini religiose, in una dottrina politica, promosso da pubblicisti come Lanz von Liebenfels, i cui libelli venivano letti da Hitler, e da politici come Karl Lueger, il Sindaco di Vienna, o Georg Ritter von Schönerer, che contribuì agli aspetti razziali dell'antisemitismo. Da loro Hitler acquisì il credo nella superiorità della "razza ariana", che formò le basi delle sue idee politiche. Hitler arrivò a credere che gli ebrei erano i nemici naturali degli "ariani", ed erano anche in qualche modo responsabili per la sua povertà e incapacità di ottenere il successo che egli credeva di meritare.

Pezzo estratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Hitler

Chiusa la parentesi.
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Vecchio 31-01-2006, 20.46.11   #6
ellea
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Elia, permettimi una precisazione che non vuole essere polemica nei tuoi confronti, ma è prudenziale rispetto alla discussione di cui mi sento responsabile per il fatto di averla posta.

Mi rendo conto che l'argomento è molto delicato
e,parlandone, occorre badare ai toni, evitare di urtare le sensibilità così come occorre evitare di scivolare in posizioni radicali, fatte di bianco o nero.

Pertanto mi limito a spiegare la faccenda della proiezione,che in effetti potrebbe non essere nota,sorvolando sul resto perchè temo altrimenti di andare,senza desiderarlo, fuori e oltre il limite circoscritto della domanda che ponevo.

Proiezione è un termine di matrice psicoanalitica e viene utilizzato secondo me in maniera esemplare nella descrizione che Jung fa del processo di individuazione, e sinceramente non so se sarò capace di spiegarlo adeguatamente.

Detto in soldoni: la conquista dell'identità personale è un percorso, un tragitto che si percorre.

Uno dei punti fondamentali di questo processo consiste nel volgere lo sguardo dentro di noi,e guardare e riconoscere le nostre parti meno alte, nobili, per "integrarle" con tutte il resto. Fin quando quest'integrazione non è avvenuta si mette in atto la proiezione: ovvero si proietta fuori di sè ciò che non piace vedere dentro di sè.Succede allora che spesso si assuma un "capro espiatorio", ovvero un qualcosa o qualcuno su cui proiettare i nostri lati peggiori: attenzione , non perchè il capro espiatorio contenga in sè quei lati, ma perchè noi lo eleggiamo a depositario di quei lati.Il meccanismo della proiezione di fatto dovrebbe essere un meccanismo difensivo, poichè attraverso questo spostamento al di fuori di sè di ciò che di sgradito c'è in sè si attua una protezione dell'io, protezione necessaria fintanto che l'Io non sia diventato sufficientemente forte da non temere l'incontro con i propri "demoni interiori".
Mi pare fosse Melanie Klein a descrivere come già il bambino piccolo abbia dentro di sè pulsioni distruttive che proietta sul seno materno.

Ecco che allora ritorno alla mio primo post e mi chiedo :il razzismo è "solo" un fatto sociale e di cultura ed educazione oppure c'è un altro aspetto: ovvero fintantochè la capacità di ritirare le proiezioni no
n è compiutamente acquisita non può darsi un pieno antirazzismo, così come non può darsi una piena conoscenza dell' "altro", che spesso, in quanto diverso da me, incute timore e si chiama addosso le mie difese e le mie proiezioni che intralciano,in ogni caso, tutte le mie relazioni a vari gradi di intensità.

Pertanto, leggendo l'ottimo libretto di Tahar e condividendo le sue argomentazioni, pensavo a questo, semplicemente, come ho già detto dapprincipio:
.
"E' evidente che la nostra educazione orienta valori, comportamenti e modi di pensare.Ma perchè si faccia spazio dentro di noi uno spazio autentico di accoglienza verso l'altro, fuori da maniere o buonismi, credo occorra tempo.

Si dice che, ad esempio, tutto ciò che è diverso può essere assunto a oggetto di proiezione di nostre paure, di nostri aspetti oscuri, non riconosciuti in quanto tali. E che tale paura potrà essere superata solo quando smetteremo di proiettare e riconosceremo come collocato dentro di noi ciò che davvero temiamo, piantandola di spararci film che coinvolgono altri al di fuori di noi."

Ultima modifica di ellea : 31-01-2006 alle ore 20.51.51.
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Vecchio 06-02-2006, 09.35.11   #7
feng qi
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Re: Razzismo e proiezione

[quote]Messaggio originale inviato da ellea
[b]Dunque: in soldoni vorrei chiedere se " razzisti si nasce o si diventa"e spiego perchè:

sto leggendo il libro di Tahar Ben Jelloun,"Il razzismo spiegato a mia figlia". L'autore sostiene che i bambini non nascono razzisti ma,in alcuni casi, lo apprendono con l'educazione..

..Si dice che, ad esempio, tutto ciò che è diverso può essere assunto a oggetto di proiezione di nostre paure, di nostri aspetti oscuri, non riconosciuti in quanto tali. E che tale paura potrà essere superata solo quando smetteremo di proiettare e riconosceremo come collocato dentro di noi ciò che davvero temiamo, piantandola di spararci film che coinvolgono altri al di fuori di noi.

ciao ellea. Interessante sia questo che hai scritto,sia la spiegazione secondo juang delle proiezioni. Ci devo riflettere perché é davvero interessante.
Riguardo la tua domanda io penso che razzisti non si nasce: lo si diventa, e proprio per un modello educativo appreso e accettato, di provenienza genitoriale,o parenterale, o sociale.
Questa storia di hitler fa nascere in me una seri e di ricordi di grandi dittatori che si scatenano contro ideologie e aspetti del sociali che erano stato alla base della loro infanzia o adolescenza. Come un rifiuto e una punizione di ciò in cui erano cresciuti e in cui avevano creduto.
Recentemente, poiché lavoro anche con adolescenti, sto leggendo tutta la saga di Harry potter, che trovo molto aderente in alcuni aspetti, proprio al discorso del razzismo. Il signore oscuro a capo della rivolta per avere il potere assoluto, perseguita i maghi mezzosangue (cioé nati da matrimoni tra un mago e un non mago) e li elimina senza pietà. Ma lui stesso é un mezzo sangue! così come molti suoi seguaci, i mangiamorte, che seminano morte, sono mezzosangue feroci che perseguitano altri mezzosangue.. Non era ghoebel il braccio destro di hitler, uno dei più feroci e agguerriti persecutori degli ebrei, lui stesso mezzo ebreo? In tutti questi casi é lampante il desiderio di elevarsi al di sopra di una realtà personale, di qualcosa che è parte di noi, che l'io non accetta e che cerca di portare fuori e punire.

Questo post é molto importante perché esprime l'importanza di conoscerci profondamente soprattutto nelle parti meno belle di noi, trovare una spiegazione del perché siamo in un modo o in un altro, vedere se quel modo ci piace, se ci appartiene ancora, e infine se integrarlo coscientemente, oppure modificarlo e renderlo meno offensivo per gli altri e meno pesante per noi.

I tuoi conti mi sembrano che tornino,no?

feng qi
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Vecchio 07-02-2006, 21.11.43   #8
ellea
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Re: Re: Razzismo e proiezione

[quote]Messaggio originale inviato da feng qi
[b]
Citazione:
Messaggio originale inviato da ellea
Dunque: in soldoni vorrei chiedere se " razzisti si nasce o si diventa"e spiego perchè:

sto leggendo il libro di Tahar Ben Jelloun,"Il razzismo spiegato a mia figlia". L'autore sostiene che i bambini non nascono razzisti ma,in alcuni casi, lo apprendono con l'educazione..

..Si dice che, ad esempio, tutto ciò che è diverso può essere assunto a oggetto di proiezione di nostre paure, di nostri aspetti oscuri, non riconosciuti in quanto tali. E che tale paura potrà essere superata solo quando smetteremo di proiettare e riconosceremo come collocato dentro di noi ciò che davvero temiamo, piantandola di spararci film che coinvolgono altri al di fuori di noi.

ciao ellea. Interessante sia questo che hai scritto,sia la spiegazione secondo juang delle proiezioni. Ci devo riflettere perché é davvero interessante.
Riguardo la tua domanda io penso che razzisti non si nasce: lo si diventa, e proprio per un modello educativo appreso e accettato, di provenienza genitoriale,o parenterale, o sociale.
Questa storia di hitler fa nascere in me una seri e di ricordi di grandi dittatori che si scatenano contro ideologie e aspetti del sociali che erano stato alla base della loro infanzia o adolescenza. Come un rifiuto e una punizione di ciò in cui erano cresciuti e in cui avevano creduto.
Recentemente, poiché lavoro anche con adolescenti, sto leggendo tutta la saga di Harry potter, che trovo molto aderente in alcuni aspetti, proprio al discorso del razzismo. Il signore oscuro a capo della rivolta per avere il potere assoluto, perseguita i maghi mezzosangue (cioé nati da matrimoni tra un mago e un non mago) e li elimina senza pietà. Ma lui stesso é un mezzo sangue! così come molti suoi seguaci, i mangiamorte, che seminano morte, sono mezzosangue feroci che perseguitano altri mezzosangue.. Non era ghoebel il braccio destro di hitler, uno dei più feroci e agguerriti persecutori degli ebrei, lui stesso mezzo ebreo? In tutti questi casi é lampante il desiderio di elevarsi al di sopra di una realtà personale, di qualcosa che è parte di noi, che l'io non accetta e che cerca di portare fuori e punire.

Questo post é molto importante perché esprime l'importanza di conoscerci profondamente soprattutto nelle parti meno belle di noi, trovare una spiegazione del perché siamo in un modo o in un altro, vedere se quel modo ci piace, se ci appartiene ancora, e infine se integrarlo coscientemente, oppure modificarlo e renderlo meno offensivo per gli altri e meno pesante per noi.

I tuoi conti mi sembrano che tornino,no?

feng qi

Sai cosa penso....che sia difficile far tornare i conti se si assumono "vertici" diversi dai quali si osservano le cose.
Io credo che sia giusto parlare di educazione: è evidente che l'ambiente,il contesto, i rapporti sociali contribuiscono alla definizione dell'identità dell'individuo e dei suoi atteggiamenti e comportamenti.E se si osservano certi fenomeni lungo l'asse storico è evidente che il progredire della civiltà ha reso migliori i rapporti tra le persone, ha consentito di stabilire dei diritti che fino a tempo prima erano disconosciuti, ecc, ecc, ecc.

Nell'ambito della sola "pedagogia" si sono fatti passi da gigante, se si pensa ai programmi d'intercultura che oggi ci sono nelle scuole, alla sensibilità che si è fatta strada rispetto all'"Altro" e tutto il dibattito sul valore della "diversità": la chiusura delle scuole speciali, l'inserimento dei disabili sono anche queste delle conquiste che consentono un'educazione assolutamente diversa, oggi, rispetto al passato.

A tutto questo si è arrivati attraverso un percorso che ci ha portato sempre più a decentrare il nostro punto di vista e a relativizzare le posizioni. Pensare che si è stati "eurocentrici", e prima "etnocentrici": si è stati cioè capaci di leggere la realtà assumendo il proprio punto di vista come l'unico punto di vista esistente. Pare che Cristoforo Colombo fosse stato così centrato sulla sua cultura, sulle sue "aspettative" in base alle quali tutto doveva tornare tra ciò che "sapeva" pregiudizialmente, e ciò che scopriva che quel che lui riteneva di scoprire doveva essere una conferma di ciò che sapeva già.E così, se non mi sbaglio, nei suoi diari segnò che nelle terre dove si era venuto a trovare potè vedere i minotauri esattamente come descrivevano i testi che aveva letto!! Così preso da se stesso leggeva il mondo intorno a sè senza conoscerlo, senza lasciarsene stupire, ma riducendolo al suo modo di pensare e di vedere.Per superare simili prospettive sono occorsi secoli, e finalmente oggi, in sociologia come in psicologia ci si pone il problema dell'"osservazione", del punto di vista.Ma son questioni che si pongono oggi dopo secoli.
Ora seguendo questo ragionamento si potrebbe anche arrivare a dire che gente come Piaget, teorico massimo del pensiero egocentrico e formalizzatore delle fasi attraverso cui quel pensiero finisce per decentrarsi, progressivamente, ebbene lui pensò che "l'ontogenesi ripete la filogenesi" :il singolo individuo ripete, nel suo percorso, in modo "accelerato" le tappe che l'umanità ha percorso lungo la sua storia.Il bambino assume se stesso come "unico mondo" fin quando gradualmente il suo egocentrismo cede il passo e l'"altro" disconosciuto, travisato, finalmente trova una giusta collocazione in una "relazione duale".Fin quando il pensiero è tutto dentro l'egocentrismo, per il bambino-Colombo l'altro è fuori...ma seguirà la fase "Levi-Strauss"

Per questo dico che la questione in qualche modo "depende"dalla parte dalla quale la guardi..

sempre tutto preceduto da un enorme "forse"... sperando di non essere stata troppo confusa..

ciao
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Vecchio 08-02-2006, 09.39.22   #9
feng qi
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Re: Re: Re: Razzismo e proiezione

[quote]Messaggio originale inviato da ellea
[b]Sai cosa penso....che sia difficile far tornare i conti se si assumono "vertici" diversi dai quali si osservano le cose..
..Per superare simili prospettive sono occorsi secoli, e finalmente oggi, in sociologia come in psicologia ci si pone il problema dell'"osservazione", del punto di vista...Per questo dico che la questione in qualche modo "depende"dalla parte dalla quale la guardi..

sempre tutto preceduto da un enorme "forse"... sperando di non essere stata troppo confusa..

ciao
---------------------------------------------

no! sei stata chiarissima e ti ringrazio delle informazioni
a presto
feng qi
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Vecchio 08-02-2006, 13.07.30   #10
Weyl
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Proiezione e bisogno

Citazione:
Messaggio originale inviato da ellea


Pertanto mi limito a spiegare la faccenda della proiezione,che in effetti potrebbe non essere nota,sorvolando sul resto perchè temo altrimenti di andare,senza desiderarlo, fuori e oltre il limite circoscritto della domanda che ponevo.

Proiezione è un termine di matrice psicoanalitica e viene utilizzato secondo me in maniera esemplare nella descrizione che Jung fa del processo di individuazione, e sinceramente non so se sarò capace di spiegarlo adeguatamente.

Detto in soldoni: la conquista dell'identità personale è un percorso, un tragitto che si percorre.

Uno dei punti fondamentali di questo processo consiste nel volgere lo sguardo dentro di noi,e guardare e riconoscere le nostre parti meno alte, nobili, per "integrarle" con tutte il resto. Fin quando quest'integrazione non è avvenuta si mette in atto la proiezione: ovvero si proietta fuori di sè ciò che non piace vedere dentro di sè.Succede allora che spesso si assuma un "capro espiatorio", ovvero un qualcosa o qualcuno su cui proiettare i nostri lati peggiori: attenzione , non perchè il capro espiatorio contenga in sè quei lati, ma perchè noi lo eleggiamo a depositario di quei lati.Il meccanismo della proiezione di fatto dovrebbe essere un meccanismo difensivo, poichè attraverso questo spostamento al di fuori di sè di ciò che di sgradito c'è in sè si attua una protezione dell'io, protezione necessaria fintanto che l'Io non sia diventato sufficientemente forte da non temere l'incontro con i propri "demoni interiori".
Mi pare fosse Melanie Klein a descrivere come già il bambino piccolo abbia dentro di sè pulsioni distruttive che proietta sul seno materno.

Ecco che allora ritorno alla mio primo post e mi chiedo :il razzismo è "solo" un fatto sociale e di cultura ed educazione oppure c'è un altro aspetto: ovvero fintantochè la capacità di ritirare le proiezioni no
n è compiutamente acquisita non può darsi un pieno antirazzismo, così come non può darsi una piena conoscenza dell' "altro", che spesso, in quanto diverso da me, incute timore e si chiama addosso le mie difese e le mie proiezioni che intralciano,in ogni caso, tutte le mie relazioni a vari gradi di intensità.

Si dice che, ad esempio, tutto ciò che è diverso può essere assunto a oggetto di proiezione di nostre paure, di nostri aspetti oscuri, non riconosciuti in quanto tali. E che tale paura potrà essere superata solo quando smetteremo di proiettare e riconosceremo come collocato dentro di noi ciò che davvero temiamo, piantandola di spararci film che coinvolgono altri al di fuori di noi." [/b]


Concordo assai più con la tua posizione originale che non con quella che desumi dalla lettura di quel libretto.
Innanzitutto, però, una doverosa precisazione: la proiezione in Jung e Freud rappresenta un meccanismo "difensivo" dell'angoscia, meccanismo che ha lo scopo di "preservare" (non integrare) l'unità dell'Io a fronte dell'emergenza di vissuti o situazioni conflittuali.
Entro certi limiti, cioè, essa "difende" l'Io dal rischio di una disgregazione interna, la quale può essere più o meno drammatica, in funzione della "qualità" dell'angoscia emergente.
Se quest'ultima ha valenze "persecutorie" la proiezione può operare come un meccanismo di difesa psicotico, altrimenti può indurre comportamenti "riparatori" di carattere nevrotico.
Prendiamo il caso del sentimento di "colpa".
Se il meccanismo proiettivo appone sull'Altro il sentimento di tristezza vitale e di sofferenza che io provo, questo può consentirmi di porre in aqtto dei comportamenti riparatori che filtrano attraverso un vissuto di rtesponsabilità e colpa.
Tale dinamica può essere sana o nevrotica, come nel caso, ad esempio, del bambino che si autoaccusa di un fatto non commesso perchè non regge la "tensione interna" dell'accusa rivolta al suo gruppo.
Ma può essere più grave e destabilizzante ed assumere caratteristiche psicotiche, come quando la tristezza si muta in rabbia e si proietta sull'Altro il cui biasimo ce la induce, percependolo non più come il possibile "rivelatore" di un nostro atto mancato o scorretto, ma come un "persecutore" che ci attacca.
La proiezione, nell'uso che ne fa la Klein è, invece, sempre psicotica e corrisponde alla posizione schizo-paranoide del bambino: risultando pressochè "fisiologica" nelle prime fasi di vita e poi temperandosi e sostituendosi con altre forme di difesa meno massiccia (nella posizione depressiva).

Ma noi non possiasmo applicare "tout court" queste nozioni alla problematica del razzismo, poichè nel determinismo di esso entrano in gioco anche alcune dinamiche sociali e di gruppo, che trascendono ampiamente la psicodinamica individuale.
Nelle dinamiche di gruppo il soggetto ricerca anche il soddisfacimento di alcuni bisogni essenziali: quello di "sicurezza" sociale e quello di "appartenenza" o "radicamento", innanzitutto.
Il gruppo è, tendenzialmente, sempre "escludente", sia al suo interno (laddove si configurano sempre posizioni di anti-leadership e di "stigma" potenziale) come verso l'esterno (configurandosi, nei casi estremi, comportamenti aggressivi verso l'escluso ed il marginale).
Ora, a dare corpo a queste dinamiche dell'aggressività sociale può porsi, certamente, anche la "proiezione", ma essa non comporta alcun acting out, anche solo potenziale, senza lo sfondo gruppale di cui sopra.
Per cui, vedi, il "razzismo" o, meglio, l'intolleranza e l'aggressività verso il "diverso" sono l'effetto di una complessa dinamica dialettica che si media tra due esigenze che, in qualche modo, si ineriscono vicendevolmente: il bisogno di sicurezza sociale e di appartenenza, da un lato, e l'esigenza di preservazione dell'IO, dall'altra, tenendo conto che il gruppo determina inevitabilmente un potenziale diminutivo dell'Io che funziona, spesso, come un detonatore.

Ora, se avrai avuto la pazienza di seguirmi fin qui, comprenderai perchè i gruppi di bambini sono oggetti di osservazione molto interessanti: perchè in essi tutte queste dinamiche vengono agite in un modo ingenuo ed immediato.
Non diversamente si comportano gli adulti, ma è chiaro che l'elaborazione culturale rende più complesso il funzionamento dei gruppi.
Nei gruppi sociali adulti può accadere, paradossalmente, che la leadership venga perseguita proprio con lo strumento della tolleranza e dell'accoglimento.
Se "gratti" un po' sotto la superficie, però, vedrai subito riaffiorare la solita aggressività e l'intolleranza proprio nei confronti, magari, di chi si dichiara meno tollerante e disponibile all'integrazione!
Nei gruppi di bambini, invece, tutto è, di solito, molto più esplicito: il diverso, per qualsiasi ragione (è nero di pelle, parla balbettando, è troppo alto, è troppo grasso, etc. etc.) viene immediatamente attaccato ed escluso, spesso con una crudeltà disarmante.

Dunque, in sintesi, non è che si "nasca" razzisti, ma, certo, si tende sempre a diventarlo: in modo più smaccato da bambini, più larvato e insidioso da adulti.
Solo uno sforzo critico ed autocritico ci permette di esercitare un'autentica ed effettiva tolleranza.

Ultima modifica di Weyl : 08-02-2006 alle ore 13.11.05.
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