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Possiamo essere davvero altruisti?

Il Dubbio del Mese
di Leonardo Tasso - indice articoli


Possiamo essere davvero altruisti?

Maggio 2025


C'è chi devolve parte del proprio stipendio a un’organizzazione benefica. C'è chi soccorre uno sconosciuto per strada, senza pensarci due volte. Gesti nobili, generosi, che immediatamente riconosciamo come “altruisti”. Ma ci fermiamo mai a chiederci cosa muove davvero queste azioni? È possibile agire esclusivamente per il bene dell’altro, senza che ne ricaviamo nulla per noi stessi?
La parola “altruismo” evoca immagini di dedizione disinteressata, di empatia che supera l’ego. Eppure, a uno sguardo più attento, la faccenda si complica. Quando aiutiamo qualcuno, spesso ci sentiamo meglio. Proviamo soddisfazione, sollievo, persino orgoglio. In certi casi, aiutare ci libera da un senso di colpa. In altri, rafforza la nostra immagine agli occhi degli altri — o ai nostri. Allora: se da ogni gesto altruista traiamo anche un beneficio personale, per quanto sottile o profondo, è ancora altruismo? O si tratta, in fondo, di una forma raffinata di egoismo?
Non si tratta di sminuire la bontà delle azioni umane, né di mettere in dubbio la sincerità dei sentimenti che le ispirano. Ma questo interrogativo tocca una zona grigia della nostra interiorità: esiste davvero un agire che non preveda alcun ritorno, nemmeno simbolico, nemmeno emotivo?
C’è chi sostiene che persino il sacrificio più estremo — come mettere a rischio la propria vita per salvare quella di un altro — possa rispondere a un bisogno profondo: proteggere un’idea di sé, essere coerenti con i propri valori, evitare il rimorso. Allora l’altruismo non sarebbe negato, ma reinterpretato: non l’assenza di sé, ma l’unione tra il sé e l’altro. Una forma di interconnessione dove i confini tra dare e ricevere sfumano.
E se invece l’altruismo puro esistesse, ma fosse così raro e silenzioso da passare inosservato? Forse si nasconde nei gesti anonimi, in quelli compiuti senza spettatori, senza riconoscimenti, senza ritorni tangibili. O forse, l’idea stessa di “purezza” nelle intenzioni è una costruzione astratta, lontana dalla complessità dell’animo umano.
Domandarsi se possiamo essere davvero altruisti significa interrogare il nostro modo di vedere gli altri e noi stessi. Significa riconoscere che ciò che chiamiamo “generosità” o “solidarietà” è spesso un intreccio di motivazioni, consce e inconsce. E che forse non c’è nulla di male in questo. Ma il dubbio rimane.
Cosa ci spinge, davvero, quando aiutiamo qualcun altro? È possibile desiderare il bene altrui senza alcuna ombra di ritorno? Oppure l’altruismo è un equilibrio delicato tra il sé e l’altro, un confine poroso dove le intenzioni si mescolano e ognuno, in forme diverse, trova qualcosa?


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