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Le Pulci nell'Orecchio di Riccardo Magnani

Le Pulci nell'Orecchio

Divulgare il metodo scientifico perché ognuno possa giudicare in modo consapevole e autonomo.

Di Riccardo Magnani - indice articoli


Il piacere di insegnare

Settembre 2020


Insegnare è una esperienza meravigliosa... se si ama questo lavoro. Ma può trasformarsi in un incubo se capisci che hai sbagliato mestiere. Molti lavori si possono fare anche contro voglia senza che il beneficiario se ne accorga. Non questo. Se l'utenza percepisce che non hai il minimo entusiasmo per la disciplina che insegni ti toccherà iniettargliela per via endovenosa se vorrai ottenere qualche risultato.
Il mio punto di vista è che trasmettere ad altri le proprie conoscenze affinché non si perdano per sempre con l'inevitabile oblio della nostra morte, sia un passo verso l'immortalità del nostro pensiero.
Di cosa è fatta la conoscenza? Di un substrato solido e materiale che è il nostro cervello, e una sostanza astratta che sono le idee. Sappiamo che il cervello non può essere trasmesso ad una nuova generazione di individui. Quindi se non vogliamo che ogni progenie di esseri umani ricominci da zero, qualcuno deve trasmettere il bagaglio delle informazioni fino a quel momento accettate e condivise da tutti.
Non esiste a livello pubblico una scuola che ti insegni veramente ad insegnare. Ti danno in mano un registro, oggi elettronico, e ti mandano in aula come San Daniele nella fossa dei leoni. Voi direte che esagero. Certo dipende molto dalla scuola in cui lavorate. Un liceo nel quale ho avuto la fortuna di insegnare non è equiparabile ad una scuola professionale e gli studenti hanno ben altre motivazioni, ma come al solito, quando mi accosto ad argomenti complessi chiedo al lettore di seguirmi con calma.
Questa assoluta mancanza di preparazione al mestiere di insegnante credo sia dovuta ad una malintesa equazione. Ovvero se conosci bene la tua disciplina sei anche un bravo insegnante. Certo sarebbe bello se veramente bastasse questo. Si potrebbe selezionare il corpo docente con severi esami basati sulle competenze. Non voglio dire che non serva una buona conoscenza di ciò che si insegna. Direi che è il minimo per partire. Senza quella meglio cambiare mestiere. Ma serve molto altro. Facciamo un paragone che ha qualcosa in comune con noi docenti: fare l'attore. È un buon attore colui che sa perfettamente a memoria la sua parte? Evidentemente questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. La sua bravura si misura con l'attenzione che il pubblico gli dedica, dal coinvolgimento emotivo che riesce a trasmettere, dal pathos che sa comunicare.
Ho sempre vissuto il primo giorno di lezione in una nuova classe come l'apertura del sipario a teatro. Entri in classe in un silenzio tombale e tu sei solo come un attore sul palcoscenico. Hai un monologo da recitare e un pubblico curioso. Loro ti osservano. Le ragazze, con un colpo d'occhio, notano subito che scarpe porti, il tipo di abbigliamento che indossi, che borsa hai, cioè tutti i dettagli con i quali vieni immediatamente classificato. I maschi cercano segni sul tuo viso per capire se hai paura o sei un bastardo. Tutti in ogni caso sono pronti a distruggerti se non sei all'altezza o ad amarti alla follia se te lo meriti. L'amore che una classe sente per un prof e la sua materia (quando c'è) non verrà a galla subito, deve sedimentarsi per molto tempo per poterlo confrontare con altre esperienze. Poi un giorno, dopo anni, incontri un tuo ex alunno del quale fai fatica a ricordare il nome. Si, ti ferma e ti dice: "prof, forse non si ricorda di me? sono *****." Mentre lo osservo cerco disperatamente nel mio archivio mentale ma proprio non ricordo. Lui: "prof, allora avevo 16 anni ed ora ne ho 35, è normale che non si ricordi". Ma non importa, lui è solo ansioso di dirmi che fu bocciato e dovette ripetere l'anno, soprattutto per chimica dove aveva un votaccio che gli avevo dato io. "Era perché non la studiavo prof, ma le sue lezioni mi piacevano moltissimo e l'anno che ho perso è stata colpa mia" e mi stringe la mano con passione.
Un altro esempio interessante. Venerdì, riconsegna della verifica di chimica. Buoni voti, qualche sufficiente e un paio di 3 purtroppo. Alla fine dell'ora quando ormai sono in corridoio mi raggiunge ****** Elena e mi dice: "Prof nella prossima ora lei ha il ricevimento parenti e verrà mio padre a sentire come vado. Le propongo un patto. (e qui mi si drizzano le orecchie. C'e puzza di bruciato?) Mi ascolti bene. Se lei trova una scusa per non dire a mio padre che ho preso 3 in chimica, io le prometto che lunedì, se mi farà fare una verifica di recupero ugualmente difficile, prenderò almeno otto". La mia replica fu che non comunicargli il voto poteva essere un reato in atti di ufficio. Elena però mi fissava dritto negli occhi con una energia che poteva solo essere dettata da una paura nei confronti del padre che andava ben al di là dei normali rapporti padre-figlia. Preoccupato da quello sguardo, decisi di scommettere su di lei. Al padre dissi che le verifiche di chimica non le avevo ancora corrette tutte e di pazientare un paio di giorni. Preparai una verifica con difficoltà pari a quella in cui aveva preso tre. Lunedì, sola in un angolo della classe, isolata dai suoi compagni, con la testa concentrata sul foglio a quadretti, mi consegnò un compito eccezionale che solo per una piccola imperfezione meritò 9 ½. Terminata la correzione lo consegnai a lei con i miei complimenti. Lei mi guardò fisso negli occhi senza sorridere e disse solo "grazie prof" in tono dimesso. Non so dirvi altro ma questo penso possa bastare.
Preferisco sempre raccontare le vittorie, e sottacere le sconfitte quando la fiducia è stata mal riposta oppure ho puntato sul cavallo sbagliato. Bisogna mettere in conto anche questo. Qualche volta ho avuto studenti che non hanno accettato la mia severità, ritenendola ingiusta e cinica ed incontrandoli per strada si voltano altrove. Non sono molti ma ci sono e ritengo che, dal loro punto di vista, abbiano anche ragione ma io sono per la meritocrazia perché la natura funziona così e se non la applico io sarà la vita ad educarli in tal senso. Sono quelli che al mio posto avrebbero voluto un insegnante "buono". Di quelli che ti dicono che si, nel compito di chimica hai sbagliato i calcoli ma il procedimento era giusto quindi ti meriti un bel voto. Io invece sostenevo che se in chimica sbagli i calcoli può esplodere una raffineria. Poi andate a raccontare alle famiglie delle vittime che i calcoli erano errati ma il procedimento correttissimo. Tirando le somme per loro non sono stato certamente un buon insegnante perché incapace di fare arrivare il mio messaggio. Per cui vanno messi nel novero delle mie sconfitte personali. Insegnare chimica è una sfida continua per renderla gustosa da studiare. Si tratta di un compito arduo. Difficile trovarle un amante. Ma quando 5 studenti della vostra quinta decidono di iscriversi alle varie facoltà di chimica, (accade raramente ma a me è accaduto) potete prenderlo come indice di un buon lavoro svolto ed esserne soddisfatti. Ma mentre scrivo queste cose emergono ricordi lontani come il primo giorno da professore. Avevo 24 anni, appena laureato, cattedra annuale loro in quinta, ne avevano 18. Mi sembravano tutti altissimi. Molti dimostravano più anni di me.  Mi fissavano muti. Qualcuno sorrideva sarcastico (almeno così credevo io ma non era vero). Il classico minuto di incertezza nel quale hai tempo di chiederti "cosa ci faccio io qui?". Allora mi voltai verso la lavagna per prendere un gesso ma soprattutto per raccogliere un po' di sicurezza in me stesso e rivolgendomi di nuovo verso di loro dissi più o meno così, tutto di un fiato:
Mi chiamo Magnani. So che in questo liceo non avete mai fatto chimica organica (a quell'epoca non era nel programma ministeriale). Ragazzi, prendete un quaderno e scrivete. Voi sarete i primi a farla. Vi accorgerete che anche la chimica ha la sua bellezza. Persino le formule hanno un aspetto esteticamente elegante. E voltandomi di nuovo alla lavagna cominciai a disegnare la serie degli idrocarburi. E il ghiaccio si ruppe. Non stavo dicendo una bugia. Era un invito ad apprezzare un aspetto estetico della chimica che nessuno aveva fatto notare loro fino a quel momento. Si sobbarcarono un pezzo in più nel programma senza fiatare. Oggi la chimica organica è entrata a pieno titolo nei programmi ministeriali ma allora ricevetti un sacco di critiche da parte dei colleghi che non volevano farla ma che si sentivano scavalcati per questo.
Un'altra volta. Anche qui prima lezione dell'anno in una quinta liceo, ma io molto più avanti negli anni e ormai con un buon bagaglio di esperienza scolastica e di psicologia studentesca sulle spalle. Ero appoggiato alla cattedra e a un metro di distanza c'era la prima fila di banchi. Mentre introducevo il discorso, al ragazzo del secondo banco a destra cadeva la penna. Feci due passi in avanti, mi chinai e gliela raccolsi. Poi tornai al mio posto. Dopo neanche un minuto accadde ancora e capii che lo faceva apposta. Mi chinai nuovamente e gliela appoggiai sul banco. Lo rifece 4 o 5 volte di seguito e io senza battere ciglio rifacevo lo stesso gesto mentre i suoi compagni che dall'inizio avevano capito che cercava lo scontro, cominciavano a non gradire più lo scherzo che sembrava ritorcersi contro di lui. Tutto fini lì. Per tutto l'anno trattai il ragazzo come se nulla fosse accaduto. A giugno, fatti gli scrutini, salutai la classe ed andai in un’altra città come commissario per la maturità. In quei giorni ricevetti da quel ragazzo la lettera più commovente che abbia mai ricevuto e che conservo gelosamente. Mi diceva di aver atteso la fine degli scrutini a inviarla affinché non sembrasse un tentativo di "corruzione". Sosteneva che quel gesto compiuto il primo giorno e di cui si vergognava, lo aveva tormentato per tutto l'anno senza avere il coraggio di chiedere scusa. Solo adesso era riuscito a liberarsi di questo peso e mi ringraziava per la lezione che gli avevo dato. Un banale episodio per noi che lo leggiamo ma non per lui. Quando in classe si verifica un problema tra insegnante e studente non sempre è facile trovare la giusta via per risolverlo. Quante volte ho sbagliato e l'esperienza sul come comportarsi non sempre aiuta perché ogni persona è differente e ciò che va bene ad uno potrebbe non funzionare bene con un altro.
Non è facile essere un buon insegnante. Molti colleghi per difendersi si rifugiano nella figura dell'insegnante buono. La differenza è quella del pennello grande o del grande pennello. L'insegnante buono è quello che... alla fine sono tutti sufficienti, qualunque sia il loro merito. Un buon insegnante sa che questo è un sistema sicuro per demotivare i migliori che perdono la voglia di impegnarsi. L'insegnante buono è quello che non dà voti inferiori al 5 dice perché demoralizzano e superiori all' 8 perché sostiene che il compito era facile. Quante volte ho discusso con i colleghi. Se danno un compito facile non è colpa dei ragazzi. Datene uno più difficile ma evitiamo di punirli  ingiustamente con una gamma di voti più bassi, contravvenendo alla regola di usare tutti i voti  e se uno studente fa il mio compito di chimica perfetto ha il diritto di avere 10 (i voti alti sono l'unica gratificazione per uno studente soprattutto se sa che non sono regalati ma conquistati con fatica).Vi garantisco che restituire i compiti in classe corretti, tenendo per ultimi gli eventuali 10, ed enfatizzare il risultato con un elogio pubblico e magari una stretta di mano  personale, dà allo studente una carica che non potete immaginare e spesso rappresenta uno stimolo anche per gli altri.  L'insegnante buono è quello che invece di darti 4 che ti meriti, ti mette un 5 con quattro meno.  I simboli + e - sono illegali dato che non se ne conosce il valore. Dopo anni di battaglie mie personali, il collegio docenti ha approvato l'eliminazione dei simboli + e - lasciando solo i mezzi voti. L'eliminazione di questi numeri "irrazionali" porta una maggiore trasparenza tra insegnante studenti e famiglie perché un 51/2 si capisce cosa significa mentre il valore di un 6 con tre meno o peggio ancora un 5/6 possono assumere valori differenti per ogni insegnante.
Il buon insegnante se meriti due ti dà due ma ti mette nella condizione, se ti impegni, di recuperare. Mi chiedo: se prendere un 2 in chimica demoralizza, allora come si comporterà quel ragazzo nel mondo del lavoro quando le umiliazioni saranno magari all'ordine del giorno? Tenere i pulcini nella bambagia e poi buttarli in mezzo alla strada non mi pare la soluzione migliore. L'insegnante buono è quello che non rimprovera mai gli studenti che arrivano in ritardo perché lui arriva dopo di loro fermandosi a chiacchierare con i colleghi. Il buon insegnante 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni è già in classe perché questo è il regolamento e deve dare l'esempio. L'insegnante buono è quello che si fa dare del "tu" perché lui è democratico e i suoi colleghi no. Il buon insegnante non confonde i ruoli rispettivi. Lo studente, non è un tuo amico ma il ragazzo sa che per qualsiasi problema l'insegnante è sempre disponibile per aiutarti a crescere, per incoraggiarti, non per regalarti i voti. Quante volte ho elogiato uno studente per aver preso un 5, migliorando un 4 precedente. Forse il paragone non vi piacerà, ma per addestrare un animale si deve agire sul centro cerebrale della "ricompensa" ovvero gratificare l'animale ogni volta che fa una cosa giusta e non punirlo quando sbaglia. Noi esseri umani non siamo differenti, anche noi siamo portati a ripetere i comportamenti che liberano endorfine nel cervello. Per questo motivo gratificare ogni miglioramento ha effetti positivi.
L'insegnante buono spende mezzora per dire agli studenti che è stufo di lavorare per questo misero stipendio dimostrando disprezzo per la sua materia di insegnamento. Il buon insegnante non porta in classe i suoi problemi personali o sindacali. Altre sono le sedi per discuterli.
Non è facile essere così rigorosi verso sé stessi e verso gli studenti, ma tentare di esserlo è imperativo. Poi ognuno declinerà queste regole in base al proprio carattere. Essere autorevoli non è essere autoritari: Se scrivi una nota sul registro significa che il rapporto con la classe è già in frantumi. La condizione minima per essere autorevoli è la conoscenza della propria disciplina. Vi garantisco che non è un fatto così scontato. Ma non basta. È normale per un insegnante commettere errori o magari impapinarsi su delle formule. Non siamo infallibili. L'importante è ammettere l'errore senza addurre troppe scuse ed eventualmente elogiare lo studente che ha avuto il coraggio di farlo notare. Si può cogliere questa possibilità per umanizzare di più il docente che non è l'Onnipotente. È un modo per far capire che tutti possiamo sbagliare, che l'errore non è un giudizio sulla persona ma su un elemento che riguarda quella materia. I nostri studenti devono comprendere che se prendi due in chimica significa che hai studiato da due non che vali due come persona. Ho visto studenti cambiare scuola per umiliazioni subire da alcuni insegnanti. Sono cose che feriscono e offendono il significato stesso di scuola.
Passione per la materia che si insegna (gli studenti se ne accorgono subito se ce l'hai o no). Ma nella mia esperienza di docente ho trovato utili anche possedere conoscenze in altre discipline studiate magari per interesse personale, come la storia e la filosofia o nel mio caso gli studi per l'esame del brevetto di volo come meteorologia, fisica, aerodinamica ecc) permettono di allargare il discorso per esempio della chimica anche alla storia della scienza, alla filosofia. Dunque nelle spiegazioni in classe riuscire a fondere tra loro varie discipline abbattendo le barriere fasulle che le dividono. Saper gestire quella capacità che pretendiamo da loro durante l'esame di maturità: una visione interdisciplinare del mondo.
Un'altra potente arma di seduzione per non far cadere il livello di attenzione è la possibilità di arricchire le lezioni con aneddoti personali, così da poter rispondere alle domande degli studenti e alle loro curiosità in prima persona, senza rinviare a un libro ma per soggettiva esperienza. Fateci caso. La memoria a lungo termine è agganciata alle emozioni. Tutto ciò che incide emotivamente su di noi (nel bene e nel male) lascia una traccia. Tutto ciò che non ci coinvolge minimamente sparisce in breve tempo. Il segreto dell'insegnamento, a mio parere, sta proprio in questo: agganciare emozioni alle nozioni. È incredibile come, con questo meraviglioso lavoro, si possano influenzare le vite dei propri studenti lasciando un segno indelebile, speriamo positivo, sul loro futuro. L'insegnante ha il potere di fare amare od odiare una disciplina e questa idea che ci formiamo a quella età, è quella che durerà poi tutta la vita. Potrei raccontarvi molti episodi ma vi descrivo solo questo che ne riassume molti.
Camminando per strada mi ha fermato salutandomi, una mia ex studentessa. Erano passati forse più di quindici anni dalla Maturità ma la ricordavo molto bene. Era in compagnia di un bel ragazzone alto e robusto che mi presentò come suo marito e due bambini piccoli. “La storia è questa prof” mi disse. “Durante una lezione lei ci parlò della sua esperienza in Alaska in relazione alla cintura di fuoco del Pacifico. Terminato il primo anno di Università mi è venuta voglia di andarci. Là ho conosciuto questo ragazzo australiano. Ci siamo sposati e oggi vivo ad Alice Spring in Australia. Sono qui perché due volte l'anno vengo a trovare i miei genitori. Sono felice”. I casi della vita sono incredibili. La catena di eventi che sconosciuti a priori noi definiamo casuali, a posteriori molti lo chiamano destino.
Se avete avuto la fortuna di viaggiare molto vi garantisco che il vostro pubblico seguirà le vostre lezioni con un interesse che difficilmente si può ottenere a scuola. In Biologia raccontare come mi sono arrampicato sui monti Virunga per osservare a pochi metri di distanza i gorilla di montagna. Come si radunano le balene in Patagonia per la riproduzione. Le sorgenti del Nilo al lago Victoria e le scoperte di Livingstone. La Kamcatka e i suoi orsi che si tuffano tra i salmoni. La Biologia che si fonde con la tettonica delle placche nel Grande Rift Africano. Gli ideali romantici dei primi esploratori Inglesi, la storia della via della seta in Pamir sulle tracce di Marco Polo. Dal Sahara al deserto Australiano, dal Gobi al Kalahari, la meteorologia e le sue conseguenze. Tutto si collega. Si può partire leggendo Canto notturno di un pastore errante dell'Asia e arrivare allo scontro tra la placca indiana e quella asiatica. Naturalmente io ho la fortuna di poter attingere ad un vastissimo patrimonio di viaggi spesso avventurosi e con aneddoti infiniti. E' stata comunque una scelta di vita che poi ho riversato nella scuola.
Non dico che per ogni ora di lezione sia possibile trattare tutto in termini interdisciplinari ma garantisco che quando ci riusciamo la scuola dà spettacolo col massimo indice di gradimento. Tornando a casa in bicicletta sorridevo felice, quel giorno un'utopia era diventata realtà. Naturalmente ci sono anche giorni NO che vanno messi nel conto. Se non ci fossero non saremmo esseri umani. Tornavo a casa abbattuto. Pensavo che mi sarei dato un 4. Pessima introduzione, spiegazione confusa... tutto storto. Domani devo rimediare. Generalmente riprendevo l'argomento rispiegandolo magari in modo differente.
Sempre per stare all'argomento degli errori da non fare, vi racconto questa.
Oggi sarei denunciato per violazione della privacy, ma negli anni '70 nessuno aveva mai sentito questa parola.
Seguendo la mia linea di insegnamento che nello studio della genetica privilegia l'uso di esempi reali a quelli immaginari, chiesi ad una ragazza quali fossero i gruppi sanguigni dei suoi genitori per dimostrare che lei, la figlia, aveva ereditato quei geni e quindi doveva avere quel determinato gruppo sanguigno ...ma mentre girato verso la lavagna scrivevo i genotipi e i fenotipi dei genitori della ragazza, mi accorsi immediatamente che da quei genitori non poteva nascere una figlia con quel gruppo. Rallentai la velocità di scrittura per avere il tempo di trovare parole giuste. Mi cadde volutamente il gesso e poi il cancellino, guadagnai pochi secondi. Girato nuovamente verso la classe dissi. Ragazzi probabilmente la vostra compagna non ricorda esattamente i gruppi dei suoi genitori. La genetica non è una opinione. Passai subito ad un altro argomento mentre la ragazza manteneva una espressione perplessa e la classe mormorava lanciandomi occhiate che significavano: "adesso vogliamo vedere come ne esci caro prof?" Si me l'ero proprio cercata. Passai una notte terribile cercando argomenti e soluzioni che non si infilassero inevitabilmente nel tunnel della illegittimità paterna. Non ne trovai. In compenso arrivato a scuola trovai i due genitori della ragazza che mi chiesero una udienza fuori orario. Acconsentii. Ero pronto ad essere crocefisso invece... Mi raccontarono che la ragazza era stata adottata a sei mesi di vita e che non le avevano mai rivelato la verità. Così ieri sera quando è venuta a raccontarci l'accaduto abbiamo deciso di dirle tutto. Prima o poi dovevamo farlo e questa è stata l'occasione giusta. Mi hanno ringraziato e se ne sono andati. La ragazza spiegò personalmente ai suoi compagni la questione ed io non usai mai più esempi reali per esercizi di genetica.
Sui colleghi ho già detto molto. Ne ho avuti alcuni che mi hanno illuminato. Andavo ad ascoltare le loro lezioni per imparare. Ascoltavo i loro consigli e cercavo di imitare i loro comportamenti. Ma in linea di massima prevalgono atteggiamenti negativi, invidie e lotte intestine per cosa? Nella scuola non esiste la possibilità di fare carriera ed aumentare lo stipendio.
Quindi? Vi racconto solo questo fatto. Col permesso della presidenza avevo preparato un questionario sulla soddisfazione degli utenti riguardo noi insegnanti. Nulla di rivoluzionario, le domande vertevano solo sul rispetto delle regole, la velocità nel restituire i compiti corretti, la puntualità dell'insegnante, il rapporto tra voto e risultato ecc. Il preside disse che non li avrebbe guardati. Ogni insegnante avrebbe avuto i propri risultati in forma privata. Doveva essere come un guardarsi allo specchio per riflettere sul nostro lavoro. Non fu possibile distribuirlo perché scoppiò una mezza rivoluzione contro di me. Il Preside sorridendo mi disse: "Magnani, lei è il tipo che i guai se li va proprio a cercare". Abbandonai l'idea.
Infine l'ultima componente della scuola: i genitori. Entrati dalla porta con i DECRETI DELEGATI in onore alla democrazia sono diventati nei consigli di classe la controparte del corpo docente e questo può anche essere positivo. Alquanto diverso è il colloquio privato con l'insegnante. Prima questione: molti genitori intervengono criticando tutto: votazioni, il tipo di compiti in classe, il modo di formulare gli esercizi ecc. in pratica tutta la didattica. Pur ammattendo che una piccola parte degli insegnanti abbia qualche problema di questo tipo come in tutti i lavori di questo mondo, ne saprà più il docente di un genitore che magari lavora in banca. Non mi permetterei mai di chiedere ad un idraulico di attaccare i tubi come dico io. Fino a prova contraria mi fido della sua professionalità. La seconda questione è: ma tu conosci tuo figlio? Mi è capitato di sentire genitori che descrivevano il carattere del proprio figlio mentre io ascoltavo basito sicuro di aver capito un nome errato e quindi stessimo parlando di un'altra persona. Invece no. Quando i problemi familiari si fanno grossi, per il figlio acquisire una doppia personalità diventa l'ancora di salvezza. Spesso la parte migliore dello studente si manifestava a scuola dove si sentiva più libero e lontano dai problemi. Alcuni genitori mi chiedevano se era il caso di portare il figlio da uno psicologo. Io avrei voluto dire che era meglio ci andassero loro (ma stavo zitto).
Il problema comunque maggiore è la iperprotettività dei genitori sui figli. Il volerli difendere sempre e comunque, delegittimando la professionalità del docente. Il classico ragazzo intelligente che non studia e che sopravvive di espedienti copiando qua e là perché si ritiene superiore e il genitore che non accetta il brutto voto magari affermando che gli insegnanti ce l'hanno nel mirino.
Questa questione mi ha ricordato un episodio durante un esame di maturità. Ve lo voglio raccontare. Mentre giravo tra i banchi durante la prova di Italiano un ragazzo, a cui darò il nome fittizio di Carlo mi ha chiamato. Chinato su di lui per ascoltare la sua domanda mi dice: "io sono figlio di ****** mio padre mi ha detto di salutarla. Si, il cognome lo ricordavo. Suo padre era nella nostra squadra corse di motocross quando avevamo 19 anni. All'epoca era il classico figlio di papà con la moto da corsa ultimo e più costoso modello ma senza che ottenesse dei risultati. Comunque dissi a Carlo di portare anche i miei saluti a suo padre.
Il giorno seguente ci fu la prova di matematica. Come da regolamento tutti i cellulari furono ritirati. Nei giorni precedenti agli esami, nella riunione preliminare della commissione, avevamo analizzato le situazioni di tutti i ragazzi e Carlo risultava essere stato gravemente insufficiente in matematica per tutto l'anno. Quando andammo alla correzione, il compito di Carlo risultò tra i migliori. Poteva aver copiato? Assolutamente no dato che era l'unico ad aver scelto il problema B mentre tutta la classe aveva optato per A (che era più facile). Il resto dell'esame scivolò via senza problemi. Non ricordo con precisione il suo voto di maturità ma comunque fu abbastanza buono. Il giorno dell'esposizione dei voti uscendo da scuola trovai Carlo che mi aspettava. Sorridendo mi prese da parte e mi disse: "Prof, sa come ho fatto a fregare la commissione? Vede i miei capelli lunghi nascondevano l'auricolare del cellulare che tenevo in tasca. Mio padre ha pagato un professore di matematica che appena divulgati i testi dei due problemi mi ha dettato passaggio dopo passaggio tutto. Salutandomi cordialmente se ne andò. Pietrificato sul posto non riuscivo né a parlare né a muovermi come se avessi preso una bastonata sulla testa. Appena ripresi possesso delle mie facoltà fermai i colleghi della commissione che stavano uscendo e spiegai l'accaduto, convocammo una riunione informale ma arrivammo alla conclusione che non si poteva fare nulla. Carlo avrebbe sempre negato. Forse una domanda viene spontanea anche a voi. Perché lo studente ha confessato "il delitto"? Io credo che per lui fosse più importante fregare la commissione che prendere un buon voto. Se non lo avessimo saputo avrebbe goduto solo a metà.
Conclusione: Io credo che quest'ultimo sia un esempio lapalissiano di come figli e studenti possano assorbire facilmente gli esempi di modelli educativo come padre o insegnante.
Il ragazzo è la vittima di un genitore che ha posto la furbizia come valore dell'individuo nella società. Dicevano pocanzi le responsabilità che genitori e insegnanti hanno nei confronti di questi ragazzi. Per educare più che le parole sono necessari gli esempi.
L'ultimo discorso di addio alle quinte prima di lasciarli per la maturità è sempre stato più o meno questo: "ragazzi non preoccupatevi tanto del voto dell'esame. È sempre un po' questione di fortuna.
Ricordate invece la cosa importante. Ciò che conta è quello che realmente sapete, questo è il vostro tesoro e non sarà un voto più alto o più basso a modificarne il valore.
Se dagli anni trascorsi in classe si fa tesoro delle esperienze, col passare del tempo il nostro insegnamento migliora perché su ogni argomento abbiamo in memoria la tecnica per spiegarlo nel modo migliore e gli eventuali esempi, già sperimentati e che sono di supporto alla spiegazione. Abbiamo già scartato quelle tracce che si sono rivelate difficili da apprendere o capaci di creare confusione. Così a fine carriera quando conosciamo lo spartito a memoria e abbiamo acquisito il miglior modo di trasmetterlo ai ragazzi... ti dicono è finita. Arriva un modulo prestampato in cui il ministero ti ringrazia per il servizio prestato... e sei in pensione. Cosa posso dirvi, la mia è arrivata quasi inaspettata perché non ho mai contato i giorni per arrivarci. Altri colleghi esultavano e quelli che non potevano ancora andarci mi invidiavano. Non penserete che mi sia messo a piangere per aver raggiunto questo traguardo. Non sono un missionario anche se in un'altra vita ritornerei a fare l'insegnante. Tengo ancora dei corsi di approfondimento di chimica al pomeriggio per chi deve superare i test d'ingresso all'università. Li faccio per un manipolo di volenterosi che dopo 6 ore al mattino se ne fanno altre 2 di chimica organica con me al pomeriggio. Poi c'e chi sostiene che i ragazzi di oggi non hanno più voglia di studiare. Può darsi ma certamente non questi. Alla fine del corso ringrazio sempre questi studenti per la loro partecipazione e confesso che il contatto con loro e con la scuola sono il principale motivo che mi invoglia a tenere questi corsi.
Ho avuto la fortuna di esercitare la professione più bella del mondo, cosa volevo di più? L'arrivo della comunicazione dell'INPS insieme alla diagnosi del Morbo di Parkinson sembravano scolpire insieme la parola fine su questa parte della mia vita.
Avendo avuto centinaia di studenti non mi è difficile incontrarne qualcuno in una piccola città come la mia. Talvolta fatico a riconoscerli per l'età che hanno ma quando mi stringono le mani dicendomi che è stato un piacere rivedermi... confesso che fatico a trattenere un po' di commozione.

Riccardo Magnani


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