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Vecchio 17-01-2007, 18.15.02   #11
Wuaw
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Originalmente inviato da Rudello
...........
Perché personalmente non riesco a concepire l'ateismo se non (l'ho copiato da un'altra parte) come "un modo diverso di vedere un dio". E quando si citano persone di intelligenza straordinariamente ampia immagino che la loro idea dell'Assoluto sia talmente aliena per noi sempliciotti che è difficile pensarli se non come "atei".

........

Perfettamente daccordo!

Del grandissimo A.E. voglio riportarvi un pensiero che ho copiato da qualche parte:

L'alterazione della coscienza


Un essere umano è una parte del tutto chiamato da noi
'universo', una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Egli ha esperienza di se stesso, dei suoi pensieri e delle
sue sensazioni come di qualcosa separato dal resto. E' un tipo
di illusione ottica della coscienza. Questa illusione
è simile ad una prigione, ci restringe ai nostri
desideri personali e agli affetti per quelle poche persone
che ci sono vicine. Il nostro compito deve essere quello di
liberarci dall'imprigionamento ampliando il raggio della nostra
compassione fino ad abbracciare tutte le creture viventi
e l'intera natura nella sua bellezza.


Albert Einstein


Vi è il concetto ripreso anche da Thich Nath Hanh dell'interessere, per me una delle spiegazioni più convincenti della realtà.
Se poi interessa una ipotesi sul come si intersia c'è il bellissimo libro "Tutto è Uno" di Michael Talbot.
E per gli appassionati di fisica Il "Tao della Fisica" di F. Capra e "La danza dei maestri Wu Li"
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Vecchio 17-01-2007, 20.02.59   #12
Lucio Musto
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Originalmente inviato da Wuaw
Perfettamente daccordo!

Del grandissimo A.E. voglio riportarvi un pensiero che ho copiato da qualche parte:

L'alterazione della coscienza


Un essere umano è una parte del tutto chiamato da noi
'universo', una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Egli ha esperienza di se stesso, dei suoi pensieri e delle
sue sensazioni come di qualcosa separato dal resto. E' un tipo
di illusione ottica della coscienza. Questa illusione
è simile ad una prigione, ci restringe ai nostri
desideri personali e agli affetti per quelle poche persone
che ci sono vicine. Il nostro compito deve essere quello di
liberarci dall'imprigionamento ampliando il raggio della nostra
compassione fino ad abbracciare tutte le creture viventi
e l'intera natura nella sua bellezza.


Albert Einstein


Vi è il concetto ripreso anche da Thich Nath Hanh dell'interessere, per me una delle spiegazioni più convincenti della realtà.
Se poi interessa una ipotesi sul come si intersia c'è il bellissimo libro "Tutto è Uno" di Michael Talbot.
E per gli appassionati di fisica Il "Tao della Fisica" di F. Capra e "La danza dei maestri Wu Li"


Personalmente ho molta ammirazione per le persone piene di certezze certe ed assunti lapidari. Un poco scettico mi ritrovo invece quando certezze e lapidi ti vengono sbattute in faccia senza un minimo di commento, di ragionamento, di comprensibile dimostrazione.

Non è che io abbia la presunzione di capire, ma almeno vorrei essere rispettato nel mio modesto raziocinio.
Lucio Musto is offline  
Vecchio 18-01-2007, 02.00.33   #13
Wuaw
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Originalmente inviato da Rudello
Personalmente ho molta ammirazione per le persone piene di certezze certe ed assunti lapidari. Un poco scettico mi ritrovo invece quando certezze e lapidi ti vengono sbattute in faccia senza un minimo di commento, di ragionamento, di comprensibile dimostrazione.

Non è che io abbia la presunzione di capire, ma almeno vorrei essere rispettato nel mio modesto raziocinio.

Sinceramente non credevo di avere sbattuto in faccia certezze lapidarie, ma di essere intervenuto sulla scia di un discorso con riferimenti e citazioni e di avere indicato anche le fonti per eventuali approfondimenti.

Mi dispiace se ti ho "colpito".

Non credo di potere dimostrare niente a nessuno, sopratutto in questo campo dove più che di ragionamenti si tratta di esperienze e dato che la mia fonte di "certezza" è proprio il dubbio.
Se però posso esserti utile dimmi in che cosa il mio intervento ti ha turbato e mancato di rispetto.
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Vecchio 18-01-2007, 02.35.12   #14
Wuaw
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Sinceramente mi ha lasciato perplesso la reazione di Rudello al mio precedente intervento.
Vorrei ancora soffermarmi sui concetti a cui ho fatto allusione per chiarirli nei limiti delle mie possibilità e degli spazi di un forum.

Primo concetto: particolari forme di concepire Dio possono essere confuse con ateismo (partivo da una affermazione, che condividevo, dello stesso Rudello).
Di Dio si può cercare di dare una idea, che è la più alta che possa essere concepita da mente umana in una determinata situazione di evoluzione, e poi portare sempre più in alto questa idea mano a mano che l’evoluzione prosegue.
Oppure porre tale idea al di là dell’intelletto e rifiutarsi di parlarne, almeno in termini razionali.
Tale seconda scelta può essere confusa per ateismo.
E’ l’ateismo i Einstein, di Buddha o anche …….. dei mistici il cui Dio ha poco in comune con quello dei teologi.

Secondo concetto: il concetto di interessere.
Ho già citato Einstein, ed ovviamente non so aggiungere verbo alle sue parole.
Thich Nath Hanh invece spiega il tutto in modo molto semplice: il fiore è anche la terra in cui è cresciuto, l’acqua che lo ha innaffiato, l’aria da cui ha preso ossigeno ed anidride carbonica, il concime che lo ha nutrito, e continuerà a vivere, in altra forma, negli stessi componenti per il futuro.
Similmente l’uomo.
Poi c’è la spiegazione olografica.
L’ologramma è una particolare forma di fotografia (mi scusino gli addetti ai lavori ma semplifico al massimo) ottenuta tramite raggi laser che ha una particolare caratteristica. Sulla “pellicola” ad occhio nudo non è rappresentato l’oggetto fotografato ma un insieme più o meno indistinto. Solo proiettando con un sistema laser simile a quello che ha effettuato la ripresa si ottiene una riproduzione fedele e tridimensionale dell’oggetto fotografato.
Fin qui niente di strano.
La stranezza comincia nel momento in cui si divide la pellicola in parti e si riproietta una parte.
Ogni frammento riproduce l’intero (con una perdita solo di un po’ di definizione).
In pratica l’immagine è mescolata ed indivisa (interconnessa?) nella pellicola e solo il procedimento dà una forma a noi comprensibile distinguendo per esempio una mela (se è questo l’oggetto fotografato) dallo sfondo.
L’ipotesi è che la realtà sia come la pellicola ed i nostri sensi come i laser che scompongono ed isolano.
Qualcuno ha anche riscontrato che il modo di funzionamento dei sensi e dei laser ha qualcosa in comune (credo che si rifaccia alle serie di Fourier).
Inoltre, almeno per alcuni scienziati, anche la memoria avrebbe caratteristiche olografiche e non ci sarebbe un rapporto uno ad uno fra ricordi ed aeree del cervello.
Sempre nel campo della interconnessione c’è poi la fisica delle particelle subatomiche.
In brevissima sintesi non solo le teorie più accreditate ricondurrebbero tutto ad energia, ma soprattutto negli esperimenti si è riscontrata una interazione fra particella ed osservatore per cui la realtà risponde in modo diverso a seconda di come è interrogata. In pratica l’osservatore modifica la realtà ed in un certo senso la condiziona.
Osservatore e particella sono interconnessi.
Altri studi ancora hanno messo in evidenza che nelle reciproche interazioni le particelle si generano l’una dall’altra fino ad arrivare alla teoria che ogni particella “contiene” tutte le altre.

Chiedo scusa, si tratta di una brevissima sintesi di argomenti appresi da libri di divulgazione scientifica, destinati non a scienziati ma a gente che si interessa a questi argomenti non dalla posizione di addetti ai lavori ma di semplici curiosi.
Se qualcuno vuole approfondire, oltre ai riferimenti che ho già anticipato, posso fornirne altri oltre alla mia limitatissima conoscenza (non diretta).
Wuaw is offline  
Vecchio 18-01-2007, 02.43.14   #15
DomenicoMaria
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Caro Acquario 69, ti ringrazio.
Personalmente, ricordo di essermi sprofondato tante volte, da molto giovane (non che sia vecchissimo) in quelle belle e avventurose considerazioni in cui ci piace commisurare fenomeni ed entità ultraterrene secondo i nostri abituali canoni umani.
Però, con l’esperienza di vita, ho capito che non si può misurare, ad es., la febbre con il metro ed allora credo che il nostro compito sia quello di limitarci a considerare la vita reale per quello che essa ci comunica, cercando al massimo di superare i limiti della nostra percezione, dovuti al pregiudizio, per riuscire a valutare nel miglior modo possibile il reale contingente.
Insomma, restare con i piedi a terra è la nostra salvezza, perché son convinto che per quello che saremo domani conta tanto quello che riusciamo ad essere oggi e come costruiamo il presente.

Infatti, non potendo gettare gli occhi al di là del muro non ci resta che la possibilità di credere a quella che ci si presenta come una testimonianza. Non ha infatti chesto la fede, Cristo, in luogo dell’apertura mentale ed oculare?
Nel caso della cristianità, i testimoni sono gli apostoli, i suoi discepoli e tutti coloro che hanno fatto la storia successiva.

Tale storia si può cercar di distorcerla, di assimilarla ad altri moventi e situazioni, di mistificarla ma essa si presenta a noi in ogni caso per come ci è pervenuta e continua a soddisfare, col suo messaggio di speranza, il nostro sostrato ontologico più profondo. Questo è il sintomo ed ogni sintomo, come ho già detto altrove, denuncia un fatto; senza fatto non esisterebbe sintomo, perché questa è la nostra natura!

Socialmente, come fenomeno antropologico, noto che la fede nella testimonianze che possediamo (perché il cristianesimo non varrebbe nulla se non fosse tangibilmente inserito e presente materialmente, anche documentariamente nella nostra storia) vale più di tutte quelle evidenze fenomeniche odierne che in noi destano sì stupore, ma lasciano il punto interrogativo sul loro significato.
Sono tuttavia convinto nel considerare la spiritualità nell’ambito del reale e non del fantastico né del sentimento. Credo che essa possa rispondere, infatti, a istanze fisiche per noi non misurabili né concepibili, perché così mi porta a pensare la “misura” della mia esperienza della nostra fisicità in questo mondo.

Ecco perché non vado oltre questa cauta affermazione, che ritengo possa esser solo prodromo di arzigogoli mentali dall’ozioso esito.

Saluto caramente tutti.
DomenicoMaria is offline  
Vecchio 18-01-2007, 10.46.57   #16
Lucio Musto
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Originalmente inviato da Wuaw
Sinceramente non credevo di avere sbattuto in faccia certezze lapidarie, ma di essere intervenuto sulla scia di un discorso con riferimenti e citazioni e di avere indicato anche le fonti per eventuali approfondimenti.

Mi dispiace se ti ho "colpito".

Non credo di potere dimostrare niente a nessuno, sopratutto in questo campo dove più che di ragionamenti si tratta di esperienze e dato che la mia fonte di "certezza" è proprio il dubbio.
Se però posso esserti utile dimmi in che cosa il mio intervento ti ha turbato e mancato di rispetto.


Assolutamente no!, amico mio, nessunissimo turbamento, alcuna offesa!.
Mi riferivo piuttosto al grandissimo A.E. (pur parlando comunque in generale).
Ma probabilmente nemmeno a lui, per il quale, puoi credere, ho una sconfinata ammirazione.

No, solo il modo di dirle, le cose. E quasi tutti gli scienziati, i medici, i caporali dell'esercito e i capiufficio di strutture statali ce l'hanno come per intercalare.

Come se dicessero: "questa verità la dico io, e la mia affermazione ne sugella l'assoluta inappellabilità"... la lapide insomma. E questa forma di prosopopea mi dà irritazione comunque, anche se poi le cose dette sono ragionevoli, comprensibili e condivisibili.
Ma il "dictat" ti taglia fuori dal colloquio, e io mi sento come in collegio, dove per parlare, devi prima chiedere il permesso al capoclasse... meritevole per essere il nipote del bidello!

Con ogni cordialità e stima

Lucio Musto is offline  
Vecchio 21-01-2007, 03.01.44   #17
DomenicoMaria
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Un essere umano è una parte del tutto chiamato da noi
'universo', una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Egli ha esperienza di se stesso, dei suoi pensieri e delle
sue sensazioni come di qualcosa separato dal resto. E' un tipo
di illusione ottica della coscienza. Questa illusione
è simile ad una prigione, ci restringe ai nostri
desideri personali e agli affetti per quelle poche persone
che ci sono vicine. Il nostro compito deve essere quello di
liberarci dall'imprigionamento ampliando il raggio della nostra
compassione fino ad abbracciare tutte le creture viventi
e l'intera natura nella sua bellezza.


Rudello ha ragione quando dice di diffidare dalle lapidi. Le verità che ci riguardano sono scritte già in noi, come seme coltivato da curare e far crescere. In quest’ottica, al massimo, possiamo giusto condividere consapevolmente quello che è una riflessione da uomo e non da scienziato qual’è A.Einstein.


La prigione di cui egli scrive la proviamo tutti i giorni della nostra vita; il fatto che lui la scriva non è un’intuizione particolare, ma quella stessa che tutti noi posiamo provare nella nostra esistenza.
Essa non è di origine psicologica ma ontologica.
Lo dimostra qualsiasi tentativo fallito di riduzione a fenomeno psichico controllabile dall’esterno tramite condizionamento (nella psichiatria anche chimico) con il quale, al massimo, si riesce a riportare allo stato di “normalità” un’eccesso di emozione dovuto a squilibrio fisiologico.

Essa, non è una malattia ma la condizione che ci è data da vivere in tutti i momenti della nostra vita e che ci ricorda ogni momento il nostro viaggio verso la morte.

Essa precede ogni consapevolezza, come ho esemplificato precedentemente nella storia raccontata occorsa tra me e mio figlio di sei anni, per cui non è classificabile banalmente come cosciente paura della morte.

Essa è “presentimento del vero”, cioè quella sensazione inspiegabile che dipende dalla realtà della nostra vera natura di esseri immortali.

Le religioni, con i loro rituali, non sono altro che la nostra modalità nel tentativo di rapportarci con l’Infinito immanente, verso cui tendiamo e nella cui “dipendenza” ci sentiamo finalmente liberi.

La libertà che cerchiamo a tutti i costi nella vita non è altro che il tentativo istintivo di liberarci dalla nostra prigione, in tutti gli aspetti che esso si presenta; l’unico modo di domimare l’impeto è la conquista di una coscienza di sé che si avvicini alla verità di noi stessi e ci fornisca la caparra cosciente del riscatto finale. Per fare questo occorre un gancio esterno altrimenti, volendo fare da sé, sarebbe come prendersi per i capelli mentre si cade nel vuoto.

Nella coscienza cristiana questo gancio è Cristo.

Il compito di Cristo, la sua opera di salvezza, riguarda appunto la “rivelazione” di questa nostra essenza per la quale integrità ci ha indicato una strada. Egli ha detto che Lui stesso è la strada, ovvero, il Suo santo esempio di vita che prende valore solo se vissuto nella fede nel nostro destino promesso, attraverso la Sua verità : questo è per noi. La ribellione della ragione a questo, non è altro che l’annichilimento di noi stessi ed è una pena che ci ricade immediatamente addosso, perché brucia l’esigenza della nostra ontologia.

In conclusione, A.Einstein sbaglia quando afferma che dovremmo o dovremo fare una cosa di cui non siamo fisiologicamente in grado di concepirne la dinamica fattiva: abbracciare l’infinito. Questo perché non rientra nel nostro obiettivo, perché noi di già lo abbracciamo, facendone parte.
Non è la compassione come sentimento che ci fa abbracciare il tutto; questo non corrisponde al nostro reale contingente.
L’abbraccio al tutto come “dipendenza” e “appartenenza” ad esso lo confermiamo nella consapevolezza solo grazie all’intuizione rivelata dall’accettazione della comprensione di noi stessi, nell’umiltà del riconoscimento dell’impotenza della ragione ai fini nostri ontologici e nella volontà di proseguire un cammino di “ascesi” in questo Tutto, gratificando il nostro tentativo di rapportarci e raggiungere Dio già nella nostra vita terrena aprendo il nostro cuore in luogo della mente.

Solo aprendo il cuore si può vivere la vera compassione – come condivisione della coscienza col Tutto immanente – nel tentativo di fondere il nostro essere con quel Tutto, appunto, a cui sentiamo di appartenere.

La libertà quindi non è altro che dipendenza. Dipendenza da quel Tutto immanente in cui ci sentiamo liberi, come nell’abbraccio col proprio padre.

Saluti cari a tutti.
DomenicoMaria is offline  

 

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