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Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali.
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Vecchio 03-02-2006, 10.00.47   #1
visechi
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A N I M A

Non ricordo chi, ma qualcuno una volta disse, ciò che ci parla dall’interno, con voce flebile, come un eco appena percettibile, è una legione, non è un demone. Noi siamo mille essenze miscelate e aggrumate in un agglutine indistricabile. E’ la nostra anima un caleidoscopio dai mille colori e dai mille significati. Per questo è oltremodo indelicato fornire voce a chi voce non ha, se non quel poco e tanto che urla dal profondo come Vox calmanti, di cui noi odiamo solo un eco. Il Cantico dei Cantici, meraviglioso libro ispirato, ci canta appunto questa meraviglia che ammalia… ci canta la vita come essenza forgiatasi nel profondo di ciascuno di noi. Il Cantico dei Cantici è Eros, ma scorda di trasportare con sé la legione che abita il nostro intimo. Dà voce, monocorde, ad una sola parte della vita: la meraviglia, scordando l’abnorme, il terrifico che è in noi. L’anima non ha una sola voce, non canta, non si esprime in poesia, quel che leggiamo composto in versi è solo quel vapore sulfureo che percepiamo come richiamo dagli inferi. Potremo, forse, dire che

L’anima sia il substrato personale entro cui unitariamente sprofonda l’essere in tutta la sua molteplicità di forme, prima che si avvertisse la scissione dovuta ed operata dall’insorgere della coscienza. Potremo inferire che sia un substrato magmatico, ribollente che permane nel profondo di ciascuno di noi in un punto che anticipa e previene la scissione fra ragione ordinativa e follia disgiuntiva e scompaginante. La L’anima è così il punto dell’equilibrio fra i due suoi costituenti, ma oggi si assiste alla sua disfatta al cospetto del trionfo della razionalità scientista che promana della coscienza, la quale ha relegato nel campo della patologia la follia dionisiaca del ditirambo, tramutato e costretto in insipiente danza regolata, che preclude così lo sguardo a più sensi e più voci. La coscienza è una scissione operata fra le due forze: propende verso la ratio ordinativa e rifugge il folle kaos della vita. L’anima è personale e si coniuga con l’anima collettiva rappresentata dall’ambiente e dalla cultura coeva. Anima collettiva intrisa di reminiscenze del passato che la colorano con i colori attinti e trasfusi nel corso del tempo. L’Anima rappresenta il contrappunto e il complemento della coscienza: là dove l’una unisce e scompagina, l’altra scinde e ordina. Sono due attitudini che si completano per tenere il suo abitatore (abitato), l’uomo, in costante tensione verso la vita. L’anima è l’occulto che ci abita, l’inconscio che ci agisce, l’irrazionale che si appropria di noi e delle nostre azioni e scelte, mai pienamente nostre. Non vi è una scienza per l’Anima, non vi può mai essere una scienza che dia voce all’anima. L’occhio non può osservare se stesso nell’atto di osservare se stesso: la psicologia, logos dell’anima, è la presunzione di dar voce a chi urla nel silenzio. Compie il misfatto di fornire regole universali che la decodifichino. Ma è un assunto dogmatico, è un’aporia, una contraddizione, una violenza ed una violazione della sua intima essenza. Così la psicoanalisi (scomposizione in elementi semplici dei tratti caratteristici della psiche-anima), è un’altra ingiuria perpetrata nei confronti di ciò che non è visitabile ed osservabile per parti da ricomporre. Non è possibile rendere oggettivo ciò che è soggettivo. La scienza imporrebbe un’osservazione del fenomeno priva d’interferenze, la più asettica possibile. Ma nella ‘scienza’ dell’anima, del profondo, l’osservatore e l’osservato coincidono, e la razionalità necessaria alla sua decodifica e anamnesi è comunque interferita dall’anima stessa; rappresentando, infatti, il nostro conscio (coscienza) circa il 10% del fenomeno denominato nel suo complesso Uomo, qualsiasi azione, atto razionale, ivi compreso anche l’atto di osservare, leggere e ridurre in asettiche e fredde formule di comportamento, sono sempre interferite in buona misura da elementi e fattori occulti, esoterici, che sgorgano e scaturiscono dal profondo occulto. La religione (religare), che coniuga, che lega è un’altra assiomatica impostura. Non inferisce circa l’Anima, ma inferisce in ordine al suo promanare e al suo dispiegarsi nell’esistenza, fino a spingere il proprio campo d’indagine verso l’epilogo escatologico e la sua riunificazione con ciò da cui si è in origine scissa. Fino ad argomentare e dedurre la sua intima attitudine a coniugarsi con qualcosa da cui in origine si sarebbe disgiunta. Fino a conclamare ed enunciare la sua perenne e costante correlazione con la fonte primordiale… che assurda pretesa! La religione, argomentando in tal senso, conchiude il senso e la significatività dell’esse in anima entro uno spazio escatologico, rinviando la sua forza agente ad un futuro da compiersi, vanificando e negando il suo carattere ctonio, che attiene più agli inferi che al sublime e celestiale. L’anima è un flusso che sgretola le regole, imponendosi come forza luciferina insondabile. Per cui non vi può essere logica che la trattenga, che la conchiuda entro leggi ferree e regole irredimibili. L’Anima è al tempo stesso Meme e Lethe, ricordo e oblio. Parla un linguaggio simbolico, esoterico, non decifrabile. E’ un paradosso che si esprime unitariamente nella sua molteplicità. Dar voce all’anima, farla parlare con il linguaggio dei verbi, degli avverbi, dei sostantivi comuni è una forzatura improponibile: l’inconscio non parla la nostra lingua, urla nel silenzio che udiamo e vediamo in sentimento ed emozioni. Non vi è una sola anima in noi, vi sono tante anime quante sono le percezioni e le risposte che ad esse per buona misura inconsciamente forniamo, con nostre scelte ed atti che ci scelgono e ci agiscono. Noi non abbiamo un’anima, noi siamo dell’anima.
Ciao
visechi is offline  
Vecchio 03-02-2006, 10.01.58   #2
visechi
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cosa sia l’anima è un quesito che ha attraversato i tempi, una domanda che tutti, prima o poi, ci siamo posti, le cui risposte hanno riempito e riempiono le biblioteche di tutto il mondo, senza però mai giungere a fornire una risposta ultimativa o esaustiva. Cosa sia l’anima, conoscerla non tanto nella sua spiegazione terminologica, affascina, perché è entrare in contatto e conoscere quel qualcosa d’ultraterreno che parrebbe c’informi. Ma se l’anima è davvero l’occulto che ci abita noi veramente “non possiamo sapere a che cosa esattamente ci riferiamo, perché la sua natura è nebulosa e si rivela più che altro per allusioni, per sprazzi di intuizione, in sussurri e nelle improvvise passioni e bizzarrie che interferiscono nella nostra vita e che noi ci ostiniamo a chiamare sintomi” (J.Hillman) . Ma la sentiamo, sentiamo la sua flebile voce che sussurra. Leggevo un tempo che l’anima si esprime in emozioni e sentimenti, che si esprime in gemiti e gioia, in sofferenza e felicità. L’anima ci parla e noi avvertiamo il suono della sua voce ogniqualvolta ci troviamo al cospetto di noi stessi, del nostro intimo, del nostro profondo; l’anima è visibile nelle sue manifestazioni esteriori: quando amiamo, quando piangiamo – le lacrime sono forse l’essudazione dell’anima, e il sorriso il suo brillio, il suo rilucere -; noi possiamo sentirla, ascoltarla. Quando un’anima è ferita, soffre tutta la persona. Il dolore non porta maschere, si mostra nudo, rendendo palese così l’anima e portando alla superficie la sua voce in forma di gemiti. Il dolore è ciò che maggiormente ci avvicina a questo profondo, perché il dolore induce colui che soffre a guardarsi dentro, la sofferenza è un’introflessione, per cui si scandaglia l’intimo andando a sfiorare quell’essenza occulta che è in ciascuno di noi. La gioia porta all’esterno, è un’estroflessione, per quello quando si gioisce, quando si è felice – sempre solo un attimo che svapora in fretta – si è meno portati ed inclini a scandagliare il proprio intimo e sentire l’anima.
Ciao

Ultima modifica di visechi : 03-02-2006 alle ore 10.03.32.
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Vecchio 03-02-2006, 11.00.43   #3
fallible
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anima

Buon giorno! Ho letto quanto scritto dall’amico è devo , come dire, inchinarmi di fronte alla struggente bellezza del suo scrivere, sono rimasto appunto affascinato dalla Cultura e profondità di pensiero nella sua linearità espositiva,ma una questione mi sorge dopo la lettura; concordo pienamente con quanto affermato riguardo l’ “anima”, della sua intangibilità e indescrivibiltà e vivibilità soggettiva; poi ;mi sembra; venga asserito (punti di vista) che la sofferenza aiuti, perché portata all ‘’’introspezione” e quindi l’Anima più vicina………(ritengo che anche l’estroversione colleghi all’Anima), come però ci si può avvicinare a qualcosa che E’ ma non “vivibile” con percezioni legate al conscio? O non ho capito niente?
claudio
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Vecchio 03-02-2006, 13.46.27   #4
paperapersa
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l'anima

c'è qualcuno a parte visechi che vuol cimentarsi a dare "ove possibile" una definizione di questo termine?
mi piacerebbe sentire qualcun altro.
paperapersa is offline  
Vecchio 03-02-2006, 14.07.03   #5
SonoGiorgio
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L'anima è un campo elettromagnetico
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Vecchio 03-02-2006, 14.19.04   #6
nonimportachi
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L'anima è una leggenda metropolitana.
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Vecchio 03-02-2006, 14.21.04   #7
Sweet Cat
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l'anima è la nostra parte eterea..non materiale...
secondo me è la nostra forza vitale alla quale possiamo attingervi...sempre se si riesce a stabilire un contatto con questa forza ( cosa non certamente facile...). ..che porta alla trasformazione di noi stessi e degli altri.
Sweet Cat is offline  
Vecchio 03-02-2006, 14.24.26   #8
turaz
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l'anima è condensazione elettromagnetica di energia.
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Vecchio 03-02-2006, 14.54.12   #9
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l'anima è condensazione elettromagnetica di energia.

Che vibra a diverse frequenze. L’anima è come la musica.

Possiamo dire “cullarsi con l’anima” ?
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Vecchio 03-02-2006, 15.02.16   #10
Campanellino
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<Noi non abbiamo un’anima, noi siamo dell’anima.>

Io mi sento anche anima, ossia non distinguo il mio essere corpo/anima, non finchè sono in questa vita.
Ci piace fare distinzioni: gioia/dolore, vita/morte, corpo/anima, ma
sono complementari tra loro.
La sede dell'anima, diceva Novalis, è dove il mondo interiore e quello esteriore si toccano. Quando essi si compenetrano, la sede è in ogni punto della compenetrazione.



Campanellino is offline  
Vecchio 03-02-2006, 15.30.22   #11
turaz
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Messaggio originale inviato da edali
Che vibra a diverse frequenze. L’anima è come la musica.

Possiamo dire “cullarsi con l’anima” ?

sicuramente
non per nulla "tutto è vibrazione" e non per nulla... il "suono" primordiale è così importante
(nonchè la musica è il "canto degli angeli")
colori e suoni sono prima di tutto "vibrazioni".
turaz is offline  
Vecchio 03-02-2006, 15.57.33   #12
visechi
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L’Anima è la vera essenza dell’uomo, è ciò che ci riempie di caratteristiche peculiari, per cui siamo quello e non altro; siamo unici ed irripetibili, in forza della quale viviamo nel mondo con le nostre sensazioni e non con quelle altrui. Ma Anima che parla è intelligibile compiutamente? Penso che il linguaggio, o metalinguaggio, con cui Anima si esprime sia totalmente oscuro, e noi lo percepiamo o intuiamo più che comprendiamo. Lo avvertiamo come un soffio o come una bufera, e il nostro atteggiamento nel mondo diviene conseguenza del suo parlare, del suo suggerire, del suo imporre. Perciò ritengo che noi non siamo quel che mostriamo di noi.
Il suo continuo suggerire è anche il rumore di fondo che, come un’onda emotiva che riempie le notti, diviene il labile suono che scaturisce da questo incessante colloquiare con l’intimo. E’ un chiacchiericcio continuo, da cui non è possibile discernere le parole, i vocaboli con chiarezza. Perché ascoltiamo locuzioni non verbali, espresse in gemiti, sentimenti ed emozioni che traduciamo in vocaboli, in parole. Nel corso di questa trasduzione si perdono parti essenziali del significato espresso dal profondo. Spengere questa voce significa scordarsi di noi e sopportare quel vivido fluire che è la vita. Ho quasi la sensazione che la vita scorra in senso inverso rispetto al profondo di ciascuno di noi, come se le sedimentazioni depositatesi nell’anima, incrostandola, nel corso degli anni ne abbiano mutato il corso. Ci sono così due forze che si contrastano, la vita che scorre a prescindere da noi, e il nostro stesso ‘Io’, quello vero, quello non egoico, quello che bussa dal profondo, che ci spinge in altra direzione.

E le preghiere sono vani singulti espressi e rivolti a nessuno. A nessuno che esista, o, al più, a nessuno che voglia o possa ascoltare.
Non vi è nulla e nessuno verso cui rivolgere preghiere, se non verso se stessi, verso quel profondo che è in noi. Dio, qualora vi fosse un Dio (sia quel che sia), non ode i lamenti degli uomini, Dio è distante, e la nostra voce è sempre e solo afasia.
La mente è il danno primigenio; penso, infatti, che la vita dell’ebete felice sia il farmaco che da solo può sanare quelle profonde ferite che la vita scolpisce nell’anima… ignorare ed ignorarsi totalmente, fino a giungere all’estremo d’ignorare d’ignorarsi… questa è la sola pozione che riesca ad intravedere per suturare le lacerazioni. Penso che più che connetterci dovremo riuscire a sconnetterci da questo profondo fondo che sussurra e strepita, e se la meditazione è l’arte di ascoltare, forse sarebbe meglio apprendere le tecniche per obliarsi, per dimenticarsi, per non udire … si è più ignoranti, ma si vive meglio… meglio attingere alla fonte di Lethe piuttosto che nutrirsi con il pane di Mneme… non aver biografia emotiva, per non ricordarsi di sé… dimenticarsi totalmente per mai più ricostruirsi.
L’ascolto ci connette con la nostra coscienza – mediatrice fra mente e profondo, rendendo presente alla nostra attenzione anche e soprattutto il tramestio che ci abita.
La coscienza, io ritengo che sia lei la causa di questa distonia che ci attraversa in lungo e in largo, è questo sapersi, percepirsi, vedersi, sentirsi, la causa della lacerazione fra ‘essere’ e illusorietà dell’essere, è la coscienza che ci dilania. Espanderla temo rappresenti un altro di quei veicoli che accentuano la permeabilità alla patologia dell’essere. Noi ci immergiamo in noi stessi per raccogliere in quel fondo buio ciò che ci dilania, che ci raffigura in guisa di in-essenza - di assenza – quel poco o quel nulla che riusciamo ad estrarne per imporre il nostro governo a quanto rifugge l'ordine e la quiete… che insano sproposito. Noi avvertiamo le nostre assenze, ed avvertiamo, ma solo come un alito, la nostra mancanza, eppure per la coscienza ‘siamo’: individui unici, persone, soggetti, Io. Questo doppio flusso contrapposto acuisce la lacerazione.

Credo possa essere esistito un momento che ha anticipato questo squarcio dell’essere, e in cui l’uomo, l’essere era unitario. Prima dell’insorgere della coscienza di uomini noi, forse, eravamo un essere unitario. La Sacra Bibbia esordisce con una locuzione singolare e assolutamente, a parer mio, illuminante: <In principio….>. In principio Dio! Ma prima di quel principio? Prima dell’Origine? Porre un principiare agli eventi, determinando così la nascita della storia, significa de-finire e de-limitare, ma l’eternità di cui tanto si parla non vanisce forse al cospetto di questa locuzione? No! forse no. Forse prima di quell’Origine, che è solo origine della storia, della venuta al mondo dell’uomo, cosa vi era? Credendo in un Dio creatore, ritengo vi potesse essere un’anima unitaria. Dio si è deciso (dall’etimo tagliare) per l’Amore, e questa sua de-cisione, concretatasi in Amore, è anche l’atto Creativo in sé. La maledizione dell’umanità da parte di Dio è anche l’insorgere della coscienza, con tutti i danni che questa germinazione si porta appresso.

Credo così che la lacerazione fra ‘essere’ e ‘non essere’ sia proprio costitutiva nell’uomo, originaria, insita ed irredimibile. Questa lacerazione è la percezione che abbiamo di noi in foggia di entità pensante ed agente, ma allo stesso tempo avvertiamo la dicotomia che ci abita, che ci possiede, avvertiamo il daimon che ci conduce, senza però mai riuscire a toccarlo, a vederlo, visitarlo compiutamente. Avvertiamo la fatuità di quel che – come sogno – riteniamo sia il nostro essere costitutivo, e, in una certa misura, comprendiamo, a livello inconscio, che non siamo quel che esso rappresenta di noi esteriormente. Subiamo il richiamo della vita ed in essa ci tuffiamo spesso ricchi di speranze, spesso, troppo spesso, disilluse. Quando solleviamo la testa dal gran banchetto che viviamo vivendoci, ci rendiamo conto, soffusamente, che non siamo stati noi ad aver banchettato, ma che forse eravamo solo commensali o alimenti del lauto convito: siamo pasto che pasteggia con se stesso, siamo ingredienti di noi stessi, siamo, in definitiva, degli antropofagi pensanti. Le fauci che c’inghiottono e macerano sono i pensieri, la mente pensante, quest’agglutine che si arrotola in noi e che ci arrotola in lui, che s’impossessa del nostro ‘essere’ divenendone elemento preminente e dominante. La mente, come una gran ruota dentellata, ci macera dall’interno, senza mai spegnersi, ci riflette la sua immagine falsata proponendola come unica vera essenza di quel che siamo. La mente s’impone in noi con la sua legione di ‘Io’, uno per ogni occasione: Io grammaticali, Io sociali, Io ludici, Io introspettivi… siamo proprio uno, nessuno, centomila. Credo non vi sia redenzione per questo stato di cose, o forse l’unica è proprio quella d’ignorarsi totalmente, fino a giungere al nirvanico stato d’ignorare d’ignorarsi.
Una frattura fra mente pensante e ciò che stà davanti a noi, o in noi (il Daimon), è sempre un processo che percorre ed attraversa la mente; come dire che la mente, subdolamente, si adatta e forgia, rendendosi duttile e malleabile alle necessità, riuscendo a fingere condizioni estatiche che rendono ancor più orrido il risveglio. La mente si assopisce per rendere la messa in scena più convincente e attrarre così il suo ospite entro i propri avviluppi. La mente è vassallo della vita, ad essa si piega, è un suo tentacolo, fra gli altri che la vita possiede, che stringe: rende luminoso ciò che è ombra per poi mutare la luminosità in tenebra. La vita ha necessità di questo moto ondulatorio perché è movimento, perché è sommovimento, e con l’energia prodotta da questo perenne moto, si alimenta. La vita non può stazionare, perché non è quiete, e quando pare lo sia è solo un suo riposo per riprendere la sua furente corsa, come il contrarsi della fiera prima di spiccare un ulteriore balzo per ghermire la preda.
Osservare è solo percepire questa disillusione, quanto intensamente non so, farsene partecipi ed esserne parte, sospendere e obliare le speranze, e divenire parte ignorante di quel flusso che ci trascina, senza che si cerchi quel senso di cui la vita e l’esistenza di ciascuno sono totalmente prive. Questo è l’unico ponte fra noi e l’occulto; un occulto insondabile, inconoscibile, e l’unica storia d’amore con noi stessi è quella che ci conduce all’oblio di quel demone che ci accompagna, perché non vi è alcuna vocazione in noi, solo un vagolare incerto fra le forre della vita.

Bye
visechi is offline  
Vecchio 03-02-2006, 16.05.28   #13
SonoGiorgio
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Messaggio originale inviato da nonimportachi
L'anima è una leggenda metropolitana.

Come quella che Elvis è ancora vivo?
Comunque a parti gli scherzi, si discuteva sull'esistenza dell'Anima ancora prima che costruissero le metropoli (o le metropolitane?), quindi al massimo è una leggenda della Polis.
In ogni caso, "nonimportachi", se ti invio 50 Euro (scegli tu il modo, anche come ricarica telefonica se vuoi) me la vendi la tua anima-leggenda-metropolitana? Guarda che sono serio.
Fammi sapere.
giorgio
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Vecchio 03-02-2006, 16.43.27   #14
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Dove la percepite nel Corpo?
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Vecchio 03-02-2006, 16.48.34   #15
VanLag
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Messaggio originale inviato da paperapersa
c'è qualcuno a parte visechi che vuol cimentarsi a dare "ove possibile" una definizione di questo termine?
Gentile amici..... come ben saprete, (se non lo sapete ve lo comunico ora), io sono un noto miscredente..... Qualcuno dice che sono senza anima, qualcun altro dice che sono bello, io dico semplicemente che sono: - bello senz'anima - che volete?….. la modestia è il mio forte.....
Come si vede anche dall'avatar, che mi sono attribuito, oltre che bello e senz'anima, credo anche di essere un sapiente..... Ad esempio so a memoria tutte le canzoni di Guccini. Ma non cito solo Guccini, cito tutti, al punto che qualcuno mi ha detto: - IO "tarzan" TU "cita" - ..... (e te pareva che il ruolo della scimmia non lo dessero a me?).

Ma il motivo del mio essere qui, cioè in questo 3d è un altro..... Volevo accogliere l’invito (non ho ancora letto Visechi al quale stò pensando di fare un corso di sintesi), e portare a conoscenza vostra, questi versi della Bahagavad Gita che parlano dell'anima. Li ho presi dal web, (la traduzione che ricordo io è persino più melodiosa), ma non l'ho con me. Che parla dietro le quinte è Krishna.

VERSO 20.
Per l'anima non c'è né la nascita né la morte. Esiste e non smette mai di esistere. Non nasce, non muore, è eterna, originale, non ebbe mai inizio e non avrà mai fine. Non muore quando il corpo muore.

VERSO 21.
O Partha, una persona che sa che l'anima è indistruttibile, non-nata, eterna e immutabile, come può uccidere o far uccidere?

VERSO 22.
Come una persona indossa vestiti nuovi e lascia quelli usati, così l'anima si riveste di nuovi corpi materiali abbandonando quelli vecchi e inutili.

VERSO 23.
Nessun'arma può spezzare l'anima, né il fuoco bruciarla; l'acqua non può bagnarla, né il vento seccarla.

VERSO 24.
L'anima individuale è indivisibile e insolubile, immortale, onnipresente, inalterabile, e fissa.

VERSO 25.
Si dice che l'anima è invisibile, inconcepibile e immutabile. Sapendo questo, non dovresti lamentarti per il corpo.


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Vecchio 03-02-2006, 17.07.43   #16
nonimportachi
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Messaggio originale inviato da SonoGiorgio
Come quella che Elvis è ancora vivo?
Comunque a parti gli scherzi, si discuteva sull'esistenza dell'Anima ancora prima che costruissero le metropoli (o le metropolitane?), quindi al massimo è una leggenda della Polis.
In ogni caso, "nonimportachi", se ti invio 50 Euro (scegli tu il modo, anche come ricarica telefonica se vuoi) me la vendi la tua anima-leggenda-metropolitana? Guarda che sono serio.
Fammi sapere.
giorgio

Salve Giorgio,

A dire il vero, ho detto "metropolitana" senza pensarci troppo sù. Ma il tuo post mi consente di far finta che l'abbia detto sensatamente poichè, in fin dei conti, ritengo che le "indagini animiche" delle epoche precedenti l'industrializzazione, trattassero questioni ben diverse dall'odierno concetto di "anima".

Riguardo l'affare che mi proponi, sono certo che il prezzo di mercato sia ben più alto, quindi intendo rilanciare.
Non ho però niente da vendere, questo lo so per certo. Ma se sei comunque convinto di poter acquistare da me ciò che non ho, posso anche accettare la tua offerta, ma vorrei preventivamente conoscere come si dovrebbe svolgere a livello meccanicistico questa vendita. Inzomma, ammesso che tu mi faccia il bonifico dei 50 euri + il mio rilancio (che mi riserbo di quantificare), come dovrei poi consegnarti la mia presunta anima per considerare l'affare concluso?
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Vecchio 03-02-2006, 17.12.41   #17
SonoGiorgio
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Salve Giorgio,

Riguardo l'affare che mi proponi, sono certo che il prezzo di mercato sia ben più alto, quindi intendo rilanciare.
Non ho però niente da vendere, questo lo so per certo. Ma se sei comunque convinto di poter acquistare da me ciò che non ho, posso anche accettare la tua offerta, ma vorrei preventivamente conoscere come si dovrebbe svolgere a livello meccanicistico questa vendita. Inzomma, ammesso che tu mi faccia il bonifico dei 50 euri + il mio rilancio (che mi riserbo di quantificare), come dovrei poi consegnarti la mia presunta anima per considerare l'affare concluso?

Se non hai niente da vendere, 50 Euro sono solo "grasso che cola" no? Non ti preoccupare per la consegna. Quella è a carico del compratore. Scegli tu il modo per il pagamento. Per tutelare la riservatezza e l'anonimato posso ispediriti il denaro in una casella postale. Guarda, mi accollo anche i costi per l'apertura di una casella postale.
SonoGiorgio is offline  
Vecchio 03-02-2006, 17.21.49   #18
nonimportachi
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Il prezzo lo stabilisce chi vende.

Intanto che chi vende valuta le quotazioni di mercato per formulare la sua offerta, vorrebbe altresì una conferma di quanto detto.

Io ti fornisco il numero di una casella postale e tu mandi li i soldi?

....e non vuoi sapere nient'altro, ti basta 'sto numero ed il mio consenso a "prendermi l'anima"?

Il consenso sono disposto a spedirlo su supporto cartaceo sottoscritto in originale.
nonimportachi is offline  
Vecchio 03-02-2006, 17.31.34   #19
turaz
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Messaggio originale inviato da Yam
Dove la percepite nel Corpo?

se intendi a livello di "messaggi" penso di dire lo stomaco... anche se in realtà racchiude il corpo.... (se ho ben inteso ciò che intendevi)

ciao
turaz is offline  
Vecchio 03-02-2006, 17.39.33   #20
SonoGiorgio
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Messaggio originale inviato da nonimportachi
Il prezzo lo stabilisce chi vende.

Intanto che chi vende valuta le quotazioni di mercato per formulare la sua offerta, vorrebbe altresì una conferma di quanto detto.

Io ti fornisco il numero di una casella postale e tu mandi li i soldi?

....e non vuoi sapere nient'altro, ti basta 'sto numero ed il mio consenso a "prendermi l'anima"?

Il consenso sono disposto a spedirlo su supporto cartaceo sottoscritto in originale.

Senti "nonimportachi" stai sollevando troppe questioni inutili.
Se accetti i 50 euro, dimmi dove mandarli. Del resto non ti preoccupare...non mi serve nient'altro.
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Vecchio 03-02-2006, 17.53.22   #21
nonimportachi
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Caro SonoGiorgio,

Non tollero il lucro sulla credulità popolare o comunque realizzato grazie a credenze religiose, superstizioni e affini.

Per quanto tentato dall'accettare la tua offerta, visto che sei tu a proporla e non io a convincerti, non lucrerò grazie alle tue farneticazioni.

Quindi prendi pure la mia anima (la presente è da intendersi come consenso) in omaggio. Chissà che ti serva a valutare la corenza delle tue credenze con la realtà che ti circonda.

Ero solo curioso di sapere quanto eri disposto a pagare. Ma non preoccuparti, te la regalo.

Fanne pure ciò che vuoi, a me non serve.

PS: Comunque non sei credibile, se l'avessi già venduta ad un'altro? O sei un invasato o sei molto ingenuo.....
nonimportachi is offline  
Vecchio 03-02-2006, 17.57.07   #22
Uno
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Per Giorgio e Nonimportachi... arrivo adesso e spero che con la cessione sia finita
grazie
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Vecchio 03-02-2006, 18.07.44   #23
nonimportachi
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Citazione:
Messaggio originale inviato da Uno
Per Giorgio e Nonimportachi... arrivo adesso e spero che con la cessione sia finita
grazie

Capisco,

La chiudo con la presente:

GIORGIO! ...se ti va bene come ti ho detto OK, ormai l'ho detto! altrimenti, se la mia anima dovesse essere per forza venduta e non potesse essere ceduta gratuitamente a causa di qualche "dogma paraormalsatanico", allora mi accordo per i 50 Euri che mi fai la cortesia di versare tramite bonifico sul conto n. 10079.32 intestato ad Amref Italia Onlus presso Monte dei Paschi di Siena - Ag. Roma - ABI 1030 - CAB 03202.

PS: Sono certo che l'OT sarà utile a molti.
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Vecchio 03-02-2006, 18.17.53   #24
SonoGiorgio
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Si UNO è finita.
Grazie nonimportachi.
Non appena avrò fatto il bonifico, Ti invio in pvt la ricevuta (se si può).
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Vecchio 04-02-2006, 18.05.25   #25
paperapersa
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Citazione:
Messaggio originale inviato da Campanellino
<Noi non abbiamo un’anima, noi siamo dell’anima.>

Io mi sento anche anima, ossia non distinguo il mio essere corpo/anima, non finchè sono in questa vita.
Ci piace fare distinzioni: gioia/dolore, vita/morte, corpo/anima, ma
sono complementari tra loro.
La sede dell'anima, diceva Novalis, è dove il mondo interiore e quello esteriore si toccano. Quando essi si compenetrano, la sede è in ogni punto della compenetrazione.




infatti non può essere che così
quando tu ci metti tutta l'anima in ciò che fai
ci sei totalmente con tutti i tuoi sensi, con tutto te stesso,
sei concentrato, preso totalmente, compenetrato,
quando poi questo sentire deve essere espresso
al mondo esterno nasce la creatura che è qualunque creazione
qualunque manifestazione del tuo esserci anima e corpo
è vibrante vita che si manifesta attraverso colori, suoni,
carezze, voce, odori
insomma è sì corpo che vibra se danza,
voce che canta, mano chesuona o che scolpisce o dipinge,
mente che pensa ad un possibile progetto e corpo strumento che lo realizza.
Eppure ci sono ancora morti che seppelliscono i loro morti, esseri chenon credono nella meraviglia della vita e nelle loro meravigliose
possibilità
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Vecchio 04-02-2006, 21.38.58   #26
visechi
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Anima apofatica

Anima: ognuno di noi potrebbe attribuirle i significati che più gli piacciono: emanazione divina; demone mediatore fra empireo e mondo di sotto; anima trascendente; anima mundi; immortale, eterna; oppure, semplicemente, vita psichica che si gonfia o affloscia, si espande e contrae, s’eleva e prostra in connessione e dipendenza degli accadimenti della vita con cui entra in contatto, entro cui si trova coinvolta.
Non serve a molto definirla, come a poco serve negarla. E’ pur sempre un flusso, un fluido, un palpito, un sussurro, un baluginare che da sola trova la strada per farsi udire, sentire, e soprattutto soffrire e che ti vive dentro informando di sé tutto il tuo essere e la tua esistenza.
Le risposte metafisiche circa la sua immortalità, la sua essenza, la sua eternità, il suo karma, il sansara, la metempsicosi, la salvezza eterna, lasciamole, al dopo, sospendiamo per un breve sospiro il nostro giudizio; non andiamo noi, umani limitati, a sondare l’insondabile, a misurare l’incommensurabile, non entriamo nelle stanze del mistero, troppo angusto è il loro uscio; occupiamoci, almeno per il momento, solo di quel pneuma che c’ispira e ci sorride come un sole o grugnisce contro come una fiera spettrale sortita dall’Averno, il nostro Averno.
Quante definizioni ho letto sull’anima, una diversa dall’altra, nessuna che colga quel che forse è, la sua essenza vera. Ma credo non sia possibile riuscire a definirla. L’anima è indefinibile, incommensurabile, incomprensibile. Non è facile compiere fino in fondo il viaggio che ti porta a scrutare quel buio che vive in noi; sono troppe le contingenze che distraggono, troppa anche la pena che si prova ogni volta che perfori la crosta spessa o sottile che custodisce e separa il cuore vivo di ciascuno di noi dal resto del mondo. E’ una visita che conduce a galleggiare dentro l’inferno che è in noi, e in quel magma ribollente non è mai agevole nuotare. Meglio scordarsi, meglio ignorarsi, intanto la vita se ne farebbe ben poco della conoscenza che possiamo avere del nostro intimo. La vita, l’ho già detto tante volte, fino alla noia, si disinteressa di noi. Temo che il viaggio che conduce a sfiorare, lambire e toccare quel fondo, fino ad immergere le mani e i gomiti nel fango melmoso entro cui ribolle il magma incandescente del nostro essere, sia solo un introdursi nel mondo delle favole. Una sorta di ricreazione che ti porta a contatto con la nostra disneyland, dove scegli tu di partecipare ai giochi, giochi che però ti sono messi a disposizione dall’apparato fieristico… quei giochi, non altri, solo fra quella gamma è possibile ‘scegliere’.
A quest’imperio è necessario opporre un rifiuto, opporre dei fermissimi ‘No' all’impeto che t’ingloba e ti muove.
I No sgorgano dal nostro intimo. L’Anima non ama farsi conoscere appieno, l’Anima è occulta, ha solo l’estro di mostrare qualche barbaglio di sé. Non è paura, solo un naturale stato di cose.
E’ la nostra condizione questa: vivere nel tormento di non sapere mai chi o cosa siamo, da dove proveniamo e dove sfoceremo come un fiume. Al tempo stesso avvertiamo la nostra alterità, intuendo così di essere altro da quel e quanto portiamo in scena ogni giorno. Siamo una rappresentazione tragica di noi stessi. Ed allora viviamo di quel tanto o poco che raccogliamo per strada….
Siamo la tragedia di Kafka, allorché scorse in sé, nel suo intimo profondo quel mostro orribile che lo dilaniava, che lo adulava, che lo chiamava.

Anima è una sensazione… forse in questa definizione mi ci ritrovo. E’ una sensazione che ci parla utilizzando un linguaggio che scuote, che rimesta il suo proprio fondo portandolo a galla, di modo che, come vapori sulfurei, la propria voce giunga fino a noi, anche se sempre soffusa, mai chiara e compiutamente intelligibile. E gli errori, gli sbagli, sono forse i messaggeri di questo magma fluorescente e ribollente che è in noi. Ci conducono messaggi, come nella novella di Kafka, ‘Il messaggio dell’Imperatore’, la trascrivo, credo che valga la pena di leggerla:

< L’imperatore – così si racconta – ha inviato a te, a un singolo, a un misero suddito, minima ombra sperduta nella più lontana delle lontananze dal sole imperiale, proprio a te l’imperatore ha inviato un messaggio dal suo letto di morte. Ha fatto inginocchiare il messaggero al letto, sussurrandogli il messaggio all’orecchio; e gli premeva tanto che se l’è fatto ripetere all’orecchio. Con un cenno del capo ha confermato l’esattezza di quel che gli veniva detto. E dinanzi a tutti coloro che assistevano alla sua morte (tutte le pareti che lo impediscono vengono abbattute e sugli scaloni che si levano alti ed ampi son disposti in cerchio i grandi del regno) dinanzi a tutti loro ha congedato il messaggero. Questi s’è messo subito in moto; è un uomo robusto, instancabile; manovrando or con l’uno or con l’altro braccio si fa strada nella folla; se lo si ostacola, accenna al petto su cui è segnato il sole, e procede così più facilmente di chiunque altro. Ma la folla è così enorme; e le sue dimore non hanno fine. Se avesse via libera, all’aperto, come volerebbe! e presto ascolteresti i magnifici colpi della sua mano alla tua porta. Ma invece come si stanca inutilmente! ancora cerca di farsi strada nelle stanze del palazzo più interno; non riuscirà mai a superarle; e anche se gli riuscisse non si sarebbe a nulla; dovrebbe aprirsi un varco scendendo tutte le scale; e anche se gli riuscisse, non si sarebbe a nulla: c’è ancora da attraversare tutti i cortili; e dietro a loro il secondo palazzo e così via per millenni; e anche se riuscisse a precipitarsi fuori dell’ultima porta – ma questo mai e poi mai potrà avvenire – c’è tutta la città imperiale davanti a lui, il centro del mondo, ripieno di tutti i suoi rifiuti. Nessuno riesce a passare di lì e tanto meno col messaggio di un morto.
Ma tu stai alla finestra e ne sogni, quando giunge la sera>


Ecco, spesso Anima ci spedisce un messaggio che s’ingolfa fra la folla dei nostri molteplici Io, dei variegati e stralunati pensieri, e tu lì, alla finestra, che attendi invano che ti giunga quel segno di cui avverti l’eco. Forse è così che quel messaggio che Anima invoca per te, nel tragitto spenge il proprio suono, la propria luce, i propri colori per giungerti in forma di vaga sensazione, di labile suono, di flebile colore, come un tramestio.
Bye

Ultima modifica di visechi : 04-02-2006 alle ore 21.54.11.
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Vecchio 05-02-2006, 07.31.15   #27
paperapersa
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grazie visechi
è stato bello leggerti
in ciò che hai scritto ho percepito tanto della" tua anima."
e tuttavia io penso che sia ancora e sempre un aspetto parziale della stessa. ma sai dirne in maniera egregia
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Vecchio 05-02-2006, 22.28.01   #28
visechi
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L'Anima dal cuore di pietra

Credo che ciascuna anima – la s’intenda come si vuole, io non credo nel trascendente, perciò per me è vita psichica, il che non la sminuisce affatto, forse l’abbellisce – abbia in sé un nucleo essenziale, un centro, che, per semplicità, faccio corrispondere al cuore. Questo non è concepibile come mero organo fisiologico che funge da sterile pompa metabolica indispensabile per distribuire il sangue al resto del corpo, ma come centro essenziale dei sentimenti e della commozione.
La mia è solo un’esemplificazione, me ne rendo ben conto. L’anima, lo so bene, non raccontatemelo, è invasiva, pervasiva, estesa a tutto l’essere. Ma io voglio oggi vedere in quest’anima un centro, un fulcro attorno al quale ruota l’intero essere umano.
Il cuore è il centro e lo scrigno dei sentimenti. È il luogo più recondito del nostro essere, ove, reconditi, sono celati i sentimenti e le emozioni. Qui, all’interno di questo scrigno magico, accarezzati dal buio o cullati da una fulgida luce, germogliano come fiori i nostri sentimenti: siano essi fragranti, aulenti o venefici; qui crescono, qui si espandono e con l’anima stessa sono destinati a morire per spandere d’intorno l’ultimo delicato effluvio o l’afrore pungente di cui si sono impregnati nel corso della vita di chi li ha ospitati. Come una leggera o pensante scia di memoria, il cuore, oramai spento, essuda se stesso, rilasciando l’essenza profumosa o miasmatica di quel che fu quel cuore che ha offerto loro ricovero. Un cuore si espande o si contrae, comprimendo quel profumo o quel lezzo di cui si è impregnato, a seconda e sulla scorta delle esperienze che si vivono, che l’essere che lo ospita vive. Il cuore è il contatto che abbiamo con il mondo e da esso sugge linfa o veleno, e ad esso rilascia miele, ambrosia o fiele.
Nascono così cuori destinati e con la vocazione a crescere fra campi rigogliosi, ricchi di profumi, anche se qualche malaerba spesso tende a minarne la meraviglia, senza però mai riuscirci. Nascono però anche cuori di pietra, fatti di calcare, che s’impregnano d’acida acqua piovana, e, una volta saturi di quest’acqua, rilasciano solo ciò di cui sono intasati: calcare, acidità. Questi cuori occupano, abitano, posseggono, violentano l’intera anima che li ospita, facendo sì che anch’essa diventi di pietra: desertificata, dissecata, sabbiosa, silicea. Intorno ad essa non fiorisce nulla se non quelle piccole o grandi metastasi cancerogene che sono piante malefiche, che pian piano tendono ad invadere i rigogliosi campi con cui entrano in contatto.
Qui il deserto è padrone, il vento soffia con impeto insano, spazzando il piancito dell’anima su cui questo masso calcareo poggia le sue basi e radica se stesso. Il vento, furioso, solleva solo sabbia, silicio, rancore, astio… veleno, trasportandolo in ogni dove.
Questo cuore non conosce amore, conosce passione truculenta, violenta, feroce, possessiva.
Dio, se c’è, mi preservi dall’entrarvi in contatto.

Bye
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Vecchio 06-02-2006, 10.51.35   #29
visechi
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Anima e pathos

Qualcuno affermava che scrivere è un po’ un viaggio nel profondo, un viaggio – aggiungo io – con gli occhi bendati e le orecchie ottuse, ma pure, in questa cieca ottusità visiva ed uditiva, qualcosa ti tocca, qualcosa lo si percepisce…. Nello scritto vi sono rappresi e sintetizzati, seppur soffusamente, uno o più momenti di discesa agli inferi. Attimi, momenti, che svaniscono quando la penna è poggiata, quando ha concluso il proprio compito di trasferire su carta i vagiti che provengono dall’intimo. Trasferirlo in forma afasica, come un sussulto, come un transito di materia impalpabile che rassegna parte in-essenziale dell’urlo che promana da quel fondo buio ove il canto si mescola al lamento, e la danza è un mesto oscillare fra i bordi che delimitano il nostro gioire e il nostro patire. Forse lo scritto, qualsiasi scritto, trasferisce soltanto la risonanza di quell’urlo, portando con sé il calore ghiaccio di quel che ribolle nell’intimo. Non vi è catarsi nello scrivere… le parole in sé non allietano, non alleviano, non alleggeriscono… al limite danno solo un minimo sfogo a quel che senti ma che non comprendi…. È come riordinare una stanza resa caotica da un refolo di vento impertinente… alla fine del riassetto, scorgi che la stanza è ancora nel Kaos, perché non è come la vorresti tu, come il daimon ti suggerisce debba essere. Noi permaniamo in questo conflitto che esacerba l’anima - tutto l’essere -, che ci trascina. Ma questa – dico io – è la vita, che ci piaccia o no. Siamo dannati a viverla.

Anima innamorata; ricolma d’amore; impregnata di quel sentimento sublime, che, man mano che il tempo scorre, piano piano tende all’evaporazione. Quel sentimento che tende ad unirci, a renderci sempre più prossimi l’uno all’altro, perché percepiamo la nostra intima solitudine –evocazione della solitudine del creatore - che una volta vanito il proprio carattere consolatorio, si mostra in tutta la propria ruvida consistenza, desertificando ancor più colei – l’Anima – che l’ha con speranza ospitato. L’Amore, un sentimento che germina nel dolore, che genera dolore, che si trascina appresso, come una scia, il dolore e il pianto. Anima ricettacolo dell’Amore di Dio; luogo entro cui noi avvertiamo in embrione il sentimento e la passione del Creatore: la sua pre-storica lacerazione, la sua solitudine, il suo Dramma eterno. Cosa è poi l’embrione dell’Amore di Dio? Ma se questo millantato Amore fosse concreto e reale, se non fosse solo una consolazione che ogni tanto ci doniamo, di cui ci facciamo grazia e omaggio, avrebbe una forza tale da tacitare quel continuo tramestio che spesso si traduce in turbine che spegne per sempre una vita? Se questo Amore, sempre elevato agli altari della mente, dei nostri pensieri, fosse reale, non sarebbe volato in aiuto, a soccorre, a salvare, a consolare, ad accarezzare l’anima devastata di chi decide – tutti i giorni – di spengere la propria esistenza terrena? Perché questa indifferenza? Ma forse è vero, sì: il nostro malessere è solo un eccesso di benessere…. Beh, se posso spengere con il suo svanire anche il malessere, si tengano il benessere. Preferisco la fame vera, quella del corpo – saprei dove e come nutrirmi, anche se forse non riuscirei a farlo – piuttosto che la fame inappagata dell’anima – non vi è cibo per essa, e quando lo troviamo è sempre solo fatuità, serve solo per accentuare l’appetito. Forse è così: si tratta di un’eccedenza, di un eccedere le necessità, i bisogni e le sue soddisfazioni biologiche e naturali. Il nostro malessere è dato dal nostro eccesso di benessere. Benessere del corpo, materiale, sociale, che si contrappunta, per contrappasso, al nostro crescente malessere interiore.

Noi viviamo ignorando un urlo che percorre i tempi e gli spazi, che pervade il mondo e la vita. Noi scordiamo l’ammonizione di un saggio: tutto è vanità. L’esistenza di Dio, di Elohim – qualora effettivamente esistesse -, non elimina questa sensazione di vanità. E’ un paradossale sposalizio fra Dio e vanità. Qoelet lo raccontava mill’anni fa, ed ora, dopo millenni è ancora così: tutto è vanità. Quell’ammonizione di Qoelet si coniuga con l’urlo di Giobbe che, nel suo echeggiare, traccia la distanza fra il cielo e la terra… una distanza incommensurabile, come incommensurabile è la potenza divina che si abbatte sull’uomo, senza un perché, senza un preavviso. Siamo abbandonati a noi stessi come arbusti mossi da un vento che non sappiamo trattenere e governare, che non sappiamo da dove nasce, da che direzione spira, dove va.
L’anima che ci abita è occulta, inconoscibile, noi incarniamo, tutti insieme, quell’urlo di Giobbe che si coniuga con quello del Cristo sulla croce…. Noi siamo l’eco di quell’urlo, un eco che si ripercuote per tutta la storia e percorre l’intero pianeta. Forse quell’urlo è anche l’urlo di Dio che soffre, e noi, Sua immagine e somiglianza, non possiamo evitare di patire. Ma ogni tanto incontriamo una stazione, un piccolo punto di ristoro dove riposare e riprendere le energie consumate nell’attraversare quel breve tratto di strada in cui le insidie ci hanno assalito da ogni lato, fino a sfiancarci…. Ma siamo vivi, abbiamo varcato un ponte, ora riposiamo le membra e scaldiamo l’anima con quei raggi di sole che mostrano all’orizzonte un nuovo punto di ristoro da raggiungere. Non possiamo indugiare troppo a lungo seduti sulle nostre rovine, tante altre insidie ci attendono, tanti altri patimenti, prima di raggiungere un nuovo convento… siamo ospiti sempre attesi al simposio che la vita c’imbandisce, la qualità del banchetto, dei suoi cibi, la frescura dell’acqua che dovrà dissetarci, dipendono anche un po’ da noi. Siamo Viandanti, siamo anche un po’ Lazzaro <Alzati e cammina!>.

Urla Giobbe, urla Auschwitz, urla la madre che perde il sorriso del proprio bimbo, urla una donna stuprata nel corpo e dilaniata nell’anima…. Ma la vita continua sorda ai lamenti, sorda a quel che accade… perché quel che accade è proprio ciò che deve accadere, senza finzioni, senza orpelli, senza barocchismi stucchevoli che rendano meno greve la visione di chi piange nell’anima perché ha dissecato la fonte delle proprie lacrime, di chi non ha più voce per gridare ed esigere una mano tesa che si sporga in un gesto d’aiuto – quale aiuto può pervenire dal prossimo (sempre alterità che mai s’incontra, sempre un altro) -, cui è rimasta solo un flebile filo di voce per restituire a quel Dio sì tanto indifferente la responsabilità che si deve accollare: <Padre, Padre perché mi hai abbandonato?>.

L’anima soffre, non può evitare di soffrire, la mente insufficientemente la tacita, fino a far diventare il suo urlo – quello dell’anima - un lieve sussurro. Ma la voce dell’anima è talmente imperiosa che, anche così ridotta, così soffocata fa udire il suo labile suono, e quando lo si ode, anche come semplice vibrazione di note scorate, è un’ala di pipistrello nella notte più buia che ti sfiora le membra, che ti fa accapponare la pelle.
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Vecchio 06-02-2006, 11.49.53   #30
Donatella
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Citazione:
Messaggio originale inviato da paperapersa
infatti non può essere che così
quando tu ci metti tutta l'anima in ciò che fai
ci sei totalmente con tutti i tuoi sensi, con tutto te stesso,
sei concentrato, preso totalmente, compenetrato,
quando poi questo sentire deve essere espresso
al mondo esterno nasce la creatura che è qualunque creazione
qualunque manifestazione del tuo esserci anima e corpo
è vibrante vita che si manifesta attraverso colori, suoni,
carezze, voce, odori
insomma è sì corpo che vibra se danza,
voce che canta, mano chesuona o che scolpisce o dipinge,
mente che pensa ad un possibile progetto e corpo strumento che lo realizza.
Eppure ci sono ancora morti che seppelliscono i loro morti, esseri chenon credono nella meraviglia della vita e nelle loro meravigliose
possibilità
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Vecchio 06-02-2006, 11.57.22   #31
sunday01
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Re: Anima e pathos

Citazione:
Messaggio originale inviato da visechi

Noi permaniamo in questo conflitto che esacerba l’anima - tutto l’essere -, che ci trascina. Ma questa – dico io – è la vita, che ci piaccia o no. Siamo dannati a viverla.
E' lanima che è piombata in un mondo dannato... è l'anima che può rendere vivibile la vita...

Citazione:
Messaggio originale inviato da visechi

L’anima soffre, non può evitare di soffrire, la mente insufficientemente la tacita, fino a far diventare il suo urlo – quello dell’anima - un lieve sussurro. Ma la voce dell’anima è talmente imperiosa che, anche così ridotta, così soffocata fa udire il suo labile suono, e quando lo si ode, anche come semplice vibrazione di note scorate, è un’ala di pipistrello nella notte più buia che ti sfiora le membra, che ti fa accapponare la pelle.

Giobbe credeva di conoscere Dio, ma non sapeva veramente come Egli è ....

Gesù è Dio uomo e anche la sua anima ha urlato e sofferto ma, essendosi messo al nostro livello, ci ha rivelato un Dio più umano e partecipe delle nostre sofferenze, non un dio lontanto e invisibile....

l'anima è spirito: quello che soffre è il corpo e la mente, l'anima è il soffio della vita che Dio ha dato all'uomo per renderlo "anima vivente"L'anima è la scintilla di Dio che è in ciascuno di noi.
Dio non è crudele: è luomo che si condanna da solo facendo tacere l'anelito della sua anima che tende sempre a Dio, ma spesso la sua voce viene schiacciata da altre pulsioni umane troppo umane...
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Vecchio 06-02-2006, 13.11.04   #32
visechi
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Anima e Creazione

Citazione:
<E' l’anima che è piombata in un mondo dannato... è l'anima che può rendere vivibile la vita...>
L’Anima avverte in sé la dannazione primigenia, dell’Origine. Vive in sé, come un baluginio soffuso ma imperioso, il dramma pre-storico di Dio, la sua lacerazione, la sua solitudine, l’agon intra-divino che precedette la sua opera Creatrice, coestensiva. La Genesi esordisce con una locuzione che in tal senso e in tale ottica dovrebbe essere abbastanza illuminante: <In principio…>. In principio Dio! Ma prima di quel principio? Prima dell’Origine? Porre un principiare agli eventi, determinando così la nascita della storia, significa de-finire e de-limitare, ma l’eternità di cui tanto si parla non vanisce forse al cospetto di questa locuzione? Se così non fosse, se Dio è eternità, oltre lo spazio ed oltre il tempo, cosa vi era prima di quel “Principio”? Cosa ha caratterizzato – perdurando nella caratterizzazione ancora - la pre-storia di Dio, prima dell’Origine, prima della Creazione? Se è vero che Dio abita il profondo della nostra anima – senza che io ammetta con ciò la sua effettiva esistenza e pregnanza -, o che essa è il luogo privilegiato, forse unico, che ospita l’immagine divina – così come affermerebbe la tradizione mistica -, noi di questo fondo avvertiamo lo strepitio, le urla ineffabili che traduciamo appunto in ansia, angoscia ed inquietudine. Questo riflettersi dal profondo di ciascuno di noi è reminiscenza della pre-storica lacerazione, del pre-sotrrico dramma intra-divino. E la Creazione stessa si trascina appresso quest’ineluttabile ed irredimibile agon(ia), ad essa pre-esistente.
Se noi siamo creazione ed immagine divina; la pre-storia di Dio deve essere caratterizzata da questo conflitto interiore – supporrei che sia anche perdurante… pre-esistente e coestensivo -. Noi, frutto della Sua (volontà?) creatrice, non possiamo esimerci, perché mai esentati fin dall’Origine, dall’avvertire e percepire come un eco agghiacciante questo baluginare dell’ineffabile luce e dell’enigmatica e terrifica Ombra del Numinoso, in quanto entrambe, in un groviglio inestricabile, si espandono nella Creazione. La Creazione stessa non è esentata da tutto ciò. Tale condizione è necessitata dal fatto che la Creazione si appalesa in un ansito di vita che, nel suo espandersi e contrarsi, è evocazione, annuncio e presagio di Morte, così come quest’ultima, nel perenne gioco delle compossibilità, è, a sua volta, incipit e genesi della vita.
Così pure il Male rispetto al Bene: ciascuno è testimonianza dell’alterità che lo compone, divenendone annuncio, e ciascuno è premessa e conseguenza, incipit ed epilogo del proprio omologo contrario.
Dio trasmise alla Creazione quest’agon(ia) ante Origine, cioè quel che caratterizzava la Sua pre-storia. La infuse ab Origine, ed in ciò non è rilevabile alcun “peccato d’Origine” ascrivibile alla creatura, e non emerge neppure la maledizione e gli strali divini nei confronti della Creatura e della terra che la ospita narrata nel Libro della Genesi. Il ‘peccato d’Origine’ è infuso nella Creazione proprio per effetto ed in conseguenza della Creazione stessa.
E si ode ancora l’eco della protesta di Cioran: <<...Ecco perché, quando ingiuriamo il cielo, lo facciamo in virtù del diritto di colui che porta sulle spalle il fardello di un altro. Dio non è all'oscuro di quello che ci succede - e se ha mandato il Figlio, affinché ci tolga una parte delle nostre pene, lo ha fatto non per pietà, ma per rimorso.>>.

Citazione:
< Giobbe credeva di conoscere Dio, ma non sapeva veramente come Egli è ....
Gesù è Dio uomo e anche la sua anima ha urlato e sofferto ma, essendosi messo al nostro livello, ci ha rivelato un Dio più umano e partecipe delle nostre sofferenze, non un dio lontano e invisibile....
l'anima è spirito: quello che soffre è il corpo e la mente, l'anima è il soffio della vita che Dio ha dato all'uomo per renderlo "anima vivente"L'anima è la scintilla di Dio che è in ciascuno di noi.
Dio non è crudele: è l’uomo che si condanna da solo facendo tacere l'anelito della sua anima che tende sempre a Dio, ma spesso la sua voce viene schiacciata da altre pulsioni umane troppo umane...>

La profondità dell’urlo di protesta di Giobbe è tale da solcare il tempo e lo spazio, fino a congiungersi allo scoramento e al gemito di Gesù. Non vi è cesura fra i due eventi, solo un tratto di storia – dell’uomo – in assenza di Dio, costellata dal dolore, contrappuntata dal Male inconsulto che insorge bestiale a nutrire la vita. Non vi è cesura fra Giobbe, Gesù e le baracche di Auschwitz e Darkenau. Vi è continuità nel Male che s’insinua perfido nel cuore e prorompe dalla gola di madri che piangono figli, senza un perché, senza un motivo. Dio non ha mai fornito risposte, non vi è teofania che lo abbia giustificato. Quando, richiamato dall’urlo di Giobbe, fece udire la sua voce, non lo fece per svelare il mistero della vita e del Male, ma solo per accentuarli, per marcare una distanza incolmabile fra terra e cielo. Dio non è crudele, la crudeltà non trova ospitalità fra i suoi misteri. Dio parrebbe perseguire un progetto ineffabile, inconoscibile, intangibile ed inintelligibile, ma questo progetto dissemina la terra di vittime innocenti, le stesse vittime innocenti – i tanti bambini morti per caso, senza un perché - che indussero in un famoso personaggio di Dostoevskji un moto di ribellione, fino a rifiutare la coppa della vita, la cornucopia ricolma di tanti mali, fino ad infrangerla sul il pavimento per non volerne più cogliere i cocci. L’Anima è ricettacolo di questa discrasia, e l’uomo avverte quest’antinomia presente nella vita, nella creazione. L’avverte in una visione tragica, che dilania, che accentua vieppiù la lacerazione dell’Origine. E non vi è sutura che possa redimerla. Chi soffre non è il corpo, è l’Anima. Quando l’Anima soffre, patisce l’intero corpo, patisce l’uomo nella sua interezza: mente, Anima, corpo.
Bye
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Vecchio 06-02-2006, 13.21.16   #33
turaz
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soffre l'anima?
non lo so...
o è la mente a determinarne la sofferenza dovuta all'"ingabbio" nel mentale...?
ciao
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Vecchio 06-02-2006, 13.47.06   #34
Sweet Cat
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mah......se l'anima è la forza vitale..o luce.....magari puo anche soffrire ..quando non percepisce la luce....quando non avverte energia... e quindi si ripiega su se stessa.
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Vecchio 06-02-2006, 13.50.46   #35
turaz
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ma "a non avvertire la luce" è l'anima...o è la mente a creare tale illusione...?(EGO)
come può una cosa (l'anima) composta di luce non percepirla?
E' la mente a creare distorsione (ego)
pertanto la causa sta nella disconnessione (illusoria) tra anima-mente e corpo.
l'anima "soffre" quando è "soffocata" dall'ego che non permette alla luce di espandersi.
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Vecchio 06-02-2006, 14.20.28   #36
paperapersa
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Re: Anima e Creazione

Citazione:
Messaggio originale inviato da visechi
L’Anima avverte in sé la dannazione primigenia, dell’Origine. Vive in sé, come un baluginio soffuso ma imperioso, il dramma pre-storico di Dio, la sua lacerazione, la sua solitudine, l’agon intra-divino che precedette la sua opera Creatrice, coestensiva. La Genesi esordisce con una locuzione che in tal senso e in tale ottica dovrebbe essere abbastanza illuminante: <In principio…>. In principio Dio! Ma prima di quel principio? Prima dell’Origine? Porre un principiare agli eventi, determinando così la nascita della storia, significa de-finire e de-limitare, ma l’eternità di cui tanto si parla non vanisce forse al cospetto di questa locuzione? Se così non fosse, se Dio è eternità, oltre lo spazio ed oltre il tempo, cosa vi era prima di quel “Principio”? Cosa ha caratterizzato – perdurando nella caratterizzazione ancora - la pre-storia di Dio, prima dell’Origine, prima della Creazione? Se è vero che Dio abita il profondo della nostra anima – senza che io ammetta con ciò la sua effettiva esistenza e pregnanza -, o che essa è il luogo privilegiato, forse unico, che ospita l’immagine divina – così come affermerebbe la tradizione mistica -, noi di questo fondo avvertiamo lo strepitio, le urla ineffabili che traduciamo appunto in ansia, angoscia ed inquietudine. Questo riflettersi dal profondo di ciascuno di noi è reminiscenza della pre-storica lacerazione, del pre-sotrrico dramma intra-divino. E la Creazione stessa si trascina appresso quest’ineluttabile ed irredimibile agon(ia), ad essa pre-esistente.
Se noi siamo creazione ed immagine divina; la pre-storia di Dio deve essere caratterizzata da questo conflitto interiore – supporrei che sia anche perdurante… pre-esistente e coestensivo -. Noi, frutto della Sua (volontà?) creatrice, non possiamo esimerci, perché mai esentati fin dall’Origine, dall’avvertire e percepire come un eco agghiacciante questo baluginare dell’ineffabile luce e dell’enigmatica e terrifica Ombra del Numinoso, in quanto entrambe, in un groviglio inestricabile, si espandono nella Creazione. La Creazione stessa non è esentata da tutto ciò. Tale condizione è necessitata dal fatto che la Creazione si appalesa in un ansito di vita che, nel suo espandersi e contrarsi, è evocazione, annuncio e presagio di Morte, così come quest’ultima, nel perenne gioco delle compossibilità, è, a sua volta, incipit e genesi della vita.
Così pure il Male rispetto al Bene: ciascuno è testimonianza dell’alterità che lo compone, divenendone annuncio, e ciascuno è premessa e conseguenza, incipit ed epilogo del proprio omologo contrario.
Dio trasmise alla Creazione quest’agon(ia) ante Origine, cioè quel che caratterizzava la Sua pre-storia. La infuse ab Origine, ed in ciò non è rilevabile alcun “peccato d’Origine” ascrivibile alla creatura, e non emerge neppure la maledizione e gli strali divini nei confronti della Creatura e della terra che la ospita narrata nel Libro della Genesi. Il ‘peccato d’Origine’ è infuso nella Creazione proprio per effetto ed in conseguenza della Creazione stessa.
E si ode ancora l’eco della protesta di Cioran: <<...Ecco perché, quando ingiuriamo il cielo, lo facciamo in virtù del diritto di colui che porta sulle spalle il fardello di un altro. Dio non è all'oscuro di quello che ci succede - e se ha mandato il Figlio, affinché ci tolga una parte delle nostre pene, lo ha fatto non per pietà, ma per rimorso.>>.



La profondità dell’urlo di protesta di Giobbe è tale da solcare il tempo e lo spazio, fino a congiungersi allo scoramento e al gemito di Gesù. Non vi è cesura fra i due eventi, solo un tratto di storia – dell’uomo – in assenza di Dio, costellata dal dolore, contrappuntata dal Male inconsulto che insorge bestiale a nutrire la vita. Non vi è cesura fra Giobbe, Gesù e le baracche di Auschwitz e Darkenau. Vi è continuità nel Male che s’insinua perfido nel cuore e prorompe dalla gola di madri che piangono figli, senza un perché, senza un motivo. Dio non ha mai fornito risposte, non vi è teofania che lo abbia giustificato. Quando, richiamato dall’urlo di Giobbe, fece udire la sua voce, non lo fece per svelare il mistero della vita e del Male, ma solo per accentuarli, per marcare una distanza incolmabile fra terra e cielo. Dio non è crudele, la crudeltà non trova ospitalità fra i suoi misteri. Dio parrebbe perseguire un progetto ineffabile, inconoscibile, intangibile ed inintelligibile, ma questo progetto dissemina la terra di vittime innocenti, le stesse vittime innocenti – i tanti bambini morti per caso, senza un perché - che indussero in un famoso personaggio di Dostoevskji un moto di ribellione, fino a rifiutare la coppa della vita, la cornucopia ricolma di tanti mali, fino ad infrangerla sul il pavimento per non volerne più cogliere i cocci. L’Anima è ricettacolo di questa discrasia, e l’uomo avverte quest’antinomia presente nella vita, nella creazione. L’avverte in una visione tragica, che dilania, che accentua vieppiù la lacerazione dell’Origine. E non vi è sutura che possa redimerla. Chi soffre non è il corpo, è l’Anima. Quando l’Anima soffre, patisce l’intero corpo, patisce l’uomo nella sua interezza: mente, Anima, corpo.
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Quanto dolore, sofferenza esprimi Visechi, mi strazi l'anima!!
Ma lo comprendo questo dolore perchè è stato anche mio.
E' il non comprendere i motivi della sofferenza che fa soffrire
l'uomo. E' da lì che con il cuore straziato si parte per cercare risposte.
Si traversano profonde notti buie, si è tentati di staccare la spina
di rifiutare un mondo siffatto.....Nessuno è esente eppure quanti modi diversi di reagire....e di cominciare ad agire...
E' importante non soffermarsi, non fermarsi a questo stadio...si deve andare oltre
è la vita stessa che lo chiede.
Nel buio della notte deve farsi strada uno spiraglio di luce. C'è altro sì Visechi, c'è altro anche se sembra che ci sia solo il dolore.
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Vecchio 06-02-2006, 14.27.36   #37
turaz
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continuando il post precedente mio...
per questo si usa dire che è "canale" una persona completamente connessa all'Io...
perchè l'energia fluisce liberamente dall'anima... attraverso mente e corpo
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Vecchio 06-02-2006, 14.50.40   #38
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Messaggio originale inviato da turaz
continuando il post precedente mio...
per questo si usa dire che è "canale" una persona completamente connessa all'Io...
perchè l'energia fluisce liberamente dall'anima... attraverso mente e corpo

quindi le depressioni, che vengono chiamate malattie dell'anima in realtà sono malattie dell'ego??

ciao
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Vecchio 06-02-2006, 15.22.09   #39
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sono causate dall'ego... prima personale poi collettivo o viceversa
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Vecchio 06-02-2006, 16.50.35   #40
visechi
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Anima e (D)Io

Siamo all’interno di un labirinto intricatissimo… la vita stessa è un labirinto, e il filo che dovremmo tendere per indicarci la via - il famoso filo d’Arianna - è spesso spezzato, e non aiuta certo molto nel vagolare incerto all’interno di questo labirinto. Troppo spesso mi pare si compia qualche passo in avanti e troppi passi indietro nel costante impegno di riannodare i capi del filo spezzato Non so se siano maggiori i progressi in avanti o è superiore il moto a ritroso alla ricerca dei due capi. Non so neppure se, con questa andatura da gambero, sia mai possibile trovare l’uscio che conduca fuori dal labirinto, prima che la Moira Lachesi ne abbia spezzato un altro di filo. Fortuna vuole che a noi mortali non sia data in mano la clessidra delle nostre vite e che ignoriamo così la quantità di granelli di sabbia che essa contiene, per cui non è possibile conoscere quanta ne sia scorsa e quanta ancora ne resti. E’ così che fra i crocicchi che intersecano la nostra strada ci perdiamo, smarrendo la meta – posto che ve ne sia mai stata una -.

Il labirinto entro cui la nostra Anima, il nostro vero Sé vagola confuso è quella miriade di cunicoli che la mente genera, quella miriade di pensieri che solo un black out demenziale potrebbe spengere. Serve un pizzico di follia per uscire da quegli schemi che la mente si crea; serve la sana e divina follia per rompere il salvadanaio che racchiude il tesoro che è in noi… ma è una follia che turba, che spaventa, soprattutto gli altri. A poco vale affermare che gli altri, in primo luogo, siamo noi.
<Solo quando avremo posseduto noi stessi, potremo guardare il prossimo!>
Romantica visione, eroica visione. Ma non tutti siamo eroi, piuttosto, quasi tutti siamo poveri uomini e donne che sentono dentro di sé quella solitudine irredimibile frutto di una profonda lacerazione che la coscienza invece che suturare amplifica, amplia ed esalta. Forse è vero, non sappiamo spengere la mente pensante. L’ho già scritto in precedenza. Spengere la mente per ignorarsi, per giungere all’estrema estasi di ignorare anche di ignorarsi. Ma sono proprio i sensi aperti che lasciano filtrare l’aria fredda del mattino, quella che annuncia non un meriggiare assolato, ma una bufera. Non vi è aria che sia tersa, che sia perfettamente linda, è sempre incrostata di pulviscolo spesso inquinato. E’ proprio questo ascoltarsi, con i sensi, con la mente, ma soprattutto con l’anima, questo echeggiare dal profondo che ti rappresenta in guisa di viandante, di apolide senza patria, di attore oramai sulla via del tramonto - come se mai ci fosse stato davvero un reale albore di gloria… non di notorietà, gloria dell’anima -.

Sradicare i tanti uno, nessuno, centomila Io è impresa davvero ardua, ancor più difficile è individuare ciascuno di loro ogni volta che si (ci) rappresentano. Non è mai facile cogliere il momento, quell’attimo fuggente in cui l’abitatore clandestino si mostra, troppo presi ed invischiati in queste raffigurazioni della personalità per render(si)ci pienamente e tempestivamente conto che ciò che rappresenti, o ciò che in quel momento ti mette in scena, non sei tu, ma altro. Però, talvolta, ci sentiamo diversi dal personaggio che recita in noi. Questa è la lacerazione di fondo, questa è l’ansia e l’inquietudine. Spesso avvertiamo quest’ansia, e, per dare un motivo al suo essere, al suo stringere il cuore, al suo esistere, la colleghiamo ad eventi, a fatti che ci ‘turbano’, a rapporti con altre persone non del tutto soddisfacenti. Credo che si tratti dell’ennesima mistificazione. Noi siamo inquietudine ed ansia, ma abbiamo necessità di ignorarlo, per quello fingiamo mille contingenze cui attribuire la fonte dell’inquietudine che ci vive dentro. La nostra vera Vita è solo tramestio, ansia, voragine che si affaccia nell’abisso di noi stessi. E’ ansia inespungibile, il cui perenne moto ondulatorio talvolta ci porta all’apice, sulla cresta dell’onda, tramutandosi in allegrezza, in gioia, in ‘felicità’…. Ma sono sempre degli attimi fugaci, e si continua comunque a percepire quel fondo ansioso che è in noi. La vita, quella della Natura, non è quiete, è ribollio inesausto. La Natura non riposa mai, noi siamo parte di questa Natura inesausta, siamo parte di quel moto perenne. La vertigine che ci coglie osservandoci ed ascoltandoci, è ansia, apprensione, inquietudine.
Il nostro Io è multiforme, si maschera mutando continuamente colore, calore e forma; diviene evanescente, se è necessario celare le proprie bugie, le proprie nefandezze. Si espone in un impeto di esaltazione se deve imporre con protervia la sua ragione d’essere.
Noi, novelli Faust, abbiamo venduto l’anima a questa legione, ma senza poter sperare e confidare in una redenzione. L’anima no, ella non può celarsi, non può svanire, quindi urla le sue ragioni, cerca l’aria per trarne un sospiro vivificante, ed aspira nero fumo che intossica. Cosicché è tutto il nostro essere che n’è intossicato, che patisce e soffre. Temo che sia l’anima che abita in noi, che ci abita e possiede, il nostro personale daimon ciò che urla, che scalpita e protesta, non mai il nostro Io. E’ la nostra essenza pura, priva d’incrostazioni che l’appesantiscono che geme, non la legione di Io che usiamo, che ci usa.

Diveniamo così consumatori di noi stessi, anche nei rapporti umani, siamo antropofagi. L’incontro è una lotta per abbattere muri, per espugnare fortezze. Eppure non ci rimane altro che l’incontro. Ma nonostante questa nostra unica vocazione, erigiamo fortezze, ci vestiamo di tanti ‘Io’: di plastica, di cartone, che puzzano di polimeri a metri di distanza… cosa cerchiamo? Ognuno s’inventa una meta per scordare che siamo sempre più soli… tante anime sole che cercano l’incontro con altre anime sole che non sanno incontrarsi, se non per parlare di futilità.

Troppo kaos nelle cose, e l’ordine non fa per me… forse esistono persone che sentono un’intima vocazione per il kaos, che aborrono l’ordine, perché sentono la noia della vita, ciò che un francese definiva spleen. Forse si è dannati fin dalla nascita. Quindi mai un progresso verso una quiete che immagino possa annoiare, nessun tratto di strada percorso verso una pace interiore stabile in cui non credo.
Bah! Siamo strani animali.
Ciao

Ultima modifica di visechi : 06-02-2006 alle ore 16.55.39.
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