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Una favola moderna
Sulla Scienza e sull’uomo

di Antonio Principe - settembre 2008
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Nota sull’autore:
Antonio Principe, nato a quanto gli è stato detto sotto le pendici del «terribile Vesevo» [*], conosciuto come «nexus6» sul forum di questo sito, non si «occupa» di nulla, non gestisce siti web, né forum, si interessa di quello che più gli aggrada, mutevole come i colori della prima alba, e non deve e non ha intenzione di darne conto a nessuno, non ha scritto libri, né saggi, né partecipa ad associazioni culturali di alcun tipo, non ha nemmeno fatto il militare, è conosciuto da poche persone, approfonditamente solo da una o due, non possiede titoli degni di essere menzionati, a suo parere, né è qualificato o accreditato in alcun altro modo, tranne per la cittadinanza italiana, a cui sta pensando di rinunciare da un po’, ma sono solo fantasie; non troverete in alcuna maniera, dunque, il suo nome scrivendolo su Google... e perciò la parte sociale ed «educata» della sua mente si domanda perché dovreste mettervi a leggere questa lettera; l’altra parte, libera ed anarchica, conosce la risposta e la troverete nella lettera, tra le righe. Invita infine a fare attenzione alla parola «scienza»: alcune volte è scritta con la maiuscola, altre con la minuscola e non è un caso, come nemmeno la lungaggine, le ripetizioni e gli errori di battitura lo sono.

  1. Premessa

  2. Sulla Scienza e sull’uomo: qualche critica

  3. Economia e Scienza immemore di sé

  4. Comunicazione e Scienza

  5. Alla ricerca della pozione magica (un breve cenno)

  6. Conoscenza come utilità

  7. Sintesi(?), conclusioni ed altre amenità

1. Premessa

C’era una volta...
... una vita in cui credevo che la scienza, il procedere scientifico, avessero necessariamente potuto dirimere la mia ansia esistenziale rivolta al discriminare ciò che era giusto, da ciò che non lo era, ciò che era vero, da ciò che non lo era. Così mi accostai a questo mondo, da sempre attratto verso tutto quello che mi consentiva di «smontare» oggetti e concetti in parti che potevo rimontare a mio piacimento; ho sempre trovato che ciò fosse congeniale al mio carattere ed al mio estro. Questo è il forte spirito richiesto da certi educatori e, dopo il «risveglio» dalla mia sonnolenza, mi sono reso conto che è proprio questo spirito quello che si «prendono» per piegarlo all’unico scopo per cui esistono attualmente la maggior parte degli educatori (maestri, professori, etc) ovvero il forgiare degli ingranaggi il più possibile perfetti per continuare a muovere il pesante apparato delle società odierne... oh, ecco un altro che critica la società e la scienza; ebbene sì, aggiungetemi pure alla lista e lo faccio con questa lettera, visto che in altri luoghi di discussione mi sono reso conto non fosse gradita la mia presenza o, per meglio dire, è stata elegantemente censurata; la mia sorpresa è durata poco tempo, conosco la pressione al conformismo e l’esercizio di certo potere che si esprime chiaro anche in piccole vicende come queste, ma con questo giogo siamo a volte costretti a rapportarci e solo per un moto di giustizia mi trovo qui a scrivervi.

Come dice Henry David Thoreau, «sotto un governo che mette un individuo ingiustamente in prigione, la prigione è anche il luogo che si addice perfettamente alla persona onesta» [1]; beh... allora in una «comunità» o società in cui le critiche penetranti e serie vengono censurate, il luogo che si addice a tali critiche che vanno al cuore dei problemi è ai margini, è fuori e lontano da tutto ciò che implica omologazione e conformismo «comunitario» e tanto più un pensiero ne sarà lontano, tanto più otterrà il mio rispetto, come sempre è accaduto.

Ciò che non si vive personalmente, mi rendo conto non lo si possa con efficacia comunicare né tanto meno far comprendere: un folle che urla per la città, dicendo a coloro che incontra che vivono un sogno, verrà appunto etichettato come un pazzo e poco si baderà a ciò che farnetica in giro. Solo in caso alcuni individui abbiano una certa predisposizione o abbiano vissuto esperienze, emozioni, pensieri simili potranno superare l’ostacolo delle parole e del linguaggio che sempre limita e ferisce le intuizioni, per cogliere il cuore delle questioni. Non ho personalmente mai incontrato tante persone, per mia fortuna qualcuna sì, che riuscissero a sentire ciò che dico, scrivo, quello su cui a volte inizio a farneticare, come colto da isteria. Sono sicuro che tra voi qualcuna di tali persone è presente; bisognerà ritornare un po’ bambini per cogliere i tratti più nascosti di questa favola che mi appresto a raccontarvi.

 

2. Sulla Scienza e sull’uomo: qualche critica

Veniamo, dunque, a noi; gli altri probabilmente se ne sono già andati ed hanno fatto bene, poiché avrebbero «sprecato» del tempo ed io con loro.

Per non scontentare nessuno, neanche me stesso, mi prodigo brevemente in questo inizio nell’elogiare la Scienza ed i progressi, alquanto straordinari, che abbiamo fatto grazie ad essa. L’impresa scientifica ha uno spirito nobile ed elevato, direi «divino», nella misura in cui dà voce ad alcuni dei desideri più antichi ed ancestrali dell’essere umano, quello di comprendere, di squarciare con i propri mezzi il velo che si frappone tra esso e la «realtà», indipendentemente dalle ipotesi filosofiche su tale concetto; proprio dell’uomo è un richiamo, che chiamo «altro», una tensione verso un’impalpabile intuizione che perenne sconvolge il sonno e la veglia d’ogni uomo finché vive. Oltre ad accogliere questo richiamo e ad utilizzarlo a suo modo per comprendere il modo di comportarsi della natura, la scienza ha contribuito ad emancipare l’uomo dai dogmi millenari delle dottrine religiose ovvero a liberare le sue energie compresse sino a pochi secoli fa nelle anguste celle della fede dogmatica, organica e caratteristica principale di vaste schiere di credenti. In questa categoria non rientrano i fedeli che in coscienza e con scetticismo si sono posti e si pongono le proprie domande esistenziali e sanno con giudizio vedere la propria religione e la scienza, entrambe con le proprie peculiari caratteristiche e limiti. Affermo che lo stesso spirito scientifico abbia negli ultimi secoli contribuito a far sì che milioni di credenti potessero vivere una loro fede più serena ed equilibrata in rapporto all’ambiente ed alla realtà nella quale vivono.

Non posso però che essere d’accordo con uno dei più importanti filosofi della Scienza del secolo scorso, Paul K. Feyerabend [2], da molti spesso criticato senza averne alcuna conoscenza approfondita e focalizzandosi solo sulle parti più controcorrente dei suoi scritti e dunque accusandolo di incoerenza... quale profonda analisi e quali acuti intellettuali! Come già ebbi modo di dire prima ancora che nascessi, neanche la pioggia è coerente, eppure nutre la natura che ci permette di vivere. Questo atteggiamento è sintomatico del tema della presente lettera: poche sono le critiche costruttive verso le idee, alcune delle quali tanto potrebbero dare; si etichetta invece l’uomo ed il suo agire e così si perde, a mio parere, buona parte di quella preziosa ed incoerente pioggia che ci potrebbe nutrire. Solo quando una persona acquista una coerente credibilità, anche ed in alcuni casi solo derivata da titoli accademici, allora si procede ad ascoltare le sue idee e questo certo non implica l’accoglierle criticamente. Feyerabend sosteneva che seppur la Scienza avesse contribuito ad esercitare sull’uomo un’evidente azione liberatoria, una verità che regni senza freni ed equilibrio deve essere rovesciata o quantomeno evidenziata con ogni mezzo, poiché come un tiranno inizierà altrimenti a soggiogare l’uomo, in quanto «non c’è niente di intrinseco alla scienza o a qualsiasi altra ideologia che la renda essenzialmente liberatrice. Le ideologie possono deteriorarsi e diventare stupide religioni» [2].

A questo punto già vedo le menti di alcuni temerari, che nonostante i miei consigli si sono avventurate sin qui, già le vedo scalpitare in quanto educate a farlo nei confronti di pensieri che vadano contro ed oltre i rigidi conformismi, tramite cui sono state indottrinate. La mia vorrebbe dire a queste menti all’ascolto: diventate «piccole» e neonate ancora una volta, dimenticatevi per un attimo ciò che vi è stato insegnato, dimenticatevi delle cose “buone e giuste” e procedete in quella landa desolata che si chiama pensiero libero, che si chiama coscienza, “desolata” poiché è stata percorsa poche volte dai nostri passi adulti; ebbene so che sente la nostra mancanza e disimparate anche ciò che vi è stato insegnato sull’«utilità», sulla «coerenza», sulla «razionalità», credetemi sono falsi concetti con cui hanno esercitato un potente incantesimo e tramite cui hanno scientemente piegato la libera espressione del vostro giudizio; il maestro taoista Chuang-Tsu concludeva, dopo aver chiesto ad un boscaiolo perché non tagliava un grande albero dal fogliame rigoglioso per la sua legna ed avendogli risposto il boscaiolo che fosse inutile: «Grazie alla sua inutilità quest’albero giungerà al limite naturale della sua esistenza» [3].

L’oggetto del mio farneticare è sostenere, non che la Scienza in sé sia deleteria o ingannevole, io sostengo l’esatto contrario, quanto siccome il suo potere nella società sta tendendo a sostituire quello che era dell’aristocrazia e delle religioni un tempo, in questa misura ed in questo senso il procedere scientifico nelle società sembra stia assumendo i tratti somatici di una nuova religione, con «nuove» regole, sacerdoti, fedeli, miti e norme da rispettare, che tende ad imporre il suo dominio incontrastato sull’essere umano, ciò indipendentemente dai risultati straordinari con i quali ci delizia ed impone la sua presenza. Questo dominio incontrastato, come tutti gli altri, non permette all’uomo di crescere, ostacola la sua fioritura, lo sviluppo del suo essere e pongo sempre al centro delle mie analisi l’individuo, la singola coscienza, il singolo atomo libero che compone la società, poiché sono convinto sia esso a perdere ogni volta che un’ideologia tende a trasformarsi in «dittatura», ogni volta che un nuovo potere vorrebbe sostituirsi al precedente, ogni volta che un intero sistema educativo tende non a favorire la crescita libera e creativa dei singoli, quanto a farne dei pagliacci con solo la parvenza di uomini.

I critici «fedeli», tra i protagonisti di questa favola, mi diranno che la scienza, come ho già accennato, ha contribuito a liberare l’uomo da dogmi millenari ed a controllare e conoscere ed utilizzare la natura come mai è accaduto prima e sicuramente tale processo continuerà in futuro; queste ragionevoli, ma a mio parere «cieche» critiche nascondono in sé altrettanti tranelli che andrò ad analizzare. Qui non voglio fare delle analisi sterili, né mitizzare il ritorno dell’uomo ad un supposto stato «naturale» e pre-tecnologico; anche questi sono gli artifizi che usano i nuovi adepti per difendere il loro sapere contro derive, che gettano tutte nel calderone dell’irrazionalità, così da non curarsi di discuterle veramente. Credo, però, che altamente irrazionale e pericoloso sia proprio da parte degli addetti ai lavori, degli scienziati, non rendersi conto del complesso mondo in cui viviamo e non porsi su ogni cosa, su ogni proprio passo, quello che viene chiamato «principio di precauzione»; credetemi quando vi dico che molti scienziati e pure molti «amici della scienza» questo problema non se lo pongono proprio e non riescono neanche a comprenderlo ed ora vi farò capire il perché. Si tratta di un sogno e fanno vera fatica, e li comprendo poiché ho sognato anch’io e lo faccio ancora, a distinguere la realtà dalla fantasia surreale che rappresenterebbe la realtà per costoro. Io vi presento solo una mia interpretazione della «favola», poi ognuno è libero di scegliere quella che più gli aggrada.

Ogni persona avverte che qualcosa o meglio tante cose sembra non procedano per il verso «giusto» riguardo all’ambiente, alla società, al rapporto tra gli uomini, alle applicazioni tecnologiche ed etichettare tutti questi segnali come romanticherie ecologiste è pericoloso oltre che offensivo nei confronti della coscienza delle persone. Tralascio qui sia la critica che afferma che necessari allo sviluppo ed al progresso «sarebbero» gli enormi problemi che ne derivano e sia l’essenziale discorso che ogni uomo dovrebbe essere il mutamento che vorrebbe vedere nel mondo, come affermava con forza Gandhi [4]; quest’ultimo discorso lo riprenderò in seguito poiché credo sia l’unica pozione che possa liberare dall’incantesimo.

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NOTE

[*] = «terribile Vesuvio», da la “Musogonia” di Vincenzo Monti, citata nella “Crestomazia Italiana, cioè scelta di luoghi insigni o per sentimento o per locuzione” a cura di Giacomo Leopardi (1854).

[1] Henry David Thoreau (1848)  - “Disobbedienza civile” – ed. SE, imprescindibile nella biblioteca di ogni persona che si consideri qualcosa di diverso da un meccanico ingranaggio; testo integrale sul sito: http://www.panarchy.org/thoreau/disobbedienza.1848.html

[2] John Preston – “Feyerabend” – ed. Università, Il Saggiatore, per una disamina critica completa del pensiero di Feyerabend dalle origini sino a “Contro il Metodo” ed oltre.

[3] Chuang-Tsu – “Zhuang-Zi” – ed. Adelphi, uno dei tre testi sacri del taoismo.

[4] M. K. Gandhi - “Teoria e pratica della non-violenza” a cura di Giuliano Pontara – Einaudi, libro da consigliare per uno studio analitico e completo del pensiero filosofico e politico del Mahatma.


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