Quanto è intelligente l'intelligenza artificiale (A.I.)?

Aperto da Aspirante Filosofo58, 15 Marzo 2023, 11:05:14 AM

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fabriba

Citazione di: Il_Dubbio il 16 Agosto 2025, 19:28:35 PMSe ti riferisci alla coscienza, allora la prima condizione, ancora oscura, è capire a cosa serva.
Quando hai scoperto a cosa serve, puoi aggiungerlo alle cose che può fare solo chi è cosciente. Qualora una macchina (come si presume) non sia cosciente, quella cosa lì che fa solo chi è cosciente, non la potrà fare.
Se lo scopri penso ti diano immediatamente il premio nobel  O:-)
 
Se ti riferivi a "questa condizione" (in effetti li potevo essere più chiaro) , io li mi riferivo alla condizione in cui ci troviamo di fronte alla non-intelleggibilità delle AI.

Phil

A conti fatti la perdita di "intelligibilità di massa" a favore dell'efficacia d'uso (anch'essa di massa) è il comun denominatore di tutti gli sviluppi tecnici, almeno negli ultimi secoli: ogni macchinario, ogni elettrodomestico, ogni hardware che viene usato da molti ha un funzionamento chiaro e intelligibile solo per pochi, se non pochissimi. Basta guardarsi intorno e chiedersi se, una volta rotto o scomposto qualcosa, sapremmo capire quello che vediamo, i pezzi interni, i meccanismi nascosti, cavi, condensatori, etc. In gran parte dei casi la risposta è no, anche se la domanda riguarda un oggetto che usiamo tutti i giorni e che crediamo di conoscere molto bene. Ad esempio, magari sappiamo guidare e anche manutentare bene un'auto, ma quale "intelligibilità" abbiamo del sistema frenante, del servosterzo o del computer di bordo?
Lo stesso vale per l'AI: il suo risultare black box non ci deve far dimenticare che viene inizialmente progettata usando software (semplifico molto) che, proprio come l'automobile, il programmatore deve saper usare, senza necessità di capire ogni singola riga di codice sottostante (anche in ambiti esponenzialmente più semplici dell'AI, ma restando comunque in ambito informatico: quando viene importata una libreria o un modulo, quanti programmatori sanno perché funziona proprio in quel modo, quanti saprebbero modificarne il codice e quanti invece li usano sapendo solo quel che fa e basta? Il "vibe coding" è in un certo senso ben più antico di quello che si pensi).
L'AI presenta comunque la novità di "rompere" non tanto l'intelligibilità, ma la prevedibilità deterministica che solitamente presentano le tecnologie: a differenza di un'auto o di una calcolatrice o di un software, nessuno può in concreto predire accuratamente come risponderà l'AI, come sarà l'immagine o il prodotto multimediale che creerà, etc. non perché non sia teoricamente possibile, ma perché richiederebbe la partecipazione di tutti coloro che hanno creato ogni singolo codice e software usato dall'AI nel suo addestramento e nel suo funzionamento e, soprattutto, un tempo tecnico di lavorazione e coordinamento umano fra addetti ai lavori che probabilmente eccederebbe la durata della vita stessa dei suddetti. Oltre ad essere in fondo un'impresa decisamente poco utile; sarebbe un po' come usare una calcolatrice per un calcolo molto complesso e poi chiamare a rapporto progettisti, matematici, programmatori e tecnici vari per capire come mai la calcolatrice ci ha fornito proprio quel risultato, in modo da avere piena (e sterile) intelligibilità di tutto ciò che accade in dettaglio nel percorso causale che lega la pressione dei tasti alla visualizzazione del risultato dello schermo.
Questa piena intelligibilità potrebbe far comodo per aggiustare un prodotto difettoso, ma con l'aumento della complessità strutturale e progettuale dei prodotti, ecco che a volte conviene comprarne uno nuovo perché raggiungere la piena intelligibilità del prodotto e poi aggiustarlo, costerebbe molto di più (diverso è il caso se si rompe una zappa o una sedia e, non senza ironia del destino, è parimenti diverso il caso in cui bisogna ottimizzare o "addomesticare" un'AI). Proprio come in fondo accade con l'"obsolescenza programmata" negli esseri umani: quando qualcuno muore "di vecchiaia", solitamente non ci si affanna troppo alla ricerca di piena intelligibilità della cause, almeno se non ci sono sospetti e responsabilità da appurare (v. autopsie e simili).
In questa complessità procedurale e strutturale che spesso "non vale la pena" indagare, sia l'AI che la vita umana condividono sicuramente una certa inintelligibilità (per asimmetria fra i tempi d'uso e i tempi necessari all'analisi).

Il_Dubbio

Citazione di: fabriba il 17 Agosto 2025, 22:15:19 PMSe ti riferivi a "questa condizione" (in effetti li potevo essere più chiaro) , io li mi riferivo alla condizione in cui ci troviamo di fronte alla non-intelleggibilità delle AI.


Aiutami a capire una cosa (te lo chiedo perchè hai detto che lavori proprio in questo campo): 
premetto che parto dal considerare ogni essere umano unico e non ripetibile, nato in modo naturale e poi vissuto seguendo una storia unica e irripetibile. Sia nel tempo che nello spazio, ogni essere umano è autoreferenziale. Ciò che fa o pensa lo fa interagendo prima di ogni cosa con se stesso. Anche quando quello che pensa non è il frutto della sua immaginazione (ha imparato una lingua che non conosceva perchè altri glielo hanno insegnato), quel pensiero in quella lingua lo vive in prima persona. Continuerà a vivere ed a sognare sempre in prima persona.

La AI strutturalmente parlando nasce invece per opera di un operatore che gli scrive un codice. Questo codice potrebbe replicarlo per n. volte. Inizialmente una AI può essere fatta in serie, tutte uguali unite da un codice iniziale unico.
C'è un operatore umano che ha scritto quel codice, per cui almeno il codice qualcuno lo conosce.
Poi la AI evolve, non so se l'operatore interviene per correggere quel codice durante la sua "esistenza" (l'esistenza dell'operatore) ed alla fine, o ad un certo punto, quella AI diventa una cosa diversa dal codice, tanto da non poter piu essere corretta ma solo distrutta. E' questo che intendi per non intelligibile? 

Io vorrei mettere il puntino sulla i (che gia c'è) non è nella quantità di dati elaborata nel minor numero di tempo che fa la differenza qualitativa con un essere umano, anche un bambino appena nato. 
Quel codice che ha scritto l'operatore e che lui eventualmente corregge durante la sua esistenza, quella è la cosa importante. Poi una AI può effettivamente riempire di infiniti file il suo disco rigido, ma i dati rimangono freddi rispetto al codice. E la cosa importante è che rispetto ad un essere umano, quel codice iniziale può essere uguale per tutte le AI mentre è diverso per tutti gli esseri umani. In quel codice è scritto che dopo un certo sviluppo sorge spontanea la consapevolezza. Senza arrivare a riempire la memoria di tutta l'informazione possibile ed immaginaria. Arriva molto presto, prima ancora di riuscire a leggere e scrivere un testo. 

iano

#78
Citazione di: Phil il 17 Agosto 2025, 23:39:11 PMA conti fatti la perdita di "intelligibilità di massa" a favore dell'efficacia d'uso (anch'essa di massa) è il comun denominatore di tutti gli sviluppi tecnici, almeno negli ultimi secoli:
Per tacere di quanto noi viventi siamo inintelligibili a noi stessi, almeno negli ultimi miliardi di anni.
Quindi qual'è la vera natura dell'allarme che lancia Fabriba, trovandosi in buona e numerosa compagnia?
Qualunque sia la natura del problema, siamo solo certi del problema, per il quale mi pare hai ben dimostrato non essere l'inintelligibilità la sua causa.

Credo noi si abbia la tendenza a controllare i nostri processi, tanto da arrivare ad identificare il processo col controllo che ne abbiamo, ma quando il processo si evolve il controllo diventa impossibile, perchè insostenibile.
A quel punto ci troviamo a dover decidere, se rinunciare all'intero processo, o non rinunciarvi, rinunciando solo suo controllo, personale, perchè poi come fai ben notare il controllo permane, almeno ancora in parte, ma spalmato su più individui.
Quello che si perde è il controllo personale del processo, controllo personale che io credo inoltre impropriamente associamo alla nostra personale comprensione.
Cosa intendiamo dire esattamente quando affermiamo di comprendere qualcosa?
Questo per noi a ben vedere resta un mistero, e questo detto in altro modo, per chiudere il cerchio, significa che noi non abbiamo il controllo sul processo di comprensione.
A partire da ciò che comprendiamo possiamo comunque dimostrare ciò che non comprendiamo, ma che resta comunque incomprensibile, o possiede una comprensione indiretta, di seconda mano.
Avere il controllo su tutti i passaggi coi quali dimostro il teorema di Pitagora, significa che io posso certificarne la verità, ma questa certificazione non vale la sua comprensione.
Controllare un processo non equivale dunque a comprenderlo.
La comprensione è dunque qualcosa di fondamentale sul cui processo non ho controllo, e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione, al punto tale che quando il controllo interviene esso non incrementa il nostro grado di comprensione.
Io posso dimostrare un teorema a partire da ipotesi a me comprensibili, ma la dimostrazione non è un processo ereditario, per cui la tesi dimostrata erediti la comprensibilità delle ipotesi..
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#79
Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 12:23:43 PM...e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione...
Errara corrige:
...e questa mancanza di controllo caratterizza il processo di comprensione...
Per quanto detto, se l'I.A. ci preoccupa perchè non comprendiamo come opera (compresi quelli che la programmano), non deve risiedere nella nostra mancanza di controllo la vera causa.
Credo quindi che l'intelligenza artificiale metta sotto la lente di ingrandimento un altro problema di carattere generale. Lo stesso effetto, perchè lenti con potere di ingrandimento minore, non hanno ottenuto frullatori e frigoriferi, come fa notare sagaciamente Phill.

La scienza e la tecnologia ad esso associata non riescono  a riprodurre il processo che porta alla comprensione.
Apparentemente sembra sufficiente aprire gli occhi per comprendere la realtà, ma evidentemente il processo di comprensione non è così semplice come appare, se la scienza, pur coi potenti mezzi che gli riconosciamo, non è in grado di riprodurlo, e non è banale notare la coincodenza che la scienza è un processo su cui abbiamo il controllo.
Comprensione e mancanza di controllo sembrano essere due facce della stessa medaglia, diversamente da quel che crediamo.
La realtà appare come immediata, perchè abbiamo rinunciato al controllo sul processo che media  la produzione della sua apparenza.
Mantenere quel controllo avrebbe significato dover ''ridipingere ogni volta la realtà'', cosa che siamo in grado di fare, ma non con quella immediatezza che l'operazione richiede, perchè non arrivo a dipingere un pelo della tigre dai denti di sciabola, che la pittura per una triste evenienza, la mia morte, viene interrotta.

Povera la tigre coi denti a sciabola che si è estinta...e povero anche il pittore.
A beh, si beh...:)
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Phil

Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 13:20:28 PMComprensione e mancanza di controllo sembrano essere due facce della stessa medaglia, diversamente da quel che crediamo.
Questione intricata in cui ci si può aggrovigliare in molti modi; uno di questi è dare una compilata improvvisata alle combinazioni di «comprensione» e «mancanza di controllo».
- comprensione (si) e mancanza di controllo (si): ossia capiamo come funziona, ma non possiamo controllarlo; ad esempio il moto dei pianeti.
- comprensione (no) e mancanza di controllo (no): ossia non capiamo, ma siamo in controllo; qualunque dispositivo che venga usato in modo meccanico tramite un'interfaccia di controllo (che in quanto tale ne occulta l'autentico funzionamento), badando solo al risultato, come ad esempio uno smartphone (tenendo presente quanto detto prima sul possibile consesso dei tecnici e sapienti per spiegare una calcolatrice).
- comprensione (si) e mancanza di controllo (no): ossia capiamo e siamo in controllo; qualunque strumento semplice, come un martello o una penna a sfera.
- comprensione (no) e mancanza di controllo (si): ossia non lo capiamo e non possiamo controllarlo; facendo una battuta d'altri tempi potrei dire «il cervello delle donne», ma non siamo più in quei tempi, quindi vado sul metafisico e dico Dio (per chi ci crede) o il cosmo nella sua totalità (quindi a prescindere dalla "briciola di comprensione" citata al primo punto).
Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 13:20:28 PMLa realtà appare come immediata, perchè abbiamo rinunciato al controllo sul processo che media  la produzione della sua apparenza.
Il fatto stesso che si parli di apparire im-mediato (non mediato) della realtà è un indizio significativo: non abbiamo controllo della mediazione dei nostri sensi e della nostra mente (inconscio, precomprensioni, aspettative, bias, etc.) al punto che l'input della realtà sembra produrre output in noi come se fossimo "a presa diretta", come se non ci fosse tale mediazione dei sensi, della mente, etc a generare gli output, siano essi pensieri o azioni.
Forse quindi non è tanto che «abbiamo rinunciato al controllo sul processo che media la produzione della sua apparenza»(cit., corsivo mio), ma il punto è che tale controllo non possiamo averlo perché richiederebbe una scissione fra controllore e controllato che non è compatibile con la nostra in-dividualità (non divisibilità; e anche bipolarismi e schizofrenie contemporanee non possono comunque dividere la sensorialità dell'unico corpo del soggetto).
Dire che «ci abbiamo rinunciato» è un po' come dire che rinunciamo all'uva perché non è matura; povera l'uva, che intanto marcisce... e povera anche la volpe (ah beh, si' beh... ♫).

iano

#81
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 18:33:25 PM- comprensione (si) e mancanza di controllo (si): ossia capiamo come funziona, ma non possiamo controllarlo; ad esempio il moto dei pianeti.
non parlo di un controllo che ci consenta di intervenire, ma di convalidare o cestinare il processo, tipo il controllo su una dimostrazione matematica che ci consente di dire che è corretta oppure errata.
Non avendo questo controllo non abbiamo modo di approvare o cestinare le sentenze della I.A.
La favola della volpe e dell'uva, c'entra, ma ha un epilogo inatteso.
La volpe dovendo rinunciare all'uva, a posteriori verifica che effettivamente non gli era indispensabile, e successivamente può decidere di rinunciarvi anche quando vi arrivi, se ha qualcosa di meglio da fare.
Una volta messa da parte l'errata convinzione che dimostrare un teorema in prima persona equivalga a comprenderlo, posso affidare il compito ad una macchina incapace di comprenderlo, dedicandomi ad altro compito indelegabile, almeno al momento.
Noi consideriamo la comprensione importante quanto lo è per la volpe l'uva, ma una volta che siamo costretti a rinunciarvi, vediamo che ciò non comporta veri problemi, così la prossima volta potremo rinunciarvi volontariamente.
Tutti crediamo di avere il controllo sulla nostra intelligenza, ma basta rifletterci un attimo per capire che non è vero.

Tutti i casi che fai io ho suggerito che si riducano ad uno: comprensione=mancanza di controllo.
Ma è più un invito alla riflessione, che un inappellabile sentenza, come quelle dell'intelligenza artificiale.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Phil

Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 19:37:39 PMUna volta messa da parte l'errata convinzione che dimostrare un teorema in prima persona equivalga a comprenderlo, posso affidare il compito ad una macchina incapace di comprenderlo, dedicandomi ad altro compito indelegabile, almeno al momento.
Le macchine sono solitamente dei "delegati potenziati": senza scomodare la matrice di Eisenhower, possiamo dire che così è stato dalla ruota, a cui abbiamo delegato il compito di spostare e di spostarci (mandando in vacanza i piedi), alle AI, a cui abbiamo delegato ricerche di dati, elaborazione di contenuti di ogni tipo, etc. Sia la ruota che l'AI svolgono i loro compiti puntualmente con potenza e velocità sovra-umane (pur non essendo perfette, come il loro creatore d'altronde) ed è in fondo questa l'essenza della tecnica: produrre un delegato non umano che sappia, magari sotto supervisione/collaborazione umana ("human in the loop" come si dice in ambito AI), fare prima e/o meglio di quanto potrebbe l'uomo da solo. L'AI ha la peculiarità aggiuntiva di aver portato tale «fare» anche in ambiti non solo puramente meccanici-operazionali, ma anche creativi-combinatori.

Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 19:37:39 PMTutti i casi che fai io ho suggerito che si riducano ad uno: comprensione=mancanza di controllo.
Ma è più un invito alla riflessione, che un inappellabile sentenza
Se prendiamo per buona l'equazione «comprensione=mancanza di controllo» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo comprensione di ciò che controlliamo (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) e controlliamo ciò che non comprendiamo (-a→b; oppure b=-a); è davvero così? Per questo ho declinato i vari casi combinatori possibili.

iano

Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 21:07:00 PMSe prendiamo per buona l'equazione «comprensione=mancanza di controllo» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo comprensione di ciò che controlliamo (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) e controlliamo ciò che non comprendiamo (-a→b; oppure b=-a); è davvero così? Per questo ho declinato i vari casi combinatori possibili.
Io parto dall'idea che ci sono diversi modi di rapportarsi con la realtà, nessuno dei quali ha un privilegio, compreso quello di essere appunto unico.
Ogni modo si può rappresentare come uno spazio delle azioni, che costituisce attuti gli effetti un mondo che viviamo, o un modo indiretto (diretti non ve ne sono) di vivere la realtà.
Fra questi diversi mondi possiamo provare ad individuare elementi corrispondenti, che svolgono cioè la stessa funzione nei diversi mondi.
Nel mondo ''naturale'' ( le virgolette indicano che di non naturali non ve ne sono, ma giusto per usare terminologie a tutti comprensibili) ipotizzo che la comprensione tenga il posto del controllo nei mondi disegnati dalla scienza.
Poi forse dire disegnati è improprio, perchè questi mondi non sono immaginabili, se non in forma residuale quando troviamo un analogia col mondo naturale, fatto appunto di immagini, o come preferisco dire, descritto in linguaggio immaginifico.
Che queste analogie non sempre si trovino, poi, è tutto sommato  una fortuna, considerando quanto possano portarci fuori strada.
Visualizzare ciò che per sua natura non è visualizzatile, non può infatti che portare fuori strada.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#84
Mi rendo conto che l'uguaglianza
comprensione= non controllo
sembri arbitraria.
Forse lo sembrerà meno
coscienza= non evidenza
che ho meno difficoltà a giustificare, notando che i mondi proposti dalla scienza, del tutto sotto il controllo della coscienza, non posseggono alcuna evidenza, se non posticcia, ricavata da analogie la cui utilità è discutibile, perchè è un modo improprio di dare a un mondo fatto di non evidenza, un evidenza surrogata.
Si tratta infatti di una evidenza surrogata che fa apparire un mondo così ''strano'' da provocare indirettamente un rigetto verso la scienza.
Una scienza che genera assurde sovrapposizioni di stato, le quali però sono inessenziali alla teoria e alla sua applicazione, e sono solo tentativi di farci comprendere ciò che prima che per difficolta, sono incomprensibili per loro natura, in quanto...del tutto sotto sotto il nostro controllo cosciente.
In altri termini, esse non sono comprensibili perchè non necessitano di comprensione, e la ''natura'' aborre tutto ciò che non è strettamente necessario in un ottica di sostenibilità rivolta alla sopravvivenza, essendo la comprensione un processo che anche quando fosse a attuabile a comando, ha un costo.
Ma se poi si dimostra non strettamente necessaria, perchè la natura dovrebbe acconsentire ad allentare i cordoni della borsa?

Oggi l'I.A, sembra avere costi insostenibili.
Domani vedremo.
Se però ci aiuterà a costruire centrali a fusione, può ben valere la spesa.
Al momento ci ha già aiutati a trovare un vaccino riducendo i tempi a un quarto, salvando vite umane, cioè non poco.
Siamo allora proprio sicuri che la mancanza di controllo che ne abbiamo debba stare in testa alle nostre preoccupazioni?
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Phil

Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 22:07:12 PMMi rendo conto che l'uguaglianza
comprensione= non controllo
sembri arbitraria.
Forse lo sembrerà meno
coscienza= non evidenza
che ho meno difficoltà a giustificare, notando che i mondi proposti dalla scienza, del tutto sotto il controllo della coscienza, non posseggono alcuna evidenza
Mi pare restino valide le perplessità logiche sollevate nel mio post precedente, con la semplice sostituzione dei termini; ossia, parafrasando: se prendiamo per buona l'equazione «coscienza=non evidenza» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo coscienza di ciò di cui (se è possibile) abbiamo evidenza (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) ed eventualmente abbiamo evidenza di ciò di cui non abbiamo coscienza (-a→b; oppure b=-a); ma è davvero così?
Facendo un passo avanti (o indietro, a seconda dei punti di vista): l'affermazione «coscienza=non evidenza», se è basata sulla coscienza (che è non evidenza), come può esser affermata dalla coscienza a prescindere dall'evidenza? Su cosa si basa la coscienza per dire di sè (o del mondo o di altro) che non è evidenza?
Forse sull'autocoscienza? Ma tale autocoscienza è evidente ( = non coscienza), contraddicendosi, o è anch'essa solo un prodotto della coscienza che prescinde dall'evidenza? E se così fosse, su quale non evidenza si baserebbe per risultare comunque attendibile?
Se invece l'affermazione «coscienza=non evidenza» fosse basata sull'evidenza, allora non dovremmo esserne coscienti (per non cadere in contraddizione con l'affermazione stessa) e quindi dovremmo in coscienza ritenere l'affermazione falsa.

iano

Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 23:16:03 PMMi pare restino valide le perplessità logiche sollevate nel mio post precedente, con la semplice sostituzione dei termini; ossia, parafrasando: se prendiamo per buona l'equazione «coscienza=non evidenza» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo coscienza di ciò di cui (se è possibile) abbiamo evidenza (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) ed eventualmente abbiamo evidenza di ciò di cui non abbiamo coscienza (-a→b; oppure b=-a); ma è davvero così?

Diciamo che se è davvero così, tutto il resto del tuo post possiamo ignorarlo.
Se invece non è così dovrò sforzarmi meglio di capirlo, perchè mi appare difficile.
L'affermazione coscienza=non evidenza non possiede alcuna evidenza, ma è una ipotesi che facciamo coscientemente.
Se serve a inquadrare ogni altro discorso dentro un quadro semplificativo, sempre che alla semplicità vogliamo tendere, bene.
Diversamente con la stessa coscienza con cui abbiamo fatto l'ipotesi la scarteremo.
Se il discorso invece funziona, potremo smettere di sbattere la testa per cercare d comprendere cose che sembrano impossibili da comprendere, e magari lo sono solo perchè non occorre comprenderle.
L'evidenza fa rima con comprensione.
Aprendo gli occhi comprendo la realtà siccome mi appare.
Il tentativo di comprendere i mondi disegnati dalla scienza equivale a dargli una evidenza che non gli è propria, perchè l'evidenza è parte di un altro disegno, alternativo a quello della scienza, che a quello corre in parallelo, senza incontrarlo mai, senza punti di convergenza.
Semplicemente corrono paralleli verso lo stesso scopo, e non occorre rinunciare ad alcuno di essi, solo perchè sembrano contraddittori. Se non debbono escludersi a vicenda, perchè solo uno dei due è possibile, possono ben contraddirsi.

Magari può giovare non intendere il termine ''evidente'' come sinonimo del termine ''ovvio'', sebbene spesso usiamo l'uno per l'altro.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Phil

Citazione di: iano il 19 Agosto 2025, 00:01:54 AML'evidenza fa rima con comprensione.
Aprendo gli occhi comprendo la realtà siccome mi appare.
Il tentativo di comprendere i mondi disegnati dalla scienza equivale a dargli una evidenza che non gli è propria, perchè l'evidenza è parte di un altro disegno, alternativo a quello della scienza, che a quello corre in parallelo, senza incontrarlo mai, senza punti di convergenza.
La comprensione basata sull'evidenza "a prima vista" comporta anche l'immediatezza (v. sopra) dell'ingenuità e dell'errore. Ingenuità, e-videnza e visione ad occhi aperti sono ciò da cui parte, da sempre, una buona parte della scienza; a parte la fisica teorica che comunque non è certo l'azionista di maggioranza della scienza, basti pensare a chimica, biologia, etc. La scienza empirica si muove da tali evidenze per capire meglio cosa c'è "sotto"; per cui non credo si possa dire che la narrazione/descrizione scientifica e l'evidenza dello sguardo sul mondo siano due parallele che non si incontrano mai; volendo potremo semmai dire che la scienza è uno sguardo sul mondo con maggior cognizione di causa.
In fondo è il solito esempio del sole: è evidente allo sguardo che sia il Sole a muoversi, ma tutte le evidenze con cui la scienza ci spiega che in realtà è la Terra a muoversi rispetto al Sole, non sono forse evidenze... più evidenti? Per giungere a tale conclusione la scienza non si è forse basata su evidenze?

iano

#88
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2025, 00:52:36 AMIn fondo è il solito esempio del sole: è evidente allo sguardo che sia il Sole a muoversi, ma tutte le evidenze con cui la scienza ci spiega che in realtà è la Terra a muoversi rispetto al Sole, non sono forse evidenze... più evidenti? Per giungere a tale conclusione la scienza non si è forse basata su evidenze?
Hai ragione, scienza ed evidenza sono arrivate a divergere, ma generandosi una dall'altra in continuità, perchè non ci sono discontinuità nella storia umana, anche se così la raccontiamo di solito, e cosi' anch'io l'ho raccontata.
 
Non è evidente che sia la terra a girare intorno al sole, ma occorre provarlo, e per quanto possano essere stringenti le prove, possono non essere condivise. L'evidenza invece è comprensiva della condivisione, è cioè intersoggetiva.
Quello che ha perso l'evidenza in questo passaggio è l'esser prova di verità, senza che una nuova verità ne abbia preso il posto.
Possiamo ancora descrivere il passaggio come il passaggio da una illusione che sembrava vera, ad una reale verità, ma la novità  che a ''prima vista'' sfugge è che possiamo descrivere il passaggio senza chiamare in causa la verità.
Quindi al quesito se sia vero che la terra a girare attorno al sole, o che sia invece vero che sia il sole a girare intorno alla terra, possiamo rispondere che nessuna delle due cose è vera.
Nulla gira intorno a nulla in realtà. cioè dire che qualcosa gira intorno ad una altra è una possibile descrizione della realtà che, come tutte le descrizioni, non coincide con la realtà.
A noi resta solo da scegliere fra due possibili descrizioni la più conveniente in base al contesto.
Fino a un certo punto per noi il contesto era obbligato, la terra.
Quando ci siamo spinti oltre con lo sguardo grazie alla tecnica, si è presentano a noi un contesto alternativo che ha consentito/ richiesto descrizioni alternative, ma logicamente equivalenti.
Ora abbiamo due descrizioni fra le quali poter scegliere la più conveniente in base al conteso.
La maggior parte di noi, le cui azioni sono limitate all'ambito terrestre, continuano adire che il sole gira attorno alla terra, perchè trovano conveniente descrivere la realtà che li circonda in tal modo, anche se sanno che ciò non è vero.
Se ci spostiamo nell'ambito del sistema solare diremo che è la terra a girare attorno al sole, e, ormai ammaestrati dal caso precedente, dovremmo aggiungere, ''anche se sappiamo che ciò non è vero'', però questa aggiunta spesso ancora manca.
Se una descrizione, in quanto tale, non è vera, non è però neanche falsa, e se non è falsa siamo liberi di usarla.
Questa è la libertà che abbiamo acquisito prendendo il vincolo della verità.
Il passaggio però non è ancora completato, per via della sua continuità, come dicevamo sopra, e nella verità siamo ancora invischiati, come eredità di un mondo che sembrava coincidere con l'evidenza che ne avevamo, e continuiamo ad avere.
Oggi a quella evidenza abbiamo delle alternative, quelle che ci propone la scienza, che evidenti non sono... o che, rendendo onore alla continuità del processo, lo sono sempre meno... senno che alternative sarebbero? :)

La conoscenza non è un accumulo di evidenze, se l'evidenza è una forma di conoscenza.
Una forma che finché era unica potevamo dire vera, perchè la verità è unica e non ammette alternative.
Le nuove forme di conoscenza, essendo alternative, non potevano dichiararsi uniche, e quindi vere.
E' ''vero'' che hanno provato a prendere in un primo momento a prendere il posto dell'evidenza, ma poi si sono arrese, o meglio sono ancora in fase di resa.
 
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#89
Anche perchè, per vincere, avrebbero dovuto convincerci di non servirci più della ''falsità'' del mondo come ci appare, cioè nella sua evidenza appunto.
Noi invece continuiamo a farlo, e dovremmo considerare la scienza un racconto alternativo, ma in continuità sia storica che fattiva, col racconto della realtà che diciamo evidenza.

Si consideri dunque quanta ricchezza il diavolo ci ha dato in cambio della verità.
 La resistenza alla tentazione è stata tanta, ma alla fine abbiamo ceduto, epilogo inevitabile dell'aver mangiato i frutti dell'albero della conoscenza.
C'è solo un adeguamento, se non una correzione, da apportare al testo biblico, il quale non racconta la storia nella sua continuità, cosa che anche un Dio, se non io :), ha difficoltà a fare.
L'uscita dal paradiso, dove la realtà appare evidente senza sudore della fronte, è ancora in corso.
Qualcuno prova a tornare indietro sui suoi passi, ma nessuno nella storia, comunque la si racconti, è mai tornato indietro, e alla fine tutto si è risolto sempre in un saggio andar piano, per andar lontano.
L'uomo e la scienza sembrano come Peppone e Don Camillo, corrono per superarsi, ma se uno tarda troppo, l'altro si ferma ad aspettarlo, che è, fra l'altro, la più bella descrizione che uno scrittore abbia fatto della nostra Italia, senza dover scendere troppo nei particolari di un racconto potenzialmente infinito.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

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