Realtà, cosa intendiamo?

Aperto da Il_Dubbio, 25 Aprile 2025, 00:29:15 AM

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Il_Dubbio

Citazione di: iano il 03 Maggio 2025, 18:52:20 PMSe ciò che emerge è una molteplicità, perchè dovrebbero essere molteplici gli enti da cui essa emerge?
Non basta come unico fondamento l'unica realtà che sta dietro le apparenze?


Il fatto è che descrivere quest'ente è roba difficile. 

Nel momento in cui fosse descritto sarebbe un singolo ente.
Una equazione solitamente ha per lo meno due enti messi sotto una uguaglianza. 

Ma la realtà può essere descritta da una equazione?

Oppure che forma dovrebbe avere la realtà?

come ce la immaginiamo?


iano

#31
Citazione di: Il_Dubbio il 03 Maggio 2025, 21:01:35 PMIl fatto è che descrivere quest'ente è roba difficile.

Nel momento in cui fosse descritto sarebbe un singolo ente.
Una equazione solitamente ha per lo meno due enti messi sotto una uguaglianza.

Ma la realtà può essere descritta da una equazione?

Oppure che forma dovrebbe avere la realtà?

come ce la immaginiamo?


Secondo me bisogna evitare il cortocircuito di attribuire di rimando alla realtà ciò che da essa emerge.
La realtà, per il nuovo modo in cui stiamo cercando di intenderla, è una pura ipotesi, e per questo suggerivo di usare in tal senso il dovuto atteggiamento minimalista, di ipotizzarla cioè come ente unico.
Certamente la realtà può essere descritta da un equazione, ma credere di poter ridurre la realtà ad una  sua descrizione, ciò che equivale alla ricerca della verità, è un modo di svilirla a mio parere.
Non so cos'è la realtà, ma è certamente ben più di un equazione, perchè nulla che da essa emerga la può valere.
Allo stesso tempo non possiamo disconoscere quale potere ci diano sulla realtà descrizioni come le equazioni.
Phil direbbe ''quanto siano calzanti'', io però non credo che sia questione di trovare il giusto numero di scarpa.
Ciò che emerge dalla realtà non lo fa da solo, ma sollecitato dal nostro intervento, e queste emergenze saranno dunque in divenire se noi ci evolviamo, per cui esse tendono alla verità solo se la nostra evoluzione tende a un fine diverso dalla pura sopravvivenza, che la teoria dell'evoluzione non contempla però come ipotesi necessaria, ma a cui ognuno è comunque libero di credere.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: iano il 03 Maggio 2025, 22:38:35 PMAllo stesso tempo non possiamo disconoscere quale potere ci diano sulla realtà descrizioni come le equazioni.
Phil direbbe ''quanto siano calzanti'', io però non credo che sia questione di trovare il giusto numero di scarpa.
Eppure la scienza, da sempre, non è forse proprio la ricerca della razionalizzazione (concetti, leggi fisiche, equazioni, etc.) più calzante alla realtà? La fisica einsteiniana non è forse apprezzata per essere più calzante delle precedenti (almeno in determinati ambiti)?
Parafrasando un noto proverbio, potremmo dire che «la realtà fa i piedi, ma non le scarpe», ossia la realtà, ai nostri occhi, "produce" (è fatta di) eventi (relazioni fra enti, etc.) di cui la scienza cerca di trovare la giusta interpretazione per l'uomo. Tuttavia questo, del "numero di scarpa interpretativo" più calzante, è un problema solo per la scienza, non per la realtà, i cui piedi camminano benissimo anche senza scarpe (ossia gli eventi restano tali anche se non li matematizziamo o studiamo).
Se, in quanto calzolai, ragioniamo inevitabilmente tramite concetti tipici delle scarpe (che si applicano ai piedi, ma non sono i piedi; così come la mappa non è il territorio, etc.), la questione della "calzabilità" è essenziale alla nostra attività di categorizzazione ed utilizzo del mondo: se proviamo a far calzare una scarpa con un numero non adeguato a un certo piede, il piede ci sfuggirà oppure non ci entrerà totalmente. Allo stesso tempo, per essere calzolai "efficaci", dobbiamo mantenere la consapevolezza che una scarpa ben calzante è tale per il piede che contiene (se è troppo stretta la realtà ce lo farà sapere con un feedback), ma non va confusa con il piede stesso; siamo calzolai che talvolta si illudono di essere podologi o addirittura medici, solo perché ci occupiamo di piedi (qualche volta in modo feticistico, ma non divaghiamo).
Anche se la realtà, nel suo innegabile dinamismo, sia una o plurima è un problema solo per le nostre categorie; problema "capriccioso" e comunque risolvibile considerando «realtà» come nome collettivo, ossia nome singolare che ha referenti plurali (come «il gregge», «il gruppo», etc. nomi singolari a cui corrisponde una pluralità di enti). Con una mossa più filosofica, si potrebbe definire l'esser-reale come condizione di possibilità degli eventi, decostruendo la questione del suo essere unico o molteplice (non essendo una condizione di possibilità rigorosamente numerabile).

iano

#33
Citazione di: Phil il 04 Maggio 2025, 12:25:07 PMla questione della "calzabilità" è essenziale alla nostra attività di categorizzazione ed utilizzo del mondo:
Sono d'accordo con te, la realtà cammina da sola senza bisogno di scarpe, giacche non ha neanche i piedi, ma siamo noi a forzarla ad indossarle con le nostre categorizzazioni, e quando ci riusciamo affermiamo che la realtà è fatta di piedi. Poco male, perchè ciò che affermiamo possiamo negare, quando per riflesso condizionato iniziano a farci male i piedi, quando gli assoluti su cui fondiamo le nostre società iniziano iniziano  a crearci problemi.
Il problema è quando la realtà ci appare come fatta di piedi in modo evidente, non potendosi ciò negare.
Cioè io addito come problema ciò che da sempre ricerchiamo come soluzione, l'assoluto, per cui quando l'assoluto mi appare, io mi chiedo dove stia il trucco.
Se invece l'assoluto se ne sta dietro le quinte, come ipotesi minimale necessaria,  per me va tutto bene.
Per me andrebbe bene anche Dio, se non fosse che, quella ipotesi è, ma tutt'altro che minimale, arrivando ad abbracciare l'intera teoria.
E' in ogni caso quell'irrazionale senza il quale nessuna razionalità è possibile.
Condivido ancora in parte  il disagio di dover rinunciare a rassicuranti assoluti, che però mi appaiono sempre più come fantasmi, sebbene non paurosi, ma anzi portatori di meraviglia, avendo appunto trasformato in meraviglia l'abitudine di vedermi apparire la realtà nella sua evidenza, come se tutto ciò fosse banale.
La meraviglia di cosa è stata capace di produrre l'evoluzione, un illusione di realtà che è ancora per me fonte di poesia, e che è da lodare, come lodo le mie comode scarpe, e non rinnegare in nome della verità, quando pur ho constatato alla fine che di un illusione si tratti. Da lodare, perchè quell'illusione è il mondo in cui viviamo, che possiamo cambiare, ma non in quanto illusione.
Oggi camminiamo in scarpe più comode, ma il cammino ovunque porti, è sempre quello.
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Alexander

Quando camminiamo troppo i piedi tendono a gonfiarsi, però. Così le scarpe diventano troppo strette e fanno male. Sostituiamo ai piedi il nostro ego ipertrofico moderno e otteniamo una metafora perfetta del nostro rapporto attuale con la "realtà". Così, come stiamo vedendo, bisogna fermarsi, o almeno rallentare, recuperando vecchie illusioni o ricreandole con forme diverse, ma infine della stessa sostanza. Questo per far sgonfiare i piedi, così che ritorni piacevole il camminare. 

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il 03 Maggio 2025, 12:12:07 PMHo l'impressione che in realtà l'uomo non abbia filtri nel guardare la realtà, ma sia esso stesso un filtro; di conseguenza non può esserci un visione senza filtri da parte di ciò che è strutturalmente un filtro (se invece fosse altro, si potrebbe ipotizzare di rimuovere i filtri).

Sicuramente. L'uomo usa i suoi 5 sensi. Poi usa un cervello che ordina ciò che entra attraverso i sensi, poi ha l'intelletto, che qui corrisponde a quella forma di attitudine all'astrazione. 
Tutto condito dalla consapevolezza, sia di avere dei sensi, sia di avere un cervello sia di poter utilizzare il suo intelletto. 

In questa scatola si vengono a creare forme, come le scarpe che dovrebbero contenere i piedi, emergenti rispetto alla realtà.
Ora, io non ci penso proprio a sminuire queste realtà emergenti, senza le quali non avremmo potuto far nulla o quasi rispetto a quello che fanno gli altri animali. Ad esempio non ci saremmo mai spostati dal pianeta Terra, non avremmo osservato il cosmo, e probabilmente ci saremmo anche estinti rapidamente.

Questo "nuovo mondo" che ci siamo creati nella nostra testa è reale o no? 
Facciamo presto oggi a dire: prendo l'automobile e vado a fare un giro in centro città.
Cos'è una città?

E' possibile descrivere un'automobile in modo da stabilire di cosa è composto, e sappiamo anche la sua funzione. Forse è una scarpa che stiamo mettendo attorno a delle particelle per farle muove su quattro ruote. Ci sta, la realtà sottostante riesco anche a vederla.
Ma in che modo è possibile descrivere una città rimanendo all'interno della sua intrinseca funzione/realtà fisica? 
La città sembra proprio un'astrazione, è esattamente una di quelle realtà emergenti la cui descrizione fisica non aiuta a comprenderla. E' una cosa che sta in una dimensione diversa (non dimensione fisica ben inteso), sta solo nella nostra testa. Eppure è una cosa, è fatta di oggetti che richiamano a cose reali (basta pensare ai mattoni con cui sono costruiti i palazzi), ma nel suo insieme diventa una realtà emergente. 

Tempo fa sostenevo che questa peculiarità è dovuta alla coscienza. Attraverso di essa noi viviamo in una realtà fatta di cose astratte. Ovvero di cose che se descritte fisicamente non producono distinzioni qualitative. La qualità ce la mettiamo noi. 


Phil

Citazione di: Il_Dubbio il 04 Maggio 2025, 19:02:42 PMQuesto "nuovo mondo" che ci siamo creati nella nostra testa è reale o no?
Facciamo presto oggi a dire: prendo l'automobile e vado a fare un giro in centro città.
Cos'è una città?
Se la realtà è parente dell'esitenza (e direi che lo è), allora così come ci sono differenti piani di esistenza, ci sono differenti piani di realtà o, volendo sintetizzare, differenti realtà.
Il concetto di triangolo esiste ed è reale (concetto astratto di forma), ma non sullo stesso piano di esistenza-realtà di un sasso (oggetto percepibile), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto al popolo italiano (astrazione fisicamente delimitata ma temporalmente differenziata), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Superman (identità astratta fisicamente riproducibile a piacere), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a un atomo di azoto (elemento fisico non percepibile isolatamente, ma esistente), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Giulio Cesare (soggetto non più fisicamente presente, ma che lo è stato in passato), e così via... molte di questi piani di realtà sono soprattutto "intracranici", ma d'altronde non è davvero pensabile una realtà che non lo sia almeno in minima parte (altrimenti, appunto, non potrebbe essere nemmeno pensata né essere un "fenomeno emergente di coscienza").

iano

#37
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Maggio 2025, 19:02:42 PMQuesto "nuovo mondo" che ci siamo creati nella nostra testa è reale o no?
Facciamo presto oggi a dire: prendo l'automobile e vado a fare un giro in centro città.
Cos'è una città?

E' possibile descrivere un'automobile in modo da stabilire di cosa è composto, e sappiamo anche la sua funzione.
Tu chiedi se il nuovo mondo è reale sottintendendo che il vecchio lo sia.
Ma forse è più agevole rispondere a una domanda più generale, che la tua comprende come caso particolare, se vecchio e nuovo mondo siano fatti della stessa sostanza, di modo che  se uno è reale allora anche l'altro lo sarà, e viceversa, e più in generale che se uno è Giovanni anche l'altro lo sarà.

La ricetta che suggerisco per dimostrare questa uguaglianza, cioè per dimostrare che due cose, una difficile e l'altra semplice, siano fatte della stessa sostanza, è che se non si riesce a comprendere quella complicata, si provi a disimparare quella semplice.
Giustifico ciò partendo dall'assunto che nulla è gratis a questo mondo, e che semplice è solo quella complicazione che semplice è diventata per abitudine.
In particolare proviamo ad uscire da quella magia di una realtà che ti appare con la sola fatica di aprire gli occhi, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Quella non può essere la realtà, ma un suo calzante succedaneo, e se parimenti il nuovo mondo ci appare irreale, allora avremo dimostrato che nuovo e vecchio mondo sono fatti della stessa sostanza.
Questo non significa che dobbiamo togliere fiducia al vecchio modo, ma che possiamo dare la stessa fiducia  al nuovo.
 
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Citazione di: Alexander il 04 Maggio 2025, 18:59:55 PMQuando camminiamo troppo i piedi tendono a gonfiarsi, però. Così le scarpe diventano troppo strette e fanno male. Sostituiamo ai piedi il nostro ego ipertrofico moderno e otteniamo una metafora perfetta del nostro rapporto attuale con la "realtà". Così, come stiamo vedendo, bisogna fermarsi, o almeno rallentare, recuperando vecchie illusioni o ricreandole con forme diverse, ma infine della stessa sostanza. Questo per far sgonfiare i piedi, così che ritorni piacevole il camminare.
ciao Alexander. Questo intervento ha messo in moto alcune connessioni. Premesso che il tema è ciclopico, lo vorrei affrontare proprio a partire dai "piedi gonfi". "Piedi gonfi" era uno degli epiteti di Edipo, che da bambino fu incatenato alla caviglia per essere ucciso/esposto sul monte Citerone, poichè il padre Laio, sapeva che suo figlio, cioè Edipo, lo avrebbe ucciso. Edipo ha i piedi gonfi ed ha lo stesso "ego ipertrofico" dei nostri contemporanei, al punto che vuole conoscere "la realtà" anche se ne viene sconsigliato da tutti. E nonostante i piedi gonfi, e nonostante la sua autoprocurata cecità, causata proprio dalla ricerca della realtà, continuerà a girare per la Grecia, affamato di realtà. La storia dell'Occidente e ormai la storia del mondo, inizia da quella originaria fame di realtà e di verità che deve "scoprire", "demistificare", "osservare", "scomporre", "catalogare". Senza quella fame originaria, la nostra storia come specie, sarebbe alquanto diversa e molto più faticosa per la maggioranza di noi. Quindi non possiamo che essere grati ad Edipo. Il problema è oggi che quel livello di realtà è diventato unico, facendoci perdere la necessaria condizione di osservare la realtà anche con altre lenti, quelle propriamente dell'abbandono del proprio "ego" a favore di un recupero di ciò che non può essere "s-viscerato", "a-fferrato", "s-piegato" "con-preso". Mi ha molto colpito una frase che papa Francesco ripeteva nelle sue visite al carcere di Rebibbia, rivolgendosi ai detenuti: "perchè voi e non io?". Una frase che riassume la tensione verso una realtà inspiegabile, e sostanzialmente anti-edipica, sanabile forse solo attraverso la necessità di ritrovare un senso del "noi", che superi una realtà che misura e cataloga, e cosi facendo ci allontana gli uni dagli altri.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#39
Citazione di: Phil il 04 Maggio 2025, 22:58:02 PMSe la realtà è parente dell'esitenza (e direi che lo è), allora così come ci sono differenti piani di esistenza, ci sono differenti piani di realtà o, volendo sintetizzare, differenti realtà.
Il concetto di triangolo esiste ed è reale (concetto astratto di forma), ma non sullo stesso piano di esistenza-realtà di un sasso (oggetto percepibile), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto al popolo italiano (astrazione fisicamente delimitata ma temporalmente differenziata), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Superman (identità astratta fisicamente riproducibile a piacere), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a un atomo di azoto (elemento fisico non percepibile isolatamente, ma esistente), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Giulio Cesare (soggetto non più fisicamente presente, ma che lo è stato in passato), e così via... molte di questi piani di realtà sono soprattutto "intracranici", ma d'altronde non è davvero pensabile una realtà che non lo sia almeno in minima parte (altrimenti, appunto, non potrebbe essere nemmeno pensata né essere un "fenomeno emergente di coscienza").

Ma questi diversi piani di esistenza non possiamo intenderli come le diversi fasi di un processo di emergenza?
Se possiamo cosi intenderli però dobbiamo riservare l'esistenza, intesa come ciò che possiede ciò che è, alla realtà da cui l'emergenza sorge quando la sollecitiamo.
Fatto ciò potremo valutare una teoria fisica per ciò che vale, cioè per quanto risulti calzante, e non per quanto ci sembri più o meno strana secondo il nostro soggettivo concetto di realtà, che resta soggettivo anche quando lo condividiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Alberto Knox

Citazione di: iano il 04 Maggio 2025, 23:22:58 PMVolendo ridurre i due mondi alla stessa sostanza, possiamo scegliere se dare realtà a ciò che è astratto, o dare astrattezza a ciò che è reale, e la seconda opzione mi sembra la più praticabile.
Astratto però non nel senso che facciamo un prelievo dalla realtà, ma nel senso che è un prodotto della nostra interazione con la realtà.
Considerando che la realtà se la cavava bene anche quando l'essere umano non esisteva ancora , ne segue che queste astrazioni concettuali che provengono dalle nostre elaborazioni mentali , sono tutte impalcature. Servono a noi per comprendere cosa ci circonda e come muoverci , relazionarsi con la realtà significa anche lasciarci la pelle se non si sa a cosa stiamo andando incontro nel nostro interagire. Credo che nessuno di noi abbia voglia di interagire fisicamente con un fulmine solo per poter testare la sua realtà. Quindi è vero che in qualche modo strutturiamo il mondo con i nostri concetti ma non dimentichiamoci che non occorre nessun concetto conoscitivo riguardo a un fulmine per venirne folgorati. Lo dico perchè dal momento che noi assumiamo che gli schemi concettuali hanno un valore costitutivo nei confronti di qualsiasi genere di esperienza allora, con un passo ulteriore, potremmo asserire che hanno un valore costitutivo nei confronti con la realtà . il che non è solo falso in sè ma da avvio ad un processo che conduce ad un costruzionismo assoluto.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#41
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 00:05:55 AMma non dimentichiamoci che non occorre nessun concetto conoscitivo riguardo a un fulmine per venirne folgorati.
No, infatti il concetto conoscitivo riguardo ai fulmini serve per costruire parafulmini, riducendone per quanto possibile l'impatto negativo.
Però capisco cosa vuoi dire.
Vuoi dire, attenzione, il fulmine è reale, e se ignoriamo la sua realtà, questo potrebbe costarci la vita.
Perchè se iniziamo a dire che il fulmine è una nostra costruzione mentale, allora rischiamo di ignorarlo con conseguenze gravi.
Si, è vero, a meno che non si voglia accordare alle nostre costruzioni mentali la stessa fiducia  che finora abbiamo accordato a ciò che fino a un certo punto abbiamo detto realtà in modo esclusivo.
Ora, uscendo dagli esempi catastrofici tesi ad impressionare l'uditorio, come fulmini che ci incenerisco, e burroni dentro i quali cadiamo ignorandoli in quanto intesi come non reali,  consideriamo  invece il danno di ignorare cose cui non riusciamo ad attribuire la stessa realtà di un burrone, come un onda particella, che di certo non può essere reale nel senso che fino a un certo punto abbiamo inteso.
Quindi, considerando che l'importanza di un onda particella non si può ignorare non meno che si possa ignorare un burrone, senza subirne le conseguenze, delle due una, o sono entrambi reali, o entrambi non lo sono.
Però ci si può anche ''limitare'' ad accontentarsi di non cadere nei burroni e continuare a vivere felici.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Alberto Knox

Mi spiace che ti sei impressionato. Quindi ti faccio un esempio che non urti la tua delicata sensibilità.  Quale concetto o idea è necessaria per scivolare su una lastra di ghiaccio?  
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

daniele22

@iano
C'entra per il fatto che quei problematici fenomeni che ho evidenziato sono prodotti da persone che possiedono una loro visione della realtà. Senz'altro non scrivono sul nostro forum ... anzi, sarei curioso di vedere come se la caverebbero
@Il_Dubbio
La contraddizione, tutta mia, sta nel pensare una cosa (è tutto tempo perso) e fare il contrario (continuare a perdere tempo). Magari non sarà un comportamento irrazionale quando ci si appelli a una speranza, ma per ogni speranza si pone un limite oltre il quale si è irrazionali. Rendendomi conto di questo mio atteggiamento sarei anche facilitato a comprendere che i miei compagni di viaggio in questo mondo siano in fondo come me. Può essere che io mi sbagli, ma se per caso avessi ragione, ¿pensi che sarebbe facile, come dici, superare la tesi secondo la quale è impossibile guardare (seppur attraverso dei filtri) la realtà cosi com'è? Io sarei dell'idea che sarebbe possibile quando ci si renda conto della giustezza della mia tesi. Per arrivare a ciò dovremmo fare i conti con quello che tu chiami il fondamento delle emergenze che dal mio punto di vista non sarebbe tanto la coscienza, bensì la coscienza di possedere una coscienza

daniele22

Il tema è ciclopico, come ha detto Jacopus, perché fate più o meno tutti lo stesso errore di fondo che è quello di fare una separazione tra reale e concettuale. Tale separazione può essere efficace in determinati contesti, ma sarebbe fuorviante quando si parla di cosa sia la realtà.
Si tenga conto che ogni sostantivo della nostra lingua è una categoria sulla quale si producono altre categorie 

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