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A colloquio con Dio

di Giorgio Peri - Dicembre 2018

 

Era un pomeriggio d’autunno. Un pallido sole riscaldava le foglie rossastre ormai morenti. Il viottolo che stavo percorrendo era splendido! Ai lati bassi cespugli ancora verdi fra i quali si ergevano alti platani. Il sole appariva e scompariva fra le foglie disegnando strane ombre sul tappeto soffice ed erboso che io calpestavo. Ero felice e disteso e pensavo a Dio. Tentavo di immaginarlo: immenso e buonissimo, uno e trino, abitatore solitario dell’universo infinito e puro spirito, giudice supremo e padre amoroso. Sulle mie labbra di certo apparve un sorriso, quando lo immaginai che, scostando con una mano una nube, guardava verso di me con aria di rimprovero. Arrivai in fondo al viottolo che ora si allargava in una verde radura ombreggiata e per buona parte tappezzata di foglie. Mi sedetti vicino a un albero e provai di nuovo una sensazione di profonda pace: ero io, solo fra i campi e solo con Dio…
Già ma come si può essere con Dio se Dio non fa nulla per partecipare a questo incontro, se Dio resta ai confini dell’universo a dirigere il creato? In queste condizioni ci si sente soli con se stessi e non in compagnia di Dio! A pensarci, però non è detto che Dio debba restare proprio tanto lontano per svolgere il suo compito di maestro supremo e universale. Essendo lui tanto potente può certamente svolgere il suo immane lavoro anche trasferendosi qui vicino a me. Il volteggiare di una foglia mi distrasse un attimo da questi pensieri. Osservavo la foglia rossastra e morente che, con una strana traiettoria scendeva dall’albero e per associazione di idee ritornai a pensare a Dio. Lui pure sarebbe potuto scendere dal cielo per comunicare con me. E sulle ali della fantasia immaginavo un’apparizione in piena regola con bagliori di luce, suoni melodiosi e atmosfera paradisiaca. Inseguii ancora per poco quei sogni divini indi tornai alla realtà per inseguire una formica che mi faceva solletico a un braccio.
Terminato l’inseguimento e rimessa in libertà la scocciatrice stavo per alzarmi quando sentii una voce strana e vicinissima che mi inviò il più semplice e amichevole dei ciao. Mi voltai sbigottito perché quella voce non solo era strana ma era la mia ed io non avevo parlato. Ma ancora più allibito rimasi allorché vidi accanto a me e seduto in posizione analoga alla mia… vidi un altro me stesso!!! La mia mente per un attimo si sentì perduta. Non sapeva più come connettere e d’altronde, aveva tutte le ragioni. Immaginatevi l’effetto che può fare trovarsi davanti una copia perfettamente identica di se stessi.
Il mio sbigottimento fu troncato dalle parole di questo nuovo arrivato che cercò di rassicurarmi: “Non ti preoccupare, ora ti spiego. Io sono Dio. Visto che volevo proprio parlarmi, ho pensato di accontentarti”. A queste parole il mio stupore aumentò e si associò ad una notevole dose di imbarazzo. Toccava ora a me dire qualcosa ma la mia non era delle situazioni delle più facili. Dopo aver tanto desiderato parlare con Dio ora lo potevo fare ma … come cominciare? Finalmente preso il coraggio e l’incoscienza a due mani, balbettai: “Salve, sono… sono… molto contento di…. Insomma sono felice di… di vederti”. Lui capì il mio stato d’animo e sorridendomi con il mio stesso mio sorriso mi rincuorò: “Non devi aver timore o rispetto. Io sono tuo amico, anzi, come vedi, sono identico a te. Parla liberamente dunque, io ti ascolto”. Mi furono necessari parecchi secondi per riordinare le idee sconvolte dall’uragano degli avvenimenti precedenti. Poi, finalmente un po’ rincuorato dalla confidenza che andavo prendendo con nuovo stato di cose, mi volsi verso il mio sosia per accertarmi che fosse ancora lì e intanto cercavo nella mente ciò che più di ogni altra cosa desideravo chiedergli. E naturalmente esordii così:” Ma scusa io Dio lo immagino diverso… che so infinito invisibile… e invece tu sei un uomo”. Ridacchiò bonariamente divertito e aggiunse “Capisco; certo non hai tutti i torti ma vedi io sono infinito però come tale non posso comunicare con te. Ho scelto quindi queste apparenze. Essendo io infinito ho in me anche il finito, il semplice e come tale vengo a te”.
Capii perfettamente la semplicità delle sue argomentazioni e incoraggiato da ciò preparai una serie di domande più assillanti e più straordinariamente semplici: “Ma Dio che cosa è?... come è fatto?... dove abita?...” E lui sempre con un dolce sorriso sulle mie labbra: “Dio è il tutto, è fatto da tutte le cose dell’Universo. Per meglio spiegarmi ti farò l’esempio dell’atomo e del sistema solare. Questi due sistemi hanno le stesse leggi e per semplificare lo stesso meccanismo. Sono due aspetti di una stessa entità: Dio. Ma non devi pensare a me solo come ad un organizzatore dell’Universo, Dio è anche il caso e la necessità”. Indubbiamente la sua era una risposta esauriente anche se non molto semplice. Mi aveva spiegato tutto senza dirmi nulla di nuovo. Ed io allora stavo tornando alla carica con nuove domande quando volgendomi verso di lui lo vidi rilassato con gli occhi chiusi a godere di quel raggio di sole autunnale che gli inondava il viso di luce. Non ebbi il coraggio di richiamarlo alla realtà anzi io stesso godetti dei suoi sogni.
Ero felice di essere là, seduto sotto un albero ad osservare Dio che finalmente libero da impegni assaporava un momento di riposo e la bellezza di un raggio di sole. Rapito dalla tenue dolcezza del momento io stesso chiusi gli occhi e mi lasciai andare alle più dolci fantasticherie… Ma lui mi richiamò alla realtà. “Che facciamo? Dormiamo? Mi hai fatto venire da te attraverso l’Universo per metterti a sognare?”. Aprii gli occhi e indugiai. Erano tante le cose che gli volevo chiedere, ma non sapevo a quali dare la precedenza. Lui probabilmente intuì il mio stato d’animo e perciò prese a dire: “Voi uomini siete sempre i soliti! Badate solo alle superficialità, vi interessa sapere se Dio è onnipotente, dove abita e se c’è l’inferno, se sua mamma è vergine e tante altre frivolezze. Possibile che non sappiate cogliere la sostanza, l’anima degli insegnamenti? No, per voi contano più le esteriorità. Ma questo dovrebbero servire solo a farvi capire l’essenza della legge universale.
Non è importante sapere se Dio è onnipotente se Gesù è suo figlio o se Maometto è suo profeta, ma è invece importante scoprire il suo insegnamento. Questo insegnamento è formato da un immenso mosaico a cui ogni uomo apporta il suo contributo. Voi ben sapete che la legge di Dio è legge d’amore, di unità di concordia di pace e di tolleranza. E questa legge voi tutti la conoscete, anzi meglio sarebbe dire tutti la percepite. Molti però la lasciano cadere, fanno orecchi da mercante. Costoro non si comportano così per cattiveria come comunemente si crede ma per egoismo. In loro tiranneggia l’amore verso se stessi a totale scapito dell’amore verso il prossimo. In tutti gli uomini coabitano queste due forme di amore, ma per disadattamento alla vita, alla società molte persone non possono essere realmente felici e per tale causa tendono più degli altri alla propria felicità. È risaputo però che un fine perseguito con troppo accanimento porta preoccupazioni e insoddisfazioni. Quindi costoro essendo troppo preoccupati della propria felicità, sono per conseguenza più tristi e sfortunati. Perdono di vista il vero fine della vita continuano a pensare a sé stessi e dimenticano l’umanità che li circonda. Diventano delle isole di solitudine ogni giorno più lontane tra loro. Evidentemente costoro non sono da condannare ma da capire e da aiutare. È più facile e più proficuo vivere amando il prossimo che vivere odiando gli altri perché si può amare solo se stessi. Ma se sono moltissimi coloro i quali si perdono la vera vita perché chiusi nel proprio egoismo, sono parecchi anche quelli che hanno voluto strafare in senso contrario. Persone che dedicano la loro vita esclusivamente agli altri difficilmente sono veramente in pace con sé stessi perché una certa dose di amor proprio è innata in ognuno e non ascoltarla può essere dovuto più che ad amore verso il prossimo alla speranza di future ricompense. E questo è proprio il punto centrale: amare il prossimo significa fare qualche cosa per gli altri senza ricompensa presente o futura di qualsiasi genere. Se invece io faccio il bene al prossimo per andare in paradiso… sono egoista. E non credere che amare così per solidarietà e simpatia nei confronti degli altri sia troppo difficile, no è semplicemente umano. Concludendo direi che la legge universale è ben riassunta dal detto che tutti i grandi uomini hanno propugnato: “Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te”, tenendo naturalmente conto delle loro personali inclinazioni. Mi spiego se per me è giustissimo mangiare le rape non devo per questo obbligare tutti a ingerirle... Si deve invece capire gli altri le loro inclinazioni, i loro gusti, le loro ispirazioni, le loro manie ed aiutarli a realizzarli”.
Aveva parlato con una dolcissima calma e con una semplicità tale che io già invidiavo quest’uomo tanto perfetto e per di più con le mie sembianze. Lo fissavo inebriato e affascinato e lui mi sorrideva. Non avevo alcuna intenzione di fare altre domande tanto mi sentivo in pace. Lui capì e continuò il suo discorso. “Ti voglio dire qualche cosa che forse ti stupirà. Io non ho creato l’Universo perché io non sono un ente diverso dall’universo. Io sono nell’Universo e sono nell’uomo e vivo di loro e, se loro non fossero, io non sarei. Ma l’universo ha solo 10 miliardi di anni e prima io dov’ero e cos’ero? Tu pensi che io abbia una risposta da darmi ti dirò che neppure io lo so. Si dice che tutt’intero l’Universo con i suoi miliardi di galassie fosse contenuto in uno spazio grande come la capocchia di uno spillo. Si forse c’eravamo potenzialmente tutti noi mescolati e fusi in atomi di materia incandescente. E prima ancora?  Forse io ero in una fase di innocenza, forse non esistevo in forme del tutto incomprensibili. Lo scopriremo forse insieme in futuro perché Dio non è un essere fermo statico, ma è un continuo divenire formato da miliardi di piccoli componenti indipendenti e in cammino verso nuove mete.
Come vedi la verità unica limpida e ineluttabile non esiste. Le varie cose che sono state scritte sono tutte parzialmente vere perché ogni uomo porta a me il suo contributo di idee e di pensieri. Gesù fu in questo campo un emerito, perché riuscì ad esprimere grandi ideali. Era un grande uomo ma andava contro l’ordine costituito e non fu ben visto. Dopo la sua morte ci fu chi si servì del suo insegnamento per fondare un altro ordine costituito quasi altrettanto ingiusto quanto il precedente. L’uomo ha bisogno di certezze e una volta illuso di averla conquistata difficilmente la vuole lasciare per avventurarsi in nuove terre sconosciute. Ma questo comportamento è errato perché la completezza si acquista solo con esperienze molteplici e diverse.
“Gran bel discorso”, esclamai quasi si fosse trattato di un comizio elettorale ed aggiunsi: “Devi però ammettere che siamo stati su un livello molto filosofico. Ora ti voglio fare alcune domande pepate” e con un sorrisetto provocatore gli chiesi: “E il sesso e la politica?”. Quasi si trattasse di un’intervista ad un personaggio di grido. “Il sesso è divino e la politica è umana. I momenti di estasi e di abbandono che l’unione di due corpi può dare sono veramente ineguagliabili. Sensazioni dolcissime e meravigliose, momenti di pace e di abbandono. E io lo interruppi scherzando: “Ma tu con chi hai fatto l’amore nei cieli infiniti?”. “Con tutti e con tutte, disse, perché l’amore è armonia, è fusione, è vita, è unione, è elevazione, è sensazione, e solo chi ama può capire ed apprezzare l’amore. Ma porca miseria una formica mi ha solleticato alla schiena!” Concluse dimenandosi tutto.
Io mi sconquassai dalle risate al pensiero che Dio era in difficoltà, per una formica, Lui, l’onnipotente, e stavo ancora ridendo quando lui seriamente si volse a me ed esclamò: “Questa è proprio buffa una formica una piccolissima formica e scoppiò a ridere mentre con una mano continuava la caccia. Per contrasto mi venne da chiedere “Quale pensi sia il maggiore ostacolo alla felicità?” “Credo che la felicità abbia molti nemici ben agguerriti, ma penso che soprattutto uno sia in grado di avere sistematicamente il sopravvento su di lei. Cosa più della mancanza di prospettive, e di mete, di ideali e illusioni può mettere in ginocchio l’umanità? Abbiamo bisogno di un’esigenza di natura, di un futuro nel quale credere almeno un po’, dobbiamo sempre avere alcunché da raggiungere, da inserire, altrimenti saremo finiti. Ma non dobbiamo pensare che tale inseguimento sia esclusivo dell’essere umano. No, è una caratteristica che, per quanto ne so, è comune a tutto il cosmo. Sono dunque convinto che la felicità abbia come presupposto principale la possibilità di credere che anche domani potremo essere almeno un poco felici. La felicità ha bisogno di speranza e di lotta e non solo in senso figurato per tentare di arrivare a…
”Ma tu sei cattolico o marxista”, lo interruppi. “Direi anzitutto che il potere costituito quasi sempre opprime gli uomini, sia coloro che lo gestiscono ma soprattutto coloro che lo subiscono. E ciò prescindendo dal tipo di potere. Direi quindi che a mio avviso la scelta non è tanto tra cattolicesimo e marxismo ma tra potere e non potere”. “Non sarai per caso anarchico?” chiesi stupito. “A mio parere c’è del positivo nell’anarchia e anzi essa nasce proprio come reazione al potere che ingabbia ed opprime l’uomo. L’uomo ha bisogno di libertà intellettuale e fisica per potersi realizzare. Non parlo qui della libertà com’è comunemente intesa nella civiltà occidentale, perché questa si risolve essenzialmente nelle libertà del più forte di sopraffare il più debole. Il mio concetto di libertà è molto più ampio e tende ad escludere qualsiasi condizionamento dei governanti sui cittadini, esclude i dogmi, le fedi assolute, le verità immutabili ed eterne. Questo proprio perché l’universo è in continuo divenire, è un’entità dinamica e di conseguenza anche l’uomo, che ne è parte non potrà sottrarsi a questo processo di continuo mutamento. Tu ben vedi perciò che l’assoluto, l’immutabile sono concetti atti a dare sicurezza e conforto alla piccola e timorosa mente umana, ma nella realtà dei fatti tali concetti non trovano conferma scientifica. La mente umana avverte però che l’assoluto e il dogma non l’aiutano. Direi che l’uomo più che di verità eterne, in cui solo formalmente egli crede, ha bisogno di conquiste limitate, sia nello spazio che nel tempo, in cui trovare momentaneo appagamento. Non sono qui né cattolico e nemmeno marxista pur trovando aspetti positivi in entrambe queste ideologie. Se proprio vuoi una etichetta da appiccicarmi potresti chiamarmi genericamente progressista perché io credo nella possibilità del genere umano di compiere piccoli passi avanti pur tra mille errori e difficoltà. La meta da perseguire è la vittoria sull’egoismo e sull’ignoranza. Solo l’apertura mentale e la socialità possono aiutare l’uomo a realizzarsi e a sentirsi parte integrante del Tutto. E qui sottolineerei di nuovo ciò che unisce e ciò che divide. La politica, così come è praticata attualmente, divide perché si nutre degli egoismi delle classi e degli individui. Il sesso in tutte le sue manifestazioni tende ad unire soprattutto se il rapporto sessuale avviene in una certa ottica e cioè libero da senso di colpa e di peccato. L’amplesso può essere positivo anche fuori dai legami affettivi se gli individui che ne sono protagonisti riescono a non essere egoisti”.
Una leggera brezza autunnale muoveva le foglie e le faceva volare e cadere intorno a noi mentre i raggi obliqui del sole li illuminavano come riflettori puntati al cielo in una notte di luna. Ed io tornavo a pensare, a sognare. Dal labirinto della mia mente usciva una catena di pensieri. Perché affannarsi a vivere. Perché rincorrere sempre ciò che non si ha? È tanto bello aspettare che la vita e il tempo ci travolgano. Cogliere in ogni attimo in ogni cosa, anche la più semplice, cogliere la novità, la bellezza, il messaggio. Ogni situazione anche la più sconcertante è stranamente affascinante. È stupendo perdersi con la mente in mezzo alle cose. La contemplazione, il rendersi conto che siamo e poco dopo dimenticarsene e perdersi negli abissi della mente fuori dal tempo e dallo spazio. Seduto su di un’isola anziché sdraiati a godere il silenzio ed aspettare che il tempo carico di attimi di libertà ci venga incontro e ci logori…
Il Dio me stesso si era intanto alzato e faceva due passi per sgranchirsi un po’ le gambe. La sua attenzione però non mi aveva abbandonato ed infatti disse: “Arrendersi… certo è una filosofia di vita. Ma non esageriamo perché l’uomo è anche un lottatore che combatte la sua eterna guerra non solo per vincerla, infatti molto spesso la perde ma soprattutto per dimostrare a se stesso di essere vivo. Anche a questo proposito direi però che è necessario il giusto equilibrio come sempre d’altronde. Un eccessivo dinamismo non accompagnato da adeguata contemplazione è forse dannoso”. “Strano che nel tuo discorrere si faccia frequente uso di vocaboli quali forse, dovrebbe, potrebbe…. Tu infondo sei Dio e quindi...”. “E quindi dovrei avere solo certezze! E non mio caro. La certezza è solo una medicina dell’uomo ma realmente non esiste. A voi deboli menti mortali serve un rifugio inattaccabile: la certezza. Ma costei non è cittadina del vostro universo. Dovreste imparare a sopravvivere, senza questa servizievole amica da voi creata”. “E come potremo?”. “Sarebbe certo apparentemente più difficile, ma alla lunga ne ricevereste grandi vantaggi. Infatti scomparendo la certezza se ne andrebbero anche il fanatismo, l’intolleranza e buona parte dell’egoismo. Come vedi sono tre dei più feroci nemici dell’uomo”.
E intanto passeggiava avanti e indietro sul tappeto d’erba ricoperto di foglie morte ed io lo osservavo ed ero felice perché amavo molto quel nostro dialogo. Mi piaceva parlare con lui e ragionare con me stesso. Scoprivo di voler bene a questo Dio così stranamente umano e di sentirlo più vicino di quanto mi era stato imposto da bambino. No, Dio non può essere il giudice supremo ed assoluto e non può essere onnisciente e onnipotente e tutti gli altri strani ed inaccessibili attributi che gli sono stati via via appiccicati da presunti suoi conoscitori. Dio è l’uomo che cambia, lotta, vince, soffre, perde, si affanna, fallisce. Dio è la natura che uccide, che fiorisce stupenda per la gioia dei nostri occhi, che resta incomprensibile nelle sue leggi più assurde.
“Vieni facciamo due passi insieme, ho voglia di sgranchirmi”. Mi alzai e camminammo insieme. Da lontano giungevano i rumori della civiltà. Noi due passeggiavamo solitari. Io lo osservavo e lui teneva gli occhi fissi a terra. Di nuovo provai un grande momento di affetto per questo dolce Dio e presi me stesso a braccetto. Mi disse: “Sono un po’ preoccupato per questa vostra terra. Lo sai che vista dalle infinite distanze dell’universo sembra una mela attaccata da un’invisibile colonia di microbi? Ha perso un po’ dei suoi colori originali e un po’ del suo equilibrio. La state sfruttando troppo. Dovreste essere più giudiziosi. Quello che voi chiamate inquinamento è veramente una gravissima malattia di questo povero pianeta. State esagerando nel consumare e sperperare le ridotte possibilità del vostro mondo. Se non ricorrerete a seri provvedimenti tra pochi anni sarete nei guai. Potreste ripercorrere la strada dell’auto annientamento già praticata da altre civiltà su altri pianeti...”
“Allora ci sono altri pianeti abitati nell’Universo!”. “Certo che ci sono. Siete incorreggibili. Prima pensate che la terra sia piatta ed unica, poi vi illudete che il sole con tutto l’Universo giri intorno ed ora credete di essere l’unica forma di vita intelligente in tutti i miliardi di pianeti”. “Allora i dischi volanti…?”. “Non credo proprio che possiate avere rapporti diretti con altri mondi dato il vostro attuale stato di evoluzione culturale. Siete troppo indietro. Avete creato una civiltà troppo materialista e, credimi, così facendo i contatti tra mondi distanti miliardi di anni luce, sono assolutamente impossibili. Dovete sviluppare le capacità della mente perché solo questa può essere il tramite per inviare o ricevere messaggi da intelligenze lontanissime nel vostro presente, nel vostro passato o nel vostro futuro. La vostra mente ha capacità che non utilizzate se non in minima parte. Dovreste lavorare di meno, produrre meno e consumare meno ma meditare di più.  Ciò vi risulterà forse difficile perché la terra è sempre stata un pianeta poco ospitale e quindi all’inizio per sopravvivere dovevate lottare duramente. Ora però potreste cambiare atteggiamento. Forse siete come il povero che, nel vostro ordinamento lotta prima per sopravvivere e poi, in un secondo tempo, quando potrebbe anche farne a meno, lotta ancora per insoddisfazione interiormente per abitudine. Per voi avere è molto più importante di essere. Ma sbagliate totalmente. Occupate la mente e nuovi immensi spazi si apriranno davanti ai vostri occhi increduli”.
Lo stringevo a me con grande affetto anche perché capivo la sua enorme preoccupazione e avrei voluto rincuorarlo. Camminando così come due innamorati arrivammo nei pressi di un albero di pere. Era piccolo e con pochi frutti, che data la struttura del genitore, sembrava, per ovvio contrasto, enorme. Lui si fermò un attimo e vidi il piacere e il desiderio colorargli il volto. Allungò la mano e colse una delle rare pere. La addentò con vigore e ne gustò profondamente il sapore. “Io conosco il padrone di questo albero e so bene quanto è geloso delle sue cose. Penso che non farebbe eccezione neppure nei confronti di un Dio in libera uscita”, gli dissi un po’ preoccupato e un po’ divertito. Ma la frase sembrò cadere nel vuoto accompagnata solo dall’eco dei suoi morsi e della sua masticazione. Ora stavamo ritornando per il viottolo alla radura ove ci eravamo incontrati. Le nostre ombre lunghe figlie del sole calante ci precedevano uguali.
“Siete ingenui”, bofonchiò a bocca piena, “e anche un po’ stupidi a credervi padroni di un albero. La proprietà è un legame fittizio e vincolante solo per chi si sente padrone. Vi serve una cosa? Usatela! Ma non legatevi troppo a lei, non siate uno schiavo o perderete la vostra libertà. Riaffiora sempre quel cupo egoismo che vi spinge a voler disporre di alcunché anche nel momento in cui non vi serve. Causa di tutto questo è il vuoto interiore. Chi non è, chi non si sente realizzato, vuole avere possedere ma inutilmente. Ma non è certo avendo le cose che imparerete ad essere”.
Procedemmo affiancati ed in silenzio. Io pensavo e non capivo proprio del tutto questo discorso dell’essere e dell’avere così pensai bene di insistere: “Ma se si ruba si va all’inferno. O forse non c’è l’inferno? Dopo la morte cosa ne sarà di noi? Andremo da qualche parte, in inferno o in paradiso che dir si voglia?”. “Il vostro modo di pensare è troppo condizionato da tre entità insignificanti: lo spazio, il tempo e la massa. È vero voi siete ogni giorno l’esperienza concreta della loro esistenza nel mondo ristretto che vi circonda. Per estensione siete obbligarti a ragionare in termini semplificativi di spazio, tempo e massa. Di conseguenza dite: dopo la morte terrena andremo in paradiso con il nostro corpo risorto e ci resteremo per l’eternità. Ecco i tre elementi: il paradiso come luogo o spazio, il corpo è la massa e l’eternità come dimensione del tempo. State rifacendo gli stessi errori di quando avete descritto gli Dei con attributi umani seppure esagerati o esasperati all’inverosimile. La limitatezza dell’esperienza della vita quotidiana vi trae molto spesso in inganno. Ma già sapete che la massa lo spazio e il tempo non sono concetti assoluti. Viaggiando alla velocità della luce lo spazio e il tempo si annullano non esistono mentre la massa diventa infinita. Ora, concediamo a ciò che voi chiamate anima per lo meno la stessa velocità della luce e in questo non ci dovrebbero essere problemi visto che a questa anima attribuite peculiarità quali la completa spiritualità e l’immortalità fino ad ora no. Bene, ammesso e concesso che l’anima sia veloce come la luce essa potrebbe essere ovunque e contemporaneamente. Con ciò viene rivoluzionato tutto il vostro sistema ultraterreno soprattutto per quanto riguarda l’individualità. Infatti se l’anima viaggia a tale velocità anche il corpo si dovrà adeguare, visto che essi dovranno essere insieme dopo la resurrezione secondo le due religioni più diffuse. Ogni corpo diverrà allora infinito e conterrà e sarà allo stesso tempo contenuto da tutti gli altri corpi. Buoni e cattivi fusi insieme. Incomprensibile vero? Bene, dovreste allora limitarvi a dire ‘non capisco’ anziché inventare inferni e paradisi”.
Si rimane sempre un poco pensanti e dubbiosi di fronte a discorsi che squarciano la realtà di ogni giorno comode e materne per buttarci in faccia qualche cosa di terribilmente vero e limpido ma se si riesce a non essere meschini almeno con sé stessi alla fine si tenta almeno di continuare la ricerca non ritirandosi nel comodo nido ove siamo vissuti per tanto tempo. Così insistetti: “Ma in concreto che ne sarà di noi dopo la morte? Spiegamelo, ti prego, con parole semplici e concrete! Questo è l’assillo di ogni uomo, questa è la domanda martellante che ogni mente percepisce. Tante sono state le risposte proposteci, a dire il vero nessuna mi soddisfa, nessuna mi convince. Ti prego aiutami a capire!”. “Ti rispondo chiedendoti che ne era dell’uomo prima della nascita? A tuo avviso niente. Infatti nessuna mente umana ricorda esperienze precedenti alla nascita. Di pari passo si potrebbe dire che dopo la morte non avrete esperienza attualmente concepibili. Infatti negando i cardini del vostro sistema di ragionamento quali sono lo spazio, il tempo e la massa, le parole di ogni giorno finiscono di avere un senso, il vostro linguaggio risulta troppo limitato per raccontare una vita così diversa. Per rendere almeno limitatamente l’idea dell’altra esistenza potrei indurti a pensare ad un continuo viaggio fuori dal tempo, dallo spazio e dalle masse. Un viaggio delle tue sensazioni o per meglio dire un viaggio di sole sensazioni nella pace più assoluta. Ma come tu puoi ben capire tutto ciò forse per una mente umana non vuol dire molto. Anzi forse non vuol dire nulla. Quindi ecco perché molti di voi giustamente, da questo loro punto di vista dicono che dopo la morte ci aspetta il nulla. È ben chiaro però che anche questa è una semplificazione tipicamente umana. Si vuole, come al solito, catalogare l’incomprensibile per renderlo meno difficile. Ma il vero problema permane. Dopo la morte che ci sarà? Tra le due possibilità sembra esistere un abisso ma è solo apparenza. Dal punto di vista della spiritualità o anima, come la chiamate voi, non esiste differenza tra il tutto e il nulla”.
“Dobbiamo quindi pensare che esiste lo spirito, l’anima?”. “Ti dirò che la spiritualità non è l’opposto di materialità. Non è che esistono dei corpi ai quali associare le anime al momento della nascita. Più semplicemente sono diversi stadi di uno stesso processo. La materia è potenzialmente spirituale senza interventi ulteriori dall’esterno ma per sue capacità insite. E d’altronde la materia stessa è ben diversa da come voi la pensate. Essa è la nostra grande madre e da essa provengono anche queste nostre parole. Voi uomini avete sottovalutato la vostra progenitrice e sopravalutato voi stessi. La guardate con altezzoso sussiego con stupida superiorità quasi che voi arrivaste da chissà dove. Siete presuntuosi. Voi, piccolo microbo comparso sulla superficie di questo grano di sabbia disperso in un infinito universo, uno dei tanti possibili”.
Mi sentivo così colpevole di ogni più basso crimine come uomo, ma nel contempo felice di godere della simpatia di un essere talmente grande. E mentre il silenzio carico di rugiada della sera autunnale scendeva, già io e Dio ritornammo a sederci sotto il grande albero in silenzio di meditazione. Pensavo che questo suo discorso mi aveva dato molto e lo ammiravo ma con stile tipicamente umano volevo prendermi una rivincita lo volevo mettere in difficoltà e perciò gli chiesi: “Non ti sembra di essere a volte violento nei confronti dell’uomo? In parole più semplici perché ci dai terremoti, alluvioni, pestilenze e cataclismi?”. “La tua lagna mi ricorda quella più famosa del Leopardi e di tanti altri loro se la prendono con la natura madre di ogni dolore e, in fin dei conti, mi attribuiscono le colpe delle innumerevoli sventure umane. Ma a tale proposito vi voglio ricordare che io sono solo la somma del tutto e quindi io non decido nulla, anzi subisco le decisioni di tutte le parti del sistema. È vero il destino ci usa violenza troppo spesso, ma l’importante è non arrendersi. La nostra esistenza si può paragonare alla discesa di un fiume molto ripido e pieno di scogli e questa discesa è fatta su un’esile imbarcazione che rischia di sfasciarsi ad ogni momento. Ma io penso che non valga a nulla piangere continuamente sulla propria misera sorte. Meglio rubare tutti gli attimi di pace e di felicità al fiume che ci trascina approfittando di quegli tratti in cui le acque scorrono lente e maestose, sempre disillusi perché a breve distanza il fiume del destino potrebbe tornare stretto e ripido. Cogliamo insieme quei piccoli fiori di pace senza lamentarci per tutti i momenti difficili. “Non dimenticare però che alla fine della corsa lungo il fiume della vita troviamo la morte. La morte terribile ed assurda per noi poveri uomini, la morte annientatrice!”.
“Voi avete tanta paura della morte anche perché applicate ad essa il tipico modo di ragione terrena. Di conseguenza pensate: dopo io non ci sarò più perché questo è l’unico modo che vi preoccupa. Sapete che il corpo si disintegrerà e temete che anche lo spirito lo imiti. Insomma che non resti più nulla di quell’io che tanto vi sta a cuore. In effetti la morte è un fenomeno rivoluzionario per l’esperienza umana. Talmente rivoluzionaria da non esistere proprio”. “In che senso! Cosa significa non esistere proprio?”. “È molto semplice pensa al sole che ogni giorno nasce e ogni giorno muore, ma in realtà ne nasce e neppure muore, ma semplicemente percorre, per così dire la sua strada, e adempie al suo destino”.
Calò il silenzio della sera, della pace e di Dio. Io ero talmente esterrefatto da non desiderare altri e lui talmente oltre da non poter tornare sui suoi passi (i passi di Dio). E fu così che alla fine prese l’iniziativa e mi disse: “Siamo uguali a questo punto facciamo uno scambio: io resto qui tanto sono uguale a te e tu vai al mio posto a dirigere l’universo intero”. “Sei pazzo, tu sei pazzo, mio Dio! Non mi puoi chiedere questo, io ti amo, ma tu non mi puoi chiedere questo; io sono solo un uomo e tu sei Dio, come potrei mai sostituirti? Non se ne parla proprio, non me la sento, non sono all’altezza. No… mai… mai… mai…”. Se ne andò non c’era più il mio Dio con il mio corpo. Ero tanto triste ero rimasto senza Dio e senza il mio Io che l’altro Dio si era portato via. Ma sapevo, nella tristezza infinita di quel momento, in balia del nulla che ci saremmo incontrati.
E in effetti accadde tanti anni dopo. Stavo ragionando, da solo, di Zen, mentre tiravo con l’arco su un prato con di fronte le montagne e un lago pieno di nuvole. “Ora non siamo più amici? così si presentò nella mia mente, solo nella mia mente. “Non pensi più a Dio mentre peli le patate? Pensi di essere così grande da fare a meno di te stesso?”. “Vecchio pazzo dove sei stato? Risposi sbigottito. “Sempre con te amico mio, anche se tu eri egoista e solitario nella tua lotta quotidiana per rincorrere il nulla più vuoto”. Da allora ci parliamo spesso. L'ultima volta Lui, a sorpresa, mi ha chiesto: "Ma tu credi in Dio?" Esitai, data la situazione, poi risposi di sfuggita: "L'importante è che Tu creda in me visto che io non credo molto al mio io…". E lui a me: "Non ti preoccupare, io credo in te amico mio e sempre ci crederò!" Ci siamo lasciati ridendo! Consapevoli entrambi che non eravamo due. Consapevoli entrambi che eravamo diversi ma non divisi. E così ci consideriamo tutt'ora in attesa di rincontraci prima o poi.

 

Giorgio Peri


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