Menu principale

Dio vs caso.

Aperto da iano, 07 Agosto 2025, 08:30:19 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Alberto Knox

#45
l risultato di una misurazione di un osservabile, ossia le quantità fisiche misurabili di un sistema,  è casuale, l'unica informazione
disponibile è la distribuzione di probabilità del risultato, ottenuta dalla seguente
legge:
ℙ(𝑋 ∈ 𝐴) = ‖𝜉𝑋(𝐴)Ψ‖,

Ho estratto il terzo assioma della m.q. perchè lo ritengo inerente al discorso sul caso , è a questo che si riferisce Iano quando dice "quello che chiama in causa la m.q . è autentico caso". Tuttavia è il risultato di una misurazione su un osservabile ad essere casuale, non la particella stessa. Allo stesso modo posso tirare un dado e vedere risulato 6 , lo ritiro ed esce 4 e chiamo questi due risultati differenti "casuali". Ma il dado in se stesso è un oggetto casuale? è un oggetto che manifesta casualità nei suoi risultati allo stesso modo di una particella elementare. i due esempi ovviamente non si equivalgono perchè nel caso dei dadi il caso è il risultato di una nostra ingnoranza riguardo le condizioni inziali e le condizioni durante l evolversi del lancio. Nel caso della particella no, il risulato è casuale per sua natura , non si tratta diconoscere in modo piu prociso le condizioni iniziali e l' evolversi nel tempo. Ma questo non basta per dire che ad essere casuale è la particella stessa. In più i diversi risulati delle osservabili sono pur sempre deterministici in quanto dipendono dall onda di probabilità . PEr anaologia con i dadi pensiamo che il risultato del lancio di un dado abbia un onda di probabilità spalamata da 1 a 6 . I vari risultati sono determinati da questa ampiezza di probabilità.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#46
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:37:29 PMLa differenza è che dopo il lancio dei dadi è possibile vedere il risultato ottenuto, ma con le particelle, che risultato ottieni? cioè, mentre con i dadi il risultato "collassa" in un unico risultato possibile la teoria delle particelle suggerisce che la particella non collassa in un unico risultato possibile ma  manifesta, invece,  una molteplicità di stati.
Perchè dici questo?
Gli stati di un dado sono sei, non uno.
Nell'analogia è il lancio del dado a farlo collassare in uno dei suoi sei stati.
Prima del lancio il dado non ha uno stato, ma sei contemporaneamente,o, come si dice con immagine di dubbia efficacia, in sovrapposizione.
Si tratta di un analogia, perchè in effetti un dado ha sempre uno stato, cioè una faccia rivolta superiormente.
Le particelle invece non ce l'hanno, prima di essere ''lanciate''.
Dire che una particella possiede più stati in sovrapposizione equivale a dire, secondo me, che non ha ''uno'' stato, che la posizione non è cioè uno stato che la caratterizza.
Dunque, se quando noi rileviamo una particella constatiamo invece che ha una  posizione, forse la posizione, se coerentemente continua a non essere una sua  caratteristica, potrebbe allora essere una caratteristica della nostra rilevazione.
Cioè in altri termini, rilevare una particella potrebbe equivalere ad assegnargli una posizione, secondo una diversa analogia.
E' come mettere un etichetta a qualcosa per poterla riconoscere.
E' proprio quest'ultima analogia a farmi dire che quella dei stati sovrapposti non sia un immagine efficace, nel senso che io preferisco questa come analogia.
Quindi la particella non ha alcuna posizione, ne tantomeno diverse sovrapposte, ma siamo noi ad assegnargliene una misurandola.

Le particelle, ad esempio gli elettroni, non c'è altro modo di distinguerle, se non per la diversa posizione.
Questo dovrebbe essere elemento di riflessione per noi. Misurare un elettrone significa individuarlo, isolandolo da tanti elettroni potenzialmente indistinguibili uno dall'altro.
Quindi, rilevare un preciso elettrone ( quello e non altri) e essegniargli una posizione che lo distingua dagli altri, potrebbero essere la stessa cosa.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#47
Detto in altro modo, considerando l'analogia del dado, come abbiamo detto, è una analogia forzata, in quanto il dado possiede sempre uno stato, cioè una faccia rivolta verso l'alto, in quanto possiede sempre una posizione.
L'analogia funziona quindi se astraiamo il fatto che il dado possieda una posizione, talchè potremo dire che possiede sei stati in perfetta sovrapposizione.
Ma una posizione, e una sovrapposizione di stati si escludono cioè a vicenda.
Se c'è una non c'è l'altra e viceversa.
In sostanza ci sono diversi elettroni, e con ciò intendiamo che siano realtà individuali, non sovrapponibili cioè una all'altra, e che questa individualità si esprime come posizione all'atto del rilevamento.
Nella misura in cui intendiamo la realtà come fatta di cose distinte, cioè non sovrapponibili una all'altra, ci apparirà allora come irreale una particella che possieda in se cose distinte ma sovrapposte.

Ma, quando per affermare la realtà non troviamo modo migliore che negarla, allora c'è qualcosa nel nostro modo di esprimerci da rivedere.
Allo stesso tempo, quando ciò avviene possiamo star certi di trovarci di fronte ad una rivoluzione nel nostro modo di vedere la realtà, se col vecchio linguaggio non riusciamo più ad esprimerla senza cadere in contraddizione.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#48
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:45:32 PMp.s.
è stato il rendersi conto di una molteplicità di stati che ha portato gli scienziati a dire che il calcolo matematico per stabilire posizione e veloità poteva e doveva essere descritto da un calcolo probabilistico.
Cosa del tutto non richiesta fin quando si era potuti calcolare l evoluzione nel tempo e nello spazio di un oggetto che portava ad unico risulato finale  matematicamente calcolabile.
Questo non l'avevo letto, e adesso intendo meglio cosa volevi dire.
Però non è che gli scienziati a un certo punto si sono resi conto dell'esistenza di una molteplicità di stati possibili, perchè questo a loro è sempre stato presente.
La novità è quella di interpretare le equazioni della meccanica quantistica come una sovrapposizione di stati contemporaneamente possibile, non separati nello spazio tempo.
Però un interpretazione serve solo a farci comprendere, ma questa comprensione delle equazioni della meccanica quantistica non è necessaria strettamente alla loro applicazione.
Le equazioni richiedono solo di essere risolte, e la risoluzione può essere affidata a una macchina priva di comprensione, a dimostrazione del fatto che la comprensione non è strettamente richiesta.
Questo significa, nel bene e nel male, togliere il grosso del lavoro ai fisici, perchè il difficile sta nel risolvere le equazioni, non nel comprenderle, cosa solo relativamente difficile.
Noi comprendiamo le frasi del linguaggio italiano, perchè conosciamo il linguaggio.
<Similmente per comprendere le equazioni della fisica bisogna conoscere il linguaggio matematico, cosa difficile, ma non impossibile.
Per quanto riguarda la risoluzione delle equazioni questa difficoltà si mostra spesso insuperabile.
Trovare una sola soluzione potrebbe impegnare l'intera vita di un fisico.
Capisci quindi perchè la tentazione di farsi sostituire dalle macchine non è poca per chi in quelle difficoltà è impelagato.
Facile criticare per noi che dentro a quelle difficoltà non vi siamo.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 23:02:14 PMl risultato di una misurazione di un osservabile, ossia le quantità fisiche misurabili di un sistema,  è casuale, l'unica informazione
disponibile è la distribuzione di probabilità del risultato, ottenuta dalla seguente
legge:
ℙ(𝑋 ∈ 𝐴) = ‖𝜉𝑋(𝐴)Ψ‖,

Ho estratto il terzo assioma della m.q. perchè lo ritengo inerente al discorso sul caso , è a questo che si riferisce Iano quando dice "quello che chiama in causa la m.q . è autentico caso". Tuttavia è il risultato di una misurazione su un osservabile ad essere casuale, non la particella stessa. Allo stesso modo posso tirare un dado e vedere risulato 6 , lo ritiro ed esce 4 e chiamo questi due risultati differenti "casuali". Ma il dado in se stesso è un oggetto casuale? è un oggetto che manifesta casualità nei suoi risultati allo stesso modo di una particella elementare. i due esempi ovviamente non si equivalgono perchè nel caso dei dadi il caso è il risultato di una nostra ingnoranza riguardo le condizioni inziali e le condizioni durante l evolversi del lancio. Nel caso della particella no, il risulato è casuale per sua natura , non si tratta diconoscere in modo piu prociso le condizioni iniziali e l' evolversi nel tempo. Ma questo non basta per dire che ad essere casuale è la particella stessa. In più i diversi risulati delle osservabili sono pur sempre deterministici in quanto dipendono dall onda di probabilità . PEr anaologia con i dadi pensiamo che il risultato del lancio di un dado abbia un onda di probabilità spalamata da 1 a 6 . I vari risultati sono determinati da questa ampiezza di probabilità.
Qualche giorno fa ho aperto una discussione intitolata abitudine, laddove affermo l'abitudine essere ciò che ci fa apparire le cose normali, laddove dunque la normalità non è una caratteristica delle cose, ma ciò che noi gli attribuiamo in ragione della ''intimità'' che sviluppiamo con esse.
Certamente quindi a noi sembrerà normale il paradigma della fisica classica, quello per cui note le condizioni iniziali etc...etc...., ma forse è solo per l'abitudine che abbiamo nell'applicarlo.
Le relative equazioni inoltre richiedono  conoscenze matematiche basilari, e questo fa si che possiamo sentirle relativamente più nostre.
Io credo però che se proviamo ad uscire fuori dalle nostre consolidate abitudini, di ogni cosa sparirà la sua normalità, e la fisica classica potrà apparirci allora non meno strana di quella quantistica.
Questo significa equipararle in negativo, laddove non ci riusciamo in positivo, ma possiamo comunque riuscire ad equipararle.
Se non possiamo considerare tutto normale, potremo considerare in alternativa tutto strano, non lasciando che le nostre abitudini interferiscano col nostro giudizio.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Alberto Knox

Dobbiamo chiederci a questo punto, a che cosa serve il caso? Come abbiamo visto possiamo applicare almeno alcune limitazioni o restrizioni  per quanto riguarda un evento puramente casuale come il risultato di una misurazione sulla posizione di una particella e come , questa volta in senso debole, il risultato casuale di un dado da gioco. Tutti gli avvenimenti apparentemente casuali che si riscontrano nei sistemi dinamici sono deterministici, per quanto le due propietà risultino logicamente contradditorie. Voglio dire che il caso serve a dare un certo grado di libertà ai sistemi in modo tale che da essi evolvino cose nuove. Ma questo evolversi in cose nuove non è aperto a possibilità infinite. Le particelle, gli atomi, le aggregazioni di atomi ecc fanno quello che le leggi della fisica gli consentono di fare. Il caso , in questi termini, lo vedo come il banco da lavoro dell evoluzione e quando da tale evolzioni si arriva a qualcosa di simile a un ambiente le possibilità hanno nuove prospettive e nuovi rami su cui lavorare . si ma che cos'è l ambiente? è l habitat? è la stratosfera di un pianeta? il pianeta stesso? o è il sistema planetario nel suo complesso comprendente anche il sole? se si scala la catena degli eventi l ambiente diventa l universo stesso e questo non fa che ricondurci all origine dell universo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#51
Citazione di: Alberto Knox il 18 Agosto 2025, 22:12:33 PMDobbiamo chiederci a questo punto, a che cosa serve il caso?
Serve a descrivere la realtà, e a volte lo fa  insieme ad altri termini che sembrano contraddirsi , come hai ben detto.
Ma una descrizione può pure contenere contraddizioni , se la realtà descritta non coincide con alcuna delle sue possibili descrizioni.
La stessa realtà, come ci appare, contiene contraddizioni, che nello specifico diciamo illusioni, il che può ben farci sospettare che questa apparenza  valga una descrizione, ''scritta'', come mi piace dire, in linguaggio immaginifico, che contenga contraddizioni.
Per quanto riguarda poi l'evoluzione , non è neanche necessario secondo me chiamare in causa il puro caso, bastando solo che la natura lo simuli, come noi stessi sappiamo fare.
Se invece la meccanica quantistica chiama in causa il puro caso, immagino che ciò si ritenga strettamente necessario, ma non sono in grado di confermare ne di smentire ciò. 
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Alberto Knox

E forse dovremo considerare la contraddizione come parte costitutiva del reale ma questo assunto deve per forza portare ad una riflessione profonda riguardo a cosa sia la contraddizione e perchè abbiamo imparato a pensare in termini non contradditori escludendo la possibilità che una una cosa sia quella e anche un altra cosa.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 19 Agosto 2025, 13:30:16 PME forse dovremo considerare la contraddizione come parte costitutiva del reale ma questo assunto deve per forza portare ad una riflessione profonda riguardo a cosa sia la contraddizione e perchè abbiamo imparato a pensare in termini non contradditori escludendo la possibilità che una una cosa sia quella e anche un altra cosa.
Mi piace pensare che la realtà non sia contraddittoria.
Un racconto potrebbe essere non contraddittorio, ma due diversi facilmente lo sono fra loro.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 19 Agosto 2025, 15:54:54 PMMi piace pensare che la realtà non sia contraddittoria.
Un racconto potrebbe essere non contraddittorio, ma due diversi facilmente lo sono fra loro.

sì, il tuo titolo stesso indica una possibilità o un altra , una che esclude l altra . o è il caso o è Dio. Ma siamo propio sicuri che questo principio di non contraddizione sia attendibile? 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#55
Citazione di: Alberto Knox il 20 Agosto 2025, 20:23:39 PMsì, il tuo titolo stesso indica una possibilità o un altra , una che esclude l altra . o è il caso o è Dio. Ma siamo propio sicuri che questo principio di non contraddizione sia attendibile?

Effettivamente Darwin toglie Dio e al suo posto ci mette  il caso, come se non potessero stare insieme nello stesso racconto.

Però io volevo suggerire che, se pure uno crede di escludere Dio, quello si ripresenta sotto altra forma, ad esempio come caso, come se fosse un irrinunciabile elemento della narrazione sulla realtà.
Mi sembrano infatti allo stesso modo insondabili, per cui sospetto che si tratti della stessa cosa, cause appena nominabili di concreti effetti.
La differenza è che mentre sull'indicibile Dio si è detta ogni cosa, sul caso non si dice molto, perchè effettivamente sembra davvero che  vi sia poco da dire.
Io credo a Dio quanto credo al caso: cioè non credo a nessuno dei due, e li intendo come diversi nomi dati allo stesso espediente narrativo, di cui finora non siamo riusciti a liberarci.
Non che il nostro fine sia di liberarci del Dio/caso, ma di certo non vogliamo usare termini superflui.

Inoltre Dio e il caso sembrano essere accomunati dall'esser causa  di diversi effetti.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

Dunque, in quanto a indicibiltà  sembra funzionare meglio il caso, al quale comunque, come a un Dio, non manca un principio di giustizia, nel distribuir probabilità.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

baylham

Sull'evoluzione, la principale differenza tra l'ipotesi di Dio e l'ipotesi del caso è che la seconda, il caso, può fare tranquillamente a meno della prima, mentre la prima non può fare a meno della seconda.
L'ipotesi di Dio è improbabile al quadrato rispetto all'ipotesi del caso.


Discussioni simili (5)