O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?

Aperto da PhyroSphera, 17 Giugno 2025, 01:56:05 AM

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PhyroSphera

In Timore e tremore (1843) il filosofo e teologo danese S. Kierkegaard, scrivendo con lo pseudonimo di Johannes de Silentio, poneva in crisi l'uso totalitario della dialettica hegeliana basata sul superamento-conciliazione di due elementi con un terzo. La vita di fede infatti non ne è contenuta perché è inoltrata da una alternativa radicale. Questa è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro), corrispondente a quella latina aut aut e titolo di omonima opera dello stesso Autore.
Timore e tremore sono dell'individuo in rapporto assoluto con l'Assoluto, dell'uomo rimasto fatalmente privo di proprie risorse che deve fare il salto nel buio tramite la fede, verso la Grazia, incomprensibile anche alla ragione, di Dio.
In termini pragmatici: bisogna per continuare a vivere disporsi interiormente interrompendo il percorso logico della propria esistenza e trasgredendo i dettami della ragione, cioè dopo essersi abbandonati al mistero più grande della realtà, solo poi potendo costruire una razionalità sufficiente e assumendo una logica veramente superiore.
Nonostante appaia in primo piano la figura scandalosa di un uomo che a causa del proprio credere inizia e non termina un omicidio contro il suo figlio, in nome di un sacrificio voluto dallo stesso Dio che quella prole aveva benedetto, il discorso svela che non un solo esempio esiste di virtù della fede, non un solo Abramo! Suo protagonista però è il padre della nota tradizione biblica, tutt'altro che virtuoso e propenso a intendere il sacrificio per atto cruento, ciononostante fermato dal Dio in cui crede. Virtù del dono della fede, non del ricevente - ma pur sempre merito di chi essa accoglie!
Non che l'Autore voglia opporre questo esempio criminologico alle altezze delle riflessioni hegeliane sullo Spirito Assoluto... semmai egli vuol far notare che queste sono dimentiche dei problemi più gravi della vita. Se società, politica, civiltà, cultura sono catalizzate dalla poderosa dialettica di Hegel, non c'è più spazio per evitare il prevalere del crimine!
Non mancò a Kierkegaard neppure una polemica, per così dire di ritorno: in che senso l'ottimismo, il male come semplice privazione, la passione per un destino se non si riesce a capire tutto il potenziale distruttivo di evenienze già in atto? Il riferimento è alla Danimarca e al mondo ma anche e prima alla Germania e all'Europa.
Filosoficamente e storicamente c'è una grande sorpresa: riappare il fantasma buono di Eraclito, quello che pensava tutto in lotta, lo stesso Dio o Assoluto e tutto l'universo, secondo il Principio del Fuoco, energia divina e mondana che mantiene tutto in sorta di separazione. Dio combattuto in sé stesso come il peccatore, il mondo in una opposizione continua... Certo questa visione non è tollerabile se ci si innamora della criminologia sino a farne la chiave di volta della storia e delle storie, anche personali.


Confidenza con questo filosofico fantasma se ne vede poca tra i cristiani; tutt'altro, c'è una distanza abissale perlopiù.
Io provavo con un sistema non nuovo, ma svolto con precisione e serenità che mi pare nuova, a descrivere qualcuna delle opposizioni ultime contenute nella Bibbia:

perdonare fino a settanta volte sette, cioè indefinitamente fino ad assoluzione completa / i peccati contro lo Spirito non
saranno perdonati, cioè non ci sarà soluzione ma oltrepassamento;

donare ai poveri, ai bisognosi veri / togliere a chi meno ha, a chi genera rovina con le cose che ha;

amare il prossimo, non tutti, ma chi fa parte del nostro evento / l'abbandono alle liti familiari più divisive, quando non rimane nient'altro da fare le contrarietà avvicinano a Dio.

Tutto ciò è del Vangelo di Cristo, ma anche di più:

pace senza limitazioni / non senza la spada,

ovvero, opposizioni fondamentali dove i due elementi non sono parti di una totalità ma compresenza di una unità!

E' terrificante per molti indottrinati, ingenui o supponenti, imbattersi in un modulo filosofico che sta assieme al verbo biblico senza contraddirne; così i teologi neoplatonici cristiani antichi sono in molti ambienti circondati da cattiva fama; e che dire se questo accade con Eraclito, come voleva far succedere Kierkegaard per evitare che la mancanza di virtù divenisse un idolo? Questo senso è affidato dallo Scrittore al silenzio, un silenzio latino ma sovrastato dal nome greco del filosofo che pensava la realtà come un totale scorrere... anche perfettamente uguale a sé stesso, di Dio, come la cristiana metafora di Dante del cerchio perfetto ma dinamico di acqua.
Il tono dell'opera Timore e tremore è ironico e dimesso; la supponente e distratta concezione mondana dell'hegelismo riceve smentita da un esempio in un certo senso intellettualmente vile, secondo bassezza criminologica (non criminale, si badi), ma i due casi assieme non fanno bella impressione. Questa rimane dello pseudonimo. Indubitabile per l'occasione il fascino del silenzio, mentre io sarei propenso a vedere nel nome di Giovanni un riferimento all'Inno al Verbo e un'indicazione al Logos, nell'Apocalisse (sempre di un autore Giovanni) alpha e omega, primo e ultimo.

Filosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere? Paolo di Tarso ai Romani diede il profilo criminologico, ma nella epistola agli Efesini la fede in Cristo è sotto il segno dell'ira, un'ira che non deve tramontare mai, ad immagine di quella di Dio, e che deposta resta ugualmente sullo sfondo, ancora più grande perché immobilizzante, impossibile a realizzarsi in gesti di troppo, in ogni caso incapace a tradursi in confusioni vita-morte, sacro-violenza, presenza-perdita.
Le tragedie greche erano della perdita dell'identità, storicamente degli ex o dei mancati; tanto che Eraclito l'oscuro si rivolgeva ai suoi concittadini anzi paesani ponendo ad essi il loro nome comune per specchio.



MAURO PASTORE

PhyroSphera

Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMQuesta è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)
In questo passo è da preferirsi questa scrittura:
 Espressione in sé sufficiente è il danese enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)


MAURO PASTORE

PhyroSphera

Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMFilosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere?
Scrivendo ieri notte: "senza il morto da uccidere" ero sarcastico più che attento al resto del testo. Perciò si sostituisca pure con: 'senza qualcuno da uccidere', anche se è vero che i primi "sacrifici umani" accadevano coi resti di persone morte.


MAURO PASTORE

Alberto Knox

Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMIn termini pragmatici: bisogna per continuare a vivere disporsi interiormente interrompendo il percorso logico della propria esistenza e trasgredendo i dettami della ragione, cioè dopo essersi abbandonati al mistero più grande della realtà, solo poi potendo costruire una razionalità sufficiente e assumendo una logica veramente superiore.
Riconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero , in che senso lo pone il mistero? nel senso che gli elementi che la ragione fornisce all elaborazione della costruzione intellettuale non possono essere sintetizzati in una visione complessiva, armonica, in un sistema. non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che Dio c'è"  come ad esempio ritiene il concilio vaticano primo , essi sostengono che la ragione, se debitamente esercitata, giunge inequivocabilmente all esistenza di Dio. Personalmente non lo ritengo e non penso che la ragione possa arrivare a dimostrare l'esistenza di Dio. Laddove dimostrare l'esistenza di Dio significa esattamente chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere l'alfa e l omega, perchè è questo che è in gioco nel cocetto di Dio.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

PhyroSphera

Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PMRiconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero , in che senso lo pone il mistero? nel senso che gli elementi che la ragione fornisce all elaborazione della costruzione intellettuale non possono essere sintetizzati in una visione complessiva, armonica, in un sistema. non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che Dio c'è"  come ad esempio ritiene il concilio vaticano primo , essi sostengono che la ragione, se debitamente esercitata, giunge inequivocabilmente all esistenza di Dio. Personalmente non lo ritengo e non penso che la ragione possa arrivare a dimostrare l'esistenza di Dio. Laddove dimostrare l'esistenza di Dio significa esattamente chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere l'alfa e l omega, perchè è questo che è in gioco nel cocetto di Dio.

Dato che non entri nel merito dello scopo di questa discussione da me aperta, lasci un parere definibile di margine, che offre un prospetto parallelo con una sua sensatezza. La ragione davvero ci presenta innanzi un mistero e se pensiamo Dio, quale identità misteriosa, non semplicemente Causa Prima o Motore Immobile o quant'altro, la ragione non arriva a confermare. Ma io non mi riferivo a questo percorso, definibile pur esso metafisico, bensì a una presa d'atto, alla condizione di aver ricevuto qualcosa cui porre attenzione, accogliere, valutare.
Il tuo percorso metafisico va dalle tre dimensioni ordinarie a quella successiva, definita dalla scienza matematica ma per la scienza fisica solo una non studiabilità oltre i confini dello spaziotempo e l'interdisciplinarità non costruisce un terzo elemento risolutivo. Allora il raziocinio si trova senza mezzi per continuare ad essere esercitato, in specie se la sua ragione è quella della esperienza. A questo livello la Critica di Kant ha giustamente negato ogni dimostrabilità razionale di un Assoluto, in particolare di una Causa Prima. D'altronde ad altro livello, sovraempirico, non limitato al piano dei fenomeni ma del noumeno, la ragione si applica a comprendere origine e destino del mondo, in quanto contenuto del pensiero che valuta in aggiunta quindi in indipendenza da quanto i sensi indicano ed orientano. Lo stesso Kant dunque non aveva nulla in contrario che si usasse la filosofia di Platone e il resto per dimostrare non empiricamente una Causa Prima, un Motore immobile... Ed è pur sempre il percorso che dal finito raggiunge intellettualmente l'infinito, con un pensare a, finale.

Io invece indicavo la condizione di riceventi, i quali cioè si trovano a dover gestire anche intellettualmente una previa presenza o proprio un precedente darsi del Mistero. Quindi la ragione a fronte di ciò non sa e non deve continuare in una linea ininterrotta. L'esperienza della psicoterapia e delle scienze che ne hanno valutato indica proprio che esiste anche una perdita positiva del filo logico che guida la nostra mente. Il punto è non fare di questo vuoto emotivo un assoluto per spiegare tutto. L'umanità vive anche per raggiungere il proprio obiettivo razionale; in tal senso il vuoto logico diventa non-vita se assunto quale fine. Esso infatti potenzia la ragione.
Ma nell'esempio della fede cristiana l'oggetto non è la natura che ho testé descritto bensì un accadimento sopra di essa, in cui la nostra decisione deve accadere in non conformità con le manifestazioni-costruzioni della ragione. Quindi non c'è, nella concretezza della esistenza, un raziocinio che riesca a ribadire: a volte bisogna obbedire solo ai sentimenti; difatti si crea un contrasto tra emotività e intellettualità. Razionalmente, filosoficamente con la Critica del Giudizio di Kant, si sa che si può ragionare e riconoscere il valore indipendente delle scelte basate sul sentimento, allora in ciò nessun dissidio; ma esistenzialmente, nell'evento per continuare a vivere mentre l'umanità non ne ha risorse bastanti, l'istanza razionale presenta una soluzione che l'istanza emotiva nega e il voler vivere spinge verso emozioni e sentimento in divergenza rispetto alla razionalità, al cospetto di una Alterità non decifrabile con la mente. Mi si comprenda: se il calcolo razionale che interviene in un estremo dramma amoroso ha per risultato: 'prova a dirle, con certe parole, comunicazioni diverse, che la ami', ebbene le emozioni attestano che non potrebbe bastare. Allora un uomo sentendo di dover garantire la prosecuzione della vita umana proprio in stesso frangente e non potendo usare il suo strumento principale, il raziocinio, deve decidere di abbandonarsi alla unica possibilità restante, perché sente anche se non lo percepisce la presenza di un Mistero che non è una ennesima porta chiusa. Trovandosi così in una differente intuizione della realtà anche recondita, riesce a capire come fare per comunicare a lei quanto assolutamente vuole ed anche a vivere con le proprie superiori facoltà, razionali, il nuovo rapporto.
Ho fatto esempio conforme alla filosofia di Kierkegaard, ma non c'è solo il rapporto amoroso fra uomo e donna che viene garantito dal salto nel buio. Tuttavia solo questo salto, non la costruzione postuma (e inutile) di un ponte, la ragione, esercitata a ritroso, riprende e stima, potendo così valutare la nuova condizione; e pertanto l'evento soprannaturale continua garantendo la vita anche con l'esercizio razionale e quest'ultimo non colma il vuoto logico passato, ne comprende la funzione.


MAURO PASTORE

PhyroSphera

Ho completato l'espressioni del testo della mia risposta, che intendevo dare brevemente, invece poi finendo col dilungarmi. E' una replica, la mia, istruttiva, con valore sociale di diplomazia... una rarità, anche culturale, che meritava spazio e impegno.

MAURO PASTORE

iano

Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PMRiconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero ,

Anche per me è l'unica parte che ho compreso, per miei limiti certamente, ma anche per i limiti di chi scrive.
Direi che la ragione parte dal mistero, sostanziandolo in una ipotesi. Quindi in un percorso a ritroso la ragione torna all'ipotesi e quindi al mistero da cui la si è tratta.
Credo anch'io che  la soluzione stia al di la dello spazio e del tempo, dei quali abbiamo percezione, perchè sta al di la della nostra percezione.
Sta al di la di ciò che sappiamo cosa sia, perchè lo percepiamo, ma non sappiamo dire.
La nostra ragione non può partire dalla nostra percezione se prima non la riduciamo ad ipotesi, che però inevitabilmente quella percezione tradirà.
In seconda approssimazione, la soluzione sta nel capire che una soluzione non c'è, se non riusciamo a immaginarla che faccia lo stesso effetto di una percezione, che per quanto si possa immaginare superiore, sempre  una percezione sarà, quindi qualcosa di strettamente legato all'uomo.
Infine, capire perchè questa soluzione non c'è, vale quanto, se non di più, che trovarla, perchè equivale a farsi padri del metodo scientifico, e più in generale aumentare il tasso di coscienza col quale agiamo.

Chissà poi qual era il vero argomento della discussione, e questo è il vero mistero, che l'autore riesce a non farsi capire già a partire dal titolo.
Come si fa infatti a porre l'umiltà in alternativa all'ira, se non per l'intento di voler impressionare l'uditorio?
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

iano

La soluzione che può darci la ragione sta al di la dello spazio e tempo, perchè non è la ragione che li ha prodotti, e non perchè spazio e tempo hanno una esistenza in se.
Che la soluzione stia al di la di ciò che percepiamo ne abbiamo già fatto esperienza, avendo già dimostratoo che sta al di la del sopra e del sotto, gia oggetto della nostra percezione, dimostradone la non esistenza, senza perciò che di essi sia venuta meno la nostra percezione.
Il sopra e il sotto è la versione percettiva della legge di gravità, perche questa forma assume il sopra e il sotto, quando ci poniamo fuori dalla terra, al di la della nostra quotidianità, restando nella quale continueremo a percepire un sopra e un sotto.
A quale legge per analogia corrisponderà la percezione dello spazio e del tempo?
Sempre per analogia dovremmo elevarci al di sopra dell'universo, dal quale però non possiamo uscire.
Ecco perchè, pur essendo la soluzione al di la dello spazio e del tempo, non la possiamo trovare, se di soluzione si può parlare.
Perchè la legge di gravità non risolve il mistero del sopra e del sotto, ma ne è una riformulazione.


Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 20:31:15 PMInfine, capire perchè questa soluzione non c'è, vale quanto, se non di più, che trovarla, perchè equivale a farsi padri del metodo scientifico, e più in generale aumentare il tasso di coscienza col quale agiamo.
Ah certo è verità oggettiva il principio di Archimede , ma se tu stessi annegando nell acqua non penseresti che la realtà in cui ti trovi coincide col teorema secondo cui  «ogni corpo immerso in un fluido in equilibrio subisce una forza diretta dal basso verso l'alto, passante per il centro di massa del volume di fluido  spostato e di intensità equiparabile alla forza-peso del fluido spostato» pensersti "qualcuno mi salvi!" Ecco qualcosa di esitenzialmente importante per te, una questione vitale. Analogamente non pensi alla legge di casualità o alle forme dell intuizione quando baci sulla bocca una donna. Quello che pensi e senti emotivamente è solo tuo ed è una verità esitenzialmente significativa per te , molto di piu che sapere che la somma degli angoli interni  di un triangolo (nella geometria euclidea) sia sempre 180 gradi. 
è a questo tipo di verità esistenziali che si rivolgeva kierkegaard , disse anche che la verità è soggettiva. Con questo intendeva dire che le verità davvero significative non possono che essere personali . Unicamente queste verità sono " una verità per me" . 
Ci si 
può porrà la domanda se esista o meno una soluzione all enigma della vita oppure porre la domanda se il Cristianesimo sia vero. 
Di fronte a tali questione è impossibile assumere un atteggiamento teorico o accademico. Per  chi comprende se stesso nell esistenza si tratta di vita o di morte. Dio , esattamente come per te è la tua vita , non è un soggetto che si può trattare per il semplice gusto del dibattito. è qualacosa a cui ci si deve avvicinare con la più grande passione. Per tali motivi , è raro che io parli di Dio. 

Per quanto riguarda la comprensione del topic aperto da Mauro Pastore , per comprenderlo devi prima aver compreso Kierkegaard . 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:17:15 PMè a questo tipo di verità esistenziali che si rivolgeva kierkegaard , disse anche che la verità è soggettiva. Con questo intendeva dire che le verità davvero significative non possono che essere personali . Unicamente queste verità sono " una verità per me" .
Ci si
può porrà la domanda se esista o meno una soluzione all enigma della vita oppure porre la domanda se il Cristianesimo sia vero.
Di fronte a tali questione è impossibile assumere un atteggiamento teorico o accademico. Per  chi comprende se stesso nell esistenza si tratta di vita o di morte. Dio , esattamente come per te è la tua vita , non è un soggetto che si può trattare per il semplice gusto del dibattito. è qualacosa a cui ci si deve avvicinare con la più grande passione. Per tali motivi , è raro che io parli di Dio.

Per quanto riguarda la comprensione del topic aperto da Mauro Pastore , per comprenderlo devi prima aver compreso Kierkegaard .
Già da quello che riporti mi pare di comprenderlo fin troppo bene, oltre ad averlo già letto il Kierke, elaborato, fatto mio, e dimenticato.
La verità non può che essere soggettiva, ma occorre aggiungere che può essere condivisa.
Condivisa non perchè può essere comunicata, ma perchè è possibile verificare le coincidenze di soggettività diverse.
Non è comunicabile perchè non esprimibile a parole, ed ecco perchè la ragione, produttrice di stringhe di segni , non la può trovare.
La verità non si può comunicare, ed anzi essa presiede a una possibile comunicazione, cioè condividerla è la condizione necessaria   perchè vi sia una comunicazione.
Io non devo spiegare a te cosa siano lo spazio e il tempo, perchè tu lo sai già per conto tuo, e possiamo indurre che le nostre percezioni soggettive coincidono dal fatto che potremo agire in modo coerente e coordinato basandoci su quelle percezioni.
Noi non comunichiamo perchè siamo uomini, cioè perchè possediamo forma simile, ma perchè la forma è specchio di ciò che contiene, evolvendosi forma e contenuto insieme.
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:26:01 PMGià da quello che riporti mi pare di comprenderlo fin troppo bene.
La verità non può che essere soggettiva, ma occorre aggiungere che può essere condivisa.
Condivisa non perchè può essere comunicata, ma perchè è possibile verificare le coincidenze di soggettività diverse.
Riprendiamo l'esempio sulla domanda se il Cristianesimo sia vero. In precedenza molti avevano cercato di dimostrare l'esistenza di Dio , o di comprenderlo con la ragione o di trovare possibili coicidenze soggettive . tuttavia se ci si accontenta di queste prove o comunque di argomenti razionali , si perde la stessa fede e con essa anche l'iteriorità religiosa . L'importante non è se il Cristianesimo sia vero , ma se lo sia per me . Lo stesso vale per le verità esistenziali come la fiducia che vi sia una soluzione all enigma della vita. Non è importante se vi sia o no, l'importante è se vi sia o no per te . Stessa cosa vale per la morale . Kierkegaard guarda sopratutto all animo umano. La cosa fondamentale non è scegliere fra giusto o sbagliato , bensì scegliere di confrontarsi a ciò che è giusto e sbagliato. 
Una definizione universalmente valida della natura dell essere umano sarebbe per kierkegaard del tutto priva di interesse. Ciò che conta per lui è l'esitenza del singolo . Avrai capito che è totalmente in antitesi con Hegel? Non siamo solo figli del nostro tempo ognuno di noi è una persona unica che vive solo una volta. Un punto di vista che non interessava molto a Hegel vero? 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:46:11 PMUna definizione universalmente valida della natura dell essere umano sarebbe per kierkegaard del tutto priva di interesse. Ciò che conta per lui è l'esitenza del singolo . Avrai capito che è totalmente in antitesi con Hegel? Non siamo solo figli del nostro tempo ognuno di noi è una persona unica che vive solo una volta. Un punto di vista che non interessava molto a Hegel vero?
Hegel non l'ho letto, quindi non saprei dirti se è in antitesi.
Posso dirti solo che il Kierke, più vicino alla mia sensibilità, lo comprendo bene.
Il problema è che, spero tu non la prendi come una critica personale,  una volta fatti tuoi certi autori, devi dimenticarli per andare oltre, sempre che tu non abbia l'impressione di peccare così di lesa maestà.
Fare di certi autori dei miti insuperabili, non aiuta a fare filosofia.
Parliamo di autori certamente notevoli, ma che alla fine non facevano altro che pensare con la loro testa, e una volta che questa lezione da loro abbiamo imparato, il più è fatto.
Concordo con quanto dici, o dice il Kirke, o con chiunque lo dica.
Non solo l'importante è ciò che noi crediamo, ma basilare è una cosa che diamo per scontata, la capacità di credere appunto... o almeno, così io credo. :)
Scriviamo con la mano, ma ciò che scriviamo vale poco, se la scrittura non ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:53:55 PMHegel non l'ho letto, quindi non saprei dirti se è in antitesi.
Posso dirti solo che il Kierke, più vicino alla mia sensibilità, l'ho comprendo bene.
Il problema è che, spero tu non la prendi come una critica personale, è che una volta fatti tuoi certi autori, devi dimenticarli per andare oltre, sempre che tu non abbia l'impressione di peccare di presunzione.
Fare di certi autori dei miti insuperabili, non aiuta a fare filosofia.
chi mi comprende , deve per così dire , gettare via la scala a pioli dope essere arrivati sopra. 
Wittgestein 

Anche il Buddha diceva che una volta intrapresa la strada verso la libertà dal dolore , anche passando tramite l ottuplice sentiero del Buddha , bisogna poi lasciare la zattera nel lago , e non portarsela in spalla.

Non mi porto Kierkegaard in spalla, cerco solo di comprenderlo e se trovo parole che mi lasciano il segno esse divengono come le costellazioni che vedi in cielo di notte per me. Esse sono lì 


Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:53:55 PMNon solo l'importante è ciò che noi crediamo, ma basilare è una cosa che diamo per scontata, la capacità di credere appunto... o almeno, così io credo. :)
Non solo diamo per scontato la capacità di credere ma anche quella di scegliere. Leggiti o ascoltati i tre stadi della vita esistenziale proposti da Kierkegaard (o del capitano Kierk come lo chiami tu) .  ;)
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Se a qualcuno interessa capire cosa cavolo significa aut- aut (o in Danese enten-eller) o questo o quello. indico qui un ottimo riassunto esplicativo

https://library.weschool.com/lezione/riassunto-kierkegaard-aut-aut-timore-e-tremore-6822.html


"Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c'è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all'altro. (o questo o quello) Fra queste modalità di vita s'impone, dunque, una scelta."
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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