Un problema difficile: racconto breve di un viaggio mentale.

Aperto da Enrico73, 18 Settembre 2025, 19:03:26 PM

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Enrico73

Non servono dogmi ma solo viaggi interiori che ci conducono in luoghi apparentemente paradossali, spesso evitati. Pensieri forse critici, ma che non si adattano, ma sposano una visione grandangolare dell'esistenza, che prevede in prima istanza il fallimento come strumento di comprensione ed il dolore come un debito dovuto alla conoscenza. Cosi l'emozione si fa commozione, come per un regalo tanto sperato ed inatteso. Partiamo! L'inconscio non esiste, mi ripetevo come un mantra, nel silenzio del mio pre-conscio. Cercavo disperatamente una chiave crittografica, unica via per decifrare l'impossibile. L'inconscio e' uno stanzino concettuale, uno scantinato buio ove riporre tutte le nostre domande ed il mio ne era ed e' stracolmo. Risposte che ci frantumerebbero con un dolore insopportabile! Presi coraggio o forse solo confusa follia ed iniziai a scrivere...La sommatoria del sapere acquisito, innato e collettivo di un individuo è come una biblioteca di Babele (Borges): una mole di informazioni vastissima, seppur finita, un insieme di elementi grezzi, istintuali e minimali. L'istinto come un alfabeto primitivo di istruzioni semplici, il connettoma la rete dei collegamenti, la corteccia orchestra la trasformazione di questo alfabeto in biblioteca – iniziavo a vedere confuse le prime immagini. L'istinto abita nelle profondità ancestrali del cervello, dove cervelletto, tronco encefalico, amigdala e ipotalamo danzano una coreografia primitiva. Nella corteccia dimora il pre-conscio, regno di elaborazione, possibilità e scelta. Cosa era dunque la coscienza se non la manifestazione delle scelte operate nel pre-conscio che si fondono con l'istinto, o parte di esso? Sono costretto a scegliere deliberatamente solo una parte di questo enorme sapere (biblioteca). Questa scelta non è un atto improvviso, ma avviene nel pre-conscio. È proprio in questo contesto che emerge la coscienza. Essa non è altro che il risultato di un potentissimo filtro che agisce come una censura volontaria e in tempo reale delle informazioni interiori, la biblioteca. La coscienza, quindi, non è il luogo della scelta, ma la sua manifestazione. A differenza della coscienza, il pre-conscio è uno spazio sicuro dove posso sperimentare, testare combinazioni di informazioni contraddittorie ed esplorare scenari alternativi senza il rischio di un sovraccarico emotivo. Qui, il concetto di opposto non solo è tollerato, ma favorito. Lo scopo primario ed evolutivo di questo filtro-censura è ridurre il dolore che tale quantità di informazioni, spesso enormemente contrastanti, potrebbe provocare. Questo meccanismo di censura non è repressivo, ma primariamente protettivo e di questo ne sono profondamente convinto. Mi resi conto che dovevo esplorare il concetto di dolore. Il dolore psichico è una lacerazione che attraversa i sistemi neurologici come un terremoto interiore, facendo collassare dall'interno le architetture della mente fino al loro totale esaurimento. Il dolore fisico è una lacerazione che viene dall'esterno, aliena e per questo ancor più temuta. In entrambi i casi, la lacerazione non è altro che il tentativo di sottrarsi all'elaborazione delle informazioni causa della lacerazione. L'informazione in sé può generare contraddizioni a cascata, che imprigionano la mente nel circolo degli opposti, incapace di elaborare gli scenari che tale mole di dati contrastanti e contraddittori produce. Il filtro agisce quindi come un limitatore di banda cognitiva. Tant'è vero che, in presenza di un dolore (sia fisico che psichico) molto forte, si possono perdere i sensi. Il filtro ha una funzione secondaria che assolve a due scopi esistenziali: il desiderio di riconoscimento del valore (vero o presunto) e il desiderio di sentirsi parte (conformandoci anche con la sola presenza). Questi bisogni sono primari e vitali, superiori persino a quelli fisiologici, come dimostrano fenomeni estremi come l'anoressia, il suicidio di massa, le religioni, la militanza politica etc. Più i rapporti si complicano, più complesso e potente diventa il filtro-censura. Non è il filtro ad essere debole o forte in sé, ma è l'individuo (nel pre-conscio) a decidere il prezzo del dolore da pagare; la forza del filtro-censura è solo una conseguenza di questa scelta. L'anticonformismo, per esempio, è un tentativo di conformarsi, cercando il riconoscimento attraverso il valore della rarità ovvero il coraggio. L'individuo ha contemporaneamente il desiderio di far parte, senza rinunciare al riconoscimento delle sue peculiarità. È consapevole della sua divergenza e questa informazione, che provoca dolore e separazione, viene integrata col coraggio. Solo "l'altro" può darci il riconoscimento di valore, rendendoci tutti interdipendenti. Il filtro agisce per favorire la nostra scelta di inclusione. Le capacità discriminatorie del neonato sono precoci, ma il filtro si attiva solo attraverso l'esperienza: anche la sola sensazione di caldo e freddo può favorire una prima bozza del filtro, poiché introduce la prima categorizzazione dell'esperienza (il concetto di opposto). Il neonato è assolutamente privo della distinzione tra opposti, almeno inizialmente; non esiste una distinzione tra bene e male, giusto o sbagliato, e perciò tutte le informazioni, anche opposte, possono coesistere. È proprio questo esercizio con la madre, il padre e, via via, con parenti e coetanei, a far attivare e/o complicare il filtro, che forse non è innato. Nel pre-conscio il processo di selezione, bilanciamento dinamico e continuo è un atto di volontà che, seppur libero, è profondamente condizionato dalla consapevolezza che l'informazione non filtrata genererebbe un dolore insopportabile per la coscienza. L'informazione genera una sofferenza che agisce come un deterrente potentissimo. È pur vero che l'individuo rinuncia con dolore all'informazione, ma il suo sacrificio è modesto se paragonato ai vantaggi, in termini di riduzione del dolore, che egli ottiene. La natura del filtro/censura è del tutto simile a qualsiasi processo naturale e quindi fallace. Queste piccole discrepanze generano squilibrio, una condizione necessaria e sufficiente per garantire l'evoluzione dell'individuo, anche con il filtro attivo. Possiamo in qualche modo accorgerci dell'esistenza di questo filtro/censura nella malattia, nella perdita, nell'abbandono, nel rifiuto. In questo caso l'individuo si sente tradito e può innescarsi un fenomeno di autoreferenzialità: si tende, soprattutto in prima istanza, a rispondere solo a se stessi e alle proprie esigenze. Questo è tipico dei malati oncologici, terminali, nella sofferenza d'amore, ma anche della malattia mentale grave dove il filtro si inceppa. Per esempio, la psicosi è la manifestazione caotica e cruda di troppe informazioni che inondano una mente priva di un filtro efficiente. Il blocco di sistema, invece, è una risposta estrema in cui la mente, di fronte a un dolore travolgente, preferisce "spegnersi" per evitare l'autodistruzione. Per contro, nella malattia terminale il filtro può diventare meno significativo per l'individuo poiché non ricerca più l'appartenenza e non ha più bisogno di riconoscimento. Mentre nella meditazione profonda il filtro si attenua in modo significativo. Perché, allora, non siamo tutti uniformemente consapevoli? Perché è sempre l'individuo a fare le scelte a livello pre-conscio. Per semplicità, per opportunismo o per un vantaggio vero o presunto, molti scelgono di non affrontare questo dolore, una scelta tanto lecita quanto comprensibile e forse l'unica davvero tollerabile. L'evoluzione del filtro non segue un processo lineare, ma procede per tentativi, pertanto avremo gruppi di individui che compiranno scelte più o meno conservative riguardo alla gestione del dolore. Ogni individuo sviluppa una propria strategia evolutiva e deve scegliere consapevolmente fin dove spingersi: ognuno dovrebbe conoscere il prezzo in termini di dolore che è disposto a pagare per vivere. Tuttavia, questo processo non è sempre lineare e coerente, poiché l'individuo è un essere fallace e soggetto all'errore di valutazione. Infatti, una vita fatta di certezze e piccole incertezze, di dogmi e qualche sporadica domanda, può essere piacevole e appagante. Il raggiungimento di un ruolo, il riconoscimento sociale impreziosito da un prefisso più o meno nobile, sembrano suggellare tutte le aspirazioni dell'individuo nel suo piccolo mondo; siamo l'ologramma di noi stessi? Si tratta di una esistenza in miniatura, ma forse l'unica davvero sostenibile. Permane in alcuni, e forse in tutti noi, quella sensazione di menzogna, quella sensazione di perenne incompletezza, anche in assenza di conflitti interiori o dubbi esistenziali. Si è come orfani della conoscenza; se ne sente la mancanza, come un eco silente, e ci si convince che sia impossibile altrimenti. Qui nasce il concetto di inconscio, un luogo a noi inaccessibile che giustifica tutto, un dogma di fede! Anche nel linguaggio corrente esistono indicatori del pre-conscio, come frasi quali 'in fondo lo sapevo già', 'me lo sentivo', 'è come se avessi sempre saputo' o 'non mi è nuovo'. Lo stesso discorso e valenza hanno i lapsus. Le prime espressioni risuonano come l'eco di qualcosa di conosciuto e intimo, qualcosa che è venuto a galla, è stato scoperto e non necessita più di censura, ma che spesso richiede il pagamento di una sofferenza. I lapsus, invece, provocano disagio e imbarazzo. In vecchiaia il filtro tende a deteriorarsi, la pressione sociale viene meno e le domande iniziano a moltiplicarsi ed acuirsi. Nella maggioranza dei casi il filtro è così potente da rallentare tutto il pensiero, come una locomotiva sui binari procede per inerzia ma senza più propulsione; in altri casi la follia prende il sopravvento. Altre volte sopraggiunge il silenzio triste, dagli occhi perennemente lucidi, per ascoltare il mondo interiore e sé stessi, soprattutto quando i rimpianti, la rassegnazione ci afferrano ed il dolore è troppo forte per sopportarlo. L'arte, in quanto mezzo socialmente accettato per definizione, permette di esprimere contenuti che altrimenti sarebbero censurati ed auto-censurati. Per esempio, la nudità, il grottesco, il ridicolo o l'irriverente sono tutti concetti che, se non fossero 'filtrati' attraverso l'arte, provocherebbero imbarazzo e rifiuto sociale. Solo durante i regimi autoritari o le restrizioni religiose l'arte "ritorna nel pre-conscio", dovendo operare attraverso simboli nascosti e significati velati. Per esempio l'individuo ha sviluppato l'allusione come strategia fondamentale per esprimere contenuti che altrimenti sarebbero censurati. L'allusione rappresenta una strategia sociale efficace: consente all'individuo di non scegliere apparentemente, ma costringe l'altro a scegliere al suo posto. È uno strumento evolutivo che permette di esprimere l'opposto senza assumere una posizione di conflitto, né interiore né con l'altro. Questo meccanismo risolve il problema evolutivo fondamentale di come esprimere idee potenzialmente pericolose mantenendo la sicurezza del gruppo. Chi usa l'allusione può sondare il consenso senza rischiare l'esclusione, mantenere la dualità comunicativa, trasferire la responsabilità dell'interpretazione all'altro e preservare le relazioni anche in caso di disaccordo. L'allusione inverte il meccanismo della scelta: invece di scegliere cosa rivelare, si costringe l'altro a scegliere cosa vedere. È il perfetto compromesso tra il bisogno di espressione che indebolisce il filtro e il bisogno di appartenenza sociale che lo rinforza. Per contro, 'la militanza' è un meccanismo evolutivo atto a consolidare e rafforzare il significato di appartenenza a un gruppo e/o a un'ideologia. Essa prevede, fondamentalmente, una sorta di amnesia selettiva nei confronti di ogni informazione contraria alla parte a cui apparteniamo. Questi meccanismi mettono in luce la centralità dell'interazione fra individui e la necessità di appartenenza, entrambi essenziali per l'esistenza di ciascuno. Il viaggio interiore è il luogo ideale per le speculazioni. La coscienza, il pre-conscio e la biblioteca sono forse presenti in forma rudimentale in ogni essere vivente. Essi seguono le leggi di natura, come rami di una stessa pianta. La loro evoluzione verso una forma più strutturata e complessa si è sviluppata principalmente negli ominidi, a causa di due fattori chiave: l'evoluzione dell'intelligenza e la crescente complessità della biblioteca, con conseguente conflittualità tra le esigenze dell'individuo (autoreferenzialità) e quelle di gruppo (appartenenza). Il viaggio è solo all'inizio, ma il prezzo pagato è stato già alto; percepisco solo pochissimi meccanismi di censura che si stanno attivando in me e che alludono alla follia delle mie teorie, all'inconcludente utilizzo del tempo in attività inutili e forse persino dannose o alla vanità di aver esplorato aspetti forse nuovi. Io vado avanti e lo faccio arrendendomi a tutto ciò, lascio che ogni opposto abbia parola, divento nuvola, vapore, una sostanza che non può essere rinchiusa e lo faccio con tutta la massima gentilezza che mi sia possibile immaginare. Il viaggio continua leggero, affamato di domande e mai di risposte, perché il grande limite umano sta proprio in questo, l'ossessiva ricerca di risposte, che non arriveranno mai perché nessuno potrebbe sopportare il dolore che ne deriva.

fabriba

Ciao Enrico73,
È un testo lunghissimo, ammetto di avere saltato un po.
Mi sembra di capire che stai tentando un mix di tecniche che includono la meditazione,  la scrittura, e la regressione (freud) per cercare ciò che l'inconscio nega alla tua coscienza? 
Magari è una domanda troppo personale,  ma lo fai perché  pensi di avere un  "sepolto" fuori dal comune (ie: traumi non comuni) o è un modo di migliorare la conoscenza di te stesso? 
Da quanto tempo procede il tuo viaggio?

Enrico73

Grazie per aver letto la mia teoria, l'argomento è davvero complesso ed è difficilissimo esprimerlo a parole.
La mia idea è che l'inconscio non esista. Lo considero una sorta di scatola in cui riponiamo deliberatamente tutto ciò che non vogliamo affrontare e questo e' l'alibi. La vera sede del libero arbitrio è il pre-conscio, uno stato in cui il concetto di opposto non esiste. È qui che possiamo elaborare pensieri contraddittori senza il rischio di un sovraccarico emotivo.
La coscienza è il risultato di un potente filtro, una "censura" che il pre-conscio mette in atto per evitare il dolore che le contraddizioni provocherebbero. Questo meccanismo di censura ha due scopi:
  • Proteggerci dal dolore causato da informazioni e pensieri contrastanti.
  • Soddisfare i bisogni primari di sentirsi parte di un gruppo e di ottenere riconoscimento.
Questo filtro semplifica il pensiero e ci permette di funzionare nella vita di tutti i giorni.
Ho iniziato a riflettere su questi concetti molti anni fa, anche a causa della mia esperienza con la Sindrome di Asperger. Pur potendo sembrare un paradosso, ho notato che la mia empatia è spesso molto più forte della norma. In alcune situazioni emotive, potrei persino perdere conoscenza, un'estrema manifestazione di quel filtro che si spegne di fronte a un dolore travolgente.

daniele22

Citazione di: Enrico73 il 19 Settembre 2025, 11:00:43 AMGrazie per aver letto la mia teoria, l'argomento è davvero complesso ed è difficilissimo esprimerlo a parole.
La mia idea è che l'inconscio non esista. Lo considero una sorta di scatola in cui riponiamo deliberatamente tutto ciò che non vogliamo affrontare e questo e' l'alibi. La vera sede del libero arbitrio è il pre-conscio, uno stato in cui il concetto di opposto non esiste. È qui che possiamo elaborare pensieri contraddittori senza il rischio di un sovraccarico emotivo.
La coscienza è il risultato di un potente filtro, una "censura" che il pre-conscio mette in atto per evitare il dolore che le contraddizioni provocherebbero. Questo meccanismo di censura ha due scopi:
  • Proteggerci dal dolore causato da informazioni e pensieri contrastanti.
  • Soddisfare i bisogni primari di sentirsi parte di un gruppo e di ottenere riconoscimento.
Questo filtro semplifica il pensiero e ci permette di funzionare nella vita di tutti i giorni.
Ho iniziato a riflettere su questi concetti molti anni fa, anche a causa della mia esperienza con la Sindrome di Asperger. Pur potendo sembrare un paradosso, ho notato che la mia empatia è spesso molto più forte della norma. In alcune situazioni emotive, potrei persino perdere conoscenza, un'estrema manifestazione di quel filtro che si spegne di fronte a un dolore travolgente.
Ciao Enrico e benvenuto. Tempo fa mi diagnosticarono una sindrome bipolare (non accettai le cure, mi sono arrangiato) e dopo averti letto ho percepito delle affinità col tuo pensiero di cui riporto alcuni stralci presenti nel tuo post di esordio:
"L'inconscio non esiste, mi ripetevo come un mantra...
...La sommatoria del sapere acquisito, innato e collettivo di un individuo è come una biblioteca di Babele (Borges)...
...È proprio in questo contesto che emerge la coscienza. Essa non è altro che il risultato di un potentissimo filtro che agisce come una censura volontaria..." (che poi definisci protettiva).
Tempo fa, all'interno di un dialogo tra me e un anti-me, scrissi anche questo pensiero:
"Tal conoscenza (la coscienza umana) è quella che va dall'io al Dio, passa per tutte le cose note, individuale, dinamica ed elastica nel suo transitare per le vie dell'universo ... Costretta a farlo giunta al suo corpo, anzi, sarebbe il corpo a produrla. Si tratterebbe senza fallo di un gran calderone vagante ricolmo di falsità e verità delle quali spesso non ci si domanda nemmeno ... Ma visto infine che di cose si tratta, prova dunque a pensare a ciò che chiamo l'abitudine all'esistenza delle cose ... ammessane l'esistenza"
Penso che in fatto di sofferenza il mio bipolarismo sia in fondo una bazzeccola relativamente alla sofferenza che hai espresso nei pensieri in questo forum. Quello che più mi ha colpito comunque è la tua convinzione che l'inconscio non esista. Mi chiedo cioè: se il bipolarismo apre una porta d'accesso già abbastanza profonda, la tua sindrome potrebbe aprirne altra ancora più profonda.. immagino nella mia ignoranza quella che apre all'impronta genetica
Saluti

Enrico73

Citazione di: daniele22 il Oggi alle 09:08:41 AM
Ciao Enrico e benvenuto. Tempo fa mi diagnosticarono una sindrome bipolare (non accettai le cure, mi sono arrangiato) e dopo averti letto ho percepito delle affinità col tuo pensiero di cui riporto alcuni stralci presenti nel tuo post di esordio:
"L'inconscio non esiste, mi ripetevo come un mantra...
...La sommatoria del sapere acquisito, innato e collettivo di un individuo è come una biblioteca di Babele (Borges)...
...È proprio in questo contesto che emerge la coscienza. Essa non è altro che il risultato di un potentissimo filtro che agisce come una censura volontaria..." (che poi definisci protettiva).
Tempo fa, all'interno di un dialogo tra me e un anti-me, scrissi anche questo pensiero:
"Tal conoscenza (la coscienza umana) è quella che va dall'io al Dio, passa per tutte le cose note, individuale, dinamica ed elastica nel suo transitare per le vie dell'universo ... Costretta a farlo giunta al suo corpo, anzi, sarebbe il corpo a produrla. Si tratterebbe senza fallo di un gran calderone vagante ricolmo di falsità e verità delle quali spesso non ci si domanda nemmeno ... Ma visto infine che di cose si tratta, prova dunque a pensare a ciò che chiamo l'abitudine all'esistenza delle cose ... ammessane l'esistenza"
Penso che in fatto di sofferenza il mio bipolarismo sia in fondo una bazzeccola relativamente alla sofferenza che hai espresso nei pensieri in questo forum. Quello che più mi ha colpito comunque è la tua convinzione che l'inconscio non esista. Mi chiedo cioè: se il bipolarismo apre una porta d'accesso già abbastanza profonda, la tua sindrome potrebbe aprirne altra ancora più profonda.. immagino nella mia ignoranza quella che apre all'impronta genetica
Saluti

Ti vedo e ti sento e le tue parole mi risuonano familiari ed intime. Sento e vedo ogni persona e cosa con intensità maggiore, perché sono stupido, stupido nel senso che il mio pensiero e' molto più lento e rigido del normale, ma questa lentezza ha una estrema profondità e questo ciò che mi caratterizza. Non sono speciale come non lo e' nessuno sono solo diverso e vorrei vivere in un mondo dove tutti siano accettati per la loro diversità senza far gare, senza vincitori ne vinti. Siamo nati cosi e non abbiamo meriti o demeriti, forse , al massimo per alcuni, maggiori responsabilità.

fabriba

Citazione di: Enrico73 il 19 Settembre 2025, 11:00:43 AMGrazie per aver letto la mia teoria, l'argomento è davvero complesso ed è difficilissimo esprimerlo a parole.
La mia idea è che l'inconscio non esista. Lo considero una sorta di scatola in cui riponiamo deliberatamente tutto ciò che non vogliamo affrontare e questo e' l'alibi. La vera sede del libero arbitrio è il pre-conscio, uno stato in cui il concetto di opposto non esiste. È qui che possiamo elaborare pensieri contraddittori senza il rischio di un sovraccarico emotivo.
La coscienza è il risultato di un potente filtro, una "censura" che il pre-conscio mette in atto per evitare il dolore che le contraddizioni provocherebbero. Questo meccanismo di censura ha due scopi:
  • Proteggerci dal dolore causato da informazioni e pensieri contrastanti.
  • Soddisfare i bisogni primari di sentirsi parte di un gruppo e di ottenere riconoscimento.
Questo filtro semplifica il pensiero e ci permette di funzionare nella vita di tutti i giorni.
Ho iniziato a riflettere su questi concetti molti anni fa, anche a causa della mia esperienza con la Sindrome di Asperger. Pur potendo sembrare un paradosso, ho notato che la mia empatia è spesso molto più forte della norma. In alcune situazioni emotive, potrei persino perdere conoscenza, un'estrema manifestazione di quel filtro che si spegne di fronte a un dolore travolgente.

Capisco -e non capisco.
Ho una familiarità ipotizzo superiore alla media coi temi psicologici, ma mi pare chiaro che la tua sia superiore.
Quando dici che l'inconscio non esiste ed è una scatola nera (etc) , e io fatico a distinguere le due cose.
Poi parli di pre-conscio e ho una reminescenza della divisione conscio-subconscio-inconscio; ed  Es, Io, Super-io.

Insomma: mi sa che non ho i mezzi per affrontare questa discussione in modo intelligente con te :) 

Enrico73

Citazione di: fabriba il Oggi alle 13:21:16 PMCapisco -e non capisco.
Ho una familiarità ipotizzo superiore alla media coi temi psicologici, ma mi pare chiaro che la tua sia superiore.
Quando dici che l'inconscio non esiste ed è una scatola nera (etc) , e io fatico a distinguere le due cose.
Poi parli di pre-conscio e ho una reminescenza della divisione conscio-subconscio-inconscio; ed  Es, Io, Super-io.

Insomma: mi sa che non ho i mezzi per affrontare questa discussione in modo intelligente con te :)
Per sintesi per come la sto vedendo oggi e con oggi intendo un pensare in continuo divenire ed aperto , per me l'inconscio non esiste e' un alibi mentale, dove mettiamo volontariamente tutto ciò che non vogliamo affrontare, il vero io e' il pre-conscio che filtra e censura tutto ed il conscio e' solo la manifestazione di questa opera di filtro censura. Non temere di avere i mezzi o no nessuno li ha su argomenti come questi e difficile persino per neuroscienziati , filosofi e psicologi che hanno studiato per anni ed hanno prodotto tantissime teorie. Questa non vuole neppure essere una teoria ma un viaggio mentale, un punto di vista diverso tutto qua.  ;)

anthonyi

Ciao Enrico73, benvenuto in logos. Ho letto con interesse il tuo scritto e l'ho trovato interessante per la mia esperienza di vita. 
Anch'io ho problemi di natura psichica che autonomamente ho diagnosticato come sindrome da depressione non bipolare (l'unico terapista che mi ha seguito in tre sedute si rifiutava di esprimere una diagnosi).
D'altronde i miei problemi si sono rivelati essere soprattutto di natura spirituale, sono stato esorcizzato e ho seguito tanti itinerari di liberazione che mi hanno permesso di migliorare molto le mie condizioni di vita negli anni. 
C'é una cosa che ho notato in questa mia esperienza che può forse perfezionare il discorso che facevi sul preconscio. 
Man mano che andavo avanti nella mia liberazione spuntavano nella mia mente ricordi di eventi passati nei confronti dei quali prendevo sempre maggiore coscienza.
Si trattava di ricordi magari non belli, ma che nell'ottica nuova dalla quale li vedevo apparivano comunque tollerabili Ed incrementavano la mia esperienza e il mio stato di coscienza, in effetti era come se il preconscio, che prima li teneva nascosti perché portatori di una eccessiva sofferenza, dopo la mia liberazione poteva liberare anch'essi perché la sofferenza arrecata era minore.
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

fabriba

Citazione di: anthonyi il Oggi alle 14:17:24 PMautonomamente ho diagnosticato come sindrome da depressione non bipolare (l'unico terapista che mi ha seguito in tre sedute si rifiutava di esprimere una diagnosi).
Ciao  anthonyi,
sono molto critico col mondo della psicologia, non prendermi per uno che "tutti dovremmo andare dallo psicologo", però:
  • la necessità di mettere etichette è tipica del nostro tempo, se il terapista era attempato, concedigli di essere un po' disallineato
  • 3 sedute sono poche, io ho lasciato un terapista per il motivo opposto, cosa che magari ti fa fare un sorriso sulla relatività della tua esperienza (sicuramente mi ha fatto fare un sorriso sulla relatività della mia)

Da ultimo, l'autoanalisi è un terreno scivolosissimo, la creazione di false memorie (auto)indotte è estremamente comune. 
Le false memorie sono particolarmente perniciose perché una volta insediate, dimostrarne la falsità storica o l'impossibilità è quasi l'unico modo per liberarsene, e spesso non è possibile farlo.

Non voglio mettermi in cattedra, probabilmente lo sapevi già, nel caso ignorami pure!

fabriba

Citazione di: Enrico73 il Oggi alle 13:48:33 PMPer sintesi per come la sto vedendo oggi e con oggi intendo un pensare in continuo divenire ed aperto , per me l'inconscio non esiste e' un alibi mentale, dove mettiamo volontariamente tutto ciò che non vogliamo affrontare, il vero io e' il pre-conscio che filtra e censura tutto ed il conscio e' solo la manifestazione di questa opera di filtro censura. Non temere di avere i mezzi o no nessuno li ha su argomenti come questi e difficile persino per neuroscienziati , filosofi e psicologi che hanno studiato per anni ed hanno prodotto tantissime teorie. Questa non vuole neppure essere una teoria ma un viaggio mentale, un punto di vista diverso tutto qua.  ;)
quello bene o male l'avevo capito, mi sfugge -andando per punti, partendo dal -e limitandomi al- primo) la differenza tra la tua versione di ciò che è l'inconscio e la versione "mainstream".

Da wikipedia:

Il termine inconscio indica genericamente tutte le attività mentali che non sono presenti alla coscienza di un individuo. In senso più specifico, rappresenta quella dimensione psichica contenente pensieri, emozioni, istinti, rappresentazioni, modelli comportamentali, spesso alla base dell'agire umano, ma di cui il soggetto non è consapevole.


Per te è una collezione di ex-ricordi, ora dimenticati (li chiamerò i dimentichi per brevità, alle volte li ho sentiti chiamare "il sepolto", ma mi piace tenere un plurale).

Se è una collezione di "dati" o "oggetti" (i dimentichi) senza "azioni" (pensieri, emozioni, istinti, ecc dell'interpretazione standard) come interagiscono questi dimentichi con la psiche, da dentro questa scatola nera?

Trovo ci sia una eleganza nella interpretazione che racchiude sia i dimentichi che le azioni (sia i dati che le funzioni, sia le memorie che una dimensione psichica "attiva").

Alla fine l'inconscio è solo una rappresentazione sia nel caso mainstream che nel tuo caso (visto che siamo in un forum di filosofia, azzardo si possa dire che è un significato cui non corrisponde un significante, ma qui magari mi radiano!!).
Quindi quello che proponi deve dare un vantaggio, un valore aggiunto rispetto alla rappresentazione mainstream.

Morale:
perché preferisci una rappresentazione in cui l'inconscio è fatto dei soli dimentichi e non include la dimensione psichica attiva?

Jacopus

Brevi cenni. Come ha notato già Fabriba, è molto più adeguato chi non fa diagnosi dopo tre sedute e magari non le fa mai. Un giovane Van der Kolk chiese al suo professore come avrebbe definito Tizio Caio, perché secondo lui era uno psico-schizo-maniaco-nevro-ecc. Il professore rispose : io lo definirei Tizio Caio. Piccolo aneddoto per sottolineare che le diagnosi in campo psicologico possono servire ma senza dimenticare:
1) sono semplici ipotesi per orientare l'azione terapeutica;
2) ogni essere umano è, a livello corporeo e cerebrale, unico e non può essere ridotto ad una diagnosi;
3) gli esseri umani cambiano e così devono essere riformulate le diagnosi;
4) le diagnosi rischiano di essere iatrogene, cioè di concausare la sindrome che attribuiscono;
5) le diagnosi servono anche per vendere pillole.  Molti si domandano che non sia per questo che il Dsm-5 ha centuplicato le diagnosi.
5bis) interessante (ovvero preoccupante) rilevare che le psicopatologie a livello mondiale sono definite in modo apicale in termini alla "ipse dixit" dall'APA (American psichiatric Association).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Enrico73

Citazione di: fabriba il Oggi alle 14:50:19 PMquello bene o male l'avevo capito, mi sfugge -andando per punti, partendo dal -e limitandomi al- primo) la differenza tra la tua versione di ciò che è l'inconscio e la versione "mainstream".

Da wikipedia:

Il termine inconscio indica genericamente tutte le attività mentali che non sono presenti alla coscienza di un individuo. In senso più specifico, rappresenta quella dimensione psichica contenente pensieri, emozioni, istinti, rappresentazioni, modelli comportamentali, spesso alla base dell'agire umano, ma di cui il soggetto non è consapevole.


Per te è una collezione di ex-ricordi, ora dimenticati (li chiamerò i dimentichi per brevità, alle volte li ho sentiti chiamare "il sepolto", ma mi piace tenere un plurale).

Se è una collezione di "dati" o "oggetti" (i dimentichi) senza "azioni" (pensieri, emozioni, istinti, ecc dell'interpretazione standard) come interagiscono questi dimentichi con la psiche, da dentro questa scatola nera?

Trovo ci sia una eleganza nella interpretazione che racchiude sia i dimentichi che le azioni (sia i dati che le funzioni, sia le memorie che una dimensione psichica "attiva").

Alla fine l'inconscio è solo una rappresentazione sia nel caso mainstream che nel tuo caso (visto che siamo in un forum di filosofia, azzardo si possa dire che è un significato cui non corrisponde un significante, ma qui magari mi radiano!!).
Quindi quello che proponi deve dare un vantaggio, un valore aggiunto rispetto alla rappresentazione mainstream.

Morale:
perché preferisci una rappresentazione in cui l'inconscio è fatto dei soli dimentichi e non include la dimensione psichica attiva?

Forse ho espresso male le mie idee l'inconscio non esiste. Il vero io e' il preconscio. Quello che chiamiamo conscio e' la rappresentazione di ciò che possiamo tollerare in termini di dolore.

anthonyi

Citazione di: fabriba il Oggi alle 14:34:58 PMCiao  anthonyi,
sono molto critico col mondo della psicologia, non prendermi per uno che "tutti dovremmo andare dallo psicologo", però:
  • la necessità di mettere etichette è tipica del nostro tempo, se il terapista era attempato, concedigli di essere un po' disallineato
  • 3 sedute sono poche, io ho lasciato un terapista per il motivo opposto, cosa che magari ti fa fare un sorriso sulla relatività della tua esperienza (sicuramente mi ha fatto fare un sorriso sulla relatività della mia)

Da ultimo, l'autoanalisi è un terreno scivolosissimo, la creazione di false memorie (auto)indotte è estremamente comune.
Le false memorie sono particolarmente perniciose perché una volta insediate, dimostrarne la falsità storica o l'impossibilità è quasi l'unico modo per liberarsene, e spesso non è possibile farlo.

Non voglio mettermi in cattedra, probabilmente lo sapevi già, nel caso ignorami pure!
Non ho fatto autoanalisi, i ricordi mi sono rispuntati istintivamente nel tempo, a volte con interpretazioni più articolate che li rendevano piu chiari,
man mano che l'azione di quella forza malefica che agiva nella mia mente si indeboliva.
La sensazione che avevo, prima di aver riflettuto sul concetto di preconscio in questo topic, era  che
Fosse la forza malefica stessa a tenerli bloccati. 
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

Enrico73

Citazione di: anthonyi il Oggi alle 14:17:24 PMCiao Enrico73, benvenuto in logos. Ho letto con interesse il tuo scritto e l'ho trovato interessante per la mia esperienza di vita.
Anch'io ho problemi di natura psichica che autonomamente ho diagnosticato come sindrome da depressione non bipolare (l'unico terapista che mi ha seguito in tre sedute si rifiutava di esprimere una diagnosi).
D'altronde i miei problemi si sono rivelati essere soprattutto di natura spirituale, sono stato esorcizzato e ho seguito tanti itinerari di liberazione che mi hanno permesso di migliorare molto le mie condizioni di vita negli anni.
C'é una cosa che ho notato in questa mia esperienza che può forse perfezionare il discorso che facevi sul preconscio.
Man mano che andavo avanti nella mia liberazione spuntavano nella mia mente ricordi di eventi passati nei confronti dei quali prendevo sempre maggiore coscienza.
Si trattava di ricordi magari non belli, ma che nell'ottica nuova dalla quale li vedevo apparivano comunque tollerabili Ed incrementavano la mia esperienza e il mio stato di coscienza, in effetti era come se il preconscio, che prima li teneva nascosti perché portatori di una eccessiva sofferenza, dopo la mia liberazione poteva liberare anch'essi perché la sofferenza arrecata era minore.

Ho una visione non finalista, ma evoluzionista darwiniana della vita, sono ateo. Posso dirti che il fitro-censura dovrebbe essere una struttura che segue tutte le leggi di natura quindi puo danneggiarsi, fallire etc..Quando sono da solo senza un pubblico e mi guardo dentro riesco ed essere piu sincero con me stesso ed ad accettare e vedere aspetti di me che forse non potrei vedere dinnanzi agli altri, forse cosi ti posso esprimere a parole cio che penso

fabriba

Citazione di: Enrico73 il Oggi alle 15:13:35 PMForse ho espresso male le mie idee l'inconscio non esiste. Il vero io e' il preconscio. Quello che chiamiamo conscio e' la rappresentazione di ciò che possiamo tollerare in termini di dolore.

Sono un puntiglioso della lingua, hai detto precedentemente:

<La mia idea è che inconscio non esista. Lo considero una sorta di scatola in cui riponiamo deliberatamente tutto ciò che non vogliamo affrontare e questo e' l'alibi. >

Quello che dicevo rispondeva al modo in cui "consideri" l'inconscio, più che al fatto che non esista (e su quello, il mio commento secondo me rimane valido).
Però delle due solo una può essere vera , o non esiste, o è una scatola nera, quale?

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