La realtà non è come ci appare.

Aperto da iano, 03 Febbraio 2018, 23:55:56 PM

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sgiombo

#255
Mannaggia!

La bellissima canzone del Blasco che volevo citare é questa:


https://www.youtube.com/watch?v=skJ7nng6eUI



Minchia! (licenza poetica), che erroracci di ortografria che ha commesso chi ha scritto il testo ! ! !

Saranno voluti  _ mah...

Illuminismo Bastardo

Mi unisco con gratitudine al tema aperto da iano, perché è proprio dalla frizione tra ciò che appare e ciò che resta che ho cominciato a interrogarmi in modo più radicale. Anch'io, da non addetto ai lavori, ho cercato di afferrare i margini della realtà lasciata fuori campo dalle nostre categorie abituali – tempo, spazio, causalità lineare – e mi rendo conto di quanto sia difficile anche solo pensare senza appoggiarsi a quelle griglie.
Ciò che trovo più affascinante, in linea con quanto emerge dai lavori di Rovelli, è l'idea che la realtà non sia unicaoggettiva in senso tradizionale, ma che esista solo come relazione o interazione, e che l'osservatore – lungi dall'essere un accessorio – modifichi profondamente il campo che tenta di comprendere.
Da qui nasce per me la necessità (più che il desiderio) di costruire mappe più mobili, in cui la coscienza non sia ridotta a epifenomeno, ma assunta come uno dei possibili "nodi" di collasso del reale. Non parlo in termini religiosi o mistici, ma come tentativo di modellizzare – anche solo intuitivamente – le dinamiche con cui il potenziale si rende atto, e come questo dipenda da variabili anche soggettive.
Mi domando spesso se la scienza, pur nel rigore necessario, possa concedersi uno spazio per accogliere ciò che ancora non sa misurare. Più che una tesi, è una domanda che porto avanti e che mi piacerebbe esplorare anche grazie al confronto con chi ha maturato visioni affini o alternative.
Un saluto a tutti e grazie per questo spazio di riflessione.

iano

#257
Citazione di: Illuminismo Bastardo il 11 Maggio 2025, 01:25:04 AMMi unisco con gratitudine al tema aperto da iano, perché è proprio dalla frizione tra ciò che appare e ciò che resta che ho cominciato a interrogarmi in modo più radicale. Anch'io, da non addetto ai lavori, ho cercato di afferrare i margini della realtà lasciata fuori campo dalle nostre categorie abituali – tempo, spazio, causalità lineare – e mi rendo conto di quanto sia difficile anche solo pensare senza appoggiarsi a quelle griglie.
Ciò che trovo più affascinante, in linea con quanto emerge dai lavori di Rovelli, è l'idea che la realtà non sia unicaoggettiva in senso tradizionale, ma che esista solo come relazione o interazione, e che l'osservatore – lungi dall'essere un accessorio – modifichi profondamente il campo che tenta di comprendere.
Da qui nasce per me la necessità (più che il desiderio) di costruire mappe più mobili, in cui la coscienza non sia ridotta a epifenomeno, ma assunta come uno dei possibili "nodi" di collasso del reale. Non parlo in termini religiosi o mistici, ma come tentativo di modellizzare – anche solo intuitivamente – le dinamiche con cui il potenziale si rende atto, e come questo dipenda da variabili anche soggettive.
Mi domando spesso se la scienza, pur nel rigore necessario, possa concedersi uno spazio per accogliere ciò che ancora non sa misurare. Più che una tesi, è una domanda che porto avanti e che mi piacerebbe esplorare anche grazie al confronto con chi ha maturato visioni affini o alternative.
Un saluto a tutti e grazie per questo spazio di riflessione.
A rileggere queste vecchie discussioni provo un senso di estraniamento, perchè non mi riconosco quasi mai in quello che ho scritto, come se un altro lo avesse scritto, e un po di tristezza per i tanti forumisti che ci hanno abbandonato.
Tu chiedi se troviamo risonanza nei tuoi scritti.
Vi trovo risonanza con la promettente confusione che avevo in testa tanti anni fa, e  ciò mi fa pensare a te come un giovane.
Ora mi pare di aver fissato meglio le mie idee, tanto che ho la sgradevole  sensazione di ripetermi.
A proposito di questa vecchia e verbosa discussione, quello che mi sento di dire oggi sinteticamente è che, la realtà non è come ci appare, perchè l'apparenza di realtà è un prodotto della nostra interazione con la realtà, e questa apparenza dice tanto della realtà quanto di noi in modo inscindibile., perchè essendo il prodotto di una interazione è una funzione degli interagenti.
Ma ancora prima di essere un mistero di fatto insondabile la sostanza della realtà, ( una delle due  variabili della funzione ), ciò che rimane inconoscibile a un livello superiore, perchè inconoscibile per principio, è la restante variabile, noi , perchè l'osservatore non può interagire con se stesso.
Quel noi quindi non può che essere parte dell'apparenza di realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

La semplicità è diversamente complicata.

iano

Noi ci adattiamo alla realtà evolvendoci, e un modo speculare di dirlo è che la realtà si adatta a noi mutando la sua apparenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

La semplicità è diversamente complicata.

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