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Vecchio 26-07-2005, 17.53.28   #81
gyta
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Messaggio originale inviato da Estragone
Per quanto ovvio, specifico che ciò che ho riportato nel post da te quotato non è frutto di mie personali speculazioni, ma si tratta di..
.. Ciao

Hai spiegato molto bene tutti i passaggi..
che trovo sulla stessa linea del "buddismo"
non diversi quindi da ciò che sento anche
il mio abbracciare la questione..!
Mi piacerebbe spendere qualche parola in più
ma desidero farlo in un momento di maggiore calma..

Un saluto!



Gyta
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Vecchio 27-07-2005, 08.57.54   #82
gyta
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Ciao, Estragon!
In relazione alle mie annotazioni di ieri sul tuo scritto
aggiungo alcune considerazioni, brevemente..

Non so.. Non mi sento pronta a parlare di un determinato "livello"
e con il solo intelletto non mi ci metto nemmeno
(per me sarebbe come andare fuori strada)

Ho un punto però da sottolineare..:
l'assoluta mancanza di desiderio
coincide con l'assoluta incapacità di gioire d'essere
in tutta la sua apparente mutevolezza
Non ho costruzioni mentali su Dio
e non le voglio avere,
se mai qualcosa cerco è d' "ancorarmi" alla radice dell'essere,
non al suo pensiero, non ad un stantio aspetto percettivo rappresentatorio;
miro a ciò che forse non posso nemmeno concepire col pensiero,
tanto meno con le parole.
Miro a qualcosa che percepisco eppur senza connotati,
e non è poesia (anche se può esserla) è che nel momento
che tento d'incastrarla con la rappresentazione delle parole
sfugge come da una rete a maglie larghe.

Ma di una cosa sono sicura..:
non è con l'assoluto annullamento del desiderio che avviene quel "cambiamento" (=essere, percepire)
ma attraverso una strana "febbre" che io chiamo "gioia", gioia di essere
(al di là dell'apparente mutamento delle circostanze 'felici' o 'tragiche'),
quella gioia che intellettualmente esprimeremmo come "desiderio d'essere" (ma tutto il punto sta in quell' "essere"!) e solo con tali occhi la morte realmente non è più.

Quando sento frasi come "distacco" "Dio negazione della negazione" (giustamente Mirror a sottolineare "affermazione dell'affermazione"!) sento giungere il cuore dello spauracchio della più bieca morte spirituale..

Le parole hanno un peso
seppur spesso soggettivo..
Non contro di te questo discorso
ma contro gli infelici che eleggono a trono di Dio
la loro stessa impotenza.

Un saluto..!*



Gyta

*(spero d'essere stata quel minimo chiara
sono stanca stamani.. )
gyta is offline  
Vecchio 27-07-2005, 11.07.53   #83
Estragone
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Citazione:
Ho un punto però da sottolineare..:
l'assoluta mancanza di desiderio
coincide con l'assoluta incapacità di gioire d'essere
in tutta la sua apparente mutevolezza
L’assoluta mancanza di desiderio comporta anche l’assoluta mancanza di alterità, di differenza, di aggiunta. Ciò rende la gioia essenza pura, priva di aggiunte, Unicità nell’Uno, immobilità ed immutabilità, priva di mutevolezza, perfetta in sé per sé.

Citazione:
Non ho costruzioni mentali su Dio
e non le voglio avere,
Non ho costruzioni mentali su Dio
e non le posso avere
Citazione:
se mai qualcosa cerco è d' "ancorarmi" alla radice dell'essere,
così ho svanito anche la radice dell’essere, che credo proprio non sia. E’ mutevolezza cangiante, soggetta all’interpretazione propria ed altrui, ma anche sottoposta al perenne spirare dei venti a cui si adatta per non spezzarsi. Un mutante ipocondriaco che assume abiti multiformi: talvolta sgargianti e folli, quando è in lui la vivida follia, talaltra dimessi e lisi, necessari per l’accattonaggio dell’Io. Non vi è radice nell’essere, vi è solo un profondo attaccamento a ciò che gli si costruisce intorno, perché anche l’essere è costruzione che si amalgama ed aggruma nel ‘cammino’ che ci pariamo di fronte. Non vi è essere radicato in un qualcosa che possa essere diverso da quel che noi eleggiamo ad essere. La sua radice è infitta in un terreno arido e franoso, e tutto è quindi solo contingenza che ci lusinga su noi stessi. C’innamoriamo di questa parvenza, e ciò accade soprattutto quando lo odiamo. Odiamo per eccesso di innamoramento, ed amiamo per eccesso di capacità ad edificarci, a crearci.



Citazione:
Miro a qualcosa che percepisco eppur senza connotati,
e non è poesia (anche se può esserla) è che nel momento
che tento d'incastrarla con la rappresentazione delle parole
sfugge come da una rete a maglie larghe.
Vero! Concordo! Le parole non sono in grado, per propri eterni limiti, a varcare quel limine, quella soglia fra il detto, l’espresso, e il non detto, in-espresso. Sono limiti esse stesse, ogni volta che si apprestano a superarli, li creano. Un animo, una sensazione, un’emozione non possono essere espressi e significati attraverso le parole.


Citazione:
quella gioia che intellettualmente esprimeremmo come "desiderio d'essere" (ma tutto il punto sta in quell' "essere"!) e solo con tali occhi la morte realmente non è più.
Ecco, appunto <desiderio d’essere>. E’ forse proprio questo desiderio che edifica l’essere, che lo espone a noi stessi e al prossimo, che c’instilla il dolore per la perdita di questa percezione, che c’insinua la gioia per la ritrovata essenza dell’essere, sempre creato, mai reale. Nel fondo di noi stessi, di questa in-essenza pura, però avvertiamo l’eco della menzogna. E’ solo quando scendiamo dentro questo profondo fondo che leggiamo quella notte dell’essere, che siamo sfiorati dall’inconsistenza di quanto, figlio dell’elaborazione, noi definiamo essere ed Io.
Forse sono troppo tetro? Solo l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi, aggrovigliando gioie e tormenti che trasciniamo appresso a noi come un penoso e gioioso gravame, nello svaporio continuo delle nostre indomite certezze, sempre dome ma mai obliate totalmente. E’ però vita! l’unica che abbiamo, e l’unica entro cui siamo immersi… privati del dono di obliarci totalmente, siamo mneme, e nei ricordi ci riedifichiamo ogni volta che ci perdiamo.

Citazione:
Quando sento frasi come "distacco" "Dio negazione della negazione" (giustamente Mirror a sottolineare "affermazione dell'affermazione"!) sento giungere il cuore dello spauracchio della più bieca morte spirituale..
Affermare un qualcosa implica negarne un’altra… una semplice negazione, afferma una qualche alterità. Affermare di affermare è una semplice tautologia: è sempre affermare, quindi sempre negare. Negare la negazione è, invece, l’assenza della negazione stessa, senza con ciò affermare alcunché. E’, quindi, l’assenza della differenza. In tal senso devi leggere il particolarissimo enunciato di Echkart.
Ma non è qui il punto centrale, questa è solo una specificazione dovuta. La morte non è solo nella consistenza della morte stessa. Solo nel vuoto non si percepisce il vuoto, solo nel Nulla non si percepisce il Nulla. La morte è percepita proprio perché altro rispetto a ciò che noi definiamo vita. La gioia la si percepisce solo per via della contrapposizione col suo contrario, così funziona per la sofferenza. Ma quando si è all’interno dell’indifferenziato, tutto è gioia, tutto e dolore, tutto è Nulla. Perché solo entro questa indifferenziazione si oblia la percezione di un qualcosa, per cui tutto è percepito e nulla è percepito. Si è dentro e parte della gioia e la si ‘vive’ con interezza. Questo, naturalmente, è sempre interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso.


So di non essere stato chiaro, ma spero che tu legga lo stesso, alle volte le parole non colpiscono l’attenzione, entrano dentro… a me è capitato più volte.
Ciao
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Vecchio 28-07-2005, 07.00.53   #84
gyta
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Vedi, c'è un punto che dovremmo chiarire..
Tu consideri "desiderio" un movimento "da.. a",
comprendo! E quanto di norma si concepisce con il termine "desiderio"!
Ciò che invece io tendo a sottolineare è una sorta di "desiderio" dove non c'è movimento "da.. a" ,
ma <coscienza d' "abbraccio">, desiderio senza movimento ma già nell'immediato soddisfatto..
Lo chiamo "desiderio" (distinguendolo però dal classico 'banale' desiderio classico e comune, dove ciò che si desidera sta "fuori", sta nell'appropriazione di qualcosa che non ci appartiene, o nel divenire ciò che non siamo)
perché nonostante non sia un movimento "da.. a" concepisce in sé una "apertura", una non staticità..
E' un' "apertura" nel "sentire", è un accorgersi di "possedere"(di "possedere" già tutto perché si è la "chiave" del "possesso" stesso..) Un "possesso" che è "abbraccio", "apertura", mancanza di "confine", dove "x" non è "lì" ed "io" "qui", è una "fusione" se vogliamo, ma senza la confusione delle vesti d'apparenza dell "io" e di "x";
cosciente del piano relativo di una visuale, di una vista so che questa non è che visione interpretativa parziale data dai sensi che posseggo, anzi attraverso cui sperimento.(il dalai lama fece l'esempio di un uomo che porta degli occhiali con lenti colorate per esemplificare).
Parlo di "desiderio" perché esiste il "trovato" anche se non più in un piano di movimento (da..a) ma coesistente di già, con ciò però che comporta il "trovato" e cioè il senso di "soddisfazione", di "completezza", di "gioia" se vogliamo così chiamarla, per quanto limitativo poiché è più senso di "libertà" di "soddisfazione", ma lontano da "apatia statica", ecco perché (lo chiamo) "desiderio".E' "essere già dove si vorrebbe arrivare" -in un certo senso.

Proprio perché le parole sono così sfuggevoli e troppo spesso emozionalmente soggettive che tento di spiegare ancor meglio ciò che io vi intendo, per poter nell'ambito del possibile dare un connotato oggettivo ad una questione che spesso viene tralasciata per difficoltà di un linguaggio troppo impregnato di soggettività fraintendibile..
Ho però come una latente impressione che tu con la speculazione intellettuale ci vada alquanto a nozze..
non so.. è un'impressione.. (dai)definizioni "secche" come se tu ti astraessi su di un piano filosofico e non esperienziale; l'esempio è in affermazioni come "negazione della negazione" nella quale chiunque riconosce sembra ombra di dubbio -con un minimo di logica sintattica- sia il rimarcare della mancanza della negazione, che il voluto sottolineare di una mancanza -principalmente- di differenziazione.

Dire "ho svanito la radice dell'essere", dire "credo proprio non sia"
sono anche queste 'speculazioni intellettuali', astrazioni, o meglio "interpretazioni mentali",
"colorazioni del sentire" e come tali non possono essere che ancora "illusione",
dire "entro (la completa) indifferenziazione si oblia (la coscienza de) la percezione"
è dipingere con il linguaggio attraverso connotati relativi alla dimensione mentale umana ciò che riguarda un'altra "dimensione" nella quale il mentale è lettore-traduttore inappropriato, come far leggere una formattazione in dvd ad un lettore audio.. Che il simbolismo rimanga tale senza la presunzione di poterlo traslare ad una comunicazione nel dettaglio esperienziale..!
Se nel linguaggio simbolico-espressivo "non essere" ed "essere" possono fondamentalmente avere stessa valenza il portarlo su di un linguaggio comune nella comunicazione verbale dell'esperienza significa privarlo fondamentalmente di tale valenza e predisporre l'ascoltatore alla deduzione primaria dell'inesistenza dell'essere,
cosa che nel linguaggio spicciolo porta solo all'annientamento del genere umano e non ad una consapevolezza di "altri" parametri.. Attenzione! Tale percorso sembra alla luce del giorno ma non o è!

Dove la filosofia vuol farsi serva nel portare un messaggio spirituale questa fallisce, portando il messaggio con un linguaggio che non l'è consone, estrapolando il messaggio stesso dal suo contesto!
Ecco perché dico.. meglio avvicinarsi a descrivere i processi interiori del proprio cammino anziché farne manifesti dell' "Assoluto oggettivato"!! Ben vengano i simboli e la matematica "pura" a farci abbracciare, ad essere sentore di altre modalità del concepire, ma senza la presunzione di parlare la medesima lingua di "quel" mondo..! Poiché se il punto è "abbracciare" "quel" mondo, giungere alla percezione dell' "Uno", alla nostra "trasformazione" (qui ed ora!) ogni "modalità" dovrà tener presente della nostra, delle nostre braccia, dei nostri sensi, nel nostro concepire per non giungere all'auto-annientamento come unica soluzione a ciò che diversamente risulterebbe incommensurabilmente trascendente (senza ombra d'immanente!!)
Questo significa "la mente mente"! Significa che la mente sta a rappresentazione e non in qualità esplicitativa!
Spiego ancor meglio.. come spiegare ad un cieco dalla nascita la consistenza dei colori!
Qual'è "il suono della luce"..?
Il "suono della luce" è simbolo, rappresentazione molla/sentore d'indagine,
non linguaggio mentale esplicitante ma (lontanamente!)esplicativo [tendente ad "illustrare", non a "spiegare" (alla mente!)]
Ecco i Koan atti a far crollare l'edifici mentali del concettuale in nome d'un immediatezza della percezione,
fuori dalla dinamica logica consequenziale del ragionamento induttivo, che -ahimè- ad un certo livello chiude il cerchio in se stesso!!
Sotto quest'ottica allora "affermare una cosa non significa negarne un altra"!!
Di sicuro solo nel vuoto non si percepisce il vuoto,
e nel nulla non si percepisce il nulla.. :questo il suono del battito di una sola mano!!
Ma non perdiamo di vista il fine di questo
atto al percepire, e non al disquisire intellettuale..!!
La filosofia deve, può essere mezzo di "trasformazione", non.. fine!
Il mezzo porta(=portare) ma non è!!!!!!!!!

Piccola curiosità.. dici:
"tutto questo è interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso",
cosa significa, che ciò che hai scritto è a commento di un percorso altrui..?
Non è un'accusa ma centrare il punto alla nostra indagine.. ti pare?
Perciò dico.. non "l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi"
ma l'accettazione dei "limiti" che diventa cancellazione dei limiti stessi..
ma anche questo è poesia..(cioè.. auto-celebrazione di simbolismo ovvero, ancora(avv.), rappresentazione mentale!).. !

Un saluto..!



Gyta

Ultima modifica di gyta : 28-07-2005 alle ore 07.16.36.
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Vecchio 28-07-2005, 07.30.26   #85
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errata corrige!

Citazione:
Messaggio originale inviato da gyta
..Questo significa "la mente mente"! Significa che la mente sta a rappresentazione e non in qualità esplicitativa!

esplicitante!

(scusate gli eventuali altri errori,
alcuni "voluti" in un plasmare di linguaggio
altri no!!
Di solito rileggo più volte lo scritto
non sempre ne ho il tempo)

Grazie!

Gyta
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Vecchio 28-07-2005, 10.41.56   #86
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Parlo di "desiderio" perché esiste il "trovato" anche se non più in un piano di movimento (da..a) ma coesistente di già, con ciò però che comporta il "trovato" e cioè il senso di "soddisfazione", di "completezza", di "gioia" se vogliamo così chiamarla, per quanto limitativo poiché è più senso di "libertà" di "soddisfazione", ma lontano da "apatia statica", ecco perché (lo chiamo) "desiderio".E' "essere già dove si vorrebbe arrivare" -in un certo senso.
Accenni al ‘trovato’, alludendo al fine, ad una meta che sia anche apertura verso un ‘sentire’ più ampio, che spazi nella sua visione su una vallata infinita da un punto di visuale situato su una cima di un monte, mentre d’intorno non vi è rifrangenza, non vi è atmosfera che ostacoli questa visione. E’ un bel sogno, una bella speranza, una grande lusinga. Il ‘desiderio’ che descrivi è uno stazionare nell’immutabilità mentre osservi la mutabilità delle cose… il fulcro e il centro intorno a cui ruota la sfera.. il punto fermo che non si avvolge e non si attorciglia in se stesso nel vortice che non lo tange. E’ un satori che non conosco, che non intendo negare, ma che non cerco.

Citazione:
Ho però come una latente impressione che tu con la speculazione intellettuale ci vada alquanto a nozze..
non so.. è un'impressione.. (dai)definizioni "secche" come se tu ti astraessi su di un piano filosofico e non esperienziale; l'esempio è in affermazioni come "negazione della negazione" nella quale chiunque riconosce sembra ombra di dubbio -con un minimo di logica sintattica- sia il rimarcare della mancanza della negazione, che il voluto sottolineare di una mancanza -principalmente- di differenziazione.
Complimenti! Hai centrato il punto, hai ben enucleato il senso di quel che intendevo affermare. Le parole non sono mai sufficientemente esplicative, quasi mai compiutamente significative, non raccolgono in sé il vero significato, trasportandolo nel proprio viaggio immaginario che si compie dalla penna alla vista e comprensione altrui… ma talvolta trasferiscono la sensazione. Tu hai colto questa sensazione e l’hai espressa. Le parole comunicano mancanze, e tu questa mancanza l’hai colta. E’ vero! Non mi pongo e non prospetto un piano esperenziale. Dalle parole nasce un confronto, uno scambio di opinioni. Le definizioni secche che hai rilevato, non sono le mie… non sono mie nella misura in cui io non le ho mai appartenute, ed io non sono mai appartenuto ad esse. Non l’ho mai affermato… non ho barato… non mi sono spacciato per un Guru, un Maestro, un Discepolo illuminato… ho solo trasferito su monitor dei concetti, cercando di renderli il più intelligibili possibile. Questo per quanto attiene alle ‘definizioni secche’.
Viceversa, per quel che concerne l’essere e il non essere, si tratta di percezioni intime, non mediate da alcuna filosofia esistenzialista di fondo… trasmetto me stesso, o meglio quel che di me resta in superficie come eco del profondo mio intimo… quel che si è costruito nel corso degli anni, a prescindere anche di me… ciò che scaturisce dal connubio e dall’interazione di dolori, gioie, speranze, sensazioni, azioni, pensieri (miei ed altrui), desiderio di essere, amori, e non si tratta di mere e fredde speculazioni intellettuali generate da letture più o meno complesse. Non si tratta di vedermi col capo chino mentre m’inculco pensieri altrui, estratti, magari pedestremente, da grossi tomi di filosofia esistenziale; non si tratta di insensibili o apatiche ed uggiose interpretazioni mentali. O meglio, non si tratta solo di questo. E’ anche ciò che si è sedimentato nel corso degli anni nel profondo di me stesso. Aver la percezione dell’incomunicabilità, dell’inespressività dell’Io, dell’inconsistenza dell’essere, non più radicato su un solido terreno, ben ancorato a materiale non friabile, non implica necessariamente subire passivamente gli eventi; non significa porsi dei limiti inesistenti… significa, più probabilmente, percepire, solo percepire, l’immagine sfumata di quei limiti, il loro contorno, che tendiamo a travalicare attraverso il sogno di una cosa. Aver la percezione dell’inesatto, dell’errore, della menzogna di fondo che ci narriamo e ci viene narrata quotidianamente, non significa essere travolti da quella menzogna… talvolta è accettazione esplicita della menzogna stessa. Per quello affermo che l’oblio di sé, l’ignoranza del proprio ‘essere’ (non siamo mai quel che siamo, siamo quel che non siamo), anche nella finzione scenica che rappresentiamo ogni giorno, è forse l’unico antidoto allo spleen. Perché più ci si avvicina a percepire se stessi, cioè l’inconsistenza di essere, più ci si avvede e si percepisce il ‘vuoto’. Allora un ‘reset’ per camminare, una scrollata di spalle per salire e scendere le scale, un periodico salutare ‘delete’ per vivere. Solo così la vita può continuare a viverti senza contrapposizioni eccessive. Rimane sempre quell’urlo di fondo che ogni tanto ti sveglia… ma non è mente, è la percezione del nulla che ti attornia, che chiacchiera, e chiacchiera, ma non nella mente, giù nel fondo. La mente mente, dici tu, corretto! Per fortuna, è il fondo che spariglia la mente. E’ quell’eco che scaturisce sempre più imperioso che scuote ogni fibra del tuo corpo, che smuove la superficie dell’acqua cheta, rimescolando e riportando a galla sedimenti stratificati, rendendoli di nuovo presenti e vivi in te. Insomma, è quell’urlo selvaggio che ogni tanto tutti hanno emesso, se non attraverso l’utilizzo delle corde vocali, almeno nel soffocato intimo del proprio non-essere. E poi… poi tutto si cheta, pian piano la superficie delle acque riacquista la propria calma, ridiventa specchio che non riflette altro che ciò che vedi di te nel prossimo, e che il prossimo vede di te, sempre fraintendimento, sempre parzialità, null’altro, dunque, assenze e mancanze… cioè il tuo ‘essere’ che ‘vive’.


Citazione:
Dove la filosofia vuol farsi serva nel portare un messaggio spirituale questa fallisce, portando il messaggio con un linguaggio che non l'è consone, estrapolando il messaggio stesso dal suo contesto!
Dimmi, qual è il linguaggio della spiritualità?



Citazione:
Spiego ancor meglio.. come spiegare ad un cieco dalla nascita la consistenza dei colori!
Qual'è "il suono della luce"..?
Come spiegare ad un cieco dalla nascita cosa è la luna… come è possibile descriverne i contorni, le fasi calanti ed ascendenti, la sua pienezza e la sua pallida luminosità, i suoi tratteggi che parrebbero dipingere un bel sorriso (ma solo quando sei innamorato)? Incredibile, impossibile… eppure ci si può provare, con il linguaggio non verbale, con il linguaggio mediato non dalle parole. Prova ad ascoltare ‘Al chiaro di luna’ di Bheetoven… è stata composta da un sordo per un cieco, proprio per quel fine, per descrivere la luna, il suo miracolo ricco di illusioni e pregno di immagini poetiche. Egli ci riuscì! Abbandonò la presunzione di trasmettere le sensazioni che lui percepiva (cioè la sua interpretazione di un frammento di mondo e realtà.-… SUA interpretazione) attraverso l’inappropriata lusinga delle parole, per rivolgere la propria scelta su un metalinguaggio simbolico, cioè la musica. Ne è venuta fuori un’opera che trasmette emozioni, che insinua sensazioni… lui trasmise le sue, chi l’ascolta evoca le proprie. Perché così funziona la comunicazione: due segmenti che si toccano senza mai combaciare perfettamente… talvolta si coniugano in qualcosa di diverso dai due componenti, altre collidono (ma siamo proprio fuori tema).

Citazione:
La filosofia deve, può essere mezzo di "trasformazione", non.. fine!
Il mezzo porta(=portare) ma non è!!!!!!!!!
Parli di un fine che utilizza mezzi… io, viceversa, ti parlo di mezzi che non sfociano o non approdano mai ad un fine… il fine è infinito, inarrivabile, intangibile… quindi, ti parlo di mezzi che conducono a mete provvisorie, mai concluse e concludenti, sempre aperte, mai chiuse
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Vecchio 28-07-2005, 10.43.02   #87
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storiella sufi

"Un ricercatore arriva da un grande maestro Sufi. Quando entra nella stanza e saluta il maestro con gran rispetto, questo replica: “Bene, va tutto benissimo. Ma cosa vuoi?”.

Lui risponde: “Voglio essere iniziato”.

Il maestro allora dice: “Posso iniziare te, ma che mi dici di questa folla che ti viene dietro?”.

Il ricercatore guarda dietro di sé e dice: “Che folla? Sono solo”.

Il maestro risponde: “No, non lo sei. Chiudi gli occhi e vedrai la folla”.

Il giovane chiude gli occhi e rimane sorpreso. Ecco tutta la folla che si era lasciato dietro: sua madre in lacrime, suo padre che gli dice di non partire, sua moglie che piange, gli amici che cercano di fermarlo – tutti i volti, sono tutti lì. Il maestro aggiunge: “Ora apri gli occhi. Puoi davvero affermare che non c’è nessuno che ti segue?”.

Il giovane risponde: “Scusa, hai ragione. Sto portando dentro di me tutta questa folla”.

Al che il maestro dice: “La prima cosa da fare è liberarti della folla. È quello il tuo problema. Quando hai eliminato la folla, è tutto molto semplice. Il giorno in cui la folla non ci sarà più, ti darò l’iniziazione; non posso iniziare una folla”.

(From Death to Deathlessness - Osho)
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Vecchio 28-07-2005, 10.43.35   #88
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Citazione:
Piccola curiosità.. dici:
"tutto questo è interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso",
cosa significa, che ciò che hai scritto è a commento di un percorso altrui..?
Non è un'accusa ma centrare il punto alla nostra indagine.. ti pare?
Perciò dico.. non "l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi"
ma l'accettazione dei "limiti" che diventa cancellazione dei limiti stessi..
ma anche questo è poesia..(cioè.. auto-celebrazione di simbolismo ovvero, ancora(avv.), rappresentazione mentale!).. !
Certo! L’ho detto dall’inizio: non si tratta di un percorso mio. Ciò che mi appartiene è la sensazione e percezione che solo < l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi>, e che la percezione dei ‘limiti’ e la loro accettazione siano il veicolo immaginario del fraintendimento che ci induce a ignorare noi stessi. Conoscere i limiti, o meglio, percepirne l’esistenza (dacché un limite è tale e si conosce solo nel momento che siamo giunti in sua prossimità o entro la sua area d’azione ‘repulsiva’, e solo allora lo si conosce come tale, anche se sovente è un limite indotto dalla paura) apre lo sguardo sul percorso che ci ha condotto a percepire o conoscere quel limite. Sono così, e solo allora, due aree con colorazioni dalle diverse tonalità, che separano una terza area di altro e ben più misterioso colore: quella del non noto del non visto. Percepire i limiti, o conoscerli, rassegna in noi proprio questa assenza, questa impossibilità o incapacità di esperire l’intera gamma delle potenzialità possibili… cioè, il limite è proprio baluardo, insegna ed icona della nostra incompiutezza, del nostro non essere, e getta una luce sconcertante sull’intero pregresso che conduce a lambirli e percepirli, e con essi il mistero che li travalica: siamo solo costruzioni progressive, e il nostro essere è solo inconsistenza che lascia trasparire le assenze e le mancanze, le impossibilità rispetto alla gamma delle potenzialità. Siamo buchi neri, dove il nostro essere (ciò che immaginiamo tale – il non essere) è rappresentato dall’orizzonte degli eventi - un filo sottilissimo - sul cui limine tutto staziona e galleggia, impossibilitato a scorrere al di qua o al di là di questo orizzonte; e il non essere (le assenze e le mancanze – l’essere) sono proprio l’area d’attrazione gravitazionale del buco nero, dove tutto precipita e da cui la luce non sortisce fuori, compressa e coartata dall’incommensurabile forza gravitazionale ivi agente. Solo un eco di quel che ‘siamo’ ogni tanto ci avverte di quel che ‘non siamo’… fino a giungere alla singolarità dove ogni legge scompare e perde la propria certezza.

Siamo partiti… siete… dall’individuazione del Maestro e del suo discepolo, siamo approdati invece a discutere di altro… a chi attribuire ciò? A volontà di parte, oppure solo alla dinamica della comunicazione? Forse ad entrambe le cose… ci si fa vivere dalle cose, le cose ci vivono, la vita ci vive.

Ciao (sarò più disciplinato nel prosieguo)
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Vecchio 28-07-2005, 11.22.14   #89
gyta
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x Estragone

No, estragone non alludo ad un "fine" ad una "meta"
ma proprio l'opposto!! Visto che ho scritto "coesistente di già in noi"..!
L' "apertura" di cui parlo è "cancellazione" di confini mentali..
anzi, verifica di inesistenza di confini..

Ma ho impressione che per comprenderci
il mio discorso debba partire da molto prima..
e specificare passo per passo..

(Appena possibile, poiché ora vado un poco di corsa..!
Ho bisogno di leggerti con attenzione e con tempo
risponderti..)

Un caro saluto..



Gyta
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Vecchio 28-07-2005, 11.56.15   #90
il pensiero
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Stregone,

mi pare di capire che ti sei messo in stand-by ed allora ne approfitto...

1 pensiero e una domanda:

Il Pensiero
Citazione:
E -"tutto questo è interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso",

G -cosa significa, che ciò che hai scritto è a commento di un percorso altrui..?

E -Certo! L’ho detto dall’inizio: non si tratta di un percorso mio. Ciò che mi appartiene è la sensazione e percezione che solo < l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi>, e che la percezione dei ‘limiti’ e la loro accettazione siano il veicolo immaginario del fraintendimento

P -Io penso che se uno sceglie da ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso per citarlo allora è perché lo ha sperimentato ed allora si dimostra onesto ed è anche credibile...

La domanda
C’è una qualche ragione per la cuale non hai oltrepassato il limite.... del 57?
il pensiero is offline  

 



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